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“I folli apriranno strade che poi i prudenti seguiranno.”
Ho appena concluso la lettura di “Cercate l’antica madre” di Miriam Corongiu e Vincenzo Tosti, un libro bello e necessario che racconta una serie di storie intrecciate di donne e uomini che stanno resistendo in tutto il Paese ai disastri ambientali e sociali provocati da un modello di sviluppo predatorio che tutto fagocita e ingloba, “un groviglio inestricabile di decisioni sbagliate in campo ambientale che hanno irrimediabilmente compromesso il patrimonio naturale e, con esso, la vita di tutti noi” (p.33-34). Persone che dalla Val di Susa a Siracusa si sono ritrovate fianco a fianco in una lotta comune che conduce inevitabilmente alla ricerca della virgiliana antica madre, al senso autentico e terreno della realtà, della vita e della giustizia umana. Donne e uomini che hanno trovato la forza di ritrovare nella terra la propria umanità e si sentono accomunati da “una tensione continua verso l’elaborazione di alternative ad un modello di vita insopportabile, nel condurre il quale la distruzione della natura è solo uno degli effetti” (p.136).
Sullo sfondo della realtà locale, tutto un mondo globalizzato basato sugli interessi di pochi.
Mentre leggevo le ultime pagine pasoliniane sulla scomparsa delle lucciole, mi sono risuonate in mente le note di questa canzone che dedico a Miriam e a Enzo.
Una canzone che parla dell’esigenza di resistere riscoprendo la forza collettiva e individuale per combattere contro un sistema incentrato sulla legge del più forte, la legge della libera volpe nel libero pollaio; la lotta di tanti piccoli uomini contro un potere enorme e feroce “preoccupato solo di perpetuare se stesso”.
All’inizio di questo capolavoro del cantautore cubano Silvio Rodríguez c’è questa strofa di Brecht (tratta da “In morte di Lenin”) che sembra parlare proprio dei protagonisti di “Cercate l’antica madre”:
“Ci sono uomini che lottano un giorno e sono buoni,
altri che lottano un anno e sono migliori,
ci sono quelli che lottano molti anni e sono molto buoni,
però ci sono quelli che lottano tutta la vita:
essi sono gli imprescindibili”.
Il resto parla di un sogno popolato da serpenti mostruosi dotati di un apparato digestivo infernale, capace di fagocitare il bene e l’amore. Qualche volta la preda si illude di aver ucciso il serpente avvelenandolo col suo bene, ma poi appare un mostro ancora più grande e spietato; fino a quando il poeta si lascia ingoiare e, nello stomaco della bestia, condensa in un verso una verità che ha il potere di distruggere il serpente e mettere fine all’incubo.
“Antiquam exquirite matrem.”
(Virgilio, “Eneide”, III, 96)