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Appunti sul più famoso “capricho” di Goya.

El sueño de la razón produce monstruos. (Francisco Goya y Lucientes, “Caprichos“, 1797-1799, a pochi anni dalla rivoluzione francese. Acquaforte, 306 x 201 mm.)


Il sonno della ragione genera mostri. Ma anche il sogno non scherza. Tecnicamente si parla di distopie.
E lo scrivo parafrasando Goya, ma anche ricordando che lo spagnolo “sueño” corrisponde in italiano sia a “sonno” che a “sogno”. Ugualmente polisemco ‘o suonno del dialetto napoletano. E non so se ci siano altre lingue che usino la stessa parola per indicare l’atto (e la voglia) di dormire (il sonno) e l’attività onirica che si svolge durante l’atto stesso (il sogno).
‘A ‘na certa ora me vene suonno versus Aggia fatto ‘nu suonno.
Oppure,
Tengo suonno versus Tutt’e juorno faccio nu suonno ca m’addorme cu vuje.

Dunque, alla luce di questo senso doppio del lemma “sueño“, può cambiare e perfino ribaltarsi il senso della celeberrima frase di Goya. Possono essere le stesse utopie e i sogni della ragione a generare mostri più terribili della stessa assenza della ragione.

Insomma, ora che sono trascorse le illusioni e le delusioni del positivismo, sappiamo che la ragione, priva del supporto del sentimento, può concepire mondi alternativi e “magnifiche sorti e progressive” che possono rivelarsi più mostruose e nefaste della realtà stessa. Come un pazzo criminale che concepisce un piano perfetto di ammirabile ordito, come un serial killer che applica i suoi piani scellerati con tutta la razionalità che la sua mente lucida gli permette.

Alla luce di questa interpretazione, quel personaggio addormentato non sarebbe tanto l’uomo che nel sonno si priva della ragione e viene sopraffatto dai mostri dell’irrazionalità, quanto piuttosto una metafora della ragione che sogna i suoi mostri e, sognandoli, li evoca e li ri-produce.
Insomma, in questa prospettiva, un visionario come Goya, usando “sueño” nella sua accezione onirica, avrebbe previsto prima quello che a tanti sarebbe stato chiaro dopo (dopo l’aria irrespirabile e lo smog dei quartieri industriali della Londra del XIX secolo e della New Delhi del XXI secolo, dopo il terrore giacobino e lo strapotere napoleonico, dopo i Lager e i Gulag dei sogni totalitari, dopo due guerre mondiali, dopo l’atomica e i disastri nucleari, dopo l’inquinamento planetario e le isole di plastica, dopo la cementificazione di mezza Europa, dopo le emergenze climatiche e i disastri ambientali del Brasile, dell’Africa e della Cina).
Il sogno della ragione ha generato i suoi mostri che turbano i nostri sonni più delle bestie svolazzanti prodotte dall’abuso o dall’assenza della ragione nell’acquaforte di Goya.

Un progresso privo di ogni sensibilità per la salvaguardia della natura e il diritto dell’uomo alla propria autodeterminazione è una declinazione di questi sogni della ragione, una lucida follia che punta a dominanare il mondo e a consumare tutto il consumabile senza ritegno.
Un sonno e un sogno della ragione che stanno diventando il nostro incubo collettivo.
Un sonno e un sogno della ragione che ci conducono progressivamente alla sopraffazione dell’uomo sull’uomo e a un dominio sulla natura che, in ultima istanza, portano a un razionalissimo suicidio di massa.