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Seconda edizione del premio dedicato al batterista e paroliere frattese.



Ieri sera, nel Teatro De Rosa di Frattamaggiore, si è tenuta la seconda edizione del Premio dedicato a Franco Del Prete per iniziativa della famiglia e del manager amico Pasquale Capasso, con l’ausilio del Mediterraneo Reading Festival ed il patrocinio dell’amministrazione comunale frattese.

Qui a Frattamaggiore (dove sono nato e vivo anch’io) Franco Del Prete è una sorta di genius loci, un’icona locale che si affianca all’altro Francesco, il precursore della Scuola musicale napoletana Francesco Durante (1684-1755), “si parva licet componere magnis” (mi sono svegliato molto lat(r)ino stamattina).

Al batterista e paroliere frattese la città ha dedicato un anfiteatro all’aperto in cui si sarebbe dovuta tenere anche la seconda edizione del premio. Ma l’instabilità climatica di questi giorni ha fatto pensare che sarebbe stato meglio svolgere l’evento al chiuso di un teatro.
La serata è stata presentata con la sua solita verve da Lino D’Angiò ed è stata costellata da numerosi premi attribuiti agli artisti che si sono avvicendati sul palco con esibizioni sempre legate alla vita artistica di FDP.




Segue una rassegna rapida e dettagliata dei brani e degli interpreti che si sono esibiti ieri sul palco del De Rosa.

– In apertura Ida Rendano ha cantato “Un’ora sola ti vorrei“, il brano del 1938 riproposto negli anni ’60 dagli Showmen, il gruppo degli esordi di Franco Del Prete, Mario Musella e James Senese. Da lì sarebbe cominciato tutto.
Ida Rendano è stata accompagnata dalla meravigliosa “resident band” della serata formata, in ordine alfabetico, da:

Flex Aiello alla chitarra elettrica
Andrea Balbucea alle tastiere
Andrea Carboni alle percussioni
Vincenzo Di Girolamo alla chitarra classica
Tony Panico al sax tenore e soprano
– il mio buon amico Filippo Piccirillo al piano elettrico
Gianluca Russo al basso

Alla batteria, raccogliendo il testimone del padre, c’era Francesco Del Prete (che durante l’evento ha spesso ceduto le bacchetta ad altri batteristi ospiti e premiati).



– Il secondo brano della serata, cantato da Toni Guido, è una canzone pubblicata per la prima volta quest’anno nell’ultimo album di Iva Zanicchi (“Gargana”). Si chiama “Vola colomba” ed è stata scritta da Franco Del Prete su musica di Sal Da Vinci e Gianni Guarracino. Purtroppo, Franco non ha avuto il tempo di vedere la prima edizione su disco di questo brano.
In ogni modo, fin dalla prima strofa ci rendiamo conto che siano di fronte ad una perla che dice molto della sua sensibilità e della sua perizia artistica:

E se io fossi fuoco scalderei
Quelli che hanno freddo come te
Ma su questa terra sono una fiammella
E se io fossi acqua disseterei
Quelli che hanno sete come te
Ma della pioggia non sono che una goccia
Sei io fossi venti soffierei
Di notte mi trasformerei
In un orchestra di Alisei
Che copre voci che sentire non vorrei



– A seguire “Ma che senso ha“, brano portato al successo da Eduardo De Crescenzo e cantato ieri da Toni Guido, che, praticamente è stato il nono membro della resident band della ricca serata artistica.

Ma che senso ha
la libertà scritta sui muri della città

Tommaso Primo ha ricevuto il premio per il miglior testo scritto in napoletano e ci ha fatto ascoltare, prima, il suo brano “Onorato delitto ‘e passione” (una storia d’amore e morte, dichiaratamente priva di morale e insegnamenti) e, poi, “Maria Maddalena“, bellissima canzone scritta da FDP e da Jennà Romano e riletta ieri in un arrangiamento minimale con l’accompagnamento di Andrea Carboni alle percussioni e Gianluigi Capasso alla chitarra (il nome di Gianluigi non appariva sui manifesti, ma, per quanto non stessi seduto alle prime file, credo di aver riconosciuto la sua barba e il tocco delicato e ritmicamente sostenuto e preciso della sua chitarra suonata senza plettro).
Aggiungo che, per me, l’ascolto di Maria Maddalena ha rappresentato il primo picco emotivo della serata.

– L’atmosfera torna incandescente con “Ma aro’ vaje?” suonata dalla resident band al completo.

Yuri Menna (cantautore napoletano e internazionale) ha interpretato, accompagnandosi dalla sola chitarra ritmica come l’artista di strada che era, la sua composizione “I just wanna hold you” e il brano di FDP “‘A terra mia“.

– Poi è stata la volta del grande Patrizio Trampetti.
Patrizio ha presentato con Jennà Romano e con il giornalista e senatore Sandro Ruotolo un brano di strettissima attualità che hanno composto tutti e tre insieme: “La vita degli altri“. Una canzone che narra la storia di Irina sullo sfondo della guerra russo-ucraina e della sempre opportuna citazione di Brecht che ci ricorda che dopo la guerra “Fra i vinti la povera gente faceva la fame. / Fra i vincitori faceva la fame la povera gente ugualmente“. E per me è stato il secondo picco emotivo favorito anche dalla dinamica della voce di Patrizio e dalle sue sapienti impennate.
Poi lo hanno raggiunto sul palco Carlo Avitabile alla batteria e Maria Russo alla voce per ricordarci che “‘A vita po’ cagna‘”, la vita può cambiare…



– Con la sua consueta intensità interpretativa in bilico tra il teatro e la canzone d’autore, Massimo Masiello ci ha fatto sentire “Occhi di Marzo“, altro brano del repertorio di Eduardo de Crescenzo scritto da FDP.

– A questo punto sarebbe dovuto salire sul palco a ritirare un premio alla sua fulgida e lunghissima carriera un altro grande musicista frattese, un altro batterista che per FDP è stato una importante fonte di ispirazione: Gegé Munari. Purtroppo, però, il grande Gegé, oggi ottantottenne, non è potuto venire da Roma (dove vive da decenni) ed ha ritirato il premio in sua vece il suo amico Mimmo “Papparella” Del Prete.
Apro una parentesi. Gegé e suo fratello Pierino sono stati due grandi precursori del drumming jazz in Italia. Frattamaggiore, come spesso ho detto, ha una grande tradizione di batteristi che ora si prolunga con Luigi Del Prete (un altro Del Prete. “Ma chistu prepete nun steve mai quieto?“, citazione da Lino D’Angiò). È una cosa che lo scorso anno ebbi modo di ricordare allo stesso Gegé Munari (che, purtroppo, non conosco di persona) in una videoconferenza organizzata dalla mia amica Stefania Tallini e Gegé, simpaticamente, ricordò che una volta con un grande jazzista americano (se non ricordo male, si trattava di Tony Scott) stava pensando di dedicare un brano alla sua città d’origine ed intitolarlo, sentite un po’, “F Major“. Beh, io dico che è ancora in tempo.

– Di seguito, Enzo Gragnaniello, che con FDP e i suoi Sud Express ha pubblicato nel 2011 l’album “Radice”, ci ha fatto ascoltare due brani del suo repertorio che tanto piacevano a Franco (“Vasame” e, ops!, l’altro ora mi sfugge) e poi ci ha ricordato l’uomo FDP, il loro comunicare in silenzio, le carezze sul viso che prodigava alle persone cui voleva bene.



– E nel novero di queste persone, come ha ricordato con sincera commozione Simona, l’adorata e adorante figlia di Franco, c’era anche Dario Sansone, il cantante dei Foja, che ha scelto di farci ascoltare “Fiore ‘e limone“.
Personalmente, sono stato molto contento della scelta, dato che considero “Fiore ‘e limone” una delle canzoni più belle de “La chiave” (2018), l’ultimo album pubblicato da FDP con i Sud Express.
Sansone ha completato la sua session con una canzone tratta da “Miracoli e Rivoluzioni”, l’ultimo lavoro artistico dei Foja premiato ieri come miglior album dell’anno.



– Subito dopo sono stati premiati due batteristi molto ammirati e bene amati da FDP: Gennaro Barba (che ha prestato il suo “progressive” groove al brano “Fai come vuoi“) e Vittorio Riva, precisissimo session man e turnista tra i più attivi del pop italiano (che ieri sera ha suonato la batteria nel tostissimo brano scritto da Franco per James Senese “‘Ncazzato nire“, dove Toni Panico si è esibito in uno dei suoi pregevoli assoli al sax tenore).

Antonio Del Gaudio alla voce e Lorenzo Natale al piano ci hanno regalato una versione straniata, coraggiosa ed espressionistica di “Van Gogh“, accentuando il carattere non convenzionale di un brano che era il meno pop di “Cante Jondo”, un album bellissimo di Eduardo De Crescenzo scritto in collaborazione con FDP e Gianni Guarracino e suonato da musicisti del calibro di Vittorio Remino, Ernesto Vitolo, Joe Amoruso e Naná Vasconcelos, oltre che dagli stessi Franco Del Prete alla batteria e Gianni Guarracino alle chitarre.

– Di seguito è stata la volta di Maurizio Capone.
Insieme con Jennà Romano alla chitarra e alla voce, il percussionista e cantautore dei BungtBangt ci ha fatto sentire la più bella versione che abbia mai ascoltato di “Veleno“, accompagnando il canto con una tanica di plastica e dei cimbali di latta riciclata e aggiungendo anche una strofa di suo pugno (peccato che Jennà sembrava essere molestato da qualche problema tecnico con l’amplificazione o con la pedaliera).
Poi, accompagnandosi con la scopa elettrica (una vera e propria ramazza su cui Capone ha messo un elastico e un microfono per elettrificarla e trasformala nella “scopa di Jimi Hendrix”) ci ha scosso con un suo brano di struggente attualità: quel “‘O sang è sang” che ci esorta fin dentro le viscere delle nostre coscienze a svegliarci e a finire questa fottuta guerra (qualunque essa sia).

Scetateve che è tardi guagliù
Firmammela sta guerra guagliù
Luvate ‘e fierre a dinto ‘e sacche guagliù
Ascite ‘a chisto ingrippo guagliù
E mo arapite l’uocchie guagliù
Vuie state a capa asotto guagliù
Ma a vuie ‘o core nun se spezza guagliù
Missili bombe e canne mozze guagliù
Mo basta mo
Mo basta mo
O sang è sang
O sang è sang

Lui ha scritto questo pezzone nel ’94.
Ma purtroppo il suo “mo basta” ci insegue anche oggi e ci inseguirà anche domani. Ma non so quanti siano disposti ad ascoltare.



– La tensione è rimasta alta con la lettura recitata di “Ecce homo“, un testo di FDP magistralmente interpretato da Pio Del Prete con l’accompagnamento di Jennà Romano al bouzouki.

– Nel pre-finale, Ella Armstrong (figlia dell’immortale Louis), dopo aver essersi esibita in tre classici del song book americano (tra cui Summertime e What a Wonderful World), ci ha fatto ascoltare una convincente versione di “Andrà così“, brano del repertorio di Eduardo De Crescenzo e Franco Del Prete. La cantante statunitense, ma residente in Francia, si è avvalsa dell’accompagnamento di quattro musicisti italiani: Marco Mantovanelli (piano), Daniele Antonucci (chitarra), Massimo Gaudiano (basso) e Nicolò Salis (batteria).



– Di seguito, è stato consegnato il premio “un maestro nell’anima” a Michelangelo Mosca, ex allievo di batteria di FDP, che ha suonato con la resident band la canzone “Vera“, tradotta con successo anche in spagnolo.

– Per finire, la resident band al completo, con di nuovo Francesco Del Prete alla batteria, ci ha salutato sulle note di “E la musica va“.

C’è chi l’anima che ha,
la soffocherà,
rassegnato alla mediocrità
C’è chi l’anima che ha,
la difenderà,
Non aspetterò, mio amore,
che ritorni qui da me

E la musica va
E va e va, e va e va
E va e va
E la musica va

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