Se il blog diventa un libro
Scrivere fuori o dentro la rete?
Moderato dibattito con interventi di Jacopo De Michelis, Giuseppe Granieri, Flaviano Fillo (Herzog), Loredana Lipperini, Vittorio Zambardino
Sala buia, palco illuminato. Troppa luce sulla faccia di Herzog, e la sua sagoma elegante si proietta sullo schermo su cui un po’ nervosamente passano in rassegna i blog dei relatori ed altre contigue pagine citate nel corso della serata.
L’eroe di Sacripante sta seduto fuori dal tavolo. Gli unici piedi che possiamo vedere sono i suoi. Dunque proprio lui, lo strenuo difensore della pubblicazione dentro la rete, è quello fuori; gli altri quattro, sostenitori più o meno convinti del rapporto osmotico tra il dentro e il fuori, sono dentro, o meglio dietro, questo tavolo concreto e metaforico.
Fuori, completamente fuori, anche la presentatrice dell’incontro, Serena Gaudino.
Va bene, va bene, ho capito, non riuscite a seguirmi, mi spiego meglio e passo ad un resoconto più freddo e distaccato.
Allora. Cominciamo a dare un ordine crono-logico agli eventi. Il taglio narrativo sarà di tipo autobiografico. Ma la voce narrante sarà quella di un freddo testimone degli eventi (eccetto nelle parentesi dove faranno capolino di tanto in tanto le opinioni e le emozioni del narratore intradiegetico).
Veniamo ai fatti.
Ieri ho trascorso un giorno intero a Galassia Gutenberg a sproloquiare e sentir dire di blog. Al mattino ero tra i relatori, di sera tra il pubblico in penombra.
Del mattino, potete leggere altrove e non mi sembra il caso di dilungarmi su questa pagina (anche perché si trattava pur sempre di lavoro; e lo dico con tutta la passione che si può riservare a questa parola ed all’agglomerato di persone che lo rappresentano).
Qui vi parlerò della sera.
Il titolo del dibattito era “Scrivere dentro o fuori la Rete?” e costituiva il seguito ideale di un incontro tenuto sempre nell’ambito di Galassia Gutenberg lo scorso anno ed intitolato “Blog: come cambia la scrittura nella rete” (ne lasciai un’impressione a caldo il 15 febbraio 2004 ed una un po’ più tiepida un paio di giorni dopo, quando i 10 lettori che ora seguono questa pagina erano 2 o 3).
Dunque, ieri, oltre al già citato Herzog, c’erano a parlare (da sinistra verso destra):
Vittorio Zambardino, Loredana Lipperini, Giuseppe Granieri e Jacopo De Michelis.
Tutti a cercare di dare risposta all’interessante quesito posto dalla Gaudino. E tra le righe spuntavano come funghi altri quesiti altrettanto problematici (e più o meno velenosi):
– può un blogger farsi scrittore di libri?
– un post ben riuscito avrebbe la stessa valenza su carta stampata?
– cosa succede se chi scrive libri o articoli giornalistici trasferisce i propri testi sulla rete?
– lo specifico della scrittura cambia dal passaggio dall’uno all’altro canale di comunicazione?
– nella pubblicazione dei testi in rete sono davvero scomparsi i guardiani della soglia o si sono solo spostati?
– può un blogger uscire dalla rete e rivolgersi all’editoria tradizionale senza perdere l’identità e le caratteristiche del suo linguaggio?
– che cosa è la letturatura? che rapporti ha con la vita? si vive per raccontarlo, per bloggarlo o perché (per fortuna) non si è ancora fermato il cuore?
(Caspita, s’è fatto tardi, ho un impegno, continuerò domani, dopodomani o mai. È una promessa).
PlacidaSignora ha detto:
Che suspence!
;-*
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melusinach ha detto:
:-)
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alfarach ha detto:
Ero a Napoli.
Attratto da sirene cardiovore, dai denti in realtà, a ben pensarci, spuntati.
Cardiovore solo perchè gli si è offerto un cuore, di cui pascersi. Uno dei tanti che possediamo.
Purtuttavvia, prevalendo gli altri miei cori, e sovvenedomi del tuo intervento; ma, come al solito, superficiale nel fissaggio mnemonico della notizia stessa, ho, comunque, provato, da fonti a te assai vicine, dalla Tua fonte medesima, ca-vant-dire, a saperti serale relatore…poi prevalse Morfeo, poi lo spleen e poi una sana suonata in piazza del Piscinaro (ah, la romantica urina…emblema della mia città, Afraora), con amici ruspanti. Avevo bisogno di un altro mio cuore ancora, quella sera.
Le mie radici…sic !
Leggerò con più attenzione dei vari resoconti, compreso quello di Zaritmac. Il tema mi pare viciniore, ma in termini high-tech, a quelli che, sempre superficialmente, tango-a-Bo…e di cui cfr supra o pre…e sempre più mi convinco che il tema non sia altro che una buona parentesi tra le cose che scriviamo, come uno spot, come uno sport…poi l’essenziale è scrivere…non vivere necesse est, sed scribere, come umili membri di una lega hanseatica della digitazione…o di una lega anseatica, nel senso di ansiosi di ben fare, ben apparire, apparire tout-court. Di scrivere.
Ad onta di tutto.
Ah, sono sull’usta anche di un certo vecchio pagliaccio…di un pagliaccio e basta…del mio cuore a forma di pagliaccetto, mbh!
Ah…quell’altro cuore che solitamente si offre a denti cardiovori acciocchè altri cuori si pascano di conferme e sadiche ma inconsapevoli soddisfazioni, e che uno bravo ci farebbe un bel sonetto stilnovista postmodern, quell’altro cuore, quello fesso, dicevo, è esso stesso un pagliaccetto e si sta sganasciando dalle risa. E già pensa a scriverci sopra…l’ho lasciato, giù, da solo, affinchè mediti. Ma non con la sirenetta suddetta, ma, solo, proprio solo, inchiavardato, mi pare, su qualche roccia dello sterminato Vesevo…
Statt bbuon…
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alfarach ha detto:
Ah prop…esaurita la mia solita narcisitica esibizione nel TUO territorio, mi viene, letto questo Zambardino, che mi pare un poco susseguosetto, di una porcata fatta etc..de che se tratta ?
E poi non ho capito se intende che per scrivere sul blog dobbiamo diventare imprenditori o il contrario se in Italia gli imprenditori tenessero dei blog sarebbero meno canaglie, e allora invitiamo il Cavalier a scrivere, il famoso unto della varra…suvvia, annettiamolo o nettiamolo, come un culo sporco di merda…
Seguirò vostre precisazione…
umilmente, dopo l’esibizione, l’inchino a usted…
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alfarach ha detto:
…e so tre!
comunque a prescindere da tutto…è bbon a nutell…e ogni tanto anche la zuppa di latte…con la nutella…
e ancora, ancora, ancora, ancora…
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utente anonimo ha detto:
Las reflexiones teóricas siempre procuran hacer como una fotografía del estado de la cuestión sobre el asunto tratado. Pero el asunto tratado no se está quieto y la imagen siempre sale movida. Es dificil (y no sé hasta qué punto necesaria) la reflexión sobre la diferencia (si la hay) entre escribir dentro y fuera de la red, a la manera tradicional o a la nueva manera blógica. Otro día, sigo, que a mí también se me hace tarde ;-))
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precipitandosivola ha detto:
ci sarebbe da dire un casino. io credo che vi sia il blog. e la carta. l’inchiostro. la mano. e il sudore. bisogna saper sporcarsi le mani. il blog è immediato. per questo più facile. scrivere è diverso.
ciao
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zop ha detto:
uno scrittore dovrebbe usare di volta in volta lo strumento per la scrittura nel modo più adatto: sfruttare le potenzialità della scrittura in rete quando fa un blog, della carta quando scrive un libro… personalmente, amo le contaminazioni: cerco di scrivere sul blog provando a sviluppare alcune antiche (e pre-elettroniche) poetiche labirintiche di tutto rispetto… e viceversa, in un libro di carta è possibile immaginare narrazioni che ricalchino la libertà di lettura analogica della rete. ciao z.
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pervinka ha detto:
insomma stessa situazione …. simile allo scorso anno?
ricordo uno (credo , uno importante Boh?) con il suo GUARDIANO DELLA SOGLIA….. comunque nessuna polemica, anzi ben vengano i raduni che hanno a che fare con la scrittura.i
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pervinka ha detto:
:-))
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amarcord69 ha detto:
se mi facessi tante paranoie sul blog, smetetrei di scrivere, questo e’ certo.
ma questa e’ solo la mia idea, chiaro
notte e baci
marietta
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amarcord69 ha detto:
il post sotto ha la forma di un abatjour, ecco, mi e’ venuto di dirlo e l’ho scritto
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aitan ha detto:
Sì Alfar, a parte le parole, i testi, i testicoli, le chiacchiere e le loro evoluzioni ed involuzioni dentro e fuori la rete su cui ci culliamo e in cui restiamo a volte accalappiati, mi dispiace esserci tanto riavvicinati e non aver potuto intrecciare i nostri corpi in un fraterno abbraccio (senza tendenze cainite o melliflue movenze abelanti).
Dalla mia prima fonte avevo saputo che mi avevi cercato, ma non avevo ben capito se parlavi dalle parti del dotto Balanzone o ai confini del Pulcinella popolare.
alla prossima
aitan
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utente anonimo ha detto:
concludi con delle domande impegnative che richiederebbero risposte altrettanto impegnative.
La lettura in rete é troppo veloce e i lettori spesso distratti; pochi -ad esempio- vanno a leggere i rimandi che l’autore fa a scritti, propri o altrui.
….
continuerò domani. O dopo. E’ una minaccia.
Cont/
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aitan ha detto:
Hai pienamente ragione Odyseo le riflessioni teoriche sono come una fotografia che, inevitabilmente, viene sempre mossa, perché el asunto tratado no se está quieto.
Precipitandosivola, altri diranno tutto il casino che c’è da dire in questione; io per il momento mi sono già stancato. E non so neanche se ci sarà la seconda parte di questo post; così, gentile PlacidaSignora, potrebbe interrompersi la trama tenuta sul filo della suspence con un finale aperto nello stile di quei stile film noir che facevano dire a mia madre: “come finiscono male questi francesi”.
Il fatto è che io quando vedo a Aristotele che punta il cielo e Platone che guarda le stelle passo su e giù con lo sguardo e mi pare che abbiano entrambi ragione. Poi chiudo gli occhi e vedo solo torti e cieli che precipitano sulla terra. Così magari mi attesto sulle posizioni di Zop, consapevole contaminatore e mi crogiolo nel melting-pot dei canali (perché a me pare che di canali e non di tecniche o mezzi si tratti qui (e con questo mi smentisco un po’ e mi rimetto a sragionare per il dispiacere dei simpatici interventi di Pervinka e della Signorina Marietta, della quale, più di ogni altra cosa, mi piace la visione dell’abatjour. Sono contento che qualcuno abbia intravisto uno spiraglio di luce, nel post qui sotto).
;o) a melusinach & Co. e a tutti quelli che si fermano a leggere un po’ (come sono gentile ed ecumenico questa matina; peccato non mi ricordi le forme che ho sognato!)
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reginadelsole ha detto:
l’importante è svuotarla la mutanda letteraria, se è di pizzo farà un effetto, se una culottona nonnesca ne farà un altro, perchè il mezzo manipola il fine..
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elos ha detto:
Caspita, s’è fatto tardi, ho un impegno, continuerò domani, dopodomani o mai. È una promessa
Sarebbe un ottimo testicolo giallo,questo.
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orsarossa ha detto:
dico sempre ora ricopiero’ sulla carta.dopo.domani.
forse un giorno la rete divorera’ tutto.
mi rimarra’ scritto addosso.
orsa
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farolit ha detto:
A volte domande supponenti ti costringono a risposte irriverenti, che qui evito.
Ma chiedersi
“può un blogger farsi scrittore di libri?”
“un post ben riuscito avrebbe la stessa valenza su carta stampata?”
“cosa succede se chi scrive libri o articoli giornalistici trasferisce i propri testi sulla rete?”
questa poi…
“nella pubblicazione dei testi in rete sono davvero scomparsi i guardiani della soglia o si sono solo spostati?”
e quest’altra!
“può un blogger uscire dalla rete e rivolgersi all’editoria tradizionale senza perdere l’identità e le caratteristiche del suo linguaggio?”
“che cosa è la letturatura? che rapporti ha con la vita? si vive per raccontarlo, per bloggarlo o perché (per fortuna) non si è ancora fermato il cuore?”
ci mancano chi siamo, dove andiamo,perchè blogghiamo?
Viene priam l’uovo o la gallina? ma un blogger è anche un essere umano? blogga per vivere o vive per bloggare?
meglio che sto zitta va’… meglio…
O.T.
Scusato, desculpato, perdónado… e potrei non scusare, disculpare perdónare un poveruomo più pieno di un uovo con tre tuorli… alle prese con domande supponenti (mentre meriterebbe di essere “alle prese con una verte milonga”…)
ciau
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aitan ha detto:
Sua altezza del sole, a lei piace rievocare le perifrastiche passive e “le cose che si debbono cambiare”, ma ha ragione, diobbuono, il mezzo manipola il fine ed il concetto è mezzo della rima (questo lo aggiungo io in versione giallo maculata).
Elos cara, che piacere rivederti a casa del nonno. Grazie tante. Mi fermerò a ponderare se sia il caso incorniciare questo ((in)volontario) testicolo giallo.
Orsarossa, le parole della rete sono come quelle che scriviamo sulla sabbia. Ma è bello che ci sia qualcuno che si trovi a passare prima della prossima onda.
Danzante Farolit, nelle mie domande credo si annidasse dell’ironia. Spero lo stesso delle tue risposte irriverenti ed anche dei tuoi silenzi (meglio che sto zitta va’… meglio…). E comunque una buona parte del mio tempo trascorre tra verdi prati e scure milonghe. Non si vive di solo blog, non si blogga a vita, non si vive per bloggare.
Ma anche se fosse?
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mullah ha detto:
mannaggia aitan, dov’eri?
Ciao,
Omar
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farolit ha detto:
Oh Aitan atavis…dulce decus meus,
nelle tue domande e nelle mie risposte si annida, felice la salvifica ironia… biensur!
Gracias para tu generosa gentilezza, rara, rarissima nella vita e dunque anche in questo momdo blog.
La tua traduzione è bella e fedele;
la prontezza e la gratuità con cui l’hai eseguita e donata, è ammirevole.
In questo sei forse come me, meridionale.
Come ringraziarti?
Ti farò sapere cosa ne pensa il maestro Gavito e la sua bella partner Maria Plazaola; così avremo entrambi tu “il controllo da parte di un parlante L1 sugli esiti della tua versione” io la possibilità che il mio raccontino da te tradotto giunga meglio al personaggio che me lo ha ispirato. Che bello tutto ciò.
E’ bello anche che ti dichiari “danzatore liberissimo” ” elefante ubriaco che volteggia come una libellula” ; forse per questo io ti vedo e ti ammiro più che una prevedibile libellula.
Peccato non averti vicino… in qualche scura milonga. Non lascerei che cotanto libero creativo legiadro elefante rimanga seduto a guardare… non ho vestiti di seta, ma, un paseo dopo, l’altro potrei – si potrei – avvolgerti nell’abrazo di una musica che già conosci…
un “Gallo Ciego” para un Elefante bailarin…
Hasta luego!
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