Questo agosto comincia con i migliori auspici, grazie a un bel regalo che mi giunge da Roma.
La brava e bella Sefania Tallini mi ha mandato il suo ultimo cd con tanto di dedica dalla Stefania grande alla Stefania piccola, mia figlia.
Lo ascolto ora e ne faccio un commento a pelle.

L’album si intitola Viceversa e si avvale delle prestigiose collaborazioni dell’immenso chitarrista brasiliano Guinga e del virtuoso del clarinetto Corrado Giuffredi.
Nelle note di copertina, Stefania specifica che il titolo Viceversa nasce “dal senso della reciprocità, dello scambio, del rapporto tra diversità”: il jazz, la musica classica, i ritmi brasiliani, che si trovano fusi tra i tasti del suo pianoforte.
Il primo brano è quello che dà il titolo all’album. Stefania suona due pianoforti in overdubbing. Una sorta di involontario omaggio a uno dei suoi pianisti preferiti, il Bill Evans delle conversazioni con se stesso. In ogni modo, quella di Stefania è un’originale ed energetica sovraincisione con sprazzi di delicatezza molto talliniana; una degna apertura di un album che già si preannuncia gostoso, delicioso e legal.
Segue “Duke”, introdotto da Guinga alla chitarra e poi suonato da Stefania al piano con accompagnamento ancora di Guinga, che lascia la chitarra per prestare al brano la sua voce.
Nell’intreccio tra le corde del pianoforte e le corde vocali si crea un’atmosfera sognante, molto suggestiva ed avvolgente. Ainda muito legal!
Il terzo e quarto brano sono due duetti piano-clarinetto: “Vertiginosa” (dalla struttura ascendente, con virtuosistici e, per l’appunto, vertiginosi unisoni di fiato e corde) e “Didala e Chitto” (brano riflessivo e intimo, con una melodia molto accattivante, di quelle che se chiudi gli occhi ti trovi davanti a un film fatto di panorami ampi e campi lunghi).
“Da o pé, loro” è una composizione di Guinga, che duetta con la Tallini in questo brano molto ritmato che ha fatto lasciare a Stefania piccola i suoi giochi per mettersi a ballare allegra al centro della stanza.
“Eclissi” mi prende fin dalle prime note. È un altro duetto con Giuffredi, che sfoggia un timbro limpido e pulitissimo, molto classico. La composizione alterna momenti di tenerezza trasognata a frasi ritmate che sfumano di nuovo in note lunghe e cullanti. (Difficile sentire un clarinettista più preciso sulle note lunghe!)
“Pesarobaiao” è una traccia per solo piano dedicata a Hermeto (Pascoal o un loro amico brasiliano?) che fa apprezzare la perizia ritmica della mano sinistra di Stefania.
“Di menor” è un’altra composizione di Guinga arrangiata per chitarra e piano. Perfetto interplay (tanto che sono tentato di abbandonarmi a qualche pettegolezzo extra-musicale; ma mi contengo).
“Solitango” è un brano piano-clarinetto molto disteso e intimo. Il tango è una passione di Stefania che, da quello che so io, è nata ancora prima del Brasile, sebbene poi la musica carioca le abbia invaso la vita (ma qua rischiamo di nuovo di scivolare dalle parti di Novella 2000). Tornando all’ascolto del brano, si sente la mano sinistra tessere un bel ritmo di milonga che si intreccia con la melodia triste e struggente suonata dal clarinetto di Giuffredi e dalla mano destra di Stefania.
Negli ultimi album della Tallini non manca mai un choro, e questa volta la pianista e compositrice romana lo dedica a se stessa: “Choro para mim”: ne viene fuori un bel pezzo per piano e clarinetto che fa di nuovo ballare Sefania piccola.
L’undicesima traccia dell’album è una bellissima composizione di Guinga: “Nó na garganta”, un nodo alla gola. L’arrangiamento è perfetto, e il dio della musica sa quanto sia difficile mettere insieme una chitarra e un pianoforte, due strumenti primedonne che difficilmente riescono a fare connubi riusciti, anche per differenze di timbro e volume.
Stesso discorso per “Cheio de dedos”, un altro brano virtuosistico di Guinga arrangiato magistralmente per piano e chitarra. (Sarebbe bello che Stefania e Guinga provassero a comporre oltre che suonare insieme, come in fondo hanno già fatto riarrangiando per i loro strumenti queste musiche di Guinga concepite originariamente per una o due chitarre).
Nella tredicesima composizione dall’impegnativo titolo di “Medea”, Stefania duetta di nuovo con Giuffredi in un pezzo dalla forte carica evocativa in cui si alternano sapientemente momenti di solo piano, solo clarinetto, unisoni e fughe. Ascoltando, mi trovo di nuovo davanti a un mio film costruito su quella struggente colonna sonora.
L’ultimo brano lo ascolto con Stefania piccola in braccio e la faccio cullare dalle note del piano e dalla voce di Guinga. (Stefania mi aveva anticipato che dovevo dire alla bambina che glielo dedicava.)
Si intitola “Mãe do Mar” ed è una meravigliosa canzone per piano e voce. Il testo è del poeta brasiliano Thiago Amud, che lo ha scritto sulle note di “A Veva”, una bella ninnananna di Stefania Tallini che era già apparsa sugli album Pasodoble e The Illusionist. I versi di Amud parlano di una Penelope che ha smesso di tessere la tela del suo telaio, per andare incontro al suo amore dopo aver invocato il favore del mare e dei venti. E non mi è difficile identificare questa Penelope con Stefania che varca l’Oceano per raggiungere l’amato Brasile (non dico altro per non scadere di nuovo nel pettegolezzo ;o).
La piccola resta in ascolto in silenzio, incantata, e di cotanto incanto m’incanto anch’io.