Reti di libri, musiche ed affinità – plus Les Anarchistes
Dall’ultimo commento al post precedente (il numero #16), scopro di essere stato coinvolto da alf64 via meriggio in un’altra staffetta. Senza troppi preamboli, rispondo la prima cosa che mi viene in mente (certo che me ne pentirò, quando ricorderò che avrei potuto parlare di questo o di quell’altro indimenticabile capolavoro).
1) Libri che possiedo nella mia biblioteca
Molti, molti più di quanti potrò leggerne. Era una cosa che faceva rammaricare anche mio padre, col quale a 12 anni andavo alla ricerca di tomi della vecchia BUR per le librerie di Napoli. Ora i miei scaffali ricurvi contengono un migliaio di questi burrini insieme con romanzi di cappa e spada, racconti umoristici, libretti d’opera, testi teatrali in vernacolo, enciclopedie (dalla Treccani al Dizionario di Opere e Autori della Bompiani, dalle Garzantine alla fantastica Enciclopedia dei Ragazzi di Mondadori – un’opera che si proponeva l’affascinante progetto di spiegare lo scibile in un ordine crono-logico anziché alfabetico). E, naturalmente, si sono aggiunti negli anni tantissimi nuovi acquisti. Per lo più romanzi, ma anche saggi e libri di musica e di arte. Una buona parte sono testi in lingua originale, soprattutto in inglese, spagnolo e portoghese. Ma non mancano edizioni olandesi e tedesche del Diario di Anna Frank, un libro che amo anche indipendentemente dal tragico significato aggiunto dalla storia dello sterminio. Probabilmente quello che più mi affascina di Anna F è la capacità di raccontare le piccole cose e i sommovimenti di un’adolescente inquieta con una lingua densa e piana che funziona in ogni traduzione.
2) Ultimo libro che ho comprato
J.M.Coetzee, Elizabeth Costello, Einaudi.
In verità, trovandomi alla FNAC per lo showcase di Les Anarchistes (di cui scrivo qui sotto), volevo prendere Meduse di Giancarlo Pastore; ma non l’ho trovato. Eppure si tratta di un libro edito da Bompiani, mica da quel tuo cugino che ha 12 metri quadrati di tipografia a Poggibonsi.
3) Libro che sto leggendo ora
Giorgio Manganelli, Centurie
intervallato da
David Toscana, Estación Tula (un interessante romanzo messicano che credo non sia ancora stato tradotto in italiano).
4) Tre libri che consiglio ad altri blogger e perché.
– Il Don Chisciotte di Cervantes. Perché vi farà divertire e meravigliare. E poi, cavolo, se non l’avete ancora letto, avete saltato un momento imprescindibile nel passaggio dalla narrazione antica alla narrativa moderna.
– La rivendicazione del Conte Don Julián di Juan Goytisolo. Perché è un romanzo sperimentale che ti costringe a cercare un senso, e cercando te lo illumina attraverso una prospettiva ai margini di tutto. (Purtroppo, però, si tratta di un’opera ormai introvabile in traduzione italiana; ma di facile reperibilità per chi parla spagnolo).
– Il Lamento di Portnoy di Philip Roth. Perché in una scrittura fluida e avvolgente vi farà scoprire che il sesso è un’ottima chiave per capire la realtà. E nel leggere, potrete sperimentare tutte le sfumature del riso, dall’autoironia al sarcasmo.
5) A chi passo il testimone.
A tutti i passanti di buona volontà. Naturalmente, possono lasciare qui un commento o creare un nuovo post nei loro blog (magari dopo aver lasciato una traccia qui sotto, in modo che si possa seguire anche i loro percorsi libreschi).
Chiusi temporaneamente questi libri, vorrei parlarvi del concerto di presentazione del secondo cd di Les Anarchistes cui ho assistito stamattina alla Fnac di Napoli.
Il gruppo era in formazione ridotta, ma le canzoni sono state emozionanti e coinvolgenti. A volte, impetuose. Continua a sentirsi molta energia e sincerità in questo progetto nato nelle osterie di Carrara e proseguito un paio di anni fa con Figli di origine oscura, un debutto denso e intenso che pescava tra le radici folk, il jazz, il rock e la musica etnica; il tutto ben condito da ospiti libertari del calibro di Antonello Salis, Blaine Reininger (dei Tuxedomoon) e l’ex Almamegretta Raiz.
Stamattina a presentare la loro nuova produzione intitolata La musica nelle strade c’erano:
– Alessandro Danelli e Marco Rovelli, alle voci
– Nicola Toscano, alla chitarra
– Max Guerrero, alle tastiere ed ai grooves elettronici.
Ospite, la bravissima violinista ungherese Zita Petho. Ventidue anni portati con decisione e veemenza.
Mancavano il batterista Mirko Sabatini ed i provetti fiatisti Mauro Avanzini (sax e flauto) e Lauro Rossi (trombone).
Prima e dopo ho potuto scambiare quattro chiacchiere con Marco “Alderano” Rovelli, che già avevo avuto modo di conoscere ed apprezzare attraverso questa rete di blog e vite intrecciate. L’ho trovato autentico e pensoso come me lo immaginavo. Mi ha fatto piacere che le nostre strade si siano incrociate. Spero che ci saranno altre occasioni e meno reciproca fretta (per lui, la sera, la presentazione di La musica nelle strade continuava a Viterbo; per me, i soliti impegni che non vale la pena riportare).
Intanto, mentre scrivo, ascolto il cd. È un buon lavoro (anche se a volte il pum pum delle percussioni elettroniche va oltre il limite di sopportazione del mio gusto). Al primo ascolto, i pezzi che mi hanno colpito maggiormente sono A las barricadas (che mi aveva fatto commuovere già stamattina, anche per il prezioso ed efficace impasto di voci), Muss es sein? Es muss sein! (brano di Leo Ferré arrangiato in modo molto originale e collettivo), Pishkù li (che si avvale di un’intensa partecipazione di Moni Ovadia e Piero Milesi), The Ballad of Sacco e Vanzetti (più bella che nell’originale di Morricone e Joan Baez; peraltro in questo caso gli interventi elettronici mi sembravano molto appropriati) e Fuochi di parole (una canto sulle esclusioni, le censure ed i roghi di parole perpetrati dalla società dello spettacolo; convincente anche la ritmica post-reggae arricchita da un tappeto di flauto, sax e trombone). Ma dovrò riascoltare per scoprire altro e farmi avvolgere da sensazioni nuove.
A scopo biecamente pubblicitario, aggiungo che anche in questo secondo cd sono molti e interessanti gli ospiti libertari. Ne cito qualcuno seguendo l’ordine anarchico in cui appaiono sulle note del disco: Giovanna Marini, Moni Ovadia (Marco mi ha confermato che resta una buona persona anche visto e contattato da vicino), gli attori-detenuti della Compagnia della Fortezza, Armando Punzo, Erri De Luca, Steve Conte, Pietro Milesi, Ibrahim Sampou, Mathias Schubert e tutto Il Parto delle Nuvole Pesanti. Ce ne è per molti gusti, ma non per tutti. E meno male.
Infine, e qui si chiude il cerchio bibliofilo, in allegato al cd c’è un libretto curato da Marco “Alderano” e deturpato da qualche errore di stampa. Si tratta proprio davvero di “un libretto. Come di un’opera”, “pensato per dar forma concettuale ai brani del cd”. È una sorta di introduzione teorica alle elaborazioni di Michel Foucault e Giorgio Agamben sulla società disciplinare e sulla “biopolitica”, con l’aggiunta di spiegazioni e riflessioni sui brani e sulle storie di ribelli, marginali, carcerati e migranti reclusi nei CPT (Centri di permanenza temporanea).
C’è di che riflettere e risvegliare coscienze e conoscenze sopite.