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Senza la musica, la mia vita sarebbe un inferno; ma non ditelo ai miei vicini.
Sono anni che tormento qualunque oggetto abbia una possibilità per quanto remota di produrre suoni. Fare e ascoltare musica per me è un’ossessione e una necessità. Conosco la tecnica di decine di strumenti, ma non ho imparato a suonarne nemmeno uno come si deve. Mi accontento di capire come funzionano per ascoltare più a fondo le centinaia di cd che compro ogni anno.
Ho cominciato poco dopo aver imparato a parlare, percuotendo la batteria di pentole di mia madre. Mi piaceva soprattutto il fracasso dei coperchi che battevo e sfregavo uno sull’altro come se fossero i piatti della banda del paese. Poi ho iniziato a soffiare fiaschi, sfiorare e lisciare calici di cristallo, percuotere noci di cocco e lastre di alluminio. A 12 o 13 anni costruivo flautini, fischietti e siscareddu con canne di bambù, tappi di sughero ed ossi di albicocca.
Ai tempi del liceo, ho acquistato la prima chitarra e una stridentissima ciaramella. A 19 anni, mio padre ha comprato da uno zingaro sdentato e barbuto una piccola fisarmonica, lo strumento che lui avrebbe sempre voluto suonare e che io non ho mai imparato a trattare adeguatamente come avrebbe desiderato. Alla festa di laurea, i miei amici mi hanno regalato una tromba e dei bongos. E, nel mentre, io avevo già riempito la casa di fiati etnici, kazoo, scacciapensieri, armoniche, ocarine, piatti turchi, quenas, maracas, sikus, whistle, flageolet, palos de lluvia, calebasse, mbira, chimes, tammorre, launeddas, xilofoni e tastiere elettroniche. Poi è stata la volta di un sax soprano, un salterio, un sassofono elettronico, un ukulele, un’altra chitarra, un saz, un flauto traverso e un guitalele. Qualche anno fa, mi è arrivato direttamente dall’Armenia un meraviglioso duduk. In seguito, una che fino ad allora non aveva mai indovinato un regalo che trovassi minimamente gradevole, mi ha fatto felice con un cajón spagnolo.
Negli anni, ho lavorato come animatore teatrale con grandi e piccini, improvvisando, con tutti questi aggeggi, colonne sonore di storie che si creavano nelle loro teste sullo stimolo dei rumori e dei suoni che producevo mentre loro mettevano in moto la loro immaginazione a occhi chiusi e mente aperta.
Infine, quando ho rinnovato l’appartamento, ho riscoperto le inesauribili possibilità sonore dei tubi di conduttura e dei termosifoni davanti agli occhi esterrefatti di muratori, idraulici, elettricisti e braccianti edili. “Cchi fatica e cchi sona…”
Ancora oggi, se in casa vengono amici musicomani suoniamo di tutto; dalle chitarre ai fischietti, ai bicchieri e alle caccavelle. Meglio ancora se arrivano in compagnia dei loro figli. Per la gioia dei miei vicini.
Per me, esplorare la tecnica di un nuovo strumento o suonare con gli amici è come una specie di palestra per eliminare stress e tossine in eccesso. Per i vicini, immagino, che sia un altro motivo di tensione e nervosismo in mezzo allo sfibrante logorio della vita quotidiana.
Sono certo che ogni volta che ho cambiato casa, nel raggio di un tre o quattrocento metri abbiano osservato ore di festoso silenzio per celebrare la fine delle scale incerte e del trambusto.
Senza musica, senza la mia musica, per loro, la vita sarebbe stata di certo più tranquilla. E che ve lo dico a fare?
Non so perchè, ma se è vero che la vita di chiunque senza musica sarebbe un inferno, anche qualche tuo vicino ti sarà stato grato, anziché no. Un po’ ti invidio, perché nella mia vita avrei voluto tantissimo imparare a suonare uno strumento quando ero piccola, poi giovane… e ogni tanto ci penso anche adesso, ma per varie circostanze non mi è mai stato possibile. UN po’ canto, a volte, ma sempre quando sono sola; ho una timidezza congenita che mi impedisce qualsiasi forma di esibizione in pubblico. Non crescerò mai…
Sapessi io come invidio i musicisti bravi, quelli che suonano con sprezzatura e partecipazione. Quanto al canto, sono più stonato di Jovannotti o di un asino che raglia la Corale di Bach…
Mio caro, guarda che la voce si può “educare”; e in quanto a Jovanotti, quello con la voce che ha e le stonature che produce, riempie gli stadi! :) Quindi, come si dice? l’importante è crederci. :P E in defnitiva sei fortunato ad avere una passione come questa e a poterla coltivare, a prescindere dai risultati che a te pare di raggiungere o meno. Ti ci diverti e questo è bellissimo!
Oh, non dirmelo, sono anni che cerco di educarla la mia voce; ma scostumata era e scostumata resta. Un mio amico musicista diceva che chiunque, con la giusta guida, poteva arrivare a cantare decentemente. Poi, provò con me e disse che ero l’eccezione che conferma la regola.
Ma, mi diverto, sì, perfino a cantare; finché non arriva qualcuno che mi blocca e mi tappa la bocca.
E allora avanti così!! :) E se qualcuno ti blocca fagli presente che è colpevole di aver limitato un talento!!
Troppo buona!
;)
mi pare di vedervi, tutti lì a suonare (e di sentirvi!)…
ciao :-)
Noi andiamo molto meno a tempo. (Soprattutto io ;o)
io trovo invece stupenda questa tua ricerca (se così si può definire), perché in mezzo a tanto caos superfluo, se fossi una tua vicina, io accosterei l’orecchio alla parete, per sentire ancora meglio le note che nascono dai vari strumenti, perchè potranno essere magari forse anche un po’ sporche, ma quello che fa la melodia…
“… non c’è alcuna formula sicura per creare melodie belle e originali… ognuno di noi parla con la voce che gli è propria. E, sebbene il suo tuono possa essere potente o debole, la voce è unica. “ ~ Reginald Smith Brindle ~
Ah, ecco, Alba, non sono io che sono stonato, sono le regole della musica occidentale che ingabbiano la mia capacità ricreativa dei brani, e nessuno dovrebbe limitarmi, nemmeno i miei vicini che avrebbero la pretesa di riposare le loro stanche orecchie. Ecco! L’ho detto!
^ _ ^ ed io sottoscrivo, perché infine… sono le emozioni quelle che contano, e ci sono così tante sfumature, bellezza anche nell’imperfezione
I grandi jazzisti sanno trasformare le imperfezioni in punti di partenza per le loro improvvisazioni. Loro…
Io in una casa piena di strumenti mi sentirei in paradiso. Comunque qualcosa per suonare ce l’ho. Solo che a Milano, in un condominio, che ci fai? Dopo molto tempo ho capito che qualche oggetto sonoro può essere collegato direttamente al pc e si può suonare senza far sentire niente o quasi a distanza e i suoni si possono registrare direttamente. Purtroppo avevo abbandonato la musica da decenni e perso completamente l’agilità, per cui ricomincio da capo. Magari tra qualche altro decennio (verso i 90) mi sentirò pronto per suonare di nuovo in pubblico. Non bisogna mai perdere le speranze. Gli oggetti comuni sono spesso ottimi. Una volta avevo una spatola da muratore che rilasciava un suono purissimo. Purtroppo temo sia stata buttata per la ruggine.
Anch’io.
Ho passato anch’io ore a registrarmi e sovraincidermi al pc, Guido.
Vivo in condominio anch’io, ma i miei vicini, scherzi a parte, sono molto tolleranti.
Per il resto, anch’io suono raramente in pubblico. E in genere il pubblico suona con me.
Sono settimane che ascolto a getto “Sanacore” degli Almanegretta /pe’ dint e vich addo’ nun’ trasse o mare mi emoziona sempre al massimo…e anch’io sono stato batterista sai. ciao
Purtroppo, proprio la batteria è lo strumento che mi è più estraneo. Il 90% dei miei problemi con la musica derivano da una scarsa concezione del ritmo.