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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi Mensili: ottobre 2019

T.E.N.V.Essi

30 mercoledì Ott 2019

Posted by aitanblog in invettive

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pronomi personali

Ad una persona piena di sé (tutti accentati)!

Probabilmente hai lasciato gli studi troppo presto, oppure hai cominciato fin dai primi anni a distrarti e a seguire svogliatamente le lezioni.
In ogni caso, è arrivato il momento che tu sappia che esistono altre cinque persone oltre quell’IO con cui ti riempi la bocca e i pensieri.

La candela di Mustafà

23 mercoledì Ott 2019

Posted by aitanblog in da lontano, idiomatica, riflessioni, vita civile

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Tag

Atatürk, Maestri, Turchia

Una decina di anni fa mi trovavo in Turchia per uno scambio culturale e mi capitava spesso di sbellicarmi dalle risate insieme con il collega galiziano ascoltando le massime attribuite al SuperPredidente Mustafa Kemal Atatürk e riportate in vita da maestri di scuola, autorità cittadine e sottoministri.
Frasi di sconcertante banalità ripetute per cento anni e presentate come verità rivelate. Perle del tipo:
“Il mare è importante per la Turchia.”
“Se piove e non si ha l’ombrello, ci si bagna.”
“La sovranità appartiene al popolo.”
“Quando si attraversa la strada si deve guardare a destra e a sinistra.”
(Bisogna però dire che né io né Fernando conoscevamo il turco e non escludo che sia stato il passaggio alla lingua inglese ad aver svilito l’alt(r)o senso di quel pensiero.)

In ogni modo, per i turchi Atatürk è ancora il padre della nazione e, se sapessero che a Napoli si mastica e sputa un’imprecazione eufemistica che, per evitare riferimenti diretti al Padreterno, se la prende con Lui, ci dichiarerebbero guerra e punterebbero a decimarci come dei curdi o degli armeni pericolosi ed eversivi.

Il maestro candela - [Immagine trovata in rete, ne ignoro l'autore che conserva tutti i diritti]

Fatto sta che anche un orologio fermo porta l’ora esatta due volte al giorno. Così, in mezzo a tante corbellerie attribuite all’eroe nazionale della Turchia, c’è pure questa massima che conservo tra le migliori citazioni che ho mai sentito sul mio mestiere, una frase da incorniciare (ben funzionante anche in inglese o ritradotta in spagnolo o in gallego):

“Un buon insegnante è come una candela, si consuma per illuminare la strada per gli altri.”

È una considerazione che sento molto vicina, perché ho sempre pensato che la mia funzione formativa consista fondamentalmente nell’aiutare le nuove generazioni a diventare autonome e responsabili.
Un buon insegnante insegna come imparare, e quando gli alunni hanno davvero imparato a muoversi da soli, la sua guida diventa inutile; dopo tanto lavoro, può finalmente rintanarsi in un angolo e sparire; si spegne come si spegne una candela che ha fatto già il suo tempo e svolto la sua illuminante funzione.

Detto in altri termini, immagino che ogni buon maestro abbia a disposizione un suo pacchetto di candele formato famiglia. Esaurita la cera, i ragazzi si allontanano portando con sé un po’ di quella luce e, in alcuni casi, facendosi loro stessi candela, mentre lui ne accende una nuova per un altro gruppo.
Ma non esistono pacchetti inesauribili né fiamme che non si spengono mai. A un certo punto si esaurisce tutta la cera a nostra disposizione e, per i più fortunati, comincia la pensione (altri, anche nella quiescenza, conservano ancora qualche candela in un cassetto e continueranno a illuminare il cammino di chi gli sta intorno fino al loro ultimo giorno della loro esistenza. Sono Maestri di vita destinati a restarlo a vita).

“A good teacher is like a candle – it consumes itself to light the way for others.”

Parimenti un popolo maturo non ha più bisogno di un Atatürk da citare a ogni piè sospinto e da mettere nell’ultima pagina di tutti i libri scolastici con un inno che sembra una preghiera al nume tutelare della patria. Una volta che il suo popolo si è fatto popolo, diventa inutile il suo insegnamento e ogni individuo porta da sé la sua luce insieme al vago ricordo del luci-fero che gli illuminò il cammino.

Mannaggia ‘o Pataturk!

In memoria

18 venerdì Ott 2019

Posted by aitanblog in vita civile

≈ 7 commenti

Tag

padre, testamento

Testamento spirituale di Stefano Vergara

Sono trascorsi 20 anni, ma questo foglio dalla forma fuori dal comune continua a parlarci.
Lo trovammo tra le sue carte a pochi giorni dalla sua morte, messo là perché lo trovassimo.

Mio padre si accasciò nei pressi del cancello del Parco Clivia di Frattamaggiore, il condominio dove viveva e dove era nato 60 anni prima, quando in quello stesso spazio c’era il palazzo di suo padre. Stava discutendo con dei ragazzi che occupavano l’entrata con i loro motorini e i loro corpi parcheggiati fuori l’accesso al condominio.
Con tutta quella calca e il traffico frattese non si fece in tempo a raggiungere l’ospedale.

Era il 3 ottobre del 1999.
15 giorni dopo avrebbe compiuto 62 anni.

Miasmi, tanfe ed altri fetori

16 mercoledì Ott 2019

Posted by aitanblog in invettive, riflessioni, vita civile

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shit

Se una volta allontanata da te tutta la gente di merda senti ancora la puzza, o sei anche tu un uomo di merda o ne hai calpestata una.

E se una volta tolte le scarpe continui a sentirla, non c’è dubbio, sei tu l’uomo di merda; e potrebbe non esserci soluzione.
Magari tu, prima o poi, ci farai pure l’abitudine e smetterai di sentire il tanfo emanato dal tuo corpo; magari ti convincerai perfino che non sei la fonte di quell’insopportabile malodore; ma gli altri, quelli che uomini di merda non sono, saranno già le mille miglia lontani da te e dal tuo fetore ed eviteranno di tornare a imbattersi nei tuoi miasmi, nel tuo sudiciume e nel tuo afrore.

Non basta sentirsi e proclamarsi lindi, profumati e puri. Se davvero non lo sei, alla fine dei conti, verrai smascherato. E quand’anche te ne restassi tutta la vita con la tua ridicola maschera sulla faccia, prima o poi cominceranno ad associare con te la puzza che ti avvolge e ti segue ovunque. Col tempo non riuscirai più a convincere chi ti passa accanto che quell’olezzo veniva da qualcun altro che avrebbe scorreggiato proprio dove ti eri trovato tu a passare.

la pietanza

14 lunedì Ott 2019

Posted by aitanblog in versiculos

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donne, nonne, pietanze

(historia aeterna delle cose fatte per bene)

quante nonne
e quante donne
hanno cercato
l’immortalità
dentro una
pasta e patate
o una genovese
rimestolata
con i muscoli
delle buone
intenzioni
e insaporita
con le ragioni
del cuore

I mostri della ragione

07 lunedì Ott 2019

Posted by aitanblog in idiomatica, recensioni, riflessioni, vita civile

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Tag

goya, ragione, sogno, sonno

Appunti sul più famoso “capricho” di Goya.

El sueño de la razón produce monstruos. (Francisco Goya y Lucientes, “Caprichos“, 1797-1799, a pochi anni dalla rivoluzione francese. Acquaforte, 306 x 201 mm.)


Il sonno della ragione genera mostri. Ma anche il sogno non scherza. Tecnicamente si parla di distopie.
E lo scrivo parafrasando Goya, ma anche ricordando che lo spagnolo “sueño” corrisponde in italiano sia a “sonno” che a “sogno”. Ugualmente polisemco ‘o suonno del dialetto napoletano. E non so se ci siano altre lingue che usino la stessa parola per indicare l’atto (e la voglia) di dormire (il sonno) e l’attività onirica che si svolge durante l’atto stesso (il sogno).
‘A ‘na certa ora me vene suonno versus Aggia fatto ‘nu suonno.
Oppure,
Tengo suonno versus Tutt’e juorno faccio nu suonno ca m’addorme cu vuje.

Dunque, alla luce di questo senso doppio del lemma “sueño“, può cambiare e perfino ribaltarsi il senso della celeberrima frase di Goya. Possono essere le stesse utopie e i sogni della ragione a generare mostri più terribili della stessa assenza della ragione.

Insomma, ora che sono trascorse le illusioni e le delusioni del positivismo, sappiamo che la ragione, priva del supporto del sentimento, può concepire mondi alternativi e “magnifiche sorti e progressive” che possono rivelarsi più mostruose e nefaste della realtà stessa. Come un pazzo criminale che concepisce un piano perfetto di ammirabile ordito, come un serial killer che applica i suoi piani scellerati con tutta la razionalità che la sua mente lucida gli permette.

Alla luce di questa interpretazione, quel personaggio addormentato non sarebbe tanto l’uomo che nel sonno si priva della ragione e viene sopraffatto dai mostri dell’irrazionalità, quanto piuttosto una metafora della ragione che sogna i suoi mostri e, sognandoli, li evoca e li ri-produce.
Insomma, in questa prospettiva, un visionario come Goya, usando “sueño” nella sua accezione onirica, avrebbe previsto prima quello che a tanti sarebbe stato chiaro dopo (dopo l’aria irrespirabile e lo smog dei quartieri industriali della Londra del XIX secolo e della New Delhi del XXI secolo, dopo il terrore giacobino e lo strapotere napoleonico, dopo i Lager e i Gulag dei sogni totalitari, dopo due guerre mondiali, dopo l’atomica e i disastri nucleari, dopo l’inquinamento planetario e le isole di plastica, dopo la cementificazione di mezza Europa, dopo le emergenze climatiche e i disastri ambientali del Brasile, dell’Africa e della Cina).
Il sogno della ragione ha generato i suoi mostri che turbano i nostri sonni più delle bestie svolazzanti prodotte dall’abuso o dall’assenza della ragione nell’acquaforte di Goya.

Un progresso privo di ogni sensibilità per la salvaguardia della natura e il diritto dell’uomo alla propria autodeterminazione è una declinazione di questi sogni della ragione, una lucida follia che punta a dominanare il mondo e a consumare tutto il consumabile senza ritegno.
Un sonno e un sogno della ragione che stanno diventando il nostro incubo collettivo.
Un sonno e un sogno della ragione che ci conducono progressivamente alla sopraffazione dell’uomo sull’uomo e a un dominio sulla natura che, in ultima istanza, portano a un razionalissimo suicidio di massa.

Venti anni fa

03 giovedì Ott 2019

Posted by aitanblog in immagini, vita civile

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ingorgo, padre

Mio padre


File di persone imbottigliate che criticano il traffico da dentro l’abitacolo di un’auto con dietro di loro file di persone che criticano il traffico da dentro l’abitacolo di un’auto, e così via, fino all’ultimo tizio che usciva di casa per fare un pronto soccorso e ora piange.


Il 3 ottobre del 1999, giusto 20 fa, è morto mio padre. Un infarto giù al condominio dove viveva. La strada era gremita di persone e di autoimmobili. Forse, senza quell’ingorgo, si sarebbe potuto salvare e Stefania avrebbe potuto conoscere suo nonno.

Un’altra faccia della movida frattese.


link al sito personale di Gaetano "Aitan" Vergara

L’aitanblog delle origini

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