Torno ora da un incontro-dibattito sull’eventualità di installare un impianto crematorio nel cimitero del mio paese, un bel momento di democrazia partecipativa promosso da una serie di associazioni locali* con l’intervento di esperti, tecnici, cittadini e sindaci dei comuni di Frattamaggiore, Frattaminore e Grumo Nevano.
Si sono toccati temi di grande densità emotiva ed esistenziale. Cittadini e associazioni hanno detto cose più pregnanti della maggior parte delle autorità presenti. Dati alla mano, una comunità di cittadini può esprimersi con maggior buon senso e meno condizionata da fattori esterni dei politici preposti a rappresentarla. Da anarchico, questo lo ripeto da anni.
Questo è un territorio complesso troppo densamente popolato e troppo inquinato. Qui non è difficile solo smaltire i propri rifiuti, ma anche i propri morti. Ed è impossibile mantenersi distaccati quanto si parla di temi così delicati. Non esistono soluzioni semplici né scorciatoie; è sempre in agguato la sindrome del NIMBY, Not In My Back Yard, non dietro il mio giardino. Ci vogliono gli inceneritori, ci vogliono grandi strade, ci vogliono i termovalorizzatori e le discariche, ci vogliono le centrali elettriche e gli impianti crematori; ma non nel mio giardino, not in my fucking backyard. E invece forse la soluzione è proprio avere piccoli impianti alle spalle del giardino di ogni comunità, se si vuole arrivare a uno sviluppo sostenibile.
Ma non ho pensato solo cose così raziocinanti, sentendo parlare di forni crematori e salme umane che diventano percolato o polveri sottili e dei danni che possono fare i nostri corpi in consunzione alla terra in cui ci posano e all’aria che i vivi continuano a respirare.
Nulla si crea e tutto ci distrugge.
“A man may fish with the worm that hath eat of a king, and eat of the fish that hath fed of that worm.”
“Un uomo può pescare con il verme che ha mangiato un re e mangiare il pesce che ha mangiato quel verme.”**
E può ingozzarsi mangiando, un uomo.
Io, poi, ho sempre sognato di diventare cenere e fumo, quando sarò crepato. Ma non cenere e fumo di un forno crematorio costruito al centro del territorio in cui continua a vivere la gente che mi ha conosciuto e quelli che non mi hanno conosciuto affatto.
Quel giorno
dopo che le mie spoglia
bruceranno lì sulla spiaggia,
voglio che sia tu a raccogliere la cenere.
La porrai nell’otre e mi fumerai
l’ultima volta a primavera.
Dolce deliquio in cui
ti danzeranno in mente
mille pensieri e immagini,
e per l’ultima volta
vivrò nei tuoi pensieri.
Questa l’ho scritta tanto tempo fa. Quando mi cresceva la prima barba e fumavo il primo tabacco.
Ma oggi ho sentito vagamente parlare dell’eventualità che il mio corpo possa diventare compostaggio. Da inquinante a fertilizzante. E devo dire che mi intriga molto quest’idea di reincarnarmi in albero e dare ossigeno a quelli che restano.
* Queste le Associazioni promotrici rappresentate dal dottor Luigi Costanzo (moderava il dibattito un altro Costanzo, Pasqualino): Anteas Frattamaggiore, Assomaggiore, Bici per la Città, Borgo Commerciale Frattese, Cantiere Giovani, Comitato Ambiente, Comitato di Città Orizzonte, Comitato di Quartiere via Siepe Nuova, Il Musicante, Irma Bandiera, Istituto di Studi Atellani, L’Ottava Nota, M.A.S. Moda Arte e Spettacolo, NetDem, No ai Tralicci, Sottoterra Movimento Antimafie.
** Shakespeare, “Amleto”, atto IV, scena III.
Il dottore Luigi Costanzo mi ha mandato questo link che voglio condividere qui: “Alternativa all’interramento e all’incenerimento… diventare un albero (con la creazione di un (parco Verde Sacro)!”
A me sembra veramente una soluzione meravigliosa. Farsi fertilizzante, farsi humus, dare ossigeno, fare ombra, ospitare dei nidi… Sarebbe un po’ come continuare a vivere.
Sorrisi… grande Aitan, sempre.
Manco dal leggerti da quando non sono piu’ riuscita a scrivere nel mio vecchio postoblog ma poi la voglia di avere un posto nuovo è tornata, seimesidopo, anche perchè il blog era un modo per stare in contatto con certi pensieri, affini ai miei oppure anche differenti ma sempre motivo di movimento-dentro (come questopostoquì)
Proseguire il ciclo della vita, questo è che racconti… Tornare particella che diventa altro, altrove.
;) mi piace assai. Magari piu’ avanti eh?! ma si può fare :-)
Bentornata, Mrs QT.
Quanto a tornare particella che diventa altro, penso anch’io che si possa fare, ma meglio tardi, e perfino mai se fosse possibile e sostenibile.
Tardi si. Mai, insostenibile;)
Io, fino a prova contraria, sono immortale. E va bene così.
ho qualche sospetto di esserlo anch’io :-)
Meno male va. Mi stavo un po’ preoccupando. Temevo di essere l’ultimo highlander.
hahahah…
ce n’è ancora qualcuno in giro!
:o)))
Argomento difficile da affrontare; penso conti molto quello in cui si crede. A me non importa un granchè che fine farà il mio corpo quando sarò morto … quindi riterrei più giusta l’opzione più sostenibile e meno inquinante per quelli che restano. ;)
Buona settimana,
Il punto, gentile Mist. Loto, è proprio capire quale sia l’opzione più sostenibile.
Molto interessante l’opzione dell’Urna Bios, progettata dal designer spagnolo Martin Azua. Un’urna completamente biodegradabile che contiene un seme di albero. Quando piantato, il seme dell’albero si nutre e assorbe le sostanze nutrienti dalle ceneri. L’urna è realizzata in noce di cocco e contiene torba compattata e cellulosa. Le ceneri vengono mescolate con queste sostanze, e il seme collocato all’interno. È anche possibile scegliere quale tipo di albero vuoi far crescere!
(cfr. http://www.martinazua.com/product/urna-bios/)
tra le due, prediligoe trovo stupenda anche io, l’idea di farsi Humus, e reincarnarsi magari in un albero, simbolo di vita…
È davvero un’idea affascinante. Spero che qualcuno cominci a realizzarla anche in Italia.
Mamma, lo sai che abbiamo fatto festa
a scuola, stamattina? Allineati
dapprima; e poi, con il maestro, in testa
a piantar gli alberelli siamo andati.
E ne abbiamo piantati un per ciascuno,
ma bello come il mio non è nessuno:
svelto, diritto, a cuspide perfetta,
verde cupo nel folto e chiaro in vetta.
Un per ciascuno, eravamo in cento:
Ora cento alberelli al sole, al vento,
come fiere sentinelle se ne stanno…
e pensa che bel bosco diverranno!
(L. Salvatore)
Che bella!
un’amica fa la maestra alle elementari, è una di quelle che insegnano… ^ _ ^
mia madre era di Grumo Nevano, vissuta e morta a Napoli, cremata a Reggio Emilia e rportata a Napoli.
ventanni fa le ceneri dovevano essere poste in un’urna e portate al cimitero.
fui sconvolta dal business che c’è dietro ogni sepoltura o cremazione. una vera mafia.
talvolta penso che una buona soluzione sarebbe quella di buttare in mare i defunti, magari sorvolando la fossa delle Marianne: una catena alimentare in cui nulla andrebbe sprecato!
e chissà, in una scatola di tonno…
I comitati e le associazioni che hanno organizzato l’incontro si stanno occupando anche di questa mafia.
Io, invece, nel mio privato stavo appena traducendo una poesia di un poeta angolano che si intitola “Quando eu morrer” e parla proprio di morte e di mare. Magari tra qualche giorno la posterò qui.
Il poeta, sconosciuto ai più (almeno qui in Italia), si chiama Alexandre Daskalos e la sua meravigliosa poesia-testamento dice così:
Quando eu morrer
não me dêem rosas
mas ventos.
Quero as ânsias do mar
quero beber a espuma branca
duma onda a quebrar
e vogar.
Ah, a rosa dos ventos
a correrem na ponta dos meus dedos
a correrem, a correrem sem parar.
Onda sobre onda infinita como o mar
como o mar inquieto
num jeito
de nunca mais parar.
Por isso eu quero o mar.
Morrer, ficar quieto,
não.
Oh, sentir sempre no peito
o tumulto do mundo
da vida e de mim.
E eu e o mundo.
E a vida. Oh mar,
o meu coração
fica para ti.
Para ter a ilusão
de nunca mais parar.
qualcosa ho capito e mi sembra molto bella
aspetto la traduzione