La talpa si invaghì del mare quando sentì dire che non aveva colore, ma soltanto riflessi e trasparenze cangianti secondo lo spazio, il tempo e l’umore dei vedenti, quasi mai consapevoli dell’eterno ed eternamente mutevole splendore che hanno la buona sorte di guardare. La talpa si invaghì del mare e maledisse il giorno che nacque talpa, perché in quanto talpa non poteva assistere allo spettacolo della assenza presente di colore, lei che associava al rosso un fervente tepore, ed il giallo era il sapore del pane appena sfornato, mentre l’azzurro spirava dal cielo come brezza mattutina o frescura.
Ma cosa sono le sfumature per chi vive nell’assenza assoluta di ogni sequenza cromatica? E dov’è la misteriosa differenza tra le antinomie del bianco e nero, estremi poli della gradazione del non-colore? Come un grido che diventa silenzio, come il gelo che brucia le dita dello sfortunato esploratore.
La talpa si invaghì del mare, que es la nada, e si fece acqua, sognando e vedendo la sua sfavillante trasformazione in un vortice di colori che divennero grigi, neri e poi bianchi, prima di essere assenza che avvolge ogni colore.
La talpa si invaghì del mare, ed il mare restò tale e quale, sempre uguale e sempre diverso: forma difforme e animata, colore cangiante secondo lo spazio, il tempo e l’umore dell’inconsapevole chiarovedente. La talpa si invaghì del mare e si fece acqua e sale. Ma anche il sale, disciolto nell’acqua, perse la forma che gli permetteva di farsi toccare o discernere dal chiarovedente inconsapevole.
22121999
…mi sento particolarmente talpa in questo momento…grazie, pure questa si chiama illuminazione…;)
la talpa che si fece acqua, fa un po’ impressione. però il tutto, sono parole che scivolano via bene. aitan, il mare è proprio così. resta bello e uguale, malgrado noi :)
Bello questo post, per noi amanti del mare. La rana è da sempre invaghita del mare, e più volte ha tentato di diventare acqua e sale, di disciogliersi nel mare, di sparire tra la schiuma di un’onda e non pensare più alla vita di quassù. Ogni tanto ci è riuscita, con un colpo di pinna ben assestato, e si è fatta acqua, e si è fatta mare. E non sarebbe più voluta tornare…
Mi reputo del tutto inadeguato a commentare questo post, in quanto talpa, io, e in quanto pesce, abitante dei mari. Ma ha un suono e un sapore questo post, così profondo e gradevole e salso, che qualcosa devo pur dire. E allora dico solo che mi reputo del tutto inadeguato a commentarlo questo bel post. (‘Azz! Sett’anni fa? Nientemeno?)
la talpa potrebbe rappresentare la donna che nel rapporto d’amore è notoriamente cieca, tanto che si innamorò che diventò acqua per essergli più vicino, la donna cambia, si tramuta, si trasforma, l’uomo, il mare, restò tale e quale, la talpa (la donna) si trasformò da diventare acqua e sale cioè si identificò col mare.Però alla fine venne un chiarovedente inconsapevole e que es la nada me lo devi tradurre che proprio non l’ho capito.
:-) vedi il caldo che fa fare
#1
TirNanOga, sono io che ringrazio te per esserti lasciata illuminare da questo racconto buio.
#2
Sono sempre stato irretito dall’indifferenza del mare, Paroleamelie. Credo gli derivi dal fatto che lui è sempre stato ed è.
#3
Ero certo che questo post avrebbe richiamato l’attenzione di un essere anfibio come te, Ranafatata. Sai, tante volte mi sento rana, o marinero en tierra, anch’io. E tante volte ho desiderato farmi acqua, o semplicemente, avrei voluto lasciarmi trasportare dal flusso.
#4
Grazie, Fuoridaidenti, per l’amabile qualcosa che mi hai pur detto. (Eh, sì, sett’anni fa! Ogni tanto si aprono cassetti e si spolverano vecchi block notes).
#5
Oh, Dido, la tua interpretazione è splendida.
Mi chiedo solo se sia possibile invertire i generi: pensarla al maschile la talpa e femminilizzare il mare. Ma no, hai ragione tu, non regge. Sono le donne a darsi di più, a trasformarsi, a diventare altro fino all’annichilimento.
Quel “que es la nada” è una citazione che andrebbe contestualizzata, ma ti basti sapere che in italiano significa “che è il nulla” (anche se suona, più o meno, come “che è la niente”).
Chiunque è attratto da quella “bianca spuma che fa me inebriare”… quella talpa è in tutti noi.
Buona giornata.
Au revoir.
Sinceramente e teatralmente.
R.M.N.
…e pensare che la sirenetta ha rinunciato per sempre al mare per…un uomo…bell’affare!!!
i tuoi occhi invece funzionano bene, sanno guardare lontano e in profondità
acqua e sale, io preferisco quello che mi bolle in pentola dopo giornate passate tra il rosso rassicurante delle pomarole…
mi immergo
per ora non riemergo
apnea
occhio destro e occhio sinistro
romantico resistere per non pensare che l’occhio destro abbia tanto bisogno dell’occhio sinistro e viceversa e che uno potrebbe cedere un po’ di diottrie all’altro e poi però resta sempre l’astigmatismo per questo dico cose confuse non per altro. è il mio astigmatismo. l’occhio sinistro guarda troppo quello destro per assicurarsi che stia bene. l’occhio destro fa lo stesso. a volte si incontrano. a volte no.
intanto mi immergo
A me fa ridere chi dice che il mare è acqua e sale.
Ma io rido sempre, per conto mio.
Il mare sono i pesci, e il mare sono le talpe. Le talpe che non vedono ma che sono consapevoli di non vedere sono più sagge del Saggio della Montagna che attende i discepoli nella posa che s’aspettano.
Le talpe, se non altro, fanno parte del mare.
Il mare è di pesci e di coralli, di acqua e di onde, di spume e di sub inforcati da Nettuno, di tesori sommersi e di cavi del telefono.
Così stanno bruciando il mare.
E’ vero, povera talpa è cieca e si perde i meravigliosi giochi della luce, d’altronde noi stessi ignoriamo tanti lati della realtà che ci circonda, chissà che aspetto hanno i campi magnetici, e l’aria che s’increspa sotto l’impeto del suono? In fondo siamo tutti monocoli in terra cecata
Monocoli in terra cecata.
E monolocali in terra brulla.
Vedi te.
Anch’io a suo tempo mi sono invaghita del mare…
Possibile che questo mi abbia resa un pò talpa?
[sono mezza cecata…]
Niente ibernazione… ho il mare sotto casa e me lo godo.
Solo un pò di refrigerio.
Le cicale cantano e l’aria è ferma e calda.
Un fresco vento mi ha portato fino alla fine…la magia delle parole e di certe persone che …fanno invaghire d’amore non corrisposto anche le talpe…ho un libro “l’uomo che s’innamorò dell’orso bianco”…ventilato, anche lui ;-))
Povera talpa, cieca, a rincorrere i colori perdendosi, quando li poteva leggere dentro si se.
Vi siete mai chiesti perchè chiudendo gli occhi non vediamo solo buio, perchè l’agro del limone ci fa immaginare il giallo, il fuoco il rosso, il profumo del bosco il verde.
Non serve perdersi per trovare nuovi colori, basta solo leggersi dentro e ritrovare quelli che già sono dentro di noi.
Provate. In bocca al lupo ;-)!
Astralla
la vacanza e il relax è come ricaricare le pile…fantastico…e poi il fresco dopo il temporale…mmm ;)
#7
Sinceramente e teatralmente fa piacere anche a me non essere solo, napartaud.
#8
Povera sirenetta, rosario caro!
#9
Adoro la tua poetica prosaicità, regina mia.
#10
Noce, ho letto il tuo commento come un bel post, un sequel del mio, ma con una sua forza autonoma che ho molto gradito.
#11
Come è profondo il mare, atvardi.
#12
Al di là di tutto, è bello quel “monocoli in terra cecata”, narrando. Ma, banalmente e teatralmente, non è anche per questo che restiamo in cerca dell’altro occhio?
#13
Come è profondo…, atvardi.
#14
Mezzo cecato, anch’io, cara sbatacchiata, e molto innamorato delle acque del mare fuori stagione.
#15
Mi pare che la tua lettura sia sulla linea di quella di Dido, mammagio’.
#16
Forse la talpa lo sa, astralla, che i colori li possiamo leggere anche dentro di noi. Per questo riusciva ad associare al rosso un fervente tepore, ed il giallo era il sapore del pane appena sfornato, mentre l’azzurro spirava dal cielo come brezza mattutina o frescura. Solo che a volte è urgente il bisogno di confrontare quello che risiede dentro con quello che palpita fuori.
#17
Felice ricarica, ldo.
una rivisitazione oculistica della celebre poesia di Prevert :)
Non sono certo, narrando, di aver capito a quale poesia di Prévert ti riferisci. È passato troppo tempo dalla lettura di quelle poesie. Ho ripreso tra le mani l’edizione Guanda, ma non sono certo di averla individuata. Che sia Sabbie mobili?
Ma no, deve esserci un verso…