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~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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((( aitanblog ))) nel 2015 che se ne va

30 mercoledì Dic 2015

Posted by aitanblog in immagini, otherstuff, riflessioni

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immagini, statistiche

I folletti delle statistiche di WordPress.com hanno preparato un rapporto annuale 2015 per questo blog.

murcielago by aitan

Clicca qui, se vuoi vedere il rapporto completo.

felicidades

Fata sbadata bis

29 martedì Dic 2015

Posted by aitanblog in romantico, versiculos

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Tag

romantico, versiculos

Poi
sei arrivata tu in questa vita
com’una guida ch’ha perso la strada,
la mia da tanto era già smarrita
e non sapevo più tenermi a bada.

E sei venuta tu, fata sbadata,
cercando insiem’a me la via d’uscita
che io sentivo in te già ritrovata
dopo tant’anni d’ansia non finita.

Ma quando la passione è svanita,
Ho visto la bacchetta tua sbiadita
sparirti come sabbia tra le dita.

Sì che ora sei bella e finita
come finisce sempre la partita
fin’a fine sonett’ e fine vita.

.


Qui la prima versione del 2005 intitolata “Fata sbadata presto svanita”.


Un Papà Noel palestino-olandese del XVII secolo

25 venerdì Dic 2015

Posted by aitanblog in immagini, recensioni, vita civile

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egitto, immagini, vita civile

Rembrandt, Fuga in Egitto e buon Natale

Ieri si è concluso il mio progetto dedicato alla “Fuga in Egitto” nell’arte e nella realtà dei profughi di ogni tempo e religione, ma gli auguri di Buon Natale di oggi ve li ho voluti fare sfruttando una delle tante immagini che mi sono avanzate.

È un’acquaforte del grande Rembrandt (1606-1669) con un bizzarro Giuseppe che trascina il classico ciuchino con un abbigliamento che sembra quello di un Babbo Natale ante litteram.

A questa immagine involontariamente natalizia affido i miei migliori auguri di giustizia, bellezza e pace in terra; e rivolgo questi auguri a tutte le donne e a tutti gli uomini di buona volontà e buone azioni. Agli altri non dico niente.


P.s. Visto che siamo nel pieno delle feste, vi mando un link a tutto il mio piccolo progetto dedicato alla “Fuga in Egitto” di cui parlavo all’inizio di questo post. Prendetevi un momento di pausa e lasciate che un po’ di arte vi accarezzi gli occhi e la mente.
Se siete anche religiosi, c’è di che inginocchiarsi e meditare; se non lo siete, potete meditare anche in piedi.

https://aitan.tumblr.com/tagged/egipto

X-Vittore-Carpaccio-XVI sec

Vittore Carpaccio, XVI secolo


Per concludere, in appendice all’appendice, un piccolo albero di parole:

*

Cola

Coca&

made in

o a un babbo rosso

davanti a un presepe

con gli occhi pieni di gioia

Ma è sempre bello vedere un bambino

Questi son giorni di abeti, diabeti e che palle.



Fuga in Egitto via Inghilterra ed Australia (per non parlar del cane)

14 lunedì Dic 2015

Posted by aitanblog in immagini, recensioni

≈ 4 commenti

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egitto

1924, Blamire Young flight to Egypt Blamire Young, Flight into Egypt (1924)

La quattordicesima puntata della serie Cercando pace in Egitto (Quasi un calendario dell’Avvento) è una curiosa chicca degli anni ’20 del ‘900.

L’autore è William Blamire Young (1862-1935), delizioso artista australiano che è un’altra delle scoperte che devo a queste mie ricerche tra le decine e decine di rappresentazioni della Fuga in Egitto dei profughi palestinesi Giuseppe, Maria e Gesù bambino che ho spulciato in questi giorni.

Figlio di un ricco colonnello, Blamire Young seguì studi classici a Cambridge, si laureò in matematica e si dedicò all’insegnamento, prima di consacrare la sua vita all’arte, sia come pittore che come studioso e critico (tra l’altro ha scritto un saggio dedicato ai Disparates di Goya).
Lo studioso australiano J. F. Bruce lo descrive come un bell’omino virile che univa modi eleganti con uno spirito bohémien, una figura pittoresca e paradossale, come molti suoi quadri (aggiungo io), che erano per lo più dipinti con la tecnica dell’acquerello (“6’ 3” high, aesthetic, virile, uniting the Cambridge manner with the Bohemian Spirit, a picturesque and paradoxical personality“).

Qui di seguito vi mostro un’altra sua opera di tema egiziano (Rameses II buries his Queen, 1913-34) e un delizioso acquerello che materializza una meravigliosa bagnante avvolta in un’atmosfera rarefatta e liquida (The Bather 1920 ca.).

Blamire Young, RAMESES II BURIES HIS QUEEN (1913-34) Blamire Young, Rameses II buries his Queen (1913-34)

Blamire Young, The Bather, 1929 ca. Blamire Young, The Bather, (1929 ca.)

Ma torniamo a questa curiosa opera che situa la fuga evangelica in un paesaggio vagamente britannico con tanto di pecore e vecchio signorotto con cane sullo sfondo.
La vergine dai capelli rossi è abbigliata come una zingara, qualcosa tipo una profuga rumena, mentre Giuseppe è il tipico gentleman inglese di epoca vittoriana con tanto di tuba, pastrano e borsone di pelle di coccodrillo (un uomo in frack). Il bambino è nascosto tra i coloratissimi drappi della madre. L’unico elemento tradizionale cui siamo già abituati scorrendo l’iconografia della Fuga in Egitto sembra essere l’asino.
Giuseppe e il signorotto di campagna guardano lo spettatore (come còlti dall’apparizione improvvisa di un fotografo), la madonna, il cui volto è al centro della composizione, ha lo sguardo basso rivolto verso il suo grembo e sorride.

Il cielo blu elettrico, i corpi privi di ombre, il mulino celeste, i tetti viola, il bislacco abbigliamento di Giuseppe e Maria contribuiscono a conferire al quadro una atmosfera surreale e umoristica. Più che la fuga dall’Egitto sembrerebbe un sogno o un feuilleton in cui Giuseppe viene cacciato dalla famiglia vittoriana per aver sposato una zingara, che se la ride della famiglia di benpensanti del marito, tanto lei a vivere vagando tra i campi ci è già abituata.

Che distanza dalle ultime opere riportate in questa collezione di fughe: i profughi al vento di Noël Hallé, la sofferenza di Gustave Doré, il realismo dolente di José Ferraz de Almeida Júnior, la devozione e gli abbigliamenti da poveri popolani delle opere di Wolf Huber, Dürer e Murillo…

In occasione del quarto compleanno di Stefania, perché lo legga il suo quarantesimo anniversario o giù di lì.

13 domenica Dic 2015

Posted by aitanblog in stefania, versiculos

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stefania, versiculos

Vedi, piccola mia,
papà ha vissuto la sua vita
come un idiota da romanzo
cercando la verità nella bugia
e la bugia sotto i belletti
della bonomia.

Vedi, piccolo amore,
il tuo papà
non si è mai preoccupato troppo
delle abitudini e delle latitudini
piccolo borghesi

e questo, tante volte,
lo ha messo al centro
degli spettegolii
della piccola borghesia
che vuole giudicare
senza essere mai giudicata
da chiunque o chicchessia.

Ma per lui questo
non è stato mai
un vero problema.

Il problema per lui
è stato piuttosto
la fame universale
di pane, di alfabeti
e di autonomia.

Vedi, piccolo amore mio,
la nostra è stata sempre
una famiglia degli estremi:
missionari, dilapidatori
di patrimoni e matrimoni,
trapezisti senza rete,
navigatori contro vento,
cercatori di senso
e di fantasticheria.

E il senso,
il tuo papà,
l’ha trovato
solo di rado,
prima che tu
entrassi di soppiatto
dentro l’orizzonte
dell’esistenza sua,
per riempirgliela
di significato,
amore
e fantasia

(senza però
assolutamente
scordare
il pane,
gli alfabeti
e la ricerca ostinata
dell’autonomia
per se stesso,
per gli altri
e
soprattutto
per te,
vita mia.)

E scusami
se ti suono
un po’ presuntuoso
o troppo antiquato
(chi cavolo
lo dice più
“piccolo borghese”?).

Senti piuttosto
l’amore che muove
queste parole
ed anche quelle,
insieme con il sole
e le altre stelle.

Pax vobis (in terra e nei vostri cuori)

08 martedì Dic 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, riflessioni, versiculos, vita civile

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idiomatica, scuola

Quante Gelmini fuori scuola a cantare “Tu scendi dalle stelle” e dentro incapaci di sostenere un dialogo senza sarcasmi e spregio per l’interlocutore; sempre certe della malafede dell’altro, perché non abituate a concepire pensieri in buona fede; sempre in allarme, perché non all’altezza di un dialogo fatto di rispetto e comprensione; sempre pronte a spettegolare per riempire il vuoto incolmabile delle loro inesistenze e tutte intente a cercare nemici su cui sfogare il loro malcelato livore.

Quante Gelmini, nascoste dietro il presepe, ignorano i profughi e i viandanti della mangiatoia e brandiscono crocifissi come armi d’offesa e scudi di separazione!


Libera, libera, libera nos, Domine!

(E comunque a mme me piace ‘o presepe.

Ma ‘a cosa cchiù bella e’ spusta’ ‘e re Magge
e aspetta’ ca scenneno do cammello
senza ca nisciune allucca e s’arragge,

mentre ‘ncielo ride a luna cu li stelle.)

 

“Flight to Egypt” di un Afroamericano a Parigi

07 lunedì Dic 2015

Posted by aitanblog in da lontano, immagini, recensioni, vita civile

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egitto

1899-1923-huida-a-egipto-henry-ossawa-tanner-

Per la settima puntata della serie Cercando pace in Egitto (Quasi un calendario dell’Avvento) ho messo insieme – un po’ alla cazzo di cane (absit inuria verbis (riferito a eventuali cani in ascolto o in lettura)) – ben 5 dipinti di Henry Ossawa Tanner, un pittore che ha operato tra l’America, l’Europa e l’Africa a cavallo tra il XIX e il XX secolo e che io, prima di mettermi a inseguire la fuga di Maria, Giuseppe e il bambeniello, non conoscevo affatto (sebbene, dopo aver approfondito le ricerche, mi sia reso conto che avevo già visto e ammirato in non so più quale libro di musica afroamericana il suo “The Banjo Lesson“).

In fondo (e anche in superficie), questi esercizi intellettualoidi che pretendono di costruire cataloghi su argomenti dati, servono anche a questo, a scoprire nel mare magnum della creatività universale piccoli capolavori o curiosità artistiche di cui si ignorava del tutto o parzialmente l’esistenza.
E Henry Ossawa Tanner, se non proprio un produttore di capolavori assoluti, è, quanto meno, un straordinario esponente della storia dell’arte americana e internazionale che vale la pena conoscere un po’ anche in Italia (dato che presumo e desumo che qui da noi se ne sappia davvero poco).

Le sue biografie lo indicano come il primo pittore afroamericano a conquistare un posto di rilievo nella storia dell’arte degli Stati Uniti e ad avere una certa risonanza anche in Europa (almeno nell’epoca della Belle Époque).
Il padre, pastore dell’African Methodist Episcopal Church e attivista politico, pare avversasse la sua propensione per l’arte, ma, a 13 anni, Henry Ossawa decise ugualmente di intraprendere la carriera di pittore e, intorno ai 30 anni, decise di trasferirsi a Parigi (il fascino indiscreto della bohème). Da qui fece viaggi in Medio Oriente e in Nord Africa che dovettero accentuare una sua certa propensione all’orientalismo a la Delacroix, che sembra risaltare anche in queste 5 opere 5 (e non escludo che possano esserci anche altre fughe egiziane che sono sfuggite alla mia piccola ricerca).

Le cinque rappresentazioni della Fuga della Sacra Famiglia sono state realizzate in un arco di tempo che supera i venti anni, tra il 1899 e il 1923 (colgo l’occasione per scusarmi se, avendole messe insieme alla cazzo di cane (c.s.), non ho rispettato un ordine cronologico e le ho trasformate in una sottospecie di vignette in sequenza; ma la verità è che, fin dal primo momento, le ho viste come dei frammenti di un fumetto d’arte, delle incantevoli pagine di una graphic novel mai scritta sul viaggio del povero cristo Gesù bambino e della sua famiglia per sfuggire dalle grinfie del vilain Erode e dei suoi sgherri a caccia di innocenti).
In ogni modo, quattro dei cinque dipinti sono dominati da un blu notturno che conferisce loro un fascino esotico e tutte e cinque sono pervasi da un’atmosfera che parla inequivocabilmente arabo (o almeno suona come suona l’arabo ai nostri orecchi occidentali che poco hanno digerito le lezioni di Edward Saïd o le pre-visioni di Juan Goytisolo – altro che Fallaci e Houellebecq; ma questa è indubbiamente un’altra storia).

I quadri che ho pubblicato finora in questa disordinata collezione inserivano i tre fuggitivi in ambientazioni rarefatte (Guido da Siena e l’Anonimo Bizantino) o in panorami che sembravano più europei che mediorentali o egiziani (l’anonimo veneto del XVI secolo, Vittore Carpaccio, Blasco de Grañén insieme con Martín de Soria e Giotto duplicato (non scriverò mai “Giotto al quadrato”, perché il quadrato di 1 è 1)); qui siamo sicuramente tra il Medio Oriente e l’Africa, fino al falso storico-geografico dell’ultimo dipinto in basso a destra, dove è il Palazzo di Giustizia di Tangeri a fare da sfondo ai tre profughi in cammino.


Detto questo, mi piace sottolineare che tutte queste meravigliose rappresentazioni della fuga evangelica in Egitto che sto raccogliendo in questi giorni sono più che altro un pretesto per riflettere e parlar d’altro, per parlare d’arte, di civiltà e, soprattutto, per ricordare che, mentre si avvicina il Natale, ci sono ancora migliaia di migranti, di profughi, di camminanti in fuga dalla propria terra natale, in cerca di un altro Egitto, di un’America o di una Parigi senza bombe e attentati.

Cercando pace in Egitto

01 martedì Dic 2015

Posted by aitanblog in da lontano, immagini, vita civile

≈ 8 commenti

Tag

egitto

Da oggi, fino al 24 dicembre, posterò ogni giorno sulla mia “webteca” una rappresentazione della Fuga in Egitto. Episodio evangelico che fa di Maria, Giuseppe e Gesù tre profughi che scappano da una strage. Quella degli innocenti.

Fuga in Egitto, Guido da Siena, XIII secolo

Fuga in Egitto, Guido da Siena, XIII secolo

Sarà il mio personale calendario dell’avvento in controtempo, ma anche una piccola riflessione sulla fuga nell’arte e nella realtà dei migranti di ogni tempo e religione.

link al sito personale di Gaetano "Aitan" Vergara

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