Culturalmente sono molto più vicino agli ebrei israeliani che ai palestinesi ed al mondo arabo.
Adoro la musica klezmer; ho riso con i fratelli Marx, Danny Kaye, Peter Sellers e Woody Allen; ho letto con gusto e piacere romanzi di Philip Roth, Saul Bellow, Paul Auster e David Grossman; ho cercato tracce di ebraismo in Kafka, Marx, Einstein, Löwith e Chomsky; come tanti, mi sono commosso leggendo Celan, Ginsberg e Primo Levi; mi sono sorpreso a scoprire che ascendenti ebrei artisti tanto diversi come Gustav Mahler, George Gershwin, Benny Goodman, Fritz Lang, Ernst Lubitsch, Billy Wilder e Stanley Kubrick; ho visitato la casa di Anna Frank, il lager di Dachau, il Jüdisches Museum di Berlino e la judería di Girona; conosco sinagoghe di Praga, Roma, Cordova e Toledo; ho studiato la cultura e la lingua sefardita; ho ammirato i quadri di Chagall e le illustrazioni di Emanuele Luzzati; mi sono beato a leggere le raccolte di storielle ebraiche di Marc-Alain Ouaknin e quelle di Ferruccio Fölkel; ho visto ogni volta che ho potuto gli spettacoli di Moni Ovadia e consumato dischi di Giora Feidman, David Krakauer, Don Byron, Uri Caine, Avishai Cohen e, soprattutto, della Tzadik di John Zorn; come Chaplin ho perfino immaginato di avere antenati ebrei (anche se la mia lunga barba e il naso semitico hanno fatto pensare a quelli che mi conoscevano in giro per l’Europa che, più che ebreo, fossi arabo o, perfino, talebano; cosa che mi ha creato qualche problema negli aeroporti di Hannover e di Parigi).
A rischio di essere assimilato a quegli omofobi che dicono di non-avere-niente-contro-gli-omosessuali,-tanto-da avere-anche-un-amico-frocio, aggiungerò che ho avuto ed ho ancora qualche amico ebreo e vanto anche una relazione con la figlia di un rabbino che sosteneva che, per la mia maniera sghemba di pensare, dovevo per forza avere un po’ di sangue giudeo nelle vene (e io la tacciavo di razzismo e di ebreocentrismo; ma, intanto, non mi dispiaceva affatto la sua ipotesi e cercavo origini ebraiche nei cognomi dei miei avi; trovandole, perfino, sia nel ramo paterno che in quello materno).
Insomma, nella mia formazione scorrono litri di inchiostro ebraico. Ma tutto questo non mi impedisce di vedere la sproporzione della risposta israeliana agli attacchi di Hamas e la profonda ingiustizia di un popolo che sta riducendo un altro popolo a riserva indiana, senza alcuna considerazione per la popolazione civile e il valore della vita.
Il buon rabbino Marc-Alain Ouaknin raccomandava in un suo testo non sacro che ho già citato in questo blog: “Faites l’humour, pas la guerre”. Sì, per Jeovah e per Allah, infervorati cugini israeliani, fate l’umorismo, o l’amore (come dicevasi alla vecchia maniera), non la guerra (come si fa ormai pallosamente da secoli e secoli)! Lo dico a rischio di suonare naif e inconcludente come un richiamo del papa o una risoluzione dell’ONU.
Sento molta affinità con le tue parole.
Detto per inciso, è davvero incredibile quanto la nostra cultura debba, in un modo o nell’altro, all’ebraismo (nel senso più ampio e “laico” del teremine)… Davvero, non è affatto semplice retorica, quando dico che la ferocia israeliana mi scandalizza doppiamente perché la vedo venire da una parte che sento mia o comunque vicina. E’ una questione di parentela culturale, prima di tutto (e poi, certo, anche genetica).
Quanto alla genetica (ed anche alla storia delle lingue) a me piace ricordare che sono semiti sia gli Ebrei che gli Arabi.
non posso che concordare con identico sentire.
(a settembre in occasione della rassegna musicale MITO andrò al concerto di avishai cohen!)
Fa piacere questo idem sentire su un tema così delicato e rilevante.
(Ma vai a un concerto dell’Avishai pianista o del suo omonimo trombettista?)
il pianista – ma poi passato al contrabbasso – insieme al suo trio!
(il trombettista venne anche a torino al jazz festival ma non lo vidi)
Mioddio, sì, il bassista, volevo dire, non so perché mi è venuto di scrivere: pianista.
L’ho visto due volte in concerto e d ho diversi suoi album (anche quelli in cui canticchia). La prima volta ne parlai anche qui qualche annetto fa: https://aitanblog.wordpress.com/2006/07/17/286/
Condivido tutto, parola per parola, a parte qualche mia lacuna letteraria.
Non ho mai letto prima una considerazione come questa: chiara, intelligente, onesta, super partes.
grazie, caro Aitan
Ho l’impressione che siamo in molti, più o meno coscientemente, ad avere sentimenti simili verso il mondo ebraico e lo Stato di Israele.
Aggiungo al post una considerazione più generale:
La terribile guerra civile siriana, i bombardamenti di Gaza, i pericolosissimi vuoti di potere che si sono venuti a creare in Libia, in Iraq e in Libano, l’annosa instabilità dell’Afghanistan fanno sempre di più del Medio Oriente una delle zone più conflittuali del mondo.
Secondo Eni, World Oil & Gas Review del 2012 è in questa zona che sono localizzate il 52% delle riserve di petrolio mondiali. Non c’è dubbio che l’interesse per il controllo dei giacimenti ha alimentato molte di questi conflitti.
Eliminare la dipendenza delle economie mondiali dal petrolio potrebbe contribuire a disinnescare molte delle tensioni che generano queste situazioni di tremenda conflittualità.
Aldilà di ogni (sacrosanta) considerazione umanitaria, questa potrebbe essere un’ulteriore motivazione per spingere l’Italia (che, nonostante la crisi, resta tra i primi 15 paesi consumatori di petrolio) a incrementare l’uso di energie alternative e cercare strade più convenienti e sostenibili.
Nello specifico, poi, a me pare che, a Gaza, la sproporzione tra i contendenti sia tale da non poter essere ignorata. E’ come se un mio alunno mi bucasse le ruote della macchina e io mettessi a ferro e a fuoco la sua casa, con dentro la nonna, il nonno, i genitori e i fratelli più piccoli.
Letture a parte di qualche autore, conosco troppo poco sia di un mondo che dell’altro (e forse questo è un male diffuso e dannoso per la cusa che guarda alla fine del conflitto), ma ciò non toglie che il pensiero del rabbino Marc-Alain Ouaknin, da qualsiasi prospettiva lo si guardi, è più che condivisibile dalla sottoscritta.
…e condivido in pieno anche le tue due ultime considerazioni, con un senso di impotenza sconfinato, visto come stanno andando a rilento le cose in Italia in termini di sviluppo tecnologico, incentivo e utilizzo di energie alternative. Siamo dei bradipi indifferenti che si stanno facendo scorrere davanti agli occhi un film atroce e senza senso…. e intanto ci mangiamo i pop corn e le patatine.
Energie alternative e smantellamento di tutte le industrie belliche…
…direi prima lo smantellamento delle industrie belliche e poi le energie alternative…
Hai ragione. Finché esisteranno industrie belliche, esisteranno guerre. Il disarmo dovrebbe cominciare da lì, dallo smantellamento dei punti di produzione di armi e strumenti di offesa.
Vorrei che fossimo in tanti a condividere quel pensiero. Tanti da poter ridere in faccia ai signori della guerra di ogni stazza e natura.
NOn siamo in pochi; la maggior parte delle persone di tutto il mondo odia la guerra. Il punto è che i signori della guerra si organizzano, il resto del mondo no.
Ecco, organizziamoci.
Chiediamo subito la riconversione delle fabbriche di armi in punti di ricerca di energie alternative e in aziende dedicate al reperimento delle fonti rinnovabili.
Noi? E chi siamo noi? Dovremmo almeno darci un nome.
Sì, cerchiamoci un nome. Non siamo in pochi, ma contiamo pochissimo, quasi niente…
lo sottoscrivo tutto
Mi fa piacere rivederti da queste parti, anche se in una situazione di con-doglianze come questa.
ciao, e.l.e.n.a.
ciao, flou.
Pingback: I fuochi di Gaza attraverso le voci sapienti di Moni Ovadia e Marc-Alain Ouaknin | ((( aitanblog )))