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Quattro capolavori del barocco spagnolo e francese e un’immacolata italiana
Oggi, 8 dicembre, la chiesa cattolica apostolica e romana celebra il giorno dell’Immacolata Concezione, che fu sancito da un dogma del Papa Pio IX nel 1854 con la bolla Ineffabilis Deus.
Il dogma stabilisce che la madre di Cristo concepì il suo unico figlio senza unione carnale (ovvero senza “macula”, senza macchia), preservandola così dal peccato originale. Simbolicamente, la data precede di 9 mesi la solennità della nascita di Maria (8 settembre).
Colgo l’occasione per fare i miei auguri a tutte le Imme, le Immacolate e le Concette, portatrici di questo impegnativo nome; e accompagno i miei auguri con un poker di capolavori di arte sacra barocca.
I primi tre sono di tre maestri del siglo de oro spagnolo: Zurbarán (1598 –1664), Murillo (1618 –1682) e Velázquez (1599 –1660). Il quarto è di Nicolas Poussin (1594 –1665).

Le mie preferite sono l’Immacolata di Zurbarán e quella di Poussin (la prima e l’ultima). Ma quanta ineffabile purezza anche nella vergine di Velázquez.
Fuori programma, un secolo dopo, questa meravigliosa (e più terrena) Immacolata di Giambattista Tiepolo (1696 –1770) nell’atto di scammazzare il serpente del male che se ne sta, con ancora in bocca la mela del peccato, sotto i suoi candidi piedi. A ben vedere, la posa ieratica della Madonna ricorda quella di una karateka che si prepara al combattimento, sotto le ali protettive dello spirito santo rappresentato con l’aspetto teriomorfo di una colomba.
