C’è gente che non ha neanche gli occhi per piangere; io ho questa casa in cui mi sposto di stanza in stanza nelle calde notti di agosto in cerca di refrigerio. C’è gente che non ha avuto niente dalla vita; io ho avuto tante occasioni da sprecare e sono salito e sceso da tanti treni da confondere una stazione con l’altra e non sapere più dove mi trovo e dove mi perdo. C’è gente che soffre, c’è gente che s’offre, c’è gente che non sa nemmeno contare fino a tre e gente che non conta niente; io, invece, so contare in tante lingue da non riuscire nemmeno a contare in quante lingue so contare e in quante cantare, per quanto stonato. C’è gente, tanta gente, che non leggerà mai queste parole e per loro non cambierà niente, e c’è anche gente, poca gente, che invece le leggerà queste parole, e per loro niente cambierà ugualmente.
Ci sarà gente, forse ci sarà gente che si chiederà perché s’è fermata a leggere che c’è gente e c’è gente, e quando saranno arrivati qui io non potrò fare niente per risarcire il tempo che avranno perso a leggere tutto questo nulla intriso di niente.
Oggi la battaglia per la ricerca di attenzione è più accanita che mai. Sembra che ormai ognuno produca i suoi propri racconti. Non narrano più solo gli scrittori di professione, quelli che pubblicano, quelli che perfino vivono della loro scrittura. Oggi raccontiamo e ci raccontiamo tutti, attraverso e-mail, blog, sms, tumblr e social network, e la battaglia per la ricerca di attenzione si è fatta più accanita che mai.
Eppure, tante volte, ci risulta facile suscitare l’interesse dei nostri interlocutori parlando di niente, parlando del niente che tutti condividiamo.
Infatti, c’è gente e ci sarà.
A proposito del secondo punto, il problema è nella gratuità. è tutto gratuito, troppo facile e così il valore se ne va.
Hai detto niente…
Credo che tu abbia toccato un nervo scoperto e senza pietismo per chi non sa e non ha né accusa per chi sa e ha. Hai rappresentato bene la difficoltà che tutti viviamo, il desiderio sempre inesausto di esistere. E’ raro, davvero, raro.
Anna
Prima che questo incontro diventi solo un vago ricordo……BUON NATALE !
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Io non sono certo, Bellallegria, che il problema sia nella gratuità. In fondo, quello che non si compra si baratta…
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Eh si, Guido, proprio niente ho detto ;o)
Ben tornato.
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Grazie, Anna, e che ci mantenga vivi, sempre, il desiderio di esistere.
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Buon natale, Otorongo, anche se debbo confessarti di non aver ben capito a quale incontro tu ti riferisca.
gratuità:
mah…?
Cioè uno non paga?
Oppure paga solo a sè stesso o invero uno lo fa così senza senso o uno lo fa così per diariare per rompere il cazzo per farsi conoscere per dire anch’io c’ho dei problemi miei e magari mal di stomaco e ‘na voglia di trombonetrombamento che levati anche tu monamour mylove besamemucho mandami la tua mail che facciamo sex di group anche la mail del cane che pratichiamo cose bestiali poi molestiamo le sorella di Boffo e magari anche il vescovo la cognata di Bossi e poi mandiamo sette trojan a Alì Berlù,
sì ma lui le trojans ce l’ha già:
ah già…..
la perdizione più alta dell’uomo sono le proiezioni. Quelle nelle parole degli altri, sono le più pericolose, perchè ci risparmiano la fatica immane di ricordarci chi siamo. le identità trovate per interposte parole, Rubano il tempo. e però, ti fanno sentire meno solo.
e’ un modo strano di comunicare, forse per attirare l’attenzione di qualcuno o di qualcosa e dopo alla fine dire di aver solo trascorso del tempo per non annoiarsi.
perchè non dire quello che si prova veramente nel dolore e nella gioia senza nasconderci in qualcosa che ci fa male lo stesso.
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Ineffabile et im-pa-ga-bi-le Mario!
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Si, questo, hobbs, io lo chiamo il ‘concetto dell’arcipelago’: siamo isole unite dal mare che ci separa, e in fondo troviamo senso nel costruire barchette, navi e ponti per sentirci meno isolati e inutili…
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Questo brano, car@ utentanonim@, non intendeva parlare di noia. A volte la noia è negli occhi di chi guarda. E non so dove vedi l’autore nascondersi in queste parole più di quanto ogni autore, scrittore, scrivente e commentatore non si nasconda nelle sue.
nulla da commentare. ecco. :-)
(vediamoci presto, ho spasmi al cuore, bisogno d’affetto, voglia di chiacchiere e coccole, di resoconti e tutto)
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Sì, Flo, niente, nulla da dichiarre anch’io
(ma vediamoci presto e scambiamoci figurine affettuose nella realtà extra-virtuale)
La gente e il niente, quasi una omonomia.
E’ che io odio l’etimo gente, così come altri sostantivi plurali che impieghiamo abitudinariamente nel discorso.
Bisognerebbe parlare di persone invece;
persone: suona già diverso; le persone hanno qualcosa da dirsi, la gente è già molto di meno anzi il resto di niente.
siamo ancora umanità, o no?
c’è gente e gente e c’è niente e niente. a me i tuoi niente dicono assai. molti altri niente (la maggior parte), dicono molto meno. :-)
yellow
Molto bello invece questo post. Vien da pensare che anche la scrittura possa diventare un’altra nuova forma di schiavitù di sè stessi, scrivere perchè bisogna e non perchè si è ispirati.
Più che verso la ricerca dell’attenzione (che c’è) stiamo andando dolcemente verso la schiavitù generalizzata di ogni momento della nostra vita, in quanto non viviamo ma immaginiamo di vivere.
“Lo scopo ultimo del regime perfetto è far sì di amare la propria schiavitù” a.huxley 1950 circa.
e c’è gente che invece ti ringrazierà infinitamente per queste bellissime parole che fanno riflettere…e che racchiudono moltissimo, invece.
curioso non è la prima volta che leggo un tuo post e mi rendo conto di essermi soffermata a rfilettere su tematiche simili, in questo caso il valore delle “parole”, ed un’amica che mi ha commentata ha fatto la stessa cosa su un altro blog.. mah ?
deve esistere sul serio allora un’affinità virtuale..
ciao
Mamma mia quanta gente! C’è un affollamento di-già visto da queste parti :))
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“Principally I hate and detest that animal called man; although I heartily love John, Peter, Thomas, and so forth.”
Jonathan Swift (1667 – 1745)
Ecco, forse più che di persone bisognerebbe parlare dei singoli John, Peter, Thomas, Aitan e Alderaban, tanto per fare qualche esempio.
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Sei molto generosa, yellow, a lasciarti riempire dei miei niente e a farmelo sapere…
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Io credo, tristantzara, che più che altro ci raccontiamo vivere.
Quanto ai regimi, per quanto perfetti, preferisco sempre quelli che non ci sono (e, per quello che ne so, Huxley doveva essere dello stesso (dis)ordine di idee).
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Forse, aleggia su di noi il medesimo Zeitgeist, albafucens, lo stesso tragicomico spirito dei tempi
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Sarà la forza attrattiva dei buchi neri, elis, o il potere rassicurante del déjà vu . Io non lo so, magari potresti dirmelo tu.
;o)
Adolf Huxley odiava i totalitarismi, però li ha descritti, come la Harendt. La sua frase non è di stima e auspicio ma di condanna e di avvertimento.
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Certo, tristantzara, io intendevo solo sottolineare le tue e sue parole, non contraddirvi (peraltro, Brave New World, The Doors of Perception ed Heaven and Hell sono libri che mi hanno accompagnato in un esame post-universitario, tanti anni fa).
questo post io l’ho letto due giorni fa, guardandomi dal commentare prima di aver capito bene di cosa parlasse. perché in realtà questo post racconta esattamente cosa scrivo a fare, parla di me, dunque.
così ho appunto pensato a cosa avrei potuto scrivere in risposta, fermo restando che è innegabile che si cerca attenzione nel momento in cui non si conservano in una cartella del computer le cose che si scrivono (a me il computer dona un’asciuttezza che la penna non).
del raccontare mi spaventa prevalentemente il raccontare sé stessi fino al minimo dettaglio, fornire le mappe dei propri peli: è una cosa che non sopporto e che vedo dilagante e irreversibile. a me invece piace la fiction anche quando parlo di una cosa vera, è la fantasia di un dettaglio che rende vere le cose. pensa a cosa saremmo se fossimo capaci di apprezzare le sfumature nei racconti: berlusconi neanche esisterebbe. se parlo di peli ce li metto dove non ce li ho, insomma, ma non a chilometri di distanza: a qualche centimetro. l’effetto è straniante, ma solo per me. e comunque parlo prevalentemente di nulla, di peli, di cose che nella migliore delle ipotesi si tagliano o si strappano. quando sono serio mi annoio da solo, non che non lo sia mai: non voglio esserlo sempre.
in ogni caso ed al di là di tutto a me il raccontino piace ed adoro parlare di niente, e la lunghezza del commento me ne sembra una dimostrazione patente.
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Sono anch’io devoto al dio delle piccole cose, cascade, al padre(eterno?) delle sfumature.
E mi sento sacerdote del niente inalberato anche come protesta contro i vacui signori del tutto.
(Sull’asciuttezza della scrittura al piccì, ci devo pensare un po’ su, in silenzio).
in ritardo e le confesso e per stare in sintonia con il so post che il Solmo La non vuol dire niente
assolutaniente
sempre suo…
fatta salva un’origine ebraica della mia progenie che io cerco di rimovere ogni dì e più rimuovo e iù mi impiglio
in niente
e vogliamo accennare alle pagine sul nulla del compaesano mio Giacomuccio e sia quando zibaldoneggia e sia quando canta?
La Corafa Solmo
Come sono pregnanti i suoi niente e quelli del suo compaesano (che un po’ fu anche mio, almeno negli ultimi e mortali giorni), caro Solmo che non vuole dire niente (e dunque, se non vuole dire ‘niente?, forse ‘tutto’ vorrà dire)!
mi fai venire in mente questa (una goccia nel mare delle idee):
“C’è gente che ha avuto mille cose,
tutto il bene, tutto il male del mondo.
Io ho avuto solo te
e non ti perderò,
non ti lascerò
per cercare nuove avventure.
C’è gente che ama mille cose
e si perde per le strade del mondo.
Io che amo solo te,
io mi fermerò
e ti regalerò
quel che resta
della mia gioventù.
Io ho avuto solo te
e non ti perderò,
non ti lascerò
per cercare nuove illusioni.
C’e’ gente che ama mille cose
e si perde per le strade del mondo.
Io che amo solo te,
io mi fermerò
e ti regalerò
quel che resta
della mia gioventù”
(Endrigo, Tenco, Mina, Vanoni, etc)
Ma, pispa, io quando scrivevo avevo come sottofondo interiore proprio la canzone di Endrigo che è una di quelle che mi-risuona-spesso-nella-testa-non-so-perché.
nada de nada, e non mi riferisco alla cantante, olè
ciao
bri
Però a me nada mi piace, soprattutto in trio, bri:
nada, nada, nada
(tre volte niente).
a me sembra che la gente sia più interessata, se l’ interesse si misura attraverso i commenti, dalle osservazioni banali, della quotidianità che se pubblichi un racconto su cui hai lavorato a lungo. penso poi che a volte io ho letto racconti molto belli senza dare segno di vita perchè non sapevo bene cosa dire oltre: che bello! e che bello sembra sempre troppo poco, o banale o inutile. non so se mi sono capita!
Credo di capirti, melacecca, e ti ringrazio molto per questo commento in-cor-(r)aggiante assai.
Esatto, caro messere Aitan, nulla o tutto…, Zibaldone, 72.
Ma se cerca, un qualche significato in Solmo troverà.
Solmo La Corafa
O caro Solmo, questo è il colmo! ma è certo che, volendo, in tutto (e anche in nulla) un significato trovar si puote, anche in un pero, in un perro o in un olmo.