Una Rilettura delle Fànfole
Ho appena assistito a un concerto in cui si riproponevano alcune delle composizioni poetiche raccolte nella “Gnòsi delle Fanfole” di Fosco Maraini musicate da Pasquale Vergara ed eseguite, chitarra acustica e voce, da lui medesimo, con il valido accompagnamento alla chitarra elettrica di Davide Festa e gli intermezzi recitati di Mimmo Postulando Giuliano.

Pasquale si è cimentato in un’operazione che avevano già intrapreso una ventina di anni fa Massimo Altomare e Stefano Bollani in una veste più orchestrale, bandistica e circense di questa di stasera, più orientata su un versante blues e, secondo me, anche più arguta e dilettevole.
Ma cosa sono le fanfole?
Eh…
Cosa sono?
Si tratta di componimenti poetici (endecasillabi a rima alternata) consistenti, per lo più, di parole non presenti in nessun vocabolario. Eppure queste parole ci suonano familiari, anche perché fatte di fonemi tipici della nostra lingua ed inserite in strutture sintattiche e grammaticali facilmente riconoscibili. Insomma, parole che non esistono, ma potrebbero esistere e perfino significare, frammiste di espressioni italiane di senso più o meno comune che (come in una specie di grammelot) fanno da collante alle parole inventate e conferiscono un tono e una possibile chiave di lettura al resto.
Per esempio, le quartine iniziali e finali di Il giorno a urlapicchio dicono:
ci son dei giorni smègi e lombidiosi
col cielo dagro e un fònzero gongruto
ci son meriggi gnàlidi e budriosi
che plògidan sul mondo infrangelluto
[…]
è un giorno per le vànvere, un festicchio,
un giorno carmidioso e prodigiero,
è il giorno a cantilegi, ad urlapicchio,
in cui m’hai detto “t’amo per davvero”.
E poi c’è il famoso lonfo che molto probabilmente avrete sentito recitato da Gigi Proietti e che, come è risaputo,
[…] non vaterca né gluisce
e molto raramente barigatta,
ma quando soffia il bego a bisce bisce
sdilenca un poco e gnagio s’archipatta
Non so a voi, ma a me, stasera, sembrava di vederlo questo lonfo che sdilencava e s’archipattava tra gli alberi della villa comunale di Via Siepe Nuova, a Frattamaggiore, Napoli.
Ma tornando alle atmosfere del concerto di questa serata di fine estate, i componimenti di Fosco Maraini sono diventati gustosi brani in cui le parole erano puro suono e la musica raccontava storie affidate alla perizia interpretativa dei musicisti ed alla capacità evocativa del pubblico (tacitamente incaricato di dare senso al nonsenso).
Bravissimo Davide Festa ad assecondare la verve compositiva di Pasquale Vergara con ricami di chitarra, riff e assoli che pescavano nel blues, nelle ballad, nel boogie woogie e nel talkin’ blues (il nonno nobile – se così si può e vuole dire – del rap).
Molto equilibrata l’ora di concerto con l’alternanza di recitato e canzoni fanfolose.
Io mi sono proprio divertito.