Tag
Chi pensa solo a se stesso e solo se stesso vede;
chi dedica tutto il suo tempo e una vita intera
a imbrodarsi e parlare di sé;
chi non fa che prendersi cura del suo piccolo orto,
lamentandosi e inebriandosi del proprio vino e dell’aceto proprio;
chi conosce solo il suo dio ed è incapace di vedere con gli occhi di un altro;
costui, costoro, hanno davanti a sé ed a loro sempre lo stesso squallido panorama
e, qualsiasi cosa gli succeda intorno, vivono sempre e comunque una vita molto noiosa,
di quelle che ti scocci anche sulle montagne russe
o tra le cosce di chi ti vuole bene.
Quanti ce ne sono, caro Aitan!
e niente li distoglie da quel piccolo avido sé…
e perfno i dolori non hanno presa su di loro: gli scorrono addosso come la pioggiia sui vetri.
e i piaceri sono loro dovuti.
Ma per tutti coloro che avvertono la vita anche nel fruscio di una foglia, la delicatezza di un dito sulla gota di chi sia ama, dventa imperativo salvaguardarla, la vita. Sempre. e battersi per la giustizia e la fratellanza.
Grazie di essere tra questi.
un abbraccio
cri
Grazie a te, Cristina, per annoverarmi tra quelli che si battono e dibattono.
L’egologia è l’ideologia più ampiamente diffusa e immortale. Noi sentiamo di esserci, il resto delle cose è rappresentazione degli oggetti dentro di noi. Sappiamo che il povero Husserl ha avuto qualche problema a giustificare gli ego alternativi. La sua prima domanda probabilmente fu: “Ma che c…. ci fanno tutti questi altri intorno a me, quando io basto e avanzo?” :-D
Forse, Guido, il povero Husserl era troppo buono per fare il passo successivo: “Tutti questi altri intorno a me esistono in funzione dei miei desideri e come strumento della mia imperativa volontà”.
Eppure non so perché ho subito pensato a questo:
Ognuno sta solo sul cuor della terra trafitto da un raggio di sole: ed è triste.
…Ed è subito triste.
ovviamente paracitavo Quasimodo
Ovviamente, paracitavo anch’io ;o)
sottoscrivo ogni singola parola Aitan
abbiamo bisogno di questi occhi, di occhi nei quali ritrovarci, ri~conoscerci, rispecchiarci, accoccollarci, di poter vedere le cose, ciò che ci circonda, altresì attraverso gli occhi degli altri.
La vita è fatta di attimi, di tanti piccoli frammenti, e noi ne siamo una parte infinitesima, siamo tante piccole tessere, ognuna con la sua storia personale, gioie, dolori, pensieri, percepire e tanto altro, presi singolarmente, manteniamo ognuno la nostra unicità, uniti creiamo un piccolo capolavoro.
E per metterli insieme, cercare di farli combaciare tutti questi tasselli diversi, eppur così affini, infine, non esiste mica un libretto delle istruzioni, dobbiamo più semplicemente predisporci all’ascolto, concedere e concedersi tempo, dobbiamo essere capaci di metterci in discussione, di sof~fermarci, dare la possibilità agli altri di potersi esprimere, rivelarsi, perché è dalla condivisione, dal confronto, dalla stima, fiducia, è facendo un po’ di spazio in noi anche agli altri, che possiamo arrivare così ad arricchirci, ampliare i nostri orizzonti.
E’ bello che ci siano persone come te, o così come leggo negli altri commenti, che sanno cogliere queste sfumature, dettagli, che coltivano non solo il proprio orticello, bensì, si predispongono ad accogliere e custodire in sè, una nicchia per la fanciullezza, per l’inimmaginabile, per non smettere mai di sorprendersi, per non rischiare di cadere nella spirale, del già detto, fatto, che si sforzano di non dare le cose, le persone, per scontate.
E comunque vadano le cose… mai smettere di seminare, perché un delicato seme, anche se piantato in un campo sterminato, contribuisce sempre, nel suo piccolo, a cambiare la geografia, rinvigorire i sottili, delicati equilibri che modulano la vita. Il coraggio, la premura, la prosperità, non dimorano, attecchiscono nel raccolto, bensì nella semina.
Grazie per il tuo commento, così circostanziato, partecipato e condivisibile. Trattengo dentro di me soprattutto la frase in cui sostieni che dobbiamo essere capaci di metterci in discussione, con gli altri, aggiungo, non da soli dentro noi stessi. Mi pare un concetto che li racchiude tutti.
sì… ^ – ^ è la cosa più importante
La cosa più importante e una delle meno praticate…
L’introspezione è importante quanto la condivisione; è l’egoismo che non c’azzecca su nessuno dei due fronti! Però è necessario distinguere.
Sì, hai ragione, è necessario distinguere; ma nemmeno l’introspezione è un valore in sé, quando si entra talmente dentro se stessi da rischiare di perdersi nei propri meandri, nei propri miasmi.
Perdersi è il rischio che è necessario correre per non rimanere sempre e solo in superficie. Il mondo è stracolmo di anime ignote, non conosciute che galleggiano nel nulla. Se non ti conosci non puoi esserci e se non ci sei, tanto valeva non nascere.
Io preferisco guardare prima in superficie, ma la superficie è inesauribile, un mare sconfinato. A volte ho anche l’impressione che non di acquisisce neanche la capacità di guardarsi dentro, se non si impara prima a guardare fuori.
Ma è chiaro che stiamo difendendo entrambi due opposte prospettive, che finiscono per coincidere, da qualche parte.
Sì, penso sia così; dal mio punto di vista non si può avere una visione dell’insieme se prima non si conosce il dettaglio e d’altra parte non si può conoscere solo il dettaglio, evitando la visione d’insieme, perché non servirebbe, non sarebbe efficace. E’ un po’ come dire che se non sai riconoscere le singole lettere dell’alfabeto non puoi leggere e se non puoi leggere puoi solo guardare un libro nel suo formato, puoi osservarlo come oggetto, ma non puoi comprenderne il contenuto. E d’altra parte non serve conoscere ogni singola lettera dell’alfabeto se poi non sai il significato delle parole che esse compongono. Le varie fasi sono necessarie tutte affinché si arrivi alla conoscenza, o alla Verità, come la chiama qualcuno.
E tutto questo lavoro, visto che si cita spesso la noia, non è per nulla noioso, tutt’altro. :) Nemmeno se lo si compie da eremiti. Gli eremiti non si annoiano, perché una scelta tanto estrema richiede una concentrazione ed un gusto per “il cercare” che in nessun altro modo e in nessun altro contesto troverebbero. Non c’è noia nel voler capire, mai; ma questo a chi guarda da fuori e ha bisogno di continue distrazioni da se stesso per far fronte all’invadenza subita o voluta del quotidiano, non è comprensibile. E non è un lavoro inutile questo cercare, perché la conoscenza non è fine a se stessa. Ciò che oggi sappiamo di noi stessi in quanto esseri umani è dovuto a chi si è preso la briga di pensarci, di lavorare per comprenderlo, vivnendo in mezzo ai suoi simili, o estraniandosene; non esiste un metodo migliore o uno peggiore, sono validi tutti purché portino al fine della conoscenza. Questo non può essere fatto nel caos di superficie; richiede sfrzo, fatica, concentrazione, dedizione e impegno. Tutte cose che oggi vengono assimilate alla noia. E invece è tutt’altro. La fatica non è per nulla noiosa, solo che pochi sanno ricordarsene.
Oh, io mi accontenterei anche di qualche scheggia di realtà. La conoscenza e la verità mi sembrano mete troppo alte.
Quanto al valore che dai alla fatica della conoscenza, sono perfettamente d’accordo, e io non mi annoio nemmeno a scandagliare la superficie.
Eh si, aitan, chi non riesce a relazionarsi con il mondo dovrebbe vivere da eremita, così da non fare male a nessuno se non a sé stessi.
Chi vive con questa prospettiva, non riesce a godersi la vita perché tutto, prima o poi annoia, sopratutto se mette in discussione il centro di quel mondo. E a mio avviso, finché si perdono la bellezza di quello che sta intorno, è un problema loro. ma quando il loro comportamento diventa nocivo anche per chi vive intorno a loro (perché non sono eremiti!) allora si che diventa un problema. Perché non si bastano, e niente li soddisfa, e a lungo andare anche le attenzioni di chi li circonda diventano banali e noiose, hanno bisogno di novità che cercano spasmodicamente senza nessun rispetto per sé stessi e per gli altri.
Triste, molto triste la loro vita. ….
Sì, Paola, hai fatto una sintesi molto puntuale della situazione.
Però, permettermi, triste, molto triste la loro vita; ma triste anche la nostra.
Ah, be’, sì, be’…
Otto Kernerg: “Narcisismo, aggressività e autodistruttività.” Raffaello Cortina Editore.
Ho prenotato qualche giorno fa: Les Carter, “Difendersi dai narcisisti. Come non farsi rovinare la vita da chi pensa solo a se stesso.”, TEA (ma già dal titolo quwello che indichi tu mi pare un testo più serio.)
Si tratta, in effetti, di un testo un po’ troppo tecnico; di difficile approccio se si è digiuni di elementi di “psicodinamica”.
Ma era solo per segnalare che, se è vero che la malvagità esiste, l’orrore nulla scaturisce dal nulla.
Era per dire che anche i Narcisisti- gli affetti da questo disturbo della Personalità- sono tali per aver sofferto, subìto, in tempi remoti, abusi non dissimili da quelli che- una volta cresciuti- esercitaranno a loro volta sulle proprie vittime.
Va da sè che costoro, le vittime, apparterranno al “mondo opposto”, complementare, con organizzazioni della personalità speculari, ad orientamento Masochistico .
Tutto questo non sgraverà d’un oncia la sofferenza di coloro che subiscono gli abusi, la Rabbia Narcisitica, ma è necessario saperlo per non percepire Cattiveria dove in origine era Sofferenza..
La questione è diventata attualissima con Internet che , Meraviglioso Strumento, ha costituito per costoro la Nuova Bengodi.
Al sicuro dello sguardo dell’Altro, dell’obiezione tempestiva, si è potuto tessere tele accurate di Menzogne , di Manipolazioni, di simulazioni e dissimulazioni.
Tutte quelle armi, insomma, che consentono ai Narcisisti di procrastinare le spiegazioni, sollecitando al contempo solidarietà e, qualche volta, denari…
Ciao.
E’ interessante quello che scrivi, Cela. Io non credo di essere una personalità ad orientamento masochistico; probabilmente, come molti che si pavoneggiano in rete, sono anch’io più tendente al narcisismo; ma forse proprio per questo mi sopravvaluto e penso di essere in grado di far ragionare personalità spiccatamente e patologicamente narcisistiche. E poi ne esco con le ossa rotte e vittima di bugie, manipolazioni della realtà e perverse malvagità che si possono anche giustificare con la storia personale di chi le perpetra, ma che non per questo fanno meno male per chi le subisce.