Prima di sbattere la testa sullo spigolo del tavolo, il bambino si arrampicò sulla sedia. Si arrampicò sulla sedia, il bambino, e appoggiò saldamente le mani sul ripiano per sporgersi sullo specchio d’acqua che sormontava il tavolo. Voleva vedere da vicino quel mondo fluido e variopinto, il bambino. Voleva vedere tutte quelle alghe che fluttuavano nell’acqua e il pesce rosso che avevano comprato al mercato. Per lui, per il bambino, il mondo liquido e variopinto che si parava davanti ai suoi occhi attoniti era più interessante, più vivo, più vero di tutte le figure che si muovevano al di là della scatola di plastica davanti a cui trascorreva pomeriggi lunghi e solitari.

Si fermò a guardare ogni lento movimento dell’acqua, il bambino, e i suoi occhi sorridevano compiaciuti di tanta fluida bellezza.

Se i suoi genitori l’avessero potuto vedere sarebbero stati contagiati da un’ondata di felicità. L’avrebbero visto soffiare con tutte le sue forze, i suoi genitori, mentre a fior d’acqua si formavano crescenti anelli concentrici; e lui, il bambino, si compiaceva di quella sua capacità di cambiare il mondo.

Per i due pesci quella fu una ineluttabile sciagura, una bufera, un inatteso maremoto.

Per lui, per il bambino, quello era il preludio della fine.