Milano, avanti ieri.

Due improvvisazioni / in ottava senza rima /

che non c’entrano con questa / bella cosa che sta qua / e m’ha fatto salutare / da vicino tanta gente / che fino a poco fa / sapevo solo a parole / (grazie, grazie, prego, grazie)


I

Come essere umano

mi è d’uopo affermare

che i momenti più belli

di tutta la mia vita

li ho per certo vissuti

allorché ti ho sentita

veramente animale

e come tale amata

sbattuta et adorata

su vette rasente cielo

(détta coi toni mocciosi

che vanno per la maggiore,

tanto per dimenticare

che soffro l’eterno male

di every day invecchiare

come una vela al mare

sott’un vento senza fine.)

FINE


II

Finito il tempo in cui

si scoppiava di parole,

ora si scoppia in strada,

al caldo delle polveri,

o sotto il duro giogo

delle replicate crisi

che sconvolgono le vite,

anche se il premier ride

e l’opposizione siede

aspettando cadaveri

sulla sponda di un fiume

melmoso e inquinato

in cui sarà triste fare

l’irreversibile parte

del cadavere, un giorno

che per noi ormai il tempo

sarà pure lui finito.

FINITO


[Se vi va, esprimete la vostra preferenza per la uno (I) o la due (II). E siate clementi. A Milano faceva un caldo della madonnina ed io non ero molto in me. Peraltro, mi ha sconvolto trovare ribaltato il mio immaginario. Pensavo che la capitale della crisi italiana fosse una città brutta e noiosa. E invece mi sono ricreduto, grazie anche a chi me l’ha fatta passeggiare da dentro nei limiti del tempo brevissimo che avevo disponibile. Mannaggia la miseria, mannaggia la morte e mannaggia il tempo che non la smette di cingerci d’assedio!

(E grazie puranco a tutta la redazione e all’organizzazione di B&N che m’ha offerto l’occasione e dato la soddisfazione di questa premiazione in mezzo a tutta questa popolazione che m’ha dedicato tanta immeritata attenzione che vorrei rivolta soprattutto all’illustatrice della mia obliqua immaginazione: Eugenia Monti.)]