Ieri ho letto sull’Unità online un articolo di Francesco Gerace intitolato “Come cambia la scuola in 10 punti“.
Va be’, chiamarlo articolo è una parola grossa. Come si fa a definire articolo giornalistico la ripetizione acritica di una sequela di slogan governativi?
Questa è pura propaganda, siamo alla più bieca mistificazione della realtà.
Faccio un esempio.
Al punto sette di questa sottospecie di manifesto propagandistico per la Buona Scuola si legge:
“Il dirigente scolastico, inoltre, avrà il compito di individuare gli insegnanti da assumere dagli albi territoriali e di ridurre il numero di studenti per classi: quindi mai più classi pollaio.”
Uhau, che bello, mai più classi pollaio! Mai più 35 alunni in spazi che ne possono contenere sì e no 25! Mai più classi in cui è impossibile seguire i casi più difficili, sopraffatti dai grandi numeri!
Dunque, penserete, se in una scuola ho due classi da 40 alunni ne potrò fare 4 da 20. Eh no, andiamo piano coi sogni! Il dirigente può ridurre il numero di studenti per classe, ma non può aumentare il numero di classi. Se si aumentassero il numero di classi, aumenterebbero le spese. E questo l’Europa dei banchieri non lo vuole e non lo permette. Noi le riforme le vogliamo fare e sbandierare ai quattro venti, ma senza spendere un euro. Dobbiamo difendere i nostri primati che ci vedono da decenni tra i paesi europei che meno investono in cultura e formazione. Come per i premi per i prof meritevoli, che, di fatto, corrispondono per ammontare a quelli che erano prima gli scatti stipendiali. Solo che prima gli scatti li davamo a tutti ed ora solo a una parte di docenti più graditi al dirigente e al resto della ristretta compagnia valutante. Un aumento che diventa un risparmio. Che furbata, eh?
Ma, tornando alle classi pollaio, forse vi chiederete come funzionava nella vecchia scuola: un dirigente, prima della riforma, poteva spostare alunni in altre classi per fare in modo che non ce ne fossero di troppo numerose e di troppo esigue (perché, in definitiva, di questo si tratta)?
Sì, poteva.
E allora dov’è la novità della riforma?
Ohhh, via via, non fate i disfattisti. Prima era la Mala Scuola, ora è la Buona Scuola. Il nostro detersivo è sempre più bianco. Venghino, signori venghino! Le nostre riforme sono sempre più candide e belle. Guardi, signora Europa, guardi come siamo buoni e ubbidienti. Venghino, signori venghino. Questa non è la Grecia. Oki, oki oki! Avvicinatevi, non abbiate paura, guardate questa scuola, ammirate come è più bella e più superba che pria: ci sarà più musica, più arte e più inglese, economia à go go e computer in ogni classe e su ogni banco di ogni città di tutto il paese; sarà festa tutta l’anno e si arriverà in classe su ponti e larghe autostrade a dieci e più corsie, senza code ai caselli, pedaggi e altre diavolerie; anche i preti potranno sposarsi, ma soltanto a una certa età, e senza grandi disturbi qualcuno sparirà, saranno forse i troppo furbi e i cretini di ogni età.
Ma già scuotere la testa…
Mi vedete ancora qua…
“Detto tra noi, sono solo un brigante, non un re,
sono uno che vende sogni alla gente,
fa promesse che mai potrà… mantenere.
Favole sì, ne ho contate ma tante, tante sai.
Detto tra noi, io non sono un gigante,
Draghi non ne ho ammazzati,
Non ne ho ammazzati,
Non ne ho ammazzati mai…“