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Il sistema educativo occidentale vive una situazione problematica che è un riflesso delle crisi e delle contraddizioni che stiamo attraversando in questo periodo di grandi sconvolgimenti sociali ed economici a cavallo tra due millenni.
Ma se l’alternativa è il ritorno alla scuola d’élite dell’800, io preferisco comunque questa scalcagnata scuola di massa.

Doveva essere piuttosto facile impartire i propri insegnamenti ai rampolli dell’aristocrazia e della borghesia europea colta e ben educata.
Più difficile insegnare in una scuola democratica e inclusiva dove si tratta ogni giorno di trovare il giusto equilibrio tra il compito di formare un numero crescente di persone dalle provenienze più disparate e l’esigenza di non scendere al di sotto dei livelli minimi di conoscenze e competenze che distinguono un analfabeta da una persona capace di leggere e comprendere testi di media difficoltà, scrivere in modo chiaro ed adeguato ai titoli di cui ci si fregia e far di conto con cognizione di causa e corretto uso della logica e della tecnica.
Senza contare il fatto che molti degli strumenti didattici di quei mitici tempi d’oro dell’educazione dello scorso millennio appaiono del tutto inadeguati per formare le generazioni di oggi in una realtà in cui tutto sembra cambiato, tranne le modalità di trasmissione del sapere.

La scuola del XXI secolo deve aiutare tutti, soprattutto le persone più sprovviste di mezzi e coloro che provengono da aree culturali lontane dalla nostra, a studiare, a rispettare le regole e a sviluppare il senso critico che viene mortificato ogni giorno navigando in rete senza salvagente o restando in parcheggio davanti a una tivvù.
La scuola del XXI secolo, se vuole essere autenticamente democratica, deve mostrare ai suoi studenti che le cose possono cambiare e che anche le regole di convivenza civile possono passare sotto il vaglio della critica; ma che una volta spiegate, analizzate e condivise, tutte le regole vanno rispettate e perfino amate e difese.
Ben venga, dunque, in una scuola siffatta, la didattica delle competenze, se intendiamo che non stiamo parlando solo dello sviluppo delle qualità che servono al mercato del lavoro, ma soprattutto di quelle che fanno di ogni individuo un cittadino libero, autonomo e consapevole; una persona capace di orientarsi nella realtà, responsabile del proprio apprendimento e dotata di senso critico ed anche di una sua personale dote di creatività.

Infine, anche i curricoli basati sulla didattica per competenze debbono tenere ben presente che la scuola non può e non deve derogare dal suo ruolo di fornire alle nuove generazioni quelle coordinate e quei dati di conoscenza che aiutano a crearsi una chiave di lettura della realtà.
Oltre alla capacità di continuare a imparare per tutta la vita in modo autonomo e a reperire dati e nozioni nel mare magnum delle informazioni ai tempi di Internet, c’è un patrimonio di conoscenze e di saperi, che la scuola deve aiutare a formare nel cittadino di domani e che gli serviranno da base per la costruzione della sua inesauribile enciclopedia personale. La paura del nozionismo non deve farci buttare via con l’acqua sporca delle tiritere mandate a memoria anche il bambino che conosce le coordinate geografiche, sa orientarsi nel tempo e nello spazio, maneggia le nozioni di base della scienza, della letteratura, dell’arte e della musica…

Tutto un equilibrio molto difficile, come si vede, sul filo labile di una realtà complessa e mutevole su cui dobbiamo imparare a tenerci in piedi e a camminare guardando un po’ avanti e un po’ indietro.