E tra i due litiganti Big Pharma gode Mr.Draghi impera E la paura detta le condizioni
To vax or not to vax? L’importante è sentirsi certi di essere seduti dalla parte dei buoni e andare per la propria strada senza sentire ragioni Con un mano alzata e l’altra sui coglioni
To pass or not to pass? L’importante è tornare a guardarsi in faccia e prendersi per il culo tirando avanti come se non ci fosse stato un passato e non ci sia un futuro
E poi mostrare convinzione e convincere convincere e con-vincere Questo è importante A prescindere dalle eventuali e varie tue, sue o nostre buone ragioni
Quello che conta non sono gli obiettivi i progetti e le motivazioni Quello che conta è avere la meglio nei concorsi nei discorsi e nelle discussioni
Un popolo diviso lacerato e rissoso reso più cieco dalla presunzione dalla corruzione dall’inettitudine dall’ignoranza dall’avidità dalla supponenza e dalla paura
Ma tu nun ce penza’, pensa ‘a salute e chiude l’uocchie che ‘o sole abbrucia e ‘a notte fa paura
– Non provo più niente per te. – Io, invece, è da tanto che ti schifo. – Ma perché continuiamo a stare insieme, allora? – Per estinguere il mutuo. – Ah, già, il mutuo. – Meno male che non abbiamo figli. – E già. Meno male. Pensa se uscivano belli come me e intelligenti come te. – Vuoi dire brutti come te e stronzi come me… – Sì, sì, va be’, è lo stesso. – Ecco, per te è sempre tutto lo stesso. – Sì, tutto è lo stesso, in fin dei conti. E pure al principio. – Ma al principio di che? – Dei conti, dei conti… – …!? – Va be’, non hai capito. – E spiegati meglio. – No, dai, lascia perdere, era solo una sciocchezza, una stronzata di poco conto… – … – Comunque, per me è lo stesso se resti o se vai. Ma estinguiamolo prima, questo mutuo. Poi tireremo a sorte chi resta qua e chi se ne va. – Io preferirei restare, in verità. – Anch’io preferirei restare. – … – … – Allora restiamo. – Ok, restiamo. – E continuiamo a ignorarci. – Sì, continuiamo… – Io, comunque, non provo più niente per te. – Io, invece, è da tanto che ti schifo. – Ah, ecco, su questo andiamo d’accordo. Anch’io ti schifo. E schifo anche me stessa con tutta me stessa… – Sì, sì, è una cosa reciproca. Mi schifo anch’io, infatti. E schifo te. – … – … – Forse non è che a un dato momento il nostro rapporto si sia logorato. Forse è sempre stato così tra di noi. – Forse va sempre così con tutti. – E già, l’amore è l’incontro di due patologie che si mettono insieme e pagano il mutuo. – Già, già, il mutuo. – Il mutuo.
La bandiera anarchica è nera perché non vuole irretirti con i colori né infinocchiarti con leggende che ti tengono legato ad uno straccio colorato fatto apposta per coprire i loschi interessi dei potenti ed avvolgere i morti ammazzati in sua difesa. Sudari e tappeti sotto cui si accumulano secoli e secoli di ceneri.
La bandiera anarchica non ha nulla da coprire o da nascondere. La bandiera anarchica è seria come la morte e mette da parte classi, gerarchie e gradazioni. È una livella, la bandiera anarchica.
La bandiera anarchica è la negazione delle altre bandiere in vista di un mondo più giusto e meno funesto di questo. La bandiera anarchica è nera perché non si arrende. Sui suoi ponti non sventolano bandiere bianche, stendardi d’oro e vessilli incoronati.
L’altro che abbiamo dentro di noi e si palesa attraverso i sogni per dirci cose di sé e di noi che non sappiamo o non vogliamo sentire. L’altro che neghiamo e anneghiamo sotto la coltre del nostro quotidiano. L’altro che qualche volta fa capolino in gesti inconsulti, parole involontarie, eruzioni cutanee ed erezioni incontrollate. L’altro che qualche volta ci appare pacioso e serafico e qualche volta insinuante e demoniaco.
L’altro con cui da bambini parlavamo come ad un amico immaginario. L’altro che combattiamo come un nemico silenzioso. L’altro, l’altro che silenziamo per dichiarare inesistente. L’altro, l’altro che c’è soprattutto quando non si vede e oggi si è manifestato di giorno per chiedermi di parlarvi di lui e ricordarvi che gli altri siamo noi e le cose sono più complicate di come sembrano e che lui c’è ed è ancora più forte dentro di voi, se voi non lo vedete o vi ostinate a fingere che non c’è e che tutto è alla luce di questi occhi che vedono sempre meno di quello che possono vedere.
P.s. A me quello che mi spaventa sono le vostre certezze e la facilità con cui potete trovare prove e controprove per le vostre ragioni. Il modo in cui demolite l’altro, invece, mi offende, ma mi fa pensare pure che avete paura dell’altro che alberga dentro di voi. Ho l’impressione che vi tappiate le orecchie e gli occhi di fronte alle altrui motivazioni; mentre la bocca ce l’avete sempre aperta e pronta a sparare sentenze. E ancor più della bocca il dito che indica, accusa e scivola su questo schermo che ci unisce e ci separa. E ad ogni piccolo movimento, spara.
Cazzate, per lo più, che fanno il gioco di un potere che ci divide e che impera.
Tipo svegliarsi un bel mattino, darsi un pizzico, sentire che fa un po’ male e compiacersi dell’onda breve di dolore, pensando che è stato tutto un brutto sogno.
Scendere in strada felice facendo le scale a due a due e trovare tutti con in faccia ancora quelle maledette mascherine.
Fare marcia indietro, risalire le scale e tornare a dormire per un paio di anni ancora.
Dopo l’obbligo di Stato che impone di cambiare gli apparecchi televisivi, un’altra misura antiecologica di questo governo che, a chiacchiere, dichiara di volerci accompagnare verso la transizione green, ma nella pratica spinge a incrementare i consumi e ad aumentare la nostra impronta ecologica.
Peccato che la crescente domanda di aria condizionata non faccia che accelerare i problemi ambientali del pianeta. Le attuali tecnologie utilizzate per rinfrescare gli ambienti usano combustibili fossili e rilasciano calore fuori dalle abitazioni, aumentando quindi le temperature esterne. Praticamente, è come se tenessimo la nostra casa tutta linda e pulita buttando per strada la polvere e l’immondizia accumulata nelle nostre stanze.
Negli USA superspreconi l’87% degli edifici sono già dotati di aria condizionata, mentre in Arabia Saudita vengono bruciati ogni anno un miliardo di barili di petrolio per condizionare l’aria. Secondo l’Economist, nei prossimi dieci anni gli ambienti “condizionati” saranno un miliardo in più in tutto il mondo con uno spreco di risorse e con un costo ambientale enorme, insostenibile. Ma noi non vogliamo essere da meno e diamo il bonus agli italiani per incrementare la diffusione di questo condizionamento ambientale di massa.
Va be’, via, smettiamola di protestare. Nessuno osi fermare il treno in corsa e il pifferaio che suona.
Questa storia delle televisioni e dei decoder da cambiare ogni tre e quattro mi suona tanto a Obsolescenza Pianificata di Stato. Altro che transizione ecologica. Qui ci costringono a buttare via apparecchi funzionanti, ci fanno riempire le isole ecologiche di schermi e telecomandi e ci incentivano a comprare comprare comprare con lo specchietto delle allodole degli aiuti governativi, che saranno spesi per acquistare schermi sempre più grandi e ingombranti i quali, ovviamente, ci faranno dissipare ogni giorno più energia elettrica con dispositivi inutilmente sofisticati e con una definizione così alta da non poter essere percepita in tutta la sua perfezione da occhio umano (come regalare un box da ventiquattromila pennarelli colorati a un daltonico o installare un impianto di filodiffusione a casa di un sordo). Insomma, sprechi su sprechi su sprechi imposti per disposizione normativa e forza di legge.
Non c’è che dire è proprio la svolta green che stavamo aspettando e, ancora una volta, non ci siamo fatti trovare impreparati!
Viva l’Italia, l’Italia che consuma e consumando si consuma e consuma quello che resta di questo piccolo pianeta perduto in una galassia sconfinata.
Viva l’Italia, l’Italia che arranca e che sospira.
Viva l’Italia, l’Italia che non respira.
* Nuovo digitale terrestre. A partire da settembre 2021, molti televisori non saranno più in grado di ricevere il nuovo segnale televisivo. A me non pare un fatto tanto green. Il perché lo dico qui. In poche parole.
Prima edizione del Premio dedicato al batterista e paroliere frattese.
Ieri sera, a quasi un anno e mezzo dalla morte di Franco Del Prete, si è tenuto un concerto-evento nell’Anfiteatro a lui dedicato a Frattamaggiore, la cittadina a Nord di Napoli in cui Franco è nato e vissuto.
Soundcheck con Antonio Onorato, Mirko Del Gaudio, Peppe Lanzetta e Jennà Romano
Franco Del Prete, batterista degli Showmen, dei Napoli Centrale, degli Ascenn, di Gino Paoli, di Eduardo De Crescenzo, di Enzo Gragnaniello e dei Sud Express, oltre che musicista istintivo e dotato di un trascinante e personale groove, è stato autore di splendidi testi cantati da James Senese, Monica Sarnelli, Sal Da Vinci, Peppino Di Capri ed Eduardo De Crescenzo. La sua innovazione testuale – con brani di culto come Campagna, ‘A gente ‘e Bucciano e ‘O nonno mio – ha dato una spinta fondamentale alla nascita del Neapolitan Power, il movimento musicale informale che ha sdoganato il dialetto napoletano come neolingua canora, aprendo le porte del successo a Pino Daniele (di cui si ricorda spesso la gavetta proprio come bassista dei Napoli Centrale), Enzo Avitabile, Gragnaniello, De Piscopo e, più recentemente, gli Alma Megretta, Daniele Sepe, i 99 Posse, gli ‘A67 e La Maschera; e ne cito una decina per farvene venire in mente 100, 1000, vagonate di cantanti e gruppi napoletani che oggi fanno uso di un napoletano crudo, essenziale e non oleografico, che di certo qualche tributo lo deve ai Napoli Centrale originari di Del Prete/Senese.
Il concerto di ieri segna anche la prima edizione di un premio dedicato a Franco Del Prete fortemente voluto dai figli Francesco e Simona, dalla moglie Concetta e dal manager amico Pasquale Capasso, con l’ausilio del Mediterraneo Reading Festival e con un finanziamento dell’amministrazione comunale frattese (determinante, ma modesto se commisurato ai grandi nomi che si sono alternati ieri sul palco).
Ma al di là di tutto, l’evento di ieri è stato uno splendido modo per ritrovarsi insieme dietro e davanti al palco per ricordare l’artista, ma anche l’uomo, sempre disponibile con tutti e largo di sorrisi, pacche sulle spalle e saluti cordiali.
Prima del concerto-premiazione una chiacchierata che ho condotto io dopo aver presentato Luca Serafino, street artist che ha realizzato, all’entrata dell’anfiteatro, un murales dedicato a Franco. Luca, che conoscevo da bambino e che ora è un giovane di un metro e 90, si è presentato con una bella maglietta autoprodotta su cui campeggiava la scritta anarchica “Né servi né padroni”.
Mentre risuonavano ancora nell’aria i ritmi di un lungo assolo di Franco proiettato in video, hanno partecipato alla chiacchierata che abbiamo fatto sul palco:
– Mario Schiavone, autore di una recente biografia intitolata “A tempo perso suonavo ogni giorno – Franco Del Prete – Storia di un batterista fuori tempo”, edita da iod e arricchita dalle foto di Salvatore Di Vilio. Mario ha ricordato le lunghe chiacchierate con Franco tra il fumo delle sue sigarette e i testi della Libreria Quarto Stato di Aversa.
– Pasquale Femiano, l’amico e mecenate, cui è dedicata la biografia di Mario Schiavone, ha delineato un breve ritratto emotivo di Franco, mettendo l’accento sull’amore e sul buon esempio che è stato per la sua famiglia; ma, soprattutto, ha evocato i suoi sorrisi pubblici e le sue sofferenze private, spesso provocate da un ambiente musicale spietato e irriconoscente.
– Giuseppe Maiello, giornalista locale del Mattino e amante della buona musica, ha parlato della rilevanza del lavoro di Franco come batterista e come paroliere e del suo rapporto con il territorio, ricordando, giustamente, come da Frattamaggiore siano venuti fuori grandi percussionisti come Pierino e Gegé Munari, Franco Del Prete e, ora, suo figlio Francesco Junior. Ho aggiunto al novero una stella come Luigi Del Prete, anche lui figlio d’arte, apprezzatissimo nella scena jazz e attualmente in tournée con Stefano Di Battista.
– Peppe Lanzetta ha riportato l’attenzione sulla rivoluzione testuale di Franco sia in ambito dialettale che nelle canzoni scritte in italiano. Più tardi ha anche ricordato quando Franco lo presentò, con la sua consueta generosità, a James Senese aprendo la strada a una sua collaborazione con i Napoli Centrale che portò all’album Il passo del gigante (1984).
– il Sindaco di Frattamaggiore Marco Antonio Del Prete, si è impegnato a dare un prosieguo al premio, trasformandolo in un riconoscimento cittadino intitolato a Franco (se si riuscisse a far tornare in vita anche il premio intitolato a Francesco Durante, F Major, come definí una volta la sua città il grande batterista jazz Gegè Munari, potrebbe diventare una autentica città della musica, con tutto l’indotto economico e socioculturale che questo potrebbe comportare). Nel corso della lunga serata, il Sindaco si è anche prestato a consegnare i 5 premi agli artisti.
A questo punto ho passato il microfono al grande Lino d’Angiò, presentatore e animatore della serata artistica, e sono andato a godermi lo spettacolo tra gli spalti dell’anfiteatro. Lino ha esordito con la presentazione del video (diretto da LorenzoCammisa della ACD Production) di ‘A vita è mo, un meraviglioso inedito scritto da Franco Del Prete e Jennà Romano. Ma di questo vi dirò dopo.
Il concerto si è aperto con due canzoni interpretate con grande intensità emotiva da Monica Sarnelli: l’inossidabile Un’ora sola ti vorrei e l’appassionata Notte lenta. Alla batteria Francesco Del Prete Junior.
Subito dopo, Roberto Colella ci ha fatto ascoltare La chiave (che aveva interpretato nell’ultimo lavoro discografico di Franco con i Sud Express) e, a seguire, il suo brano La confessione (che, ci ha raccontato, aveva fatto sentire a Franco in anteprima il giorno dopo averlo composto).
La terza session aveva per protagonista il grande chitarrista e amico fraterno di Franco Gianni Guarracino che ha interpretato L’amicizia (per l’appunto) e Sarà così, cantata da Leo D’Angelo. Di seguito si è aggiunto Diego Moreno, artista italo-argentino, che ha eseguito la versione spagnola di Vera (che nella lingua di Borges, García Lorca e Cervantes è diventata Vida).
A questo punto c’è stata la consegna del primo premio della serata, quello alla carriera artistica, tributato a Lino Vairetti, storico frontman degli Osanna. Con tutta l’energia dei suoi 72 anni splendidamente portati, Vairetti, ci ha proposto una versione da brividi di Campagna (brano che aveva già interpretato in Fessbuk di Daniele Sepe), una canzone di culto che in qualche modo segna il passaggio di Franco a temi di impegno sociale legati alla realtà suburbana del nostro territorio.
Accompagnava Lino Vairetti un megagruppo che ho fotografato qui nel backstage formato da Vittorio Remino al basso, Flex Aiello alla chitarra (non presente nella foto), Filippo Piccirillo alle tastiere, Tony Panico al sax tenore, Andrea Carboni alle percussioni e Mimì Ciaramella alla batteria. A quest’ultimo, storico batterista degli Avion Travel, è stato tributato il secondo premio della serata.
Poi è stata la volta di Antonio Onorato (che negli ultimi anni aveva spesso suonato con Franco insieme col compianto Joe Amoruso), che ci ha fatto sentire una coinvolgente versione jazzistica della Tammurriata nera accompagnato alla batteria da Mario DePaola (Mario ha ricordato di quando, a 15 anni, veniva da Piazza Garibaldi a Frattamaggiore con gli scalcagnati pullman della CTP per prendere lezioni di batteria da Franco).
Di seguito c’è stata la premiazione al miglior album dell’anno, ‘O Sud è fesso, il cd di Patrizio Trampetti prodotto da Jennà Romano di cui ho ampiamente parlato qui: https://aitanblog.wordpress.com/2021/05/23/sud-fesso/
Nella sesta emozionante session della serata, i Tiempo Antico ci hanno fatto ascoltare due dei tanti brani che Giovanni Sorvillo ha scritto con Franco: Vene e va e A terra mia. Belli e trascinanti entrambi.
Poi è stata la volta della consegna del premio al groove batteristico di CarloAvitabile, che ha poi suonato da par suo in una bella versione dub di Veleno cantata con convinzione ed energia da Alessandro D’Auria. A seguire, un’emozionante e minimale rilettura di Maria Maddalena interpretata da Jennà Romano (suo coautore) con l’accompagnamento, al basso, di Vittorio Remino.
Di seguito, Mirko Del Gaudio e Jennà Romano dei Letti Sfatti, dopo aver interpretato la loro versione napoletana del Vino di Ciampi, hanno chiamato sul palco Peppe Lanzetta per una commovente versione di Mediterraneo e per un reading di ‘A musica mia che r’e‘ in cui si sono intrecciate anche le note delle chitarre di Antonio Onorato e Gianni Guarricino. Un brano che avremmo voluto che non finisse mai, se ormai non si fosse arrivati a una mezz’ora dopo la mezzanotte.
L’ultimo premio e l’ultima session musicale è stata dedicata a Tricarico, cantautore milanese molto apprezzato da Franco Del Prete, premiato per il testo letterario di un suo recente brano: Mi manchi negli occhi (che abbiamo anche ascoltato insieme con la sua più famosa Vita tranquilla). Lo hanno raggiunto sul palco Francesco Del Prete, Jennà Romano, Vittorio Remino, Andrea Carboni e Tony Panico per farci ascoltare dal vivo ‘A vita è mo, il brano inedito che abbiamo apprezzato in video ad inizio serata. ‘A vita è mo é una canzone molto bella, un regalo postumo di Franco musicato e arrangiato da Jennà come un moderno bolero latino. Lo cantano Jennà Romano in napoletano e Tricarico in milanese. Nella versione video, il brano è introdotto dalla voce rasposa di Franco, di cui ascoltiamo anche qualche battuta alla batteria; poi, il testimone passa al figlio Francesco.
Gran finale con tanti artisti sul palco che hanno cantato con emozione e coinvolgente allegria E la musica va.
Durante la serata, pittura dal vivo di Sasà Lendi, evocazione dei De Filippo, di Massimo Troisi e di Pino Daniele nella voce proteiforme di Lino D’Angiò ed emozioni a profusione.
Siamo andati via verso l’una con nell’aria ancora le parole e la musica di Franco. ‘Na fiamma ca nun se cunsuma maje!