Parlando del rinnovamento musicale italiano del ‘900, Massimo Mila scriveva che “in Italia Monteverdi non sta nel passato, bensí nell’avvenire: è davvero una conquista e un valore da recuperare, poiché era stato sepolto – insieme alla polifonia cinquecentesca e alla civiltà strumentale barocca – dall’alluvione melodrammatica del Sette e Ottocento.”
Mi sono andato a rileggere la pagina che conteneva questa citazione dopo aver assistito a una bella operazione di rilettura dell’opera e della tormentata e ordinaria vita d’artista di Claudio Monteverdi, spettacolo prodotto e presentato oggi in anteprima dal Cantiere_Giovani_TAV di Frattamaggiore (la contraddittoria cittadina in cui sono nato e vivo).

“Monteverdi’s Epistolary – Azione n° 0 per solo, voce recitante e sintetizzatori” è un progetto musicale di Salvio Vassallo messo in scena e diretto da Raffaele Di Florio che ha adattato liberamente brani dell’epistolario monteverdiano.
All’inizio dello spettacolo, a sinistra del palco, la bravissima cantante Valentina Gaudini interpreta, su un tappeto di musica elettronica, una parte del “Lamento della Ninfa”, struggente madrigale che, secondo l’annotazione autografa di Monteverdi, “va cantato a tempo dell’affetto dell’animo e non a quello della mano” (insomma, la predominanza del ritmo psicologico sulla scansione metronomica delle parole).
Poi Valentina Gaudini esce di scena e, seguendo uno schema di alternanza di canto e recitazione che percorre tutto lo spettacolo, la luce illumina Antonello Cossia sulla destra del palco.
Cossia, interpretando in modo credibile Claudio Monteverdi, esordisce raccontando in prima persona la sua stessa morte: “Sono morto a Venezia nel 1643” (trascrizione non verbatim, nonostante le virgolette. Vado a memoria).
Poi comincia a raccontarci la sua vita (sua di Claudio Monteverdi) intervallandola con la lettura di brani tratti da una serie di lettere scritte nella prima metà del ‘600: la nascita a Cremona, la composizione dei primi madrigali, l’assunzione a Mantova alla corte dei Gonzaga come violista, il matrimonio e la nascita dei figli, la nomina all’inizio del ‘600 come “Maestro della musica” del duca Vincenzo, la composizione dell’Orfeo (la sua prima e seminale opera lirica), i rapporti tesi con i Gonzaga che lo portarono nel 1613 a trasferirsi a Venezia, dove ebbe i suoi più grandi successi come maestro di cappella della Basilica di San Marco e dove cominciò a godere di un po’ di stabilità economica dopo le numerose petizioni che miravano a ricevere un vitalizio decente dai duchi di Mantova. Nella rappresentazione si insiste molto sul fatto che gli era stata assicurata una pensione di 100 ducati mensili, ma gliene avevano conferiti solo 70. Un tormentone tragicomico che segna le difficoltà di sopravvivenza di un artista, anche sommo, come Monteverdi. E in fondo tutta la narrazione disegna la figura di un uomo ordinario, piuttosto pigro e vessato dal problema di buscarsi il pane per sé e per i suoi figli (in una lettera raccomanda uno dei suoi figli al duca per un posto di medico).
Per tutta la scorrevole ora di spettacolo, la lettura recitata dell’epistolario è puntellata dal canto (o forse è il contrario): una piacevole rilettura elettronica di capolavori monteverdiani come “Il lamento di Arianna” o il madrigale “Zefiro torna e ‘l bel tempo rimena” interpretati con l’uso di sintetizzatori e con modifiche elettroniche della voce (in un caso la voce di Valentina Gaudini diventa maschile, altre volte ricorda il vocoder di Laurie Anderson ed epigoni).
Nel finale, si riprende in struttura circolare la narrazione della morte di Monteverdi e l’interpretazione del “Lamento della Ninfa” rivisitato da un arrangiamento più audace che comprende anche un accompagnamento di batteria.
Né mai sì dolci baci
da quella bocca avrai,
nè più soavi, ah taci,
taci, che troppo il sai.
Nel mezzo dello spettacolo, prima di un racconto in cui Monteverdi ci dice come è stato derubato durante il viaggio a Venezia (insomma, altri problemi legati al vil denaro) era prevista una proiezione video con un altro intervento canoro, ma per problemi tecnici non è stato possibile assistere a questo intermezzo.
Insomma, se dopo “Monteverdi’s Epistolary – Azione n° 0” ci sarà, come spero, un“Monteverdi’s Epistolary – Azione n° 1” con maggiore spazio alla teatralizzazione della vita (grama) e dell’opera (immensa) di Monteverdi conto di godermi anche la visione di questo spezzone mancato.