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Campania felix, Campania fetida reloaded

28 giovedì Ott 2010

Posted by aitanblog in immagini, otherstuff, recensioni, vita civile

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Tag

immagini, recensioni, vita civile

Questa regione è così felice, così deliziosa, così fortunata, che vi si riconosce evidente l’opera prediletta della natura. Quest’aria vitale, la perpetua mitezza del cielo, la campagna così fertile, i colli solatii, le foreste sicure, le montagne perdute fra le nubi, l’abbondanza di viti e di ulivi…e tanti laghi, e dovizia di acque irrigue e di fonti, tanti mari e tanti porti! Una terra da ogni parte aperta ai commerci e che, quasi per incoraggiare gli umani, stende le sue braccia nel mare.
Plinio il Vecchio, I secolo d.C.

In Napoli son trecento mila anime, e non faticano cinquanta mila; e […]  molta gente guastano tenendoli in servitù e povertà o fandoli partecipi di lor vizi, talché manca il servizio pubblico, e non si può il campo, la milizia e l’arte fare, se non male e con stento.
Tommaso Campanella, “La città del sole”, 1606

Via Toledo è una delle più belle vie che sia dato vedere, però è fetida e sudicia! In quali mani si trova, gran Dio! Perchè mai il Cielo invia tali ricchezze a gente così poco in grado di apprezzarle?
Marchese de Sade, “Voyage d’Italie”, 1776

Si dica, si racconti o si dipinga quel che si vuole ma qui ogni attesa è superata. Queste rive, golfi, insenature… Siano perdonati tutti coloro che a Napoli escono fuori di senno!
Johann Wolfgang Goethe,  “Italienische Reise”, 1787

Parto. Non dimenticherò né via Toledo né tutti gli altri quartieri di Napoli; ai miei occhi è, senza nessun paragone, la città più bella dell’universo.
Stendhal, “Rome, Naples, Florence”, 1817.

The people are filthy in their habits, and this makes filthy streets and breeds disagreeable sights and smells. There never was a community so prejudiced against the cholera as these Neapolitans are. But they have good reason to be. The cholera generally vanquishes a Neapolitan when it seizes him, because, you understand, before the doctor can dig through the dirt and get at the disease the man dies. The upper classes take a sea-bath every day, and are pretty decent.
Mark Twain, “The Innocents Abroad”, 1869

…Case crollanti, vicoli ciechi, ricovero d’ogni sporcizia: tutto è restato com’era, talmente sporco da fare schifo, senza mai uno spazzino che vi appaia, senza mai una guardia che ci faccia capolino. […] Un intrico quasi verminoso di vicoletti e vicolucci, nerastri, ove mai la luce meridiana discende, ove mai il sole penetra. Ove per terra la mota è accumulata da anni, ove le immondizie sono a grandi mucchi, in ogni angolo, ove tutto è oscuro e lubrico.
Matilde Serao, “Il ventre di napoli”, 1884

bici basura

“Quando sono andato a Pavia mi hanno proibito di buttare a terra la scatola vuota delle sigarette; ho detto io: A Fratta i bambini cacano a terra!”
Mio nonno, considerazione di un suo cliente riportata in “Cronache mediche”, 1965 (?)

Bottiglie di plastica, preservativi e siringhe usate, giocattoli senza bambini e fazzolettini pieni di muco. Ogni paese ha la spazzatura che merita. Tampax, cotton fioc e rasoi usa e getta. […] Il grado di civiltà di un popolo si misura dalla capacità di gestire i propri scarti. Copertoni di pneumatici, batterie scariche, cibo avariato. […] A terra è così sporco che ti sembra ridicolo conservarti l’involucro delle caramelle fino al prossimo cestino (sfasciato). Bombolette spray, medicinali scaduti, residui hardware e radiografie accartocciate. Un branco di scugnizzi parea sui marciapiedi a colpi di sacchetti di spazzatura sui passanti. Sedie senza seduta, frigoriferi rotti e materassi sfondati […] viviamo sommersi, e non ne sentiamo neanche più l’afrore.
aitan, 7 novembre 2006

¡Cólera! ¡Cólera! Moriremos todos. La angustia no es tan lejana si se tiene en cuenta que Nápoles fue la última ciudad europea que padeció una epidemia de cólera en 1973.
La situación es tan grave que las autoridades italianas han declarado el estado de emergencia. Pero se trata de una emergencia crónica, pues dura desde hace trece años. 

El País, 23/05/2007

Un’emergenza di più di cinquemila giorni, cinquemila giorni di lordura e miasmi.
aitan, 5 luglio 2007

mio cugino che ora sta in America […] vende mozzarelle agli americani fatte col latte liofilizzato, e chissà che schifezza che viene fuori, anche se magari […] è molto meglio di quella che mangiamo noi e producono a Cancello e Arnone o ad Acerra in mezzo alle discariche e a tutta quella diossina che sprizza dalla monnezza bruciata agli angoli delle strade, per non parlare dei cumuli di rifiuti speciali sotterrati nei campi dalla camorra, che quella la camorra mica si fa scrupolo di avvelenare i suoi propri figli, o forse non è esattamente così, perché è risaputo e ci sta scritto pure nei sacrosanti testi di Roberto Saviano che i figli dei camorristi più pesanti vivono a Oxford o se la spassano coast to coast negli Stati Uniti e si mangiano la mozzarella liofilizzata che produce mio cugino
aitan, 11 settembre 2007

Napoli ormai siamo noi, i nostri consumi culturali non fanno una gran differenza, sono la poltiglia di familismo, violenza, maschilismo, superstizione, pornografia con l’ossessione consumistica come unico criterio di giudizio. Il consumismo ha travolto con le sue immondizie le ultime resistenze civili di Napoli. 
Giorgio Bocca “Napoli maledetta” in L’espresso 10/01/2008

Lungo la strada, letteralmente invasa da una fetenzìa che proprio non si può immaginare, c’è la puzza delle diossina, che è un odore che non so raccontare, che non somiglia a nient’altro di conosciuto. […]
Vedo sulla mia sinistra un grande stabilimento. E’ una fabbrica, sulla quale campeggia la scritta: Concimi biologici.
Potrebbe essere una scena comica o drammatica, a scelta.
Il coro greco nella mia testa intanto fa il sottofondo, incessantemente. Innalza lai, birignai e lamentazioni. Insistono: perché non te ne vai? Perché non te ne vai?

Flounder, 13 gennaio 2008

Situazione oltre ogni limite civiltà. Napoli.
ilsole24ore.com, 16 gennaio 2008

D’altronde, quelle, le Autorità Centrali, non andavano sempre ripetendo che pure la situazione dei rifiuti era sotto controllo?
Fin dai primi anni di questo secolo.
Del millennio che è.
E talmente la situazione fu sotto controllo che addirittura la Discarica venne istituzionalizzata come si è già detto in qualche capitolo prima.
Successe così. Dapprincipio si butterò la Regione di tante discaricucce; indi, la si disseminò di termovalorizzattori in perenne, erigenda costruzione; infine, per incrementare le entrate si disse: visto che abbiamo tutte queste belle discariche, perché non facciamo venire anche la monnezza di altri popoli e comunità? Ma questa è storia nota e non è compito della letteratura descriverla e inventarla.
Va solo detto che, per inciso, le popolazioni locali si sono abituate, accustumbrate pure a questa quinta teatrale, molto reale, ma assai particolare: il policromo, soffice mare di buste di plastica di ogni tipo.
L’afrore perenne.
E, quindi, alla Discarica nessuno può rinunciare più, oramai.
Del resto, come privare le impantacollanate, imperizomate, muliebri locali, dee madri, accompagnate dalle figlie bulimiche o anoressiche (o bulimiche e anoressiche insieme), tutte griffate ra’cap’o’per’; come privare esseloro di questo sfizio sublime, un poco tossico ma divertente, rilassante: formare, cioè, e poscia foco dare alle enormi pire di bassura, i giganteschi zigguratt di monnezza e resti umani, ovunque butteranti la Discarica, visibboli anche dalla luna?
Le si poteva mai di ciò privare?!?
Che ormai l’industria turistica regionale aveva riorentato la sua mission, e a frotte arrivavano visitatori da ogni parte, in cerca di emozioni forti, da provarsi nei safari organizzati in aree ben delimitate della Discarica: la caccia ai mutanti.
Quelli fessacchiotti, si intende.
Alfar, “Muzzarè ovvero Odisseo di Secondigliano”, capitolo trentaquatt’, 2004-2008

Leggo, ascolto e guardo e mi turo il naso cercando ragioni nel passato e nel presente; guardo, ascolto leggo e mi turo il naso e mi sento io stesso un cumulo di immondi rifiuti lasciato in un angolo di strada senza una fetente di discarica in cui andare a finire.
aitan, 16 gennaio 2008

Passano i giorni, passano i mesi, ma qui non cambia niente, aumenta solo il sudiciume e il fetore.

Un annaffiatoio vuoto

21 giovedì Ott 2010

Posted by aitanblog in texticulos

≈ 16 commenti

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texticulos

Incapace di vivere la mia vita, mi affacciavo al balcone fingendo di dare acqua ai fiori per spiare la vita sua da dietro quei vetri spudoratamente privi di tende, eppure lindi e pinti, anche se nessuna donna li aveva lavati mai; perché le donne a casa sua andavano per fare altro, non certo per lucidare vetri e spolverargli i libri, che erano tanti, e avresti detto che li avesse letti tutti dal tempo che lo vedevi seduto a leggere e sottolineare, perché questo faceva, quando era in casa e non se ne stava con una di quelle là, sprofondato sul sofà, dietro il tavolo, pure quello pieno di libri, che erigevano una barriera che velava le schifezze che facevano là dietro, coi corpi aggrovigliati, le mani tra le cosce, le lingue intrecciate e il suo sesso ciondolante che poi si induriva tra i denti di una di loro fino a che, ancora tutto umido di saliva, se la inculava e io lo vedevo che si sollevava da dietro la pila di libri, col collo fermo e le braccia tese, mentre dava colpi forti e decisi che mi facevano fremere tutta, e l’acqua continuava a scorrere dal vaso e si svuotava l’annaffiatoio, mentre io cominciavo a sussultare dalle cosce alla schiena pensando di esserci io su quel divano giallo, accovacciata come una cagna, e lui addosso a comandarmi come un soldato governa la sua giumenta, come il domatore accascia la sua cavalla e poi la alliscia; e avrei lasciato anche che mi frustasse a sangue, in un momento così. Per questo mi offrii di spolverargli i libri e lavargli i vetri, ma lui disse che preferiva badare da solo a se stesso e con le donne fare solo sesso. Questo disse, come se niente fosse, e io scappai via e tornai a rinchiudermi nell’incapacità di vivere la mia vita e coltivare fiori e amori.

Ora sono ancora qui, svuotata e con lo sguardo inchiodato alla sua finestra, aspettando che lui accenda la luce e sognando che mi saluti con un cenno del suo cazzo teso in un gesto osceno che mi inviti a saltare dal mio balcone alla sua finestra, dalla mia vuotezza al solo pieno che mi saprebbe riempire, e non fa nulla se mentre facciamo all’amore si appassiranno i fiori e resteranno vuoti tutti gli annaffiatoi.

MR XLV

07 giovedì Ott 2010

Posted by aitanblog in romantico, versiculos

≈ 22 commenti

Tag

romantico, versiculos

Muito Romântico
quarantacinquesimo frammento

Porte che portano importanti verità

Vorrei essere capace di scrivere versi
che ti diano chiavi per aprire porte
ogni volta diverse,
ma pur sempre se stesse,

non di quelle finte
stampate sulle pareti stinte
delle quinte di una sceneggiata napoletana
o di una stupida farsa padana o americana,

ma porte vere
scritte, descritte e dette
con parole austere, essenziali e sincere,
di quelle che non ho detto mai o quasi mai

e tu ‘o saje.

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