“L’Italia è uscita dalla crisi.
Berlusconi è onesto e fa il bene del Paese.
Sandro Bondi è un grande poeta e Gelimini il miglior ministro della Pubblica istruzione dell’ultimo millennio.
Minzolini, Fede, Feltri, Vespa e Belpietro sono giornalisti liberi che fanno un’informazione equilibrata e veritiera.
Io dico sempre le verità e ora non sto scrivendo quello che sto scrivendo.
Tu non sei tu, non stai leggendo e non hai mai letto queste parole.”
Si sta scoperchiando il coperchio del cesso ed esce fuori tutto il fetore delle fognature del paese, ma noi continuiamo ad andare in giro come se niente fosse, con le narici turate e il cervello spento, sperando che prima o poi cambi qualcosa, come per incanto muta nelle favole il vento e si fa carrozza la zucca e principessa la vacca che altri chiamano più gentilmente mucca o perfino bovino.
Si sta scoperchiando il coperchio del cesso e ne esce fuori un re nudo e inchiavicato con tutta una corte di servastri e famigli che continua incessante a incensarlo e leccarlo dalle palme dei piedi al bucio del culo, come se la merda fosse miele e sciroppo d’ambrosia il fiele.
Si sta scoperchiando il coperchio e non ci è dato più restare in silenzio. Perché stante così le cose che così stanno non si può che dir male e maledire, altrimenti ci si fa complici o compari di quei torbidi figuri che diffondono puzze e fetori o degli inetti dal cervello spento e il naso turato che sembrano innocenti, ma non sono né freddi né caldi, e siccome non sono né caldi né freddi, la notte eterna dell’apocalisse verranno vomitati dalla bocca del Signore, o una cosa così che non ricordo bene, ma che fa schifo assai ed è giusto che avvenga in tale fatta e guisa o anche peggio di così, quella fatidica nottata lì; epperò, a pensarci bene e a ben pensare, proprio quaggiù e non altrove o in altro tempo sarebbe d’uopo che avvenisse questo pubblico svomitìo, ché delle cose di lassù a me, in verità in verità, m’importa poco, nullaffatto o il resto d’un fottuto niente; almeno fino a quando calco coi miei piedi e le mie suola questo suolo e ne sento il calpestio, mentre cammino solo e a una certa ora copro col mio corpo financo l’ombra che m’accompagna e qualche volta precede, perfino, la massa semovente che le è vicino ed è la mia; ma io, di quest’ombrosa solitudine, chiaro sia, non me ne rammarico granché, dacché a me di camminare in gruppo m’importa poco e rifuggo eziandio tutto questo andare in bande, camarillas e comitive per non sentirsi responsabili di nulla e tutto vicendevolmente giustificarsi con una pacca sulla spalla o un qualche gesto di complicità che meriterebbe il pubblico ludibrio o ancor più un intimo e privato ribrezzo, se ancora questuni avessero intatta la capacità di vergognarsi di fronte a un riflesso di sé o al mondo che gira intorno ogni giorno e fermare non potrai. Mai. (All’istesso modo che a me i miei coglioni, che altri chiamano più ludicamente palle o perfino testicoli, piccoli testi o textículos.)