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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi Mensili: marzo 2022

La competizione per la cattedra e la lotta per sedersi comodi

31 giovedì Mar 2022

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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concorso, quiz, scuola

Concorso scolastico a quiz

Due anni dopo il bando previsto dal Decreto Dipartimentale n.499 del 21 aprile 2020, si sta tendendo in questi giorni il concorso ordinario per diventare insegnanti di scuole medie e superiori, il lavoro che svolgo con molte soddisfazioni e qualche frustrazione da più di trent’anni.

Leggo di tanti candidati (oltre 400 mila) per i circa 26 mila posti disponibili.
Leggo di un’altissima media di respinti alla prima prova: si parla di percentuali che oscillano tra l’80% e il 90% di non idonei al test preselettivo, sostenuto al computer con domande a risposte multiple basate su argomenti inerenti alla classe di concorso, alla lingua inglese ed alle nuove tecnologie. La modalità, insomma, è sul modello dei quiz per la patente.
Ed è proprio questa modalità di selezione ad essere ora sottoposta al vaglio della critica.

Ma io credo che non ci si possa soffermare solo su questo versante della questione. Credo che questo quizzone sia solo lo specchio di una crisi più generale, la punta dell’iceberg di un sistema che si sta dissolvendo.
Credo che siamo arrivati a un corto circuito di un maledetto circolo vizioso in cui giriamo da decenni. Il classico cane che si morde la coda.
Perché, alla fine dei conti, ogni Paese ha la scuola che merita.
(Le scuole dovrebbero formare il Paese. Ma non possono essere il problema e la soluzione.)

Va be’, ci sto girando intorno.
Torno all’attualità.
Questi quiz hanno le loro criticità, ma pure loro non sono buoni o cattivi in sé. Se si usano in funzione preselettiva, come prima scrematura per verificare il possesso delle coordinate e delle competenze minime per svolgere una determinata mansione, beh, ben vengano. Ma io ho sentito parlare di domande assolutamente nozionistiche e fondate sulla ricerca del pelo nell’uovo. E leggo anche (senza aver verificato in prima persona, in verità) di opzioni di risposte multiple pressoché sovrapponibili (tipo aggettivi del tutto simili usati in opzioni di risposta diverse oppure date con pochi giorni, pochi mesi o pochi anni di differenza che possono essere scelte solo in virtù di una memoria prodigiosa o a caso o a culo). Ho letto perfino di domande formulate con dati errati o scritte in un italiano incerto e traballante.

Ovviamente tutto questo non va per niente bene e di certo non aiuta a selezionare la migliore classe docente a disposizione di questo scalcagnato Paese. Peraltro, conosco personalmente candidati preparati e divorati dal fuoco della passione formativa che sono stati fatti fuori per una manciata di punti (ma in fondo questa era anche una lotteria).



Poi ci sono molte altre cose che non vanno bene in questa storia, ma, insisto, sono tutte cose assolutamente inserite in un sistema Paese che presenta sempre di più le sue gravi lacune e contraddizioni. Non si tratta di una semplice e spiacevole eccezione, purtroppo.

Tanto per farvi indignare ancora un po’, elenco qualcuno di questi punti problematici che vengono messi in evidenza da questa bocciatura di massa:

– Università pubbliche che sfornano vagonate di laureati (molti dei qualche con voti di fascia alta o anche coronati con lode) che poi, in concorsi pubblici, rivelano che in larga maggioranza non sono in grado di superare un quiz preselettivo.

– Insegnanti precari che non riescono a “confermare” il proprio ruolo di insegnati, ma che il sistema continuerà a utilizzare tra i banchi di scuola.

– Candidati all’insegnamento che sono diventati docenti a tempo determinato acquistando crediti con ridicoli e scandalosi corsi a pagamento.

– Candidati che svolgono anni di precariato in squallidi diplomifici al solo scopo di acquistare punti e punteggi (magari dopo essersi pure diplomati e laureati in una di queste fabbriche di titoli di ogni livello o in università estere che sono costate alle famiglie fior di quattrini, e magari hanno pure vissuto l’esperienza fuori porta come una specie di vacanza premio).

– Disparità di risultati tra i candidati del Nord e quelli del Sud (non l’ho ancora verificata sui numeri, ma la ritengo probabile, in base a una disparità di formazione che comincia già dai giardini di infanzia e dalle scuole elementari, quasi tutte a tempo prolungato al Nord, quasi tutte solo mattutine al Sud).

– Scarsa attenzione, già in questa fase preselettiva, per le competenze (ed anche per le conoscenze) relative alle metodologie didattiche che chi insegna dovrebbe utilizzare per permettere ad ogni studente di raggiungere il massimo successo formativo.

– Futuri insegnanti che non sono in grado di accendere un computer che si preparano a lavorare in una scuola e in una realtà sempre più digitalizzata.

– La scarsa considerazione sociale per questo mestiere che porta molti a sceglierlo solo per avere un posto sicuro, per godere di un cospicuo numero di giorni di vacanza e per assicurarsi una pensione di anzianità. (Salvo rendersi conto, dopo aver conquistato il posto in cattedra, che la vita di un insegnante può essere meno comoda di quanto sembrasse dal di fuori).

Mi fermo qua, l’elenco sarebbe più lungo di così. Ma, ribadisco, si tratterebbe solo di uno specchio (magari un po’ deformato) di una società complessivamente in crisi.
La scuola dovrebbe servire da volano per cambiarla e migliorarla questa società.
Ma bisognerebbe fare un serio sforzo per uscire dal circolo vizioso.
Bisognerebbe investire più risorse (umane e materiali) e metterci tutta la volontà politica per agire il cambiamento.

“Investiremo per prima cosa in educazione, per seconda cosa in educazione e per terza cosa in educazione. Un popolo istruito è in grado di scegliere nel migliore dei modi, nella vita, ed è molto difficile che lo ingannino i corrotti e i bugiardi.”

Questo lo ha detto José ‘Pepe’ Mujica, ex Presidente dell’Uruguay, dal quale ci sarebbe molto da imparare. In Italia, invece, la tendenza di ogni governo – di destra, di centrodestra, di sinistra, di centrosinistra, di sedicente aldilà del bene e del male e oltre la destra e la sinistra… – è sempre la stessa: tagliare fondi alla scuola. Un’ignobile costante.

Sarebbe il caso che facessimo un’indagine nazionale, un esame di coscienza collettivo per chiederci cosa vogliamo dalla scuola e capire dove stiamo sbagliando.
Dai ministri ai dirigenti, a tutto al personale della scuola e agli stessi genitori.
Stiamo dando poca centralità alla formazione delle nuove generazioni. Stiamo svalutando la scuola anche agli occhi dei nostri figli.
Invece di svecchiarla (perché anche di questo ci sarebbe bisogno) la stiamo affossando.



Io, da parte mia, certe cose le dico da tanto tempo (avevo 22-23 anni quando ho cominciato a lavorare nella scuola come animatore teatrale), sto invecchiando a forza di ripeterle; ma lo so bene che le mie parole hanno la stessa forza di persuasione dei miei richiami alla giustizia ed alla pace nel mondo.

Eccheppalle

30 mercoledì Mar 2022

Posted by aitanblog in immagini, recensioni, riflessioni

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echi, eco, preterizioni, ripetizioni

Preterizioni, paralessi, paralissi, paralipsi reticenze, ridondanze, ripetizioni ed altre stucchevoli figure di cui non vi dico e non vi conto.

Leggi certi post e ti verrebbe da mettere un Mi Piange, mi piange il cuore, o anche un Eccheppalle, ma smettiamola un po’, dai!
Troppe offese gratuite, troppa saccenza e troppa falsa competenza; per non dire della preoccupante proliferazione di contenuti di sconcertante opacità che sembrano messi lì solo per dire che non si ha nulla da dire.

Io, però, non mi metterei mai qua sopra a criticare “gli amici” e a denunciare la loro vuota inconsistenza e la vaghezza dei loro argomenti. Sarebbe come abbassarmi al loro livello e spargere altro fumo per la rete senza argomentare e senza specificare l’obiettivo delle mie critiche. Come un Marcantonio qualunque venuto qua a seppellire Cesare, non a lodarlo o a smentire ciò che Bruto ha detto. Perché non è opportuno sapere quanto Cesare vi amava né che sappiate che siete suoi eredi. Ma questa è proprio un’altra storia e rischio di farvi perdere il filo facendo sfoggio di citazioni trite, ritrite e risapute che potrebbero perfino risultare offensive.


Ops!

Inutile dirvi, poi, quanto siano stucchevoli certe preterizioni che riecheggiano Eco e certe ridondanze in cui si ripete due o tre volte la stessa cosa senza considerare che ripetere è superfluo (per ridondanza s’intende, appunto, la spiegazione inutile di qualcosa che voi avete già capito da soli e di cui probabilmente conoscete già l’origine e la fonte di ispirazione).


Per concludere, io, personalmente, non vi dirò mai che non vi dirò mai qualcosa, dicendovelo, né mai ripeterò inutilmente che non ve lo dirò come se voi non aveste già capito che quando dico non ve lo dico, ve lo dirò, anzi, ve lo sto dicendo già e vi sto pure ripetendo che non ripeterò che non ve lo ripeterò, ripetendovelo. Insomma, ci siamo capiti. Non mi resta che aggiungere che non ho altro da aggiungere.



Ops
e AriOps
e Ariops ancora!

Emersione

28 lunedì Mar 2022

Posted by aitanblog in invettive, versiculos

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a galla, merda, paura

Lezione di nuoto numero zero

Per natura
i corpi umani galleggiano
(dal momento che
la densità del nostro corpo
è di poco inferiore a quella dell’acqua).
Per natura
dovresti restare a galla anche tu
(come un tappo di sughero,
una tavola di legno o una palla).
Perfino i cadaveri
galleggiano,
per natura
(a meno che non siano
pieni zeppi di acqua
o di altre sostanze pesanti
ingerite prima dell’annegamento).

Insomma,
per natura
dovresti tenerti
a galla,
a pelo d’acqua,
ma ti lasci affondare
dal peso della paura
e ti fai travolgere
dalle onde e dallo svilimento
(il quale è,
evidentemente,
più pesante dell’acqua
e del peso
del tuo stesso corpo,
morto o vivo che sia).

Tutto ciò dimostra che,
quando viene a galla la paura,
i corpi affondano
e l’ossigeno viene a mancare;
ma, se stai tranquillo,
ti comporti
come un pezzo di merda qualunque
che affiora dalle acque
e si sposta solidalmente
con lo spostamento della corrente.



Altra cosa è
se impari a nuotare
contro vento o a suo favore.
Ma questi sono altri versi
pronti a essere riversati
su di un altro versante.

Per il momento,
tra queste acque,
solo la tua paura
viene a galla
e ti fa piombare
a picco
come una palla
di ferro
legata al piede
di uno di quei
personaggi
dei cartoni
in cui
si fanno
vedere
ai bambini
i morti
ammazzati
e i suicidi.

Il male assoluto e l’assolutismo del male

25 venerdì Mar 2022

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, vita civile

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guerra, Seneca, Trilussa

altre riflessioni di guerra


Quello che privatamente è vietato ci viene imposto in nome dello Stato.
Noi osiamo lodare certe azioni (che commesse da un privato cittadino sarebbero sanzionate con la pena capitale) solo perché sono state ordinate dal potente di turno.
L’uomo, l’animale che per natura potrebbe essere il più mite, non si vergogna di provare godimento alla vista del sangue, né di fare guerre che si protraggono per lunghi anni, mentre persino le bestie più feroci vivono in pace.”

Lucio Anneo Seneca, Lettere a Lucilio, XCV, 31


I popoli, dalle guerre, escono sempre sconfitti e finiscono per perdere, insieme ai loro beni materiali, anche il senso della realtà.
I problemi più gravi insorgono quando si comincia a vedere nell’altro l’incarnazione del male assoluto. Una volta perduta la misura e il senso della realtà, l’altro diventa il tuo demonio e tu il suo.

Le guerre dicotomizzano la complessità del reale. Riducono tutto a un circuito manicheo che non ammette mezze misure e sfumature. Costringono a stare da una parte o dall’altra, anche quando si percepisce che nessuna delle due parti ci appartiene del tutto né del tutto coincide con i principi della nostra logica, con la prospettiva delle nostre visioni e con le vibrazioni del nostro sentire. Le guerre ci fanno regredire all’essere primitivo che ci portiamo dentro. Quello che raggiungeva i suoi obiettivi primari a forza di colpi di clava. Massimamente le guerre civili. O con me o contro di me. Le individualità si debbono annullare nelle scelte di campo. In guerra bisogna tapparsi gli occhi e combattere.
I popoli si infantilizzano e vengono trattati come i figli dei separati a cui viene imposto di scegliere tra la mamma e il papà ed agire di conseguenza contro la parte rifiutata. Scegliere uno e negare completamente l’altro. Senza riserve.



Personalmente sono sempre stato dalla parte dei disertori e degli scappati di casa. Anche se di istinto e di testa mi viene di correre in soccorso dell’oppresso, chiunque sia l’oppressore di turno.
Eppure, per quanta spinta ideale possa sentirmi addosso e nelle vene, credo che non riuscirei mai a difendere la parte offesa combattendo tra le truppe degli aggrediti con le mani sugli occhi e il cervello spento; tanto più se succedesse, come spesso succede, che, sotto il fuoco del nemico, il capo dei guerrafondai bianchi cominciasse ad assumere gli stessi modi modi violenti e repressivi dell’oppressore nero.
Già sopporto male le leggi “normali”, figuriamoci poi quelle marziali che ti costringono all’obbedienza più cieca e alla partecipazione più muta che si possa immaginare (senza alcuna reale possibilità di esprimere liberamente il frutto della nostra immaginazione).

Quando tuonano le bombe, tace ogni voce e ogni ragione e la verità giace tra i morti offuscata.

È la guerra il male assoluto.
Un male assoluto e travolgente che annulla i popoli e gli individui con la pretesa di ricondurre la realtà a un nuovo equilibrio che porta già in sé i germi del prossimo conflitto.
Si alimenta con la guerra, la guerra, e si nutre col sangue dei vinti e con il sangue dei vincitori.

La pace non si conquista con la guerra.
La pace si costruisce con la pace.
Come in pace vivono anche le bestie più feroci.

Quello che bisogna fare, anche nei cosiddetti tempi di pace, è fare guerra alla guerra. Una guerra senza quartiere. Ma non appena cessa la bufera, preferiamo dormire sugli allori. Come facevamo pure in guerra, in fondo in fondo.


Fa la ninna, cocco bello,
finché dura sto macello:
fa la ninna, ché domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.

So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:
torneranno più cordiali
li rapporti personali.

E riuniti fra de loro
senza l’ombra d’un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone!

Trilussa, “La ninna nanna della guerra” (frammento finale), ottobre 1914


Come quando fuori piove

23 mercoledì Mar 2022

Posted by aitanblog in immagini, texticulos

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carte, poker

Memoir di un giocatore


“Più vedo passare i segni del tempo sulla mia faccia, nei miei occhi e sul mondo, più mi rendo conto che non c’è follia più grande che attribuire le categorie del nostro buon senso alla follia altrui.
Cerchi di prevedere le mosse future secondo i criteri della logica o della ragione, ma resti sempre spiazzato, come su un tavolo di poker in cui i tuoi compagni di tavolo giocano con altre regole, altre scale e altri valori, ma vincono e calcolano i punti – ed anche i crediti – con i tuoi parametri, i tuoi valori e le regole tue.“

Giles Ravager, “Avrei potuto fare di più, ma sono contento di quello che non ho fatto. Confessioni di un indolente che non si pente di nulla e di niente.”, Inexistent Edizioni, 2022


Mi disse che nonostante le sue vittorie e la sua fama, lui non aveva mai avuto buone carte.

Mi disse che avevo poco da lamentarmi, avevo poco da lamentarmi per aver perso con lui.

Disse pure che dovevo considerarlo quasi un onore, disse, disse così, disse: un vero onore!

Lui non aveva avuto quasi mai carte buone, disse, ma aveva tante e tante volte lasciato con le pezze al culo decine e decine di giocatori che avevano avuto in sorte carte molto migliori delle sue, disse.

E poi aggiunse



è vero sai non ho quasi mai avuto buone carte ma le ho sempre sapute giocare al meglio che potevo e saranno più le volte che ho bluffato che quelle che sarei saltato dalla sedia se le avessi avute davvero quelle carte che gli altri pensavano che io non avevo ma si cacavano sotto di venire a vedere perché pensavano che se proprio quella volta io veramente c’avevo le carte che mostravo di avere si sarebbero fatti male e io lo sapevo bene che loro sospettavano che non ce le avevo quelle carte ma si cacavano sotto perché pensavano che se proprio quella volta io veramente ce le avevo quelle benedette carte si sarebbero scassati e sarebbero sprofondati in un fosso senza fondo e io proprio di questo campavo della loro paura e della possibilità di avere e giocare le carte che non avevo e che non ho avuto quasi mai
ma di quel quasi mo non voglio proprio parlare anche perché nella vita ho provato più soddisfazione a giocare le carte che non avevo che a trovarmi in mano le carte migliori e rischiare di saltare dalla sedia e farmi sgamare proprio io che ero famoso per aver sempre avuto una faccia da culo che nessuno poteva capire se ero stato io a sganciarne una nemmeno se tenevano gli occhi puntati sulla mie natiche e sul buco del culo
e questo è un fatto
il resto sono solo costruzioni di sabbia sulla riva di una spiaggia isolata senza neanche un cane con cui giocare un’altra mano

ma almeno riempitemi di nuovo il bicchiere se volete sentirmi ancora
diobbuono
ho la gola secca
e poi se avete un mazzo nuovo lo scartiamo e ci facciamo una mano
una mano ancora
basta che non mi chiediate di giocare a carte scoperte
che io a carte scoperte non ci ho giocato mai
se vi piace giocare a carte scoperte piazzatevi di fronte a una slot machine
io non sono una fottuta slot machine
io sono un giocatore
un giocatore vero

il mio intento non è annientare l’avversario umiliarlo togliergli tutto
il mio intento è fottere la mala sorte che mi perseguita e mi dà sempre le carte peggiori
ma io le ho sempre giocate al mio meglio e ho lasciato con le pezze al culo decine e decine di giocatori che avevano in sorte carte migliori



Pensai che forse anch’io avevo avuto carte migliori delle sue, ma mi aveva bloccato la paura.
Ed ebbi paura anche di giocare di nuovo.
Mi inventai in tutta fretta una scusa e mi allontanai per non più tornare.
E mentre mi allontanavo, preferii pensare che in quell’ultima mano lui aveva più del mio tris di dieci. Pensai che era solo un sbruffone. Uno che fingeva di aver bluffato per il gusto di farti credere che aveva vinto pur avendo carte peggiori delle tue. Oppure lo faceva per tenerti in uno stato di tensione emotiva che lo aiutava a soggiogarti e continuare a vincere. Ma io la seconda volta non ci sono cascato.
Checché dicesse o andasse raccontando in giro, ero io lo sfigato con le carte peggiori.

E poi era il momento di chiudere con quella storia. Una storia che forse mi aveva voluto insegnare qualcosa, pensai. Anche se non so cosa.

La montagna di merda

22 martedì Mar 2022

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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camorra, giustizia, merda, voto con il portafoglio

Qui le cose stanno peggiorando.

Non basta dichiararsi non-camorristi. Bisogna essere anti-camorristi. Nei fatti e nei comportamenti quotidiani.
È una battaglia che si vince anche con il portafoglio. Evitando, per esempio, di spendere i nostri soldi in esercizi commerciali, bar, sale gioco, ristoranti e pizzerie in odor di camorra o di finanziare la criminalità con l’acquisto di droghe, sigarette di contrabbando, servizi di prostituzione e “bollette” per le scommesse.
Poi anche i funzionari e gli amministratori pubblici potrebbero dare il loro contributo, avendo maggior cura nell’affidare contratti pubblici ad imprese non collegate ai racket. E i politici dovrebbero smetterla di comprare voti dai capoclan della camorra e stringere con loro alleanze che innestano incontrollabili spirali di ingiustizia e illegalità.

Qui o si è CONTRO o si è COMPLICI.
Bisogna scegliere da che parte stare.

Poi ci vorrebbe più cultura e più giustizia. (Non bastano l’istruzione obbligatoria e i proclami sulla legalità.)

Una casa priva di libri può fare più danni di una casa piena di armi.

Un Paese senza giustizia, trasforma le leggi in arbitrio.


“Bandita la giustizia, che altro sono i regni se non grandi associazioni di briganti? Le bande di briganti non sono forse dei piccoli regni?“

Agostino da Ippona (il santo uomo), “De Civitate Dei“, IV, 4


Tutto quello che facciamo si ripercuote nel mondo.
E anche quello che non facciamo, in verità.

Secondo giorno di primavera

21 lunedì Mar 2022

Posted by aitanblog in versiculos

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poesia, primavera

Una parola che non ti scivoli addosso
per finire nella dimenticanza
dell’inascoltato o del non detto.

Una parola esatta e necessaria,
inutile come lo scroscio dell’onda
sulla scogliera che ti salvò la vita.

[…]

Aprite le finestre
della vostra percezione
e lasciatevi inondare
dai flussi e dai riflussi
della poesia.

È Primavera,
a pesar de todo.

*21 marzo, giornata internazionale della poesia*

(La poesia, molte volte, è un caso, un casolare, un casino di caccia, un incidente di percorso, una scoperta accidentale, una svista che ti rende tutto più chiaro…)

https://aitanblog.wordpress.com/2021/03/21/21-marzo-unaltra-primavera/

Paternità

19 sabato Mar 2022

Posted by aitanblog in recensioni, stefania

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el Greco, paternità, San Giuseppe, stefania

San Giuseppe nell’arte e nell’immaginazione

La festività di san Giuseppe, allargata poi a festa della paternità, fu inserita nel calendario romano solo 1479 anni dopo la nascita di Cristo, il di lui figlio putativo, per volontà di Sisto IV (papa, peraltro, piuttosto mondano, guerrafondaio e nepotista; ma anche munifico mecenate, ricostruttore dell’Urbe e protettore di artisti e pensatori umanisti e rinascimentali).
Prima del ‘500 l’immagine di Giuseppe era piuttosto defilata nell’iconografia religiosa dedicata alla nascita e all’infanzia di Gesù.
Il santo falegname appariva sempre in posizione marginale o in secondo piano rispetto alla Vergine Santa e al Figlio di Dio, e il bambino Gesù non era quasi mai “inquadrato” tra le sue braccia.

Giotto, “Natività di Gesù” 1304-1306


D’altronde, già nei 4 vangeli canonici la sua figura, la sua storia e il suo ruolo erano in ombra e scarsamente citati (in pratica, quasi tutto quello che sappiamo del papà terreno di Gesù deriva dai vangeli apocrifi e dall’immaginazione popolare).
In quanto all’arte moderna, le immagini di paternità cominceranno a proliferare solo in epoca barocca (con artisti del calibro di Guido Reni, Bartolomé Esteban Murillo, Guercino, i Tiepolo padre e figlio…), prendendo a modello anche gruppi scultorei della Grecia classica in cui si rappresentano carezzevoli padri (naturali o adottivi) con in braccio figli appena nati.

Lisippo (?), “Sileno con Dionisio“, IV secolo a.C.
Guercino, “San Giuseppe con il bambino Gesù“, 1663


Io, comunque, ho scelto un’opera del grande Domenikos Theotokópoulos (meglio conosciuto come El Greco) per fare gli auguri a tutti coloro che portano il nome di questo santo protettivo, paziente, comprensivo, attento e operoso, come ci immaginiamo debba essere qualunque buon padre.

El Greco, “San José y su hijo“, 1599 ca.

È un quadro di grandi dimensioni (circa 3 metri di altezza) dipinto per la Cappella di San José, a Toledo (dove il pittore greco si trasferì nel 1577, quando aveva poco più di 35 anni, e ci rimase fino al giorno della morte, nel 1614). Personalmente, l’ho visto da vicino negli anni ’80 e sovrappongo la sua immagine a quella di un padre tedesco che ho conosciuto nello stesso periodo nel Castello di San Servando, fortezza medievale trasformata in un meraviglioso ostello della gioventù fuori dalle mura della città di Toledo. Vedevo questo papà grande e grosso giocare con affettuosa complicità con suo figlio di sei o sette anni e mi immaginavo anch’io un giorno di poter viaggiare da solo con un figlio mio ed esplorare il mondo insieme. Mutatis mutandis, il desiderio lo sto realizzando ora. Ma questa è un’altra storia.

Tornando al quadro di El Greco, trovo di sconvolgente attualità quell’incedere nel buio del padre e del figlio, con le mani che si cercano con delicatezza, mentre intorno sembra che stia per scatenarsi una tempesta: perfino gli angeli sembrano sul punto di cadere lungo questa strada oscura e desolata.
C’è una sconfinata tenerezza nello sguardo di Giuseppe. Forse un presagio di sofferenze future. Ma al momento stanno bene insieme, e questo basta.

Sull’onda emotiva della pittura proto-espressionista di El Greco, auguro ogni bene a tutti i Giuseppe, le Giuseppine e derivati e anche a tutti coloro che sono pervasi dall’istinto paterno di prendersi cura del mondo e di cercare un rifugio contro le tempeste che infuriano là fuori.

Le regole sul tetto

17 giovedì Mar 2022

Posted by aitanblog in recensioni, riflessioni, vita civile

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anarchia, Dante, de simone, fregola, pegola, perec, pessoa, regole, tegole

Dialogo tra me, la Commedia di Dante e quel simpaticone di Giovenale; per non parlar di Roberto, di George e di Fernando.

Le tegole ti proteggono dalla pioggia, ma ti impediscono di vedere il cielo.
Se pure le fai di cristallo, col tempo si opacizzano e finiscono per frapporsi tra te e la luce del sole e delle altre stelle.
Similmente le regole.

E poi anche tra le tegole, c’è sempre chi apre un varco solo per sé, mentre agli altri vieta di vedere luce.

Le leggi son, ma chi pon mano ad esse?

Insomma, anche quando sotto il medesimo tetto qualcuno detta regole e leggi, non è detto che poi egli stesso le rispetti o le faccia rispettare.
È sempre il solito problema del “Quis custodiet ipsos custodes?“.

“Spranga la porta, non farla uscire, ma chi sorveglierà i sorveglianti? La moglie è astuta e comincerà da loro.”

Piglia ‘o cane acchiappa ‘o cane
‘A capa d’o cane ‘o cane ‘o cane
Piglia ‘o cane acchiappa ‘o cane
‘A capa do cane ‘o cane ‘o cane
Piglia ‘o cane acchiappa ‘o cane
‘A capa do cane ‘o cane ‘o cane
Oi mamma ca mò vene
bim bom bam
Oi mamma ca mò vene
bim bom bam
Apre la porta e fallo trasi’
co ‘mbamberambam e ‘o ‘mbamberambì
Apre la porta e fallo trasi’
co ‘mbamberambam e ‘o ‘mbamberambì

E alla fine dei conti e dei canti, non c’è scampo: ogni tegola ed ogni regola più passa il tempo più si fa pegola.

Una pegola spessa,
che ‘nviscava la ripa d’ogne parte.

Meglio farne poche, condivise e rispettate che farne tante ad uso e consumo dei potenti o di chi ha la fregola di imporre ad altri ciò che a lui non gli va di fare.

Per concludere.
Poche regole sotto il tetto.
Quasi nessuna dentro il letto.
Salvo l’ascolto e il rispetto.
Reciproco.
Il resto, se viene, viene da solo.



Vale anche per i nostri goffi tentativi di cercare norme universali e regole passepartout nel caos della realtà.

“È talmente forte la tentazione di distribuire il mondo intero secondo un unico codice! Una legge universale reggerebbe l’insieme dei fenomeni: due emisferi, cinque continenti, maschile e femminile, animale e vegetale, singolare plurale, destra sinistra, quattro stagioni, cinque sensi, cinque vocali, sette giorni, dodici mesi, ventisei lettere. Purtroppo non funziona, non ha neppure mai cominciato a funzionare, non funzionerà mai.”

Magari voi sarete tra quelli che pensano che ogni deviazione dalla norma vada catalogata solo come un’eccezione alla regola. Ma la verità è che non ci sono regole, solo eccezioni. Noi per comodità raggruppiamo i dati di realtà in categorie dando più risalto alle occorrenze più rilevanti che finiamo per considerare regolari per un mero fattore quantitativo.
Ma la realtà è che

“Não há normas. Todos os homens são excepção a uma regra que não existe.“
(Non ci sono norme. Tutti gli uomini sono eccezioni a una regola che non esiste.)

Personalmente, trovo che tutto questo sia molto connesso con la mia speranza di un trionfo della A. Maiuscola. Ma si può scrivere pure piccola piccola. Un’alfa privativa e liberatoria che ci tolga di dosso il peso della regole e di chi ce le impone.



Poi, se volete, ci mettiamo d’accordo su qualche piccola norma e qualche regoletta che ci possono servire per comunicare e convivere tra noi nel rispetto reciproco e senza azzuffarci continuamente.
Basta che non ci organizziamo solo per mettere in moto un’altra fottuta guerra di invasione o per mettere in atto una colonizzazione, collettiva o individuale, delle menti altrui.
Io, per esempio, non ho nessun interesse a dimostrarvi che ho ragione e, per me, potete pure pensare che ho scritto solo cazzate prive di senno e al di fuori di ogni regola di buon senso o di qualsiasi forma di ragione.
L’importante è continuare a rispettarci al di là di ogni legge o sanzione imposta da qualcuno che risieda al di fuori o, peggio, al di sopra di noi.

E quando dico l’importante mi riferisco a quanto risiede e talvolta affiora al di sopra di ciò che è fondamentale: bere, mangiare, dire, fare e impegnarsi a custodire la continuità della vita.

:.:
.


Cfr. (se vuoi)

Dante, Paradiso, XXXIII, v.145
Dante, Purgatorio, XVI, v.97
Giovenale, Satire, VI, vv.31-32
Roberto De Simone, Tarantella (Oi mamma ca mò vene)
Dante, Inferno, XXI, vv.17-18
George Perec, Pensare/classificare
Fernando Pessoa, fonte incerta, inquieta e irregolare che non ho voglia di verificare o riscontrare


Follia

15 martedì Mar 2022

Posted by aitanblog in versiculos, vita civile

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armamenti, dittatori, follia, guerra, pazzia, Scalabrini


Una lunga storia di guerre, dittatori e armamenti

Può darsi che
il dittatore
sia un pazzo
sanguinario.

Può darsi che
la sua pazzia
abbia contagiato
i generali e
i colonelli.

Può darsi che
nel popolo
si sia diffuso
il morbo di un
ammattimento
generale
che abbia fatto
affiorare
tutta la violenza
e la crudeltà
insita
in quelle genti
lontane ed
estranee
al nostro sentire.

Può darsi che
se non fossero
tutti impazziti
tutto questo
si sarebbe
potuto
pure evitare,
e non sarebbe
salito il prezzo
del grano, del gas
e della benzina.

Può darsi che
si sarebbero
potute salvare
le vite innocenti
e le mura delle case
in cui si preparava il pane,
si faceva all’amore
e giocavano
alla guerra
i bambini.



Può darsi,
può darsi…
La gente in strada
sì convince che
sicuramente
può essere
che sia proprio
così.
Tutto questo dolore
è solo il frutto
di una improvvisa
e incontrollabile
pazzia
e si poteva
pure evitare.

In fondo,
da un giorno all’altro
diede di matto
pure mia zia.

Può darsi,
può darsi,
può pure essere.

In fondo,
lo stesso
Hitler
fu solo
un caso
di pura follia.

Può darsi,
può darsi,
può pure essere.



Ma può essere
anche
che sia la guerra
e non il guerrafondaio
l’atto finale
di una reiterata pazzia
che rimpinguiamo
ogni giorno
con il prezzo amaro
delle nostre tasse
e un silenzio colpevole
sulle percentuali
destinate agli eserciti,
agli armamenti
ed alle munizioni.

Può essere che
solo facendo
guerra alla guerra
sì potrà arrestare
questa nostra
diffusa follia
che ci porta
a credere
che il male
sì possa
spegnere
con il male
e la pace
conquistare
con le distruzioni
e i disastri
di una guerra
che sposta fuori
di noi la nostra
interna
e sempiterna
pazzia.

Può essere che
ci sarà
sempre
scontro,
morte
e distruzione
finché
ci saranno armi
e fino a quando
addosseremo
ogni colpa
al pazzo
di turno
continuando
a ignorare
la pazzia
che cova
dentro di noi,

tra gli eroi
e gli avvoltoi
sempre pronti
ad avventarsi
sulla carcassa
sanguinante.




Le immagini le ho rubate a Giuseppe Scalarini (1873–1948), caricaturista e disegnatore satirico antimilitarista che ha dato il meglio di sé raccontando il secolo breve a cavallo tra due guerre mondiali.


Appendice del giorno dopo


“Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi.”

Tra le centinaia di citazioni attribuite erroneamente ad Einstein c’è questa che mi ritorna spesso in mente in questi giorni in cui stiamo perpetrando la follia di voler conquistare la pace con la solita corsa a chi si arma di più e a chi ce l’ha più grosso.

Pensate che proprio oggi la Camera ha approvato un ordine del giorno che impegna il governo ad aumentare le spese militari fino al 2% del PIL (da 25 a 38 miliardi all’anno, euro più, euro meno).

Un circolo vizioso, anzi, di più una spirale perversa che ci porta a spendere sempre di più in armi e in dolore.
E voi ed io finiamo per contribuire con le nostre tasse a perpetrare questa insana e sanguinaria follia.


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