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Mise en abyme calva
29 mercoledì Giu 2016
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in29 mercoledì Giu 2016
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21 martedì Giu 2016
Posted versiculos
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costretto allo slalom ogni mattino
in mezz’a millanta cacche di cani
e orde di esseri semiumani
in corsa verso il proprio destino,
vado anch’io, seppur contromano,
assorto in pensieri ponderosi
che sembrano venire da lontano
ma conducono in lidi ventosi
appollaiati qui, dietro l’angolo,
dove vagolo e lieto gongolo
ballando un twist; oppure dondolo
come un vianello o un bombolo
tra gli umani e i pensieri vani
che controvento schiverò domani
15 mercoledì Giu 2016
Posted idiomatica, riflessioni, vita civile
inÈ molto difficile rendere vita facile a chi ci legge.
In fondo e in superficie, scrivere complicato non è difficile, quello che è difficile è scrivere in modo tale da risultare leggibili a un’ampia gamma di potenziali lettori di differenti età, gusti, livello culturale e capacità interpretative.
Volevo rendere ancora più semplice e accessibile anche questa breve considerazione, ma era troppo complicato. Non è per niente facile trovare le parole più semplici e concepire le strutture meno impervie e arzigogolate, quelle che rendono fluida la lettura e fanno venire voglia di passare al rigo successivo senza sentire l’esigenza di tornare indietro e controllare che ci risultino chiare le premesse. E non è neanche facile evitare di autocompiacersi nei giri di parole e nelle acrobazie lessicali.
La leggerezza ha il suo peso e, per scrivere in modo semplice e sintetico, c’è bisogno di tempo e perizia.
E poi bisogna semplificare, ma solo fino a un certo punto. Se si va oltre, si rischia di banalizzare il pensiero o di offendere l’interlocutore.
Un gioco complicato sul filo del rasoio della perdita di densità e di senso.
Insomma, è davvero complicato semplificare e ci vuole troppo tempo per scrivere poco.
07 martedì Giu 2016
Posted versiculos, vita civile
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Onore agli uomini
che raccolgono
le carte da terra
quando
intorno a loro
non c’è nessuno
che li vede
li veda
o li possa
vedere
E onorati
ancor più
se non l’avevano
né l’avrebbero mai
buttata loro
quella carta.
(Il condizionale
è incerto,
ma corretto;
l’onoratezza
poco certa,
ma sicura.)
04 sabato Giu 2016
Posted da lontano, idiomatica, riflessioni, vita civile
in© Thomas Hoepker/Magnum Photos, 1966 [extract]
È stato l’unico sportivo che ho seguito appassionatamente da adolescente ed anche da bambino. Ho letto la sua autobiografia, ho visto il film sulla sua vita.
“Me, We.” è una sua breve poesia che alcuni considerano la più breve che ci sia.
(Questo coccodrillo no, non me lo potevo proprio mancare.)
“I am the Greatest!”
Fece della sua vita una bandiera che si ergeva spavalda e sbruffona in difesa dei diritti civili dei neri d’America.
Una fonte di ispirazione per sportivi, politici e rapper neri orgogliosi della loro negritudine.
“– Ali, you know where is Vietnam? –
– Yes, on TV.”
Come molti jazzisti e intellettuali afroamericani, negli anni ’60 si convertì all’Islam, anche come segno di rifiuto della cultura imposta dalla classe dominante americana WASP, bianca, anglosassone, razzista e protestante.
“Cassius Clay is a name that white people gave to my slave master. Now that I am free, that I don’t belong anymore to anyone, that I’m not a slave anymore, I gave back their white name, and I chose a beautiful African one.”, fece sapere a un’America offesa e scandalizzata.
“Why should they ask me to put on a uniform and go 10,000 miles from home and drop bombs and bullets on Brown people in Vietnam while so-called Negro people in Louisville are treated like dogs and denied simple human rights?”
Nel ’66 si dichiarò obiettore di coscienza e si rifiutò di partire militare in Vietnam, pagando in prima persona la sua scelta anche con un ritiro forzato dal ring di cinque anni. Ma al rientro, si mostrò ancora il grande lottatore che era. Nella sua carriera professionistica, 56 vittorie (di cui 37 per KO) e solo 5 sconfitte. Un campione massimo di leggerezza, intelligenza, sensibilità e acume.
“I’m retiring because there are more pleasant things to do than beat up people.”
Agli inizi degli anni ’80, il ritiro definitivo dal pugilato e, poco dopo, il Parkinson, un lungo silenzio raramente interrotto da messaggi di civiltà e tolleranza, qualche malinconica celebrazione in giro per il mondo, la sofferenza, la distanza, le lacrime…