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Lo avrete sentito, oggi si celebra in tutto il mondo la Prima Giornata Internazionale del Jazz.
Questo blog e questo blogger che alla musica afroamericana hanno dedicato >> jazz” href=”https://aitanblog.wordpress.com//?s=jazz&search=Vai”>tante pagine non potevano né volevano ignorarlo.
A volte mi sono disamorato per qualche tempo: sono passato al tango, ai tropicalisti brasiliani, alle suite di Bach o ai folk songs di Berio… Ma poi finisco sempre per tornare alla vecchia casa, perché quella casa non ha mura, steccati o barriere. When people believe in boundaries, they become part of them (Don Cherry).
Ci sono molte cose che mi incantano del jazz. Se vi mettete comodi, provo a elencarne qualcuna:
- La capacità dei componenti di un gruppo di sentirsi reciprocamente. The most important thing I look for in a musician is whether he knows how to listen (Duke Ellington).
- L’impegno dei compositori e degli arrangiatori a rendere semplice ciò che è complicato. Anyone can make the simple complicated. Creativity is making the complicated simple (Charles Mingus).
- La sincerità, la corporeità e il sudore sulla fronte dei musicisti. You can play a shoestring if you’re sincere (John Coltrane).
- La sprezzatura dei grandi improvvisatori. Master your instrument. master the music. and then forget all that bullshit and just play (Charlie Parker).
Ci sono molte cose che mi incantano, ma quello che più apprezzo del jazz è la sua capacità di sorprenderti; e quello che è più sorprendente è che ti sorprendono anche gli standard che ti sono familiari da una vita: puoi conoscere il pezzo da sempre, cantartelo in testa nota per nota, seguirne l’armonia sullo spartito; ma quando lo sentirai suonare, sarà sempre la prima volta, ci sarà sempre qualcosa che ti coglierà di sorpresa: una soluzione inattesa, una battuta aggiunta o eliminata, un ritmo impensato, un’improvvisazione da mozzare il fiato, un cambiamento di intenzione in corso d’opera.
Con tanti buoni motivi in testa, a volte ho provato a cimentarmi anch’io con l’arte del creare all’improvviso.
Questa che potete leggere qui di seguito è una mia libera improvvisazione sulle note di “The End of a Beautiful Friendship” (di Donald Kahn e Stanley Styne), registrata a Montreux nel 1986 da Carmen McRae (piano e voce) e Dizzy Gillespie (tromba).
La mia versione narrativa è stata pubblicata sei o sette anni fa sul quinto numero di Sacripante.
Ve la ripropongo qui, anche perché quella bella rivista è sparita in qualche buco nero della rete.
Il tempo di uno standard ben suonato
Annoiato, il vecchio pianista suona una nota dietro l’altra con la testa curva e dondolante sulla tastiera. Non si mangia con la testa nel piatto! Resta dritto! Me lo dicevano sempre, le monache, nei lunghi pomeriggi del refettorio. E poi mi davano buffetti sulle guance rigonfie del boccone che proprio non riuscivo ad ingerire. Un buffetto a destra, sul rigonfiamento destro; un buffetto a sinistra, sul rigonfiamento sinistro. E ancora, di nuovo a destra e a sinistra, a destra e a sinistra…. ad libitum, mentre gli altri erano nel cortile a giocare.
Ora risuona nell’aria un accordo di settima e una pausa. La cantante comincia ad intonare una nota lunga. Gli viene dietro la tromba sordinata ed un applauso stanco. Io non applaudo, ma mi piace tenere questa colonna sonora sotto i pensieri. Quasi quasi ne bevo un altro e sorrido.
Mi vedo nascondere il cucchiaio sotto il tavolo e buttare via un grumo di pasta collosa. Ma questi maledetti maccheroni non vogliono venire via dal cucchiaio. Una suora mi vede armeggiare sotto la tovaglia. Un’ora di castigo, in piedi dietro la lavagna con le mani in testa ed il rimorso per i poveri bambini neri che non hanno di che mangiare. Ma che caspita me ne frega a me dei bambini neri, che loro magari non c’hanno cape-di-pezza tra i piedi e scorrazzano per la savana tra leoni, babbuini ed elefanti!
Beati loro, i fottuti bambini neri, che poi si fanno grandi e percuotono le pelli dei tamburi e soffiano divinamente nei sassofoni ricurvi. Diventeranno tutti jazzisti di fama, e io resterò tutta la vita seduto ad ascoltare, come ora…
La tromba sembra un barrito. La cantante ansima sotto i colpi delle note che squillano dall’ottone. Il guaio è che ora Luisa starà giocando con Marco, mentre queste stronze mi tengono attaccato al tavolo. Che gusto ci troveranno a ingozzarmi come un maiale? Maledette porche zitelle di merda! Spero che il prete faccia lo stesso con loro quando si chiudono in sacrestia. Spero che le attacchi alla sedia e le bastoni con la croce di legno.
La cantante sussurra il suo canto con le labbra attaccate al microfono ed io, per un lungo momento, vorrei essere altrove. Magari tra le sue cosce sode. E invece sono ancora avvinghiato a questo tavolo. Vorrei avere il coraggio di alzarmi e buttare via tutto. Vorrei mandare a fare in culo quelle odiose cape-di-pezza e correre tra le braccia di Luisa. Strapparla da Marco e dai suoi sorrisi a quaranta denti. La travolgerei con un bacio mentre incalzano le note. Come nei film alla tivvù.
Incalzano le note della tromba all’unisono con la voce. Il vecchio pianista stende un tappeto di accordi. Sembra riconquistato alla vita. Bevo d’un sorso tutto il bicchiere. Mi alzo. Travolgo i tavolini. Tutti mi guardano attoniti. Nel tragitto afferro una bottiglia da un tavolo e la scolo. Mezza in gola, mezza sulla giacca e i pantaloni neri. Il trio continua a suonare, ma mi sento i loro occhi addosso. Tutto il cortile guarda me. Quello che resta sempre in refettorio perché non è capace di mangiare da solo. Mi butto tra le sue braccia e piango fino a che cadiamo entrambi al suolo. Il trombettista lascia penzolare la cornetta lungo la sua gamba e resta immobile. Il vecchio pianista ride di gusto e continua a suonare.
Beh! butto fuori tutti e…questa serata me la godo con della buona musica Jazz. L’aria si è fatta tiepida, il Jazz ci sta bene in giardino. Consigli?
un saluto
Se sfogli le pagine di questo link al tag jazz della mia webteca http://aitan.tumblr.com/tagged/jazz, ogni video che ho postato è un consiglio per l’ascolto. :o)
Hai proprio fatto bene a riproporre il pezzo finito in chissà quale buco nero. Complimenti anche per come mi hai spiegato che il jazz sorprende
ciao
Grazie, Remo. E’ davvero un peccato che nessuno (che io sappia) abbia provveduto a rimettere in rete i vecchi numeri di Sacripante.
ma che bel “pezzo, Atan!
suonalo ancora, Sam….
e quanto ho condiviso della tua vita con le cape di pezza!….
un abbraccio
Diciamo, Cristina, che non è tutto autobiografico questo pezzullo, ma un certo odio infantile per le cape-di-pezza di quel refettorio lì… sì.
AMO il jazz, le emozioni, vibrazioni e sensazioni che sa suscitare, quando lo ascolto è come si mi avvolgesse in un abbraccio, tra gli strumenti che più mi incantano e sorprendono c’è il sax e la tromba “e poi vabbé il violoncello” ma questa è un’altra storia :)
… e adoro anche il pezzo che hai voluto riproporre anche perché io non lo avevo letto, è bellissimo “Il vecchio pianista stende un tappeto di accordi” ed è su quel tappeto che mi adagio e rimango ad ascoltare le note sublimi del jazz
Mi ha fatto sorridere quel “e poi vabbé il violoncello”, Alba.
Io una tromba e un sax a casa ce li ho (anche se cinesini), il violoncello, invece, dico sempre che vorrei me lo chiedesse mia figlia quando avrà l’età di cominciare a studiare uno strumento. (E, naturalmente, ne approfitterei anch’io per imparare a far uscire qualche suono da quell’ingombrante meraviglia-)
Io purtroppo non so suonare un piffero :)
potendo mi sarebbe piaciuto imparare il sax o il violoncello, ma finora non ci ho neanche mai provato… magari da grande :)
C’è sempre tempo…
Io conosco la tecnica di vari strumenti (chitarra, flauto traverso, sax, tromba…), ma suonare è un’altra cosa. Mi piace, comunque, avere molti strumenti per casa.
Io e la musica non ce la intendiamo proprio bene :)
adoro ascoltarla ma non ho molta musicalità… a differenza di mia figlia che ora studia flauto traverso :) dopo aver preso anche qualche lezione di chitarra, e sai anche io ho in casa piccoli strumenti, e Lei ha questa dote… che riesce a farli suonare e produrre anche belle melodie a casaccio, sa leggere le note, io uhm… la musica non mi appartiene :)
con tutti questi strumenti, sicuramente tua figlia qualunque sarà la scelta, sarà ben fatta :)
Con tutto il tempo che ho dedicato alla musica (sia all’ascolto che allo studio, anche se quasi sempre da autodidatta), a quest’ora, se avessi avuto una certa dose di doti naturali, sarei un concertista o un jazzista di fama.
Ottimo il pezzo. Oggi non suono più, ma da ragazzino facevo un po’ di jazz, molto elementare, col piano. Poi mi sono occupato di tante altre cose; ma oggi un po’ di jazz me lo voglio proprio sentire.
In realtà, Guido, non sono più un ragazzino neanch’io, ma ogni tanto faccio ancora finta di suonicchiare qualche standard. Il più delle volte, però, preferisco ascoltarlo, il jazz, dal vivo o in poltrona.
Sacripante: il tuo pezzo mi ha steso. Non sono mai stato tra le suore ma in qualsiasi mensa mi comportavo come quel ragazzino mangia-male.
nell’elenco delle cose del jazz che ti piacciono scelgo questa di Mingus: L’impegno dei compositori e degli arrangiatori a rendere semplice ciò che è complicato (e questo vale anche per tutto il resto).
Tra gli strumenti quello che in assoluto preferisco è il vibrafono quindi mi puoi trovare dalle parti di Gary Burton.
Preferisco anch’io, tra le altre, la citazione di Mingus. Sarà che io sono un mingusiano di stretta osservanza.
Quanto a Gary Burton, l’ho visto dal vivo tanti anni fa al Circo Massimo con Chick Corea; era uno dei primi concerti di jazz cui ho assistito nella mia vita. Un ricordo indimenticabile.
Un omaggio a questa musica incantevole. In questo periodo ascolto volentieri il cd di Rachelle Ferrel: First Instrument. L’ironia della sorte ha voluto che, quando sono tornata dal mio venditore di dischi di fiducia a comperare altri cd di questa impressionante artista, egli non ne avesse più momentaneamente perché li aveva appena venduti ad un mio vecchio amico che non vedo più da qualche decennio…
Anche per questo l’Unesco ha considerato il jazz patrimonio dell’umanità: è una musica che unisce… :o)
Inoltre è stato proprio l’amico in questione che mi ha fatto scoprire Miles Davis in particolare (ho impiegato diversi lustri a capire la sua musica) che considerava come il più grande musicista di tutti i tempi…
Davis è sicuramente tra i più grandi, uno che sapeva dare valore ad ogni nota e ad ogni pausa. L’ho visto a Perugia negli ultimi anni, quando ormai suonava pochissimo e alternava le tastiere alla tromba, ma sul palco sembrava un dio calato dal cielo.
Le ultime volte che ho sentito parlare di Miles Davis da vivo ero a Ginevra: ogni volta che arrivava al festival di Montreux, dove per finire gli hanno dedicato una sala, c’era un’ampia eco sui media locali, era proprio un avvenimento per tutta la regione.
Un concerto di Miles Davis era un evento di per sé, ovuqnue si svolgesse. Pochi jazzisti hanno avuto tanta fama in vita (eppure, leggendo la sua autobiografia si vede che provava ammirazione e perfino una punta di gelosia per il successo di rockstar internazionali come Jimi Hendrix e Prince…)
Questo pezzo l’avevo già letto, e tutti gli altri che hai scritto sulla musica, intorno alla musica, con la musica. Non si può ignorare l’amore che nutri verso questa musa..
Grazie, Elis, anche a nome della musa della musica che io corteggio da lustri con scarsi risultati.
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