Porca miseria, caro Sancho,
cambiare il mondo
non è né follia né utopia;
è giustizia!
(Don Chisciotte apocrifo)
Per me essere di sinistra vuol dire credere nell’uguaglianza sostanziale di tutti gli esseri umani e, credendoci, battersi per raggiungere la giustizia sociale e la redistribuzione del reddito dentro e fuori dal proprio paese. Per me essere di sinistra vuol dire essere dalla parte di Sandokan (quello di Mompracem, più che quello di Casale) e unirsi nella lotta contro gli oppressori di ogni ideologia, credo, longitudine e latitudine.
Per me chi è veramente di sinistra si sente scomodo anche quando sta comodamente sprofondato nella propria poltrona, finché sa che qualcuno non ha nemmeno uno sgabello su cui sedersi e un tetto per proteggersi dalla pioggia e dal sole.
Per me essere di sinistra vuol dire non avere paura dei cambiamenti ed essere disposti a combattere con tutte le proprie forze (va be’, si fa per dire) contro la predominanza del capitale sull’uomo. Per me essere di sinistra vuol dire arrabbiarsi per come va il mondo e provare ribrezzo per la sinistra annacquata degli aperitivi e dei cazzi propri e per i compagni che gestiscono la cosa pubblica come una casa privata in cui si affamano le puttane con stipendi da fame.

Per me essere di sinistra vuol dire incazzarsi quando si sente dire che non esistono più la destra e la sinistra, perché, finché ci sarà ingiustizia e oppressione, ci sarà esigenza di una visione della realtà che preveda un cambiamento dell’esistente e l’annullamento dei soprusi, delle sperequazioni e dell’alienazione economica.
Per me essere di sinistra vuol dire incamminarsi verso la realizzazione dell’eutopia dell’anarchia e il raggiungimento di uno stato di assenza del dominio dell’uomo sull’uomo.
In appendice, qualche verso da una cosetta che ho scritto qualche anno fa e si chiamava Comunista come l’acqua che scorre da tutti i rubinetti.
Forse, Saramago, sono comunista anch’io,
perché vorrei che l’acqua potesse arrivare
a tutte le case
e sgorgare limpida e buona da bere
così come è,
senza filtri, additivi e infingimenti.
Forse sono comunista anch’io,
perché non vorrei più vederla imbottigliata
in assurdi contenitori di plastica ed etichettata
con improbabili specchietti per gli allocchi.
[…]
Forse, Saramago, sono comunista anch’io,
perché non vorrei più vedere camion di bottiglie
scorrazzare per il paese da nord a sud e da sud a nord
e quintali e quintali di plastica che invadono le strade
nell’attesa di un riciclo che non si può fermare.
Forse sono comunista anch’io,
e brindo alla tua salute con un altro sorso
di rosso buono bevuto direttamente
dalla bottiglia di vetro riciclato e puro
che passo al compagno
che mi siede accanto
per allargare il giro
(perché l’allegria è un bene
che più lo condividi,
più si moltiplica
e ti ritorna
grato)
…
..
.