• AitanLink
  • Su di me
  • E-mail
  • News
  • Immagini
  • Versículos
  • Textículos

((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

((( aitanblog )))

Archivi Mensili: aprile 2019

Il rischio di essere felici, ma anche un po’ malinconici

19 venerdì Apr 2019

Posted by aitanblog in musiche, recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

letti sfatti, lumaca

Da ieri mattina risuonano tra le pareti di casa mia le note di “Ogni giorno rischio di essere felice”, l’ultimo cd dei Letti Sfatti, gruppo nato negli ormai lontani anni ’90 in quelle terre a Nord di Napoli che sono anche le mie terre. Oggi i Letti Sfatti sono un duo formato dal chitarrista e multistrumentista Jennà Romano e dal batterista e percussionista a tutto tondo Mirko Del Gaudio. Ma si tratta di un duo aperto agli incontri artistici più svariati e stimolanti (la musica popolare di Patrizio Trampetti, il teatro canzone di Peppe Lanzetta, il pop d’autore di Tricarico, il jazz rock dei Napoli Centrale e di Franco Del Prete, il Neapolitan power dei Tiempo Antico, lo sperimentalismo di Pasquale Di Resta, il virtuosismo suggestivo del compianto Fausto Mesolella, le parole esatte di Erri De Luca…, ma anche felici incursioni nella musica per ottoni, nel teatro e nelle cover d’autore – dalla versione napoletana de “Il Vino” di Piero Ciampi a “Stella di Mare” di Lucio Dalla suonata con un bouzouki greco).

In gran parte avevo già avuto modo di sentire in anteprima la maggior parte dei brani di questo cd prima della masterizzazione finale, e sento confermate tutte le buone impressioni che avevo avuto al primo ascolto.
Dalla sua tana di provincia (uno studio ben attrezzato e ricco di strumentazioni digitali e analogiche e strumenti tradizionali, vintage o reinventati), Jennà Romano mi aveva già preannunciato che questa sarebbe stata solo la prima parte di un progetto artistico concepito in due volumi (l’uscita della seconda parte è prevista per novembre di quest’anno), un progetto in cui si era messo personalmente in gioco senza preoccuparsi delle regole di un mercato musicale sempre più asfittico e raccogliticcio; un progetto di ricerca compositiva ed esecutiva fuori dalle righe e dalle regole, suonato con “strumenti veri”, che in più di un punto rievocano un sound anni ’70-’80 (il tempo in cui i musicisti si chiudevano in uno studio e ricercavano un suono che li contraddistinguesse, senza affidarsi a loop e basi preregistrate); un lavoro lento e impegnativo, ben riassunto dalla lumaca che percorre l’asfalto che campeggia sulla copertina del cd.
La lumaca è un animale saggio che costruisce in solitudine la casa che porta sulle sue spalle; ma ad un certo punto si rende conto che il suo guscio sta raggiungendo la taglia massima in rapporto alle proprie dimensioni e comincia gradualmente a rallentare, fino a che non decide di fermarsi e di dedicarsi esclusivamente alla riparazione di eventuali scalfiture o rotture di quella casa-conchiglia che la protegge dai predatori e dalle insidie dell’ambiente circostante. E come la lumaca, Jennà Romano mi ha raccontato di essersi rinchiuso nel suo guscio/studio/sala di incisione per dare voce allo stato d’animo che stava vivendo a seguito di vicende private e personali che è superfluo raccontare qui nei dettagli, ma che sono in buona parte rappresentate nelle tracce di questo lavoro che lui stesso definisce “emotivo” ed “umorale”.

L’album si apre con una “serranda” che si chiude. Un brano di forte impatto, con un arrangiamento essenziale e ricercato che per un breve intervallo cita anche “Brown Rice” di Don Cherry (vediamo chi scopre in quale punto della canzone viene rievocato l’immaginifico trombettista di Oklahoma…). Su un tappeto di una serrata chitarra ritmica, del sapiente drumming di Mirko Del Gaudio e del sostegno armonico del Rhodes di Filippo Piccirillo, entriamo subito nell’atmosfera del cd con sguardi che sembrano serrande e diventano muri di incomunicabilità.

La seconda traccia si chiama “Acquaragia” e comincia con i toni intimistici di un canto accompagnato da arpeggi di chitarra e qualche effetto d’amosfera, ma poi irrompe un accattivante giro di basso che fa cambiare clima al brano e ne fa un blues riflessivo e contemporaneo: “Ahi, agliagliagliai, / quante cose avrei se fossi meno onesto. / Ahi, agliagliagliai, / Quante cose avrei se fossi meno disonesto.”. Poi un nuovo cambio umorale e il canto si fa di nuovo disteso, quasi lisergico: “Ti do un’idea, avvelenami, / farò finta che sia grappa / questa acquaragia / e poi dammi una sigaretta, / anche se non fumo. / Fammi accendere, / anche se non fumo”.

“Lei balla il mambo” è l’unico brano non inedito dell’album, ma lo ascoltiamo in un bellissimo riarrangiamento che si avvale della riorchestrazione per ottoni del Maestro Domenico Brasiello che aggiunge malinconia e conferisce un certo “Latin tinge” a questa canzone di Jennà Romano che nel 2012 era stata registrata anche da Patrizio Trampetti nell’album “Qui non si muove mai niente”.

“Mi piace” è uno dei brani più intimi (e più belli) dell’album e Jennà se lo suona tutto da solo (voci, chitarre, basso, minimoog), intervallandolo con lunghe pause e sospensioni, fino a quando il canto e la musica si interrompono del tutto e restano là, volutamente sospesi sul verso finale: “Mi piace smettere all’improvviso”.

“L’amore è uguale per tutti” è una struggente canzone dedicata a un amore già finito, destinato a finire o a trascinarsi “per inerzia o per dolcezza”, come tutti, come tutto. Su un tappeto di corde, la batteria di Mirko irrompe in chiave espressionistica su un testo che ha dentro una disperazione travestita da un cinismo che mi fanno pensare a Luigi Tenco, a Bindi, a Brassens, al primo De André e, soprattutto, a Piero Ciampi, che per i Letti Sfatti è una sorta di nume tutelare maledetto e malinconico.

“La gratitudine” è probabilmente la canzone dalla struttura più tradizionale di tutto l’album, ma la sua coda strumentale affidata al sax soprano di Mario Lupoli è splendida e insinuante. Inoltre, il suo ritornello potrebbe farla diventare una sorta di canzone-sigla dei concerti dei Letti Sfatti: “E ringrazio te, che mi sai ascoltare. / E ringrazio te, che mi sai capire, / senza udire le parole, che io non ti so dire.”

“Una strada”, che so essere una sorta di lettera che Jennà ha dedicato al padre recentemente scomparso, è la canzone di “Ogni giorno rischio di essere felice” che mi suona più “vintage”. Per un attimo ho avuto l’impressione di star ascoltando la prima PFM. Anche se poi, come accade spesso nelle tracce di questo album, il brano prende un’altra inaspettata direzione. Come la vita. Un pregio di cui possono fregiarsi pochi brani di musica pop o della cosiddetta canzone d’autore italiana, infettati come sono dal morbo della più assoluta prevedibilità. “La vita è fatta ad angoli / e gira sui suoi spigoli. / Le curve sono ripide / per inseguire te. / È un mondo senza limiti / che accelera nei vicoli, / si ferma in una strada / che non porta più da te…”

Nell’ultima traccia, intitolata “Stelle comete“, Jennà torna a fare tutto da solo. Salvo l’incipit di una sola strofa (6 versi in tutto) il brano è un suggestivo strumentale che chiude malinconicamente e magnificamente il CD. “E chissà se domani / ci sarà più domani / quando dentro i tuoi occhi / avrò perso anche i miei…”.

Cala il sole ad Occidente

13 sabato Apr 2019

Posted by aitanblog in recensioni, riflessioni, vita civile

≈ 5 commenti

Tag

illuminismo, tramonto

Dove dico alcune cose in cui credo abbastanza usando un tono antipatico à la Diego Fusaro (sperando che da queste parti siate in pochi a conoscerlo, il Fusaro, e in pochissimi ad ammirarne le reboanti doti argomentative e retoriche)

_______________________

Prima premessa: questa è una riflessione del tutto inadatta a una lettura sui social.
Seconda premessa: si tratta di pensieri che nascono da sensazioni e riflessioni che cercano il tempo adeguato per strutturarsi, ma, nel mentre, comincio a buttarli qui in modo grezzo, anche a mo’ di appunto (la rete è diventata ormai la nostra memoria e io, personalmente, da un certo periodo in poi, non ho più nei cassetti block notes pieni di parole, ma solo cianfrusaglie, cavi e caricabatterie). Inoltre, lasciando qui le mie riflessioni, immagino che qualcuno possa fermarsi a leggere e possa aggiungere nuovi spunti o peritarsi di confutare le mie tesi, mostrandomi quanto io sia “despistado”, fuori strada o lontano dalla realtà dei fatti.

_______________________

Parto dalla mia vita quotidiana.
A scuola sento dire sempre più di frequente che ci troviamo di fronte alla peggiore generazione di adolescenti che abbiamo mai avuto tra i nostri banchi. Chiaramente può essere una questione prospettica dovuta all’invecchiamento della classe docente italiana che fa aumentare il divario tra docenti e discenti. In fondo, i vecchi hanno sempre visto i giovani come una copia degradata di se stessi. Ma io ho la sensazione che, in questo caso, ci sia anche dell’altro.
Per farla breve, credo che probabilmente non abbiamo la peggiore generazione di adolescenti che abbiamo mai avuto; probabilmente abbiamo i peggiori padri ed anche i peggiori maestri; o, quanto meno, abbiamo (siamo!) i maestri e i padri più sbandati, sfiduciati e privi di certezze che ricordi la storia del fronte occidentale. (E, si badi bene, non mi riferisco solo ai padri del 2000, ma anche a quelli dello scorso secolo, sebbene nel terzo millennio il potere di diffusione e di amplificazione del villaggio globale e del neoliberismo turbocapitalista sembrino aver accentuato certi fenomeni).
Abbiamo abbattuto il sistema valoriale preilluministico senza riuscire a sostituirlo con quello illuministico; intenti come eravamo ad assurgere a valore primario (quanto non unico e assoluto) il possesso ed il consumo dei beni materiali (a qualunque prezzo e a qualunque costo), e questo, ora, ci fa sentire smarriti di fronte a una crisi economica che ci sta togliendo sotto i piedi le fondamenta su cui avevamo basato la nostra costruzione di senso.

A volte, nella storia, capita che manchi un raccordo tra le vecchie e le nuove generazioni. Lo aveva notato anche Gramsci agli albori della fascistizzazione dell’Italia in una celebre pagina dei “Quaderni dal Carcere” (scritti, è il caso di ricordarlo, tra il 1929 e il 1935).

“Nel succedersi delle generazioni (e in quanto ogni generazione esprime la mentalità di un’epoca storica) può avvenire che si abbia una generazione anziana dalle idee antiquate e una generazione giovane dalle idee infantili, che cioè manchi l’anello storico intermedio, la generazione che abbia potuto educare i giovani.
Tutto ciò è relativo, s’intende. Questo anello intermedio non manca mai del tutto, ma può essere molto debole «quantitativamente» e quindi materialmente nell’impossibilità di sostenere il suo compito. Ancora: ciò può avvenire per un gruppo sociale e non per un altro. Nei gruppi subalterni il fenomeno si verifica spesso e in modo più grave, per la difficoltà, insita nell’essere «subalterno», di una continuità organica dei ceti intellettuali dirigenti e per il fatto che per i pochi elementi che possono esistere all’altezza dell’epoca storica è difficile organizzare ciò che gli americani chiamano trust dei cervelli.” (Antonio Gramsci, Quaderno 15, § 66.)

In questo vuoto, la rete e i manipolatori della rete stanno supplendo alla mancanza di un anello di congiunzione generazionale con messaggi e slogan facili, “parole d’ordine” che puntano alla pancia di un popolo di (e)lettori privi di fondamenta. Per affermare il loro potere, cercano (e trovano) capri espiatori su cui sfogare le frustrazioni di una società in dissesto ed offrono scorciatoie che non tengono conto dei diritti umani e dei principi di libertà, di uguaglianza e di solidarietà che sono stati pilastri e punti di riferimento della nostra cultura.

_______________________

Una rassegna di pietre miliari.
É come se fossimo in prossimità del capolinea di una progressivo smantellamento dell’umanesimo occidentale fondato sui principi di fratellanza e cooperazione umana e segnato da pietre miliari di questa “envergadura” (“envergadura” è una parola spagnola che vuol dire “apertura alare”, “rilevanza, “importanza” e non riesco a trovarne una migliore per questo contesto):

– “Noi rispettiamo e veneriamo chi è di nobile origine, ma chi è di natali oscuri, né lo rispettiamo, né l’onoriamo. In questo, ci comportiamo gli uni verso gli altri da barbari, poiché di natura tutti siamo assolutamente uguali, sia Greci che barbari. Basta osservare le necessità naturali proprie di tutti gli uomini […] nessuno di noi può esser definito né come barbaro né come greco. Tutti infatti respiriamo l’aria con la bocca e con le narici.” (Antifonte, V secolo a.C.)

– “Homo sum, humani nihil a me alienum puto.” (Sono un essere umano, niente di ciò ch’è umano mi è estraneo). (Terenzio, “Heautontimorùmenos“, v. 77, 165 a.C.)

– “Ama il prossimo tuo come te stesso.” (Matteo 22, 37-40, ma anche Marco 12, 29-31)

– “Non c’è giudeo né greco; non c’è schiavo né libero; non c’è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo.” (Lettere di Paolo di Tarso ai Gàlati 3, 26-29)

– “Bandita la giustizia, che altro sono i regni se non grandi associazioni di briganti? Le bande di briganti non sono forse dei piccoli regni?” (Agostino da Ippona, De Civitate Dei, IV, 4, V secolo d.C.)

– “È impossibile che l’animo di un uomo possa rientrare totalmente sotto la giurisdizione di un altro; nessuno […] può alienare a favore d’altri il proprio diritto naturale, inteso qui come facoltà di pensare liberamente e di portare il proprio giudizio su qualsiasi argomento […]. Di conseguenza, viene considerato oppressivo quel governo che pretende di opprimere gli animi; e si ritiene che l’autorità sovrana faccia violenza ai sudditi e usurpi i loro diritti quando vuole dettare a ciascuno ciò che dev’essere abbracciato come vero e respinto come falso, e quando vuole stabilire da quali credenze l’animo dei singoli debba essere mosso nella devozione verso Dio: pensieri e sentimenti, questi, che sono patrimonio di ciascuno e a cui nessuno potrebbe rinunciare, anche volendolo.” (Baruch Spinoza, “Trattato teologico-politico”, cap. XX, 1670)

– “Se infatti dobbiamo prestare fede al vangelo e agli Apostoli, nessuno può essere cristiano senza carità e senza la fede che agisce con l’amore, non con la forza. Ora, forse quelli che con il pretesto della religione perseguitano, torturano, riducono in miseria e uccidono gli altri fanno tutto ciò da amici benevoli?” (John Locke, Lettera sulla tolleranza, 1685)

– “L’ineguaglianza, quasi inesistente nello stato di natura, […] diviene infine stabile e legittima con l’istituzione della proprietà e delle leggi.
Il primo uomo che, avendo recinto un terreno, ebbe l’idea di proclamare questo è mio, e trovò altri così ingenui da credergli, costui è stato il vero fondatore della società civile. Quanti delitti, quante guerre, quanti assassinii, quante miserie, quanti orrori avrebbe risparmiato al genere umano colui che, strappando i pali o colmando il fosso, avesse gridato ai suoi simili: «Guardatevi dall’ascoltare questo impostore; se dimenticherete che i frutti sono di tutti e che la terra non è di nessuno, sarete perduti!»” (Jean Jaques Rousseau, “Discorso sulle origini della disuguaglianza fra gli uomini“, 1754)

– “Chi è pronto a mettere in discussione le proprie libertà fondamentali per acquistare qualche briciola di sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza.” (Benjamin Franklin – Da un discorso tenuto davanti l’assemblea legislativa dello Stato di Pennsylvania nel 1755)

– “[…]
nessun cittadino sia tanto ricco da poterne comprare un altro, e nessuno tanto povero da essere costretto a vendersi […]” (Jean-Jacques Rousseau, “Il Contratto Sociale”, II, 11, 1762)

– “Liberté, Égalité, Fraternité.” (1798)

– “La libertà consiste nel potere di fare ciò che non nuoce ai diritti altrui.” (Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino, 1789)

– “Da ciascuno secondo la sua capacità, a ciascuno secondo il suo bisogno.” (Critica al programma di Gotha, Karl Marx, 1875)

– “Nessun individuo può riconoscere la sua propria umanità né per conseguenza realizzarla nella sua vita, se non riconoscendola negli altri e cooperando alla sua realizzazione per gli altri. Nessun uomo può emanciparsi altrimenti che emancipando con lui tutti gli uomini che lo circondano. La mia libertà è la libertà di tutti, poiché io non sono realmente libero, libero non solo nell’idea ma nel fatto, se non quando la mia libertà e il mio diritto trovano la loro conferma e la loro sanzione nella libertà e nel diritto di tutti gli uomini miei uguali.” (Michail Bakunin, Stato e anarchia, 1873)

Cerco, magari un po’ forzando, una linea comune che tenga insieme l’umanismo di Terenzio con il cristianesimo di Paolo di Tarso, con Spinoza, con gli illuministi, con Hegel, Marx e Bakunin. Non sto parlando di “una grande chiesa / che passa da Che Guevara / e arriva fino a Madre Teresa” (dio, se c’è, me ne scansi e liberi, che, se no, penso io a liberarmene). Sto parlando dei principi fondanti della civiltà occidentale al fine di osservare come l’abbattimento (o anche l’assopimento) di questi principi ci tenga in bilico tra l’edonismo narcisistico e il fondamentalismo delle bombe. Due estremi ugualmente infecondi e, tendenzialmente, suicidi.
Se la società civile francese avesse saputo far riconoscere i figli degli immigrati nei principi di libertà, solidarietà e uguaglianza, non avremmo avuto gli attentati stragisti nella sede del Charlie Hebdo e nel Teatro Bataclan (tanto per citarne solo due avvenuti in luoghi simbolici della cultura e della way of life occidentale). Ma, ancor di più, avremmo potuto evitare di covare in seno all’Occidente il fondamentalismo delle seconde generazioni, se di mezzo non ci fosse stato un colonialismo che ha fatto entrare in contraddizione e reso poco credibili questi principi per rincorrere il possesso dei beni materiali dentro e fuori dai confini europei.

Canto dei Sanfedisti
(canto tradizionale napoletano)
So’ venute

li Francise,

ati tasse

‘nc’hanno mise

Liberté, egalité…

tu arruobbe a ‘mme

je arrobbo a ‘ttè…

Sona sona

sona Carmagnola

sona li cunzigli

viva ‘o rre

cu la Famiglia.

Son venuti

i Francesi

e ci hanno imposto

altre tasse

Libertè, egalitè…

tu rubi a me,

io rubo a te!

Suona, suona

Suona la Carmagnola

suonano i “consigli”:

viva il re

con la famiglia!

Lezioni di ipocrisia che hanno contribuito a svalutare i principi fondanti di chi pretendeva di mettersi ex cathedra a impartire lezioni di democrazia.
Insomma, la mia impressione è che la cultura occidentale, dopo la rivoluzione francese, abbia saputo abbattere i valori dello status quo ante; ma non sia riuscita a ricostruire un sistema di valori nel sentire dei suoi cittadini; fosse anche un sistema basato sulla mancanza del pensiero unico e sul diritto di esprimere le proprie idee in piena libertà e in piena libertà poter criticare quelle altrui. Forse, questa possibilità di vivere la propria vita senza imporre ad altri la propria ideologia è il messaggio più forte che l’Europa può dare al resto del mondo globalizzato. Ma è un messaggio che, per sua natura, non può essere imposto a nessuno, ma solo proposto. E invece siamo già qui a barattare la libertà con la sicurezza e a chiedere le solite leggi speciali; mentre, nel mondo fuori di qui, continuiamo a smerciare democrazia e offrire repressione per poi riempirci la bocca di diritti e perpetrare le leggi dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo.

E qui, sia chiaro, uso la Francia come una metonimia di tutto un ampio Occidente che continua a pretendere di esportare il suo modello di sviluppo, senza preoccuparsi di preservare in patria i valori su cui si basa la sua storia né di concepirne di nuovi, più adeguati a dare risposte ai punti più critici del nostro presente.
Consideriamo, per esempio, quanta scarsa attenzione abbia avuto la cultura occidentale per la salvaguardia dell’ambiente, impegnati come eravamo a dominare la natura e a consumare territorio per affermare la nostra volontà di potenza e il desiderio infinito di crescere, espandere il capitale, depredare la natura e il prossimo.

_______________________

Un finale affrettato.
In questa mia soggettiva prospettiva, l’Occidente (e, segnatamente, il versante europeo dell’Occidente) ha un futuro se riuscirà a tenere fede ai principi che sbandiera e se, nel contempo, sarà capace di affermare codesti principi nel rispetto della Madre Terra in cui tutti dobbiamo necessariamente convivere. Non se continua a cercare capri espiatori negli immigrati neo-arrivati o nei rom che sono qui dai tempi dei tempi. E neanche se cerca di rincorrere il capitalismo cinese cancellando i diritti acquisiti e continuando a rincorrere uno sfruttamento incessante e predatorio del territorio e degli uomini.
Abbiamo bisogno di un nuovo umanismo ed anche di nuove utopie, e abbiamo bisogno di un modo e di uno spazio per diffonderle queste utopie, visto che qui in rete predominano le emozioni sui ragionamenti e tutto si appiattisce in un nulla indistinto e privo di senso (a meno che non consideriamo senso la quantità di clic e la manipolazione delle scelte e dei consensi dell’utente/cliente-elettore).

Daniele Sepe, algo más

06 sabato Apr 2019

Posted by aitanblog in musiche, recensioni

≈ Lascia un commento

Tag

Daniele Sepe, Gato Barbieri

Relativamente a quello che è diventato oggi il mondo del mercato discografico (uno spazietto di nicchia per ascoltatori impenitenti) e considerando che fondamentalmente si tratta di un album di jazz, “The cat with the hat“, l’ultimo lavoro di Daniele Sepe, sta avendo un meritato successo di vendite; ma non si tratta del suo prodotto discografico migliore.
O forse sono io che ero troppo carico di aspettative tenendo in considerazione i grandi musicisti che ci avrebbero suonato (cito solo i tre non-napoletani più celebri: Roberto Gatto, Stefano Bollani e Hamid Drake) e pensando ai riferimenti a Gato Barbieri (cui l’album è dedicato) ed all’annuncio che ci sarebbero state delle reinterpretazioni del mio tango preferito di sempre,”Naranjo en Flor”, e di uno dei brani totem di Charlie Haden, “Song for Che“.

Invece, mi pare di stare di fronte a un bel progetto in bilico tra il jazz di “A Note Spiegate” e le reinterpretazioni della tradizione contenute in “Te lo ricordi Víctor Jara?“, “Vite Perdite“, “Spiritus Mundi” ed in altri capi d’opera dell’eclettico maestro napoletano (quando si parla di lui parlare di eclettismo o di “zappismo” è diventato d’obbligo tra i recensori, e non voglio esimermene nemmeno io); ma il progetto non decolla, pur presentando punte di altissimo livello.

Daniele Sepe - Cover dell'album in vinile

L’apertura del disco con “La Partida” di Víctor Jara è folgorante ed è un segno di quello che avrebbe potuto essere questo disco. Si parte con la tradizione (il charango di Roberto Trenca e la quena di Roberto Lagoa), ma presto irrompe il suono lacerante del sax tenore e sembra davvero di risentire i graffi sinuosi e insinuanti di Gato Barbieri. Davvero bello. Ed è piaciuto anche alla piccola che ripeteva ad ogni irruzione del sassofono: “Mi piace questo risveglio”.
Però poi arriva una versione troppo quadrata e un po’ confusa di “Song for Che” che non sta al passo con quanto avevamo sentito con la Liberation Music Orchestra, con Ornette Coleman o con successive e più raccolte interpretazioni di Charlie Haden (mi verrebbe da dire che il free non si improvvisa).
E si va avanti così, tra vette interpretative (come “Canzone appassiunata“, “Los ejes de mi carreta” e gli incipit di “Nunca más” e “Io non canterò alla luna“) e cadute di tono e di tensione interpretativa e narrativa. In più di un caso, mi pare di stare di fronte a brani che nulla tolgono e poco aggiungono agli originali. Ma io volevo di più, anche perché “l’eclettico” ad altro ci aveva abituato (anche se lui, personalmente, invecchia meravigliosamente e suona sempre meglio; di certo gli hanno giovato le tournée con Bollani e con Gatto ed il confronto a tu per tu sul palco con fiatisti del calibro di Nico Gori).

Ma perché far cantare alla voce esile di Roberto Lagoa un brano che era stato magistralmente interpretato dalla voce potente e irraggiungibile di Roberto “El Polaco” Goyeneche? Io ne avrei fatto uno strumentale. Anche perché la voce graffiata e straziante e i “rubato” del Polacco erano quanto di più vicino si possa immaginare al sax di Gato Barbieri. E io questo mi ero immaginato, e con simili pregiudizi mi sono avvicinato a questo disco che mi sento comunque di consigliarvi vivamente. (Però poi sentitevi pure il resto della discografia di Sepe, “Capitan Capitone” included!)

link al sito personale di Gaetano "Aitan" Vergara

L’aitanblog delle origini

Link all'aitanblog di splinder duplicato su iobloggo con relativo blogroll delle origini, in memoria dei tempi andati.

Accessi su WP

  • 135.871 visite

Commenti recenti

Rita Vassallo su interludio colmo di ogni …
La maestra inascolta… su La Battaglia delle Donne
Anche i bot sbaglian… su Don Chisciotte e l’intel…
guido mura su Il valore della memoria e la c…
Il valore della memo… su Fare memoria, combattere l’ind…
Una vita a precipizi… su La musica è finita, sta finend…

feed

feed ad aitanblog

Blogroll

  • Altri Appunti
  • Ancorapoesia
  • Certe piccole manie
  • Citarsi addosso
  • Colfavoredellenebbie
  • El miedo escénico
  • Falconier
  • Germogliare
  • Giacy.nta
  • Haramlik
  • Io Guido
  • Jazzfromitaly
  • Les Miroirs
  • Letteratura di Eva
  • Lunediscrittori
  • Mangino Brioches
  • mariobiancoart
  • Mrs. Quentin
  • Musa quotidiana
  • No Time to Lose
  • Panta Rei
  • Perzico
  • Pro memoria
  • Stileminimo
  • Tartina
  • Turquoise
  • Zarinia
  • Zaritmac

Categorie

link al sito web di Gaetano Aitan Vergara

Sfogliami

aprile: 2019
L M M G V S D
1234567
891011121314
15161718192021
22232425262728
2930  
« Mar   Mag »

Indice per mesi e anni

  • gennaio 2023 (11)
  • dicembre 2022 (14)
  • novembre 2022 (18)
  • ottobre 2022 (12)
  • settembre 2022 (14)
  • agosto 2022 (16)
  • luglio 2022 (17)
  • giugno 2022 (17)
  • Maggio 2022 (13)
  • aprile 2022 (18)
  • marzo 2022 (18)
  • febbraio 2022 (15)
  • gennaio 2022 (19)
  • dicembre 2021 (18)
  • novembre 2021 (16)
  • ottobre 2021 (20)
  • settembre 2021 (18)
  • agosto 2021 (18)
  • luglio 2021 (13)
  • giugno 2021 (14)
  • Maggio 2021 (17)
  • aprile 2021 (11)
  • marzo 2021 (14)
  • febbraio 2021 (14)
  • gennaio 2021 (15)
  • dicembre 2020 (15)
  • novembre 2020 (10)
  • ottobre 2020 (13)
  • settembre 2020 (4)
  • agosto 2020 (4)
  • luglio 2020 (12)
  • giugno 2020 (10)
  • Maggio 2020 (9)
  • aprile 2020 (6)
  • marzo 2020 (13)
  • febbraio 2020 (4)
  • gennaio 2020 (7)
  • dicembre 2019 (8)
  • novembre 2019 (8)
  • ottobre 2019 (7)
  • settembre 2019 (10)
  • agosto 2019 (9)
  • luglio 2019 (11)
  • giugno 2019 (8)
  • Maggio 2019 (10)
  • aprile 2019 (3)
  • marzo 2019 (7)
  • febbraio 2019 (7)
  • gennaio 2019 (6)
  • dicembre 2018 (7)
  • novembre 2018 (6)
  • ottobre 2018 (4)
  • settembre 2018 (9)
  • agosto 2018 (7)
  • luglio 2018 (8)
  • giugno 2018 (6)
  • Maggio 2018 (8)
  • aprile 2018 (6)
  • marzo 2018 (8)
  • febbraio 2018 (6)
  • gennaio 2018 (8)
  • dicembre 2017 (6)
  • novembre 2017 (3)
  • ottobre 2017 (7)
  • settembre 2017 (3)
  • agosto 2017 (6)
  • luglio 2017 (5)
  • giugno 2017 (3)
  • Maggio 2017 (4)
  • aprile 2017 (8)
  • marzo 2017 (5)
  • febbraio 2017 (5)
  • gennaio 2017 (3)
  • dicembre 2016 (7)
  • novembre 2016 (5)
  • ottobre 2016 (2)
  • settembre 2016 (6)
  • agosto 2016 (9)
  • luglio 2016 (8)
  • giugno 2016 (5)
  • Maggio 2016 (6)
  • aprile 2016 (5)
  • marzo 2016 (5)
  • febbraio 2016 (4)
  • gennaio 2016 (6)
  • dicembre 2015 (8)
  • novembre 2015 (6)
  • ottobre 2015 (8)
  • settembre 2015 (6)
  • agosto 2015 (6)
  • luglio 2015 (6)
  • giugno 2015 (3)
  • Maggio 2015 (4)
  • aprile 2015 (4)
  • marzo 2015 (1)
  • febbraio 2015 (3)
  • gennaio 2015 (2)
  • dicembre 2014 (2)
  • novembre 2014 (1)
  • ottobre 2014 (3)
  • settembre 2014 (2)
  • agosto 2014 (4)
  • luglio 2014 (5)
  • giugno 2014 (4)
  • Maggio 2014 (2)
  • aprile 2014 (4)
  • marzo 2014 (4)
  • febbraio 2014 (2)
  • gennaio 2014 (4)
  • dicembre 2013 (6)
  • novembre 2013 (2)
  • ottobre 2013 (6)
  • settembre 2013 (2)
  • agosto 2013 (4)
  • luglio 2013 (1)
  • giugno 2013 (3)
  • Maggio 2013 (3)
  • aprile 2013 (3)
  • marzo 2013 (3)
  • febbraio 2013 (3)
  • gennaio 2013 (1)
  • dicembre 2012 (6)
  • novembre 2012 (2)
  • ottobre 2012 (3)
  • settembre 2012 (4)
  • agosto 2012 (3)
  • luglio 2012 (2)
  • giugno 2012 (4)
  • Maggio 2012 (4)
  • aprile 2012 (5)
  • marzo 2012 (5)
  • febbraio 2012 (6)
  • gennaio 2012 (6)
  • dicembre 2011 (6)
  • novembre 2011 (5)
  • ottobre 2011 (4)
  • settembre 2011 (6)
  • agosto 2011 (5)
  • luglio 2011 (4)
  • giugno 2011 (3)
  • Maggio 2011 (4)
  • aprile 2011 (5)
  • marzo 2011 (6)
  • febbraio 2011 (5)
  • gennaio 2011 (4)
  • dicembre 2010 (5)
  • novembre 2010 (5)
  • ottobre 2010 (3)
  • settembre 2010 (5)
  • agosto 2010 (4)
  • luglio 2010 (5)
  • giugno 2010 (7)
  • Maggio 2010 (4)
  • aprile 2010 (4)
  • marzo 2010 (8)
  • febbraio 2010 (4)
  • gennaio 2010 (5)
  • dicembre 2009 (8)
  • novembre 2009 (4)
  • ottobre 2009 (5)
  • settembre 2009 (7)
  • agosto 2009 (3)
  • luglio 2009 (6)
  • giugno 2009 (6)
  • Maggio 2009 (5)
  • aprile 2009 (5)
  • marzo 2009 (7)
  • febbraio 2009 (6)
  • gennaio 2009 (8)
  • dicembre 2008 (7)
  • novembre 2008 (7)
  • ottobre 2008 (8)
  • settembre 2008 (7)
  • agosto 2008 (6)
  • luglio 2008 (5)
  • giugno 2008 (7)
  • Maggio 2008 (9)
  • aprile 2008 (7)
  • marzo 2008 (9)
  • febbraio 2008 (7)
  • gennaio 2008 (6)
  • dicembre 2007 (7)
  • novembre 2007 (8)
  • ottobre 2007 (9)
  • settembre 2007 (7)
  • agosto 2007 (4)
  • luglio 2007 (8)
  • giugno 2007 (6)
  • Maggio 2007 (6)
  • aprile 2007 (7)
  • marzo 2007 (4)
  • febbraio 2007 (7)
  • gennaio 2007 (8)
  • dicembre 2006 (7)
  • novembre 2006 (8)
  • ottobre 2006 (5)
  • settembre 2006 (8)
  • agosto 2006 (4)
  • luglio 2006 (8)
  • giugno 2006 (6)
  • Maggio 2006 (7)
  • aprile 2006 (5)
  • marzo 2006 (6)
  • febbraio 2006 (4)
  • gennaio 2006 (5)
  • dicembre 2005 (5)
  • novembre 2005 (5)
  • ottobre 2005 (5)
  • settembre 2005 (4)
  • agosto 2005 (6)
  • luglio 2005 (4)
  • giugno 2005 (6)
  • Maggio 2005 (7)
  • aprile 2005 (8)
  • marzo 2005 (7)
  • febbraio 2005 (6)
  • gennaio 2005 (8)
  • dicembre 2004 (7)
  • novembre 2004 (7)
  • ottobre 2004 (8)
  • settembre 2004 (6)
  • agosto 2004 (6)
  • luglio 2004 (8)
  • giugno 2004 (7)
  • Maggio 2004 (8)
  • aprile 2004 (7)
  • marzo 2004 (10)
  • febbraio 2004 (10)
  • gennaio 2004 (5)
  • dicembre 2003 (5)
  • novembre 2003 (10)
  • ottobre 2003 (9)
  • settembre 2003 (2)
licenza creative commons

About me

  • AitanLink
  • E-mail
  • News
  • Su di me
  • Immagini
  • Textículos
  • Versículos

Tag Cloud

anarchia Anno Nuovo arte attentati auguri autunno bambini blog cambiamento compleanno coronavirus crisi da lontano decrescita digitale donne dubbi egitto entronauta facebook formazione foto Frattamaggiore futuro galeano governo goya guerra idiomatica immagini immigrazione indifferenza interludi inter ludi invettive lavoro mare memoria migranti morte musica musiche napoli Natale natura pandemia parole poesia politica primavera pun razzismo recensioni rete ricordi rime romantico scrittura scuola social social network sogno solitudine sonno stefania storia tempo texticulos traduzione vacanze versi versiculos video vino vita civile

BlogItalia

BlogItalia - La directory italiana dei blog

Crea un sito o un blog gratuito su WordPress.com.

Privacy e cookie: Questo sito utilizza cookie. Continuando a utilizzare questo sito web, si accetta l’utilizzo dei cookie.
Per ulteriori informazioni, anche sul controllo dei cookie, leggi qui: Informativa sui cookie
  • Segui Siti che segui
    • ((( aitanblog )))
    • Segui assieme ad altri 246 follower
    • Hai già un account WordPress.com? Accedi ora.
    • ((( aitanblog )))
    • Personalizza
    • Segui Siti che segui
    • Registrati
    • Accedi
    • Segnala questo contenuto
    • Visualizza il sito nel Reader
    • Gestisci gli abbonamenti
    • Riduci la barra
 

Caricamento commenti...