Qualche tempo fa, si tratta di mesi ormai, un amico siriano mi ha mandato uno di quei messaggi circolari che aiutano a riflettere su come gira il mondo mentre la bocca e gli occhi accennano una smorfia o un amaro sorriso che si fanno specchio di quello che sentono la testa e il cuore.
Oggi mi è capitata nuovamente tra le mani l’e-mail originale. È scritta in inglese: Rashad studia economia e finanza a Damasco, in un’università americana che alterna corsi in presenza a corsi a distanza, e si dibatte tra il fascino per la cultura made in USA (film-hollywoodiani, pepsi-‘n-coca-cole e berretti-da-baseball) e l’odio per la politica estera gringa (qualche volta racconterò a chi ancora non lo sa come la parola gringo sia nata in Messico a memoria perenne dell’espressione: “Green go home!”).
Ok (0 Killed / Orl Korrect), la smetto con le divagazioni e vi faccio leggere questa storiella esemplare appositamente tradotta in italiano per i non anglo-leggenti (ma magari avrà già fatto il giro dei vostri PC attraverso altri canali):
New York. Un uomo passeggia per Central Park. Improvvisamente, davanti a lui una ragazza viene aggredita da un pitbull. Lui le corre in aiuto e ingaggia una battaglia col cane. Dopo una strenua lotta, riesce ad uccidere l’animale e salva la vita della ragazza. Un poliziotto che ha assistito a tutta la scena, gli si avvicina e dice: — Sei un vero eroe, domani potrai leggere su tutti i giornali: “Coraggioso concittadino di New York salva la vita di una ragazza.” Con un filo di voce, l’uomo sussurra: — Sì, ma io non sono di New York! — Ok, amico, allora scriveranno: “Coraggioso americano salva la vita di una ragazza.” — Ma io non sono neanche americano! — Benedetto ragazzo, di dove cavolo sei, allora? — Io… sono pakistano! Il giorno dopo, in prima pagina: “Islamic extremist kills innocent American dog.” (Ovvero “Estremista islamico ammazza un innocente cane americano.”) |
Come postilla e per affinità tematica, traduco (dallo spagnolo, questa volta) anche un mio textículo di argomento islamico pubblicato su Ficticia a novembre del 2005 (il va sans dir che per gli hispanohablantes è preferibile leggere la versione originale, che suona anche meglio):
La tawba di Tarik
Seduto in un caffé di Roma, Tarik sorseggia il suo primo cubalibre. Mohammed ci ha proibito il vino, ma non ha detto niente del rum. Al secondo bicchiere, è un clandestino di 18 anni che approda sulle coste di Lampedusa a bordo di un gommone libico. Molti compagni sono rimasti nelle acque del Mediterraneo; uno ha appena esalato l’ultimo respiro sulla sua spalla. Grazie ad Allah, all’indegno Tarik è toccata una sorte migliore. Ed ora soffia lontanissimo il vento lugubre di quel mare. — Cameriere, un altro cubalibre! Bevendo il terzo bicchiere, Tarik sa già che domani si vestirà di valori assoluti e si lascerà scoppiare nel metrò. Inshallah! |
Aggiungo un piccolo glossario esplicativo per i non arabo-edotti e mi scuso per l’involontaria babele che si è venuta a creare in questo post (effetto secondario della realtà globale che lo sottende):
Alhamdulillah = “Grazie ad Allah”. Inshallah = “Se Allah vuole”. Ma’Ashallah = “Sia fatta la volontà di Allah”. Mohammed = Maometto (che in italiano suona etimologicamente denigratorio, come una contrazione di Mal-commetto). Tawba = Pentimento e scelta della giusta via, azione di rivolgersi ad Allah e abbandonare gli errori chiedendogli perdono per averli commessi e impostando un cammino di purificazione (ecco, una tawba è più o meno questo; ma sarei grato a chi, musulmano o esperto del Corano, volesse correggere o integrare queste sintetiche ed approssimative definizioni). |