Lo scorso lunedì ho partecipato ad una serie di incontri antibelligeranti al Teatro Mercadante di Napoli. Lì per lì sono rimasto molto emozionato. Pronto all’azione nonviolenta. Ma dopo sono stato riassorbito dal ritmo delle mie giornate e me ne sono quasi dimenticato. Approfitto ora di una pausa, per sorseggiare un bicchierino di grappa e lasciarmi sedimentare dentro qualche ricordo di quell’iniziativa di Uguaglianza, giustizia sociale e solidarietà incorniciata nei lavori in corso di Emergency.
Quel lunedì tutto era ben organizzato, all’insegna del concetto di progettazione collettiva dell’utopia che muove Gino Strada & Co. Se sei solo a inseguire un’utopia, sei un pazzo; se siete in molti, è il caso di rimboccarsi le maniche e progettare il cambiamento.
Dal palco del teatro si proiettavano diapositive con foto, grafici e percentuali di guerra: negli attuali conflitti militari il 90 per cento dei morti sono civili; per lo più si tratta della parte più indifesa della popolazione: vecchi, bambini e donne inermi. Durante la prima guerra mondiale la percentuale di vittime civili era solo del 15%, poi dalla seconda comincia la tragica escalation.
Molto più rassicuranti (al limite anche consolatorie) le immagini che mostravano gli interventi di Emergency nel (terzo) mondo: assistenza medico-chirurgica specializzata per i feriti di guerra; centri per la riabilitazione fisica e sociale delle vittime delle mine antiuomo; centri sanitari per l’assistenza medica di base; formazione del personale locale; interventi umanitari e progetti di sviluppo.
Ma su quel palco napoletano, Gino Strada – oltre ad aver argomentato il suo rifiuto assoluto per la guerra, oltre ad aver condiviso con l’uditorio il disprezzo per ogni specie e sottospecie di guerrafondaio, oltre ad aver comunicato l’esigenza di diffondere i diritti umani in ogni luogo e senza distinzioni – tirato per la giacca, si è lanciato in un rapido giudizio sulla politica italiana che mi permetto di riassumere così: io cerco un’alternativa, i partiti politici, al massimo, mi offrono un’alternanza. Le differenze tra coalizioni di destra e sinistra si assottigliano. Siamo dominati da un pensiero unico declinato in forme all’apparenza diverse ma sostanzialmente fondato sui medesimi principi e interessi. La differenza tra Berlusconi e Prodi ricalca quella tra un Bush e un Kerry: la stessa che intercorre tra la Pepsi e la Cocacola.* Sempre di bollicine si tratta. E noi preferiamo bere distillati e vino buono.
Caspita, dove è finita la grappa che mi riempiva il bicchiere?
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Si deve al giornalista americano John Pilger il concetto dell’indistinzione sostanziale tra Bush e Kerry, Pepsi e Cocacola. Qui da noi sarebbe come relazionare Bruno Vespa con Emilio Fede, o il TG2 con il TG5. La testa si confonde con il culo, gli afflati con le flatulenze.