Oh madonna, e che palle!
Sempre lo stesso schema.
1. Fare di tutto per farsi eleggere in un qualunque partito di qualunque coalizione dichiarata vincente (promesse elettorali, discredito dell’avversario, clientele, plagi di progetti e idee altrui, mazzette e intimidazioni).
2. Sgomitare per conquistare spazi nell’amministrazione della cosa pubblica (sgambetti, scambi, ricatti; eventualmente ricorso ai pezzi da novanta della politica, dell’imprenditoria e delle mafie locali e nazionali).
3. Giunti alla poltrona, poltrire, lasciando che le cose vadano come vanno con la testa conficcata nella terra come uno struzzo.
4. Di tanto in tanto tirare fuori la testa e accusare qualcuno o qualcosa (i tecnici, i compagni di partito, l’opposizione, Giove pluvio che ha fatto piovere sulla città cementificata e le caditoie otturate, la peste bubbonica, le norme europee, le norme dello Stato centrale, le norme regionali, i regolamenti di condominio).
5. Alzare la voce per non perdere consenso e per deviare l’attenzione dalle responsabilità derivanti dalla propria inoperosità e dai propri intrallazzi personali.
6. Sollevare un polverone.
7. Tra la polvere fare i propri interessi.
8. Nascondere ogni traccia degli intrallazzi compiuti, anche minacciando ritorsioni contro gli prova a denunciare le proprie malefatte e il malaffare che ci gira intorno.
9. Mettere di nuovo la testa sotto terra in attesa dell’insorgere del prossimo interesse personale.
10. Tornare al punto 4 e ripetere lo stesso schema fino all’annuncio delle prossime elezioni locali (vedi punto 1).

E così passano decenni e decenni di occupazione inutile e dannosa di pubbliche poltrone ricoperte sempre dalle stesse facce da culo.
Giorno per giorno, munnezza su munnezza, cemento su cemento, lacrima per lacrima, sangue su sangue.