La strage di Melilla (37 morti ammazzati nella calca a seguito di un brutale intervento della polizia marocchina mentre cercavano di entrare nell’enclave spagnolo) è figlia di un patto scellerato tra il Marocco e la Spagna.
“Io riconosco la tua sovranità sul Sahara Occidentale e tu, Marocco caro, fai pulizia etnica alle frontiere e non ci fai entrare altri neri a Melilla, che è territorio spagnolo…. Eccheccacchio, ‘o vonnecapìche chesta è Europa e nun è Africa!?”
Ho sovrapposto alcune immagini di questa tragedia (mi scuso con gli autori delle foto originali per la manipolazione).
Un po’ come la Svezia e la Finlandia che si impegnano a mandare in Turchia un bel gruppetto di attivisti curdi, affinché Erdogan tolga il veto alla loro entrata nell’alleanza atlantica.
“‘A Turchi’, tu lasciaci entrare nella NATO senza fare questioni; po’, che vuo’?, ‘e curde?, ‘e terroriste? …Pigliatelle e fanne chello che vuo’, indifferentemente.“
Si fa mercato dei corpi altrui, delle altrui vite. Scambi internazionali che impongono le loro scelte a popoli terzi. Uomini ridotti a pedine di uno scacchiere perverso.
Altri si lasciano morire nelle acque del Mediterraneo o asfissiati nei tir. Un modo per regolare i flussi migratori sulla pelle di chi cerca fortuna o vuole allontanarsi dalla fame, dalla guerra e dall’oppressione.
Gli effetti collaterali della ragion di Stato. Piccoli sacrifici umani sull’altare dell’interesse e del profitto.
…
Afammocca la Realpolitik! Ridatemi le ideologie e un’utopia per cui valga la pena combattere.
Quanti saccenti che non sanno niente Quanti visionari Quanti veggenti Che riempiono di fiamme e di fumo le loro parole E offuscano il senso e la direzione del loro percorso Per sembrare più interessanti Innanzitutto a se medesimi Dando l’impressione che hanno da dire Molto di più di quanto hanno da dire
Guardateli Stanno dicendo ora stesso Molto di più di quello che stanno dicendo Ma il mondo distratto Non riesce a sentire Tutto quello che hanno da dire Signora mia
Ascoltateli La gran parte di loro Non ha nulla da dire Ma lo dice Andando insistentemente da capo Prima che si arrivi alla fine del rigo
Pare che questo sia Il primo motore della poesia Signora mia Immutato dal tempo che fu (Ancor prima che sia nato Gesù) Con tutto lo spreco di carta Che ne deriva e comporta
Ma questo Alla poesia Cosa diavolo importa? Il buon poeta e il poeta buono Sono poco versati nelle circostanze effimere dell’attualità e Nelle problematiche della vita sociopolitica della gente comune
È d’uopo altresì rifuggire la rima Che conferisce al testo Un sapore di buone cose di pessimo gusto
E poi Per l’amor del cielo Nessuna citazione Poco linguaggio figurato E spruzzi di parole desuete scelte a cazzo di cane con acribia e convinzione
“Meglio un albero senza fusto Meglio un ramoscello o un arbusto Che un caffè dall’aroma robusto Infarcito di un linguaggio frusto trito e ritrito Fatto di formulette che puoi ripetere a menadito Per sfornare il tuo piatto adusto” E fare in modo che Come da rito Nessuno legga Con dovuta attenzione Né possa esservi qualcuno che regga Tutta intera La lettura della composizione
E poi è d’obbligo suonare esoterici e oscuri Ma questo credo di averglielo già detto Signora mia
Oppure giocare a fare i banali Per nascondere quanto banali si sia per davvero Dietro un muro di simpatiche anafore Infarcite di battute ad effetto E colpi di teatro Fatti per essere detti in pubblico Tra il rumore dei bicchieri e qualche rutto che dia ritmo alla serata
O anche (E con questo passo e chiudo) puntare a più amplie platee Discettando di natura a chi vive in città E darsi pose da provinciale universale Essendo trito ed essendo banale Come il pane senza sale Che ti danno in ospedale Per accompagnare la pastina e il merluzzo (E se ti va bene Arriva anche una mela Avvolta in una bustina di plastica Trasparente ma opaca )
Per il resto Le consiglio di seguire il mio laboratorio di poesia Costa pochissimo e le assicura un posto in prima fila Nel nulla della poesia contemporanea Nel quale m’onoro di naufragare Come chi ha di fronte un bicchiere E si sente nel mare
Eppure io un po’ le invidio le persone che hanno pochi o nessun tentennamento. Quelli che sono certi di aver capito e restano sempre convinti di avere qualche verità da rivelarti. Quelli che ti interrompono prima che finisci di parlare e ti spiegano perché hai torto. Quelli che sanno distinguere da che parte stare e si sentono capaci anche di illustrarti da che parte stai tu; sebbene sia una vita che vai cercando un fottuto posto in cui fermarti a respirare, ma non ti trovi a tuo agio da nessuna parte e riscontri ovunque motivi di dubbio, rotture di coglioni e cause di allontanamento o di dissenso. Un po’ le invidio queste persone. Invidio la loro convinzione di avere ragione, invidio la loro certezza di fare sempre la cosa giusta e resto sorpreso ogni volta che vedo che hanno la voglia, la volontà e l’intenzione di indicarti la strada da percorrere e le azioni da intraprendere o da non intraprendere per il tuo bene o per il bene di tutta l’umanità (che, immagino loro sentano davvero a portata delle loro mani e della loro capacità di rimodellamento).
Tuttavia, ogni tanto metto in pausa la mia sospensione del giudizio, e mi chiedo come mai proprio loro che sanno tutto non si rendano conto che io preferisco essere dilaniato dai dubbi, piuttosto che impietrito dalle certezze. E poi, se hanno capito tutti questi fatti, perché non riescono a capire che mi sono rotto le scatole di stare a sentire come sputano sentenze e vomitano convincimenti e soluzioni che non basterebbe una vita a veder realizzate, seppure fossero giuste e ben concepite dal loro cervello a senso unico, dotato di paraocchi, parastinchi e pare-‘o-frate-d’o-cazzo.
Non aggiungo altro, se non il mio dubbio frequente che avrei fatto meglio a non dire niente (pecché ‘a meglia parola e’ chella ca nun se dice e nun se sente, e tu, avuote e gire, si sempe e sulo ‘na samente ca pensa doje e dice ciente pe’ tramento ca mozzeca pane e turmiento pure si nun trova pace e nun tene diente. Siscano e sosciano parole comme soscia o viento, ca pare ca parle, ma nun dice niente).
Fischiano e soffiano parole come soffia il vento, che sembra che parli, ma non dice niente.
Se, e sottolineo Se Piccolo esercizio di deromanticizzazione
Se vuoi un uomo che ti faccia sentire bella, non hai bisogno di me, ma di un chirurgo plastico. Se vuoi qualcuno che ti faccia battere il cuore, ti serve un defibrillatore. Se vuoi sentire le farfalle nello stomaco, devi avere il coraggio (e lo stomaco) per ingerirle vive. Se vuoi vederti bella attraverso i miei occhi, forse faresti meglio ad andare alla ricerca di uno specchio deformante o di un programma di fotoritocco. Uno di quelli che fanno miracoli, a quanto dicono.
Se per te la prima cosa è la fedeltà, è di un cane che hai bisogno. Se cerchi qualcuno che ti capisca, comincia a parlarmi in italiano; io il tuo dialetto non l’ho mai imparato. Se volevi un uomo che ti facesse volare, dovevi sceglierti un aviatore. Se cerchi un amore senza limiti e confini, o sei un’anarchica o vuoi impiantare una multinazionale nella mia terra. E io questo non te lo permetto e non lo voglio fare (mi riferisco all’impianto della multinazionale, naturalmente; perché, in quanto all’anarchia, beh, già sai…). Se vuoi una persona che sappia prendersi cura di te, posso passarti il numero di un buon medico. Se vuoi un uomo che ti ami per quello che sei, o ti conosci poco o pensi a lui come ad un pazzo scatenato capace di restarti accanto nonostante te le tue beghe, le tue seghe e le tue rotture. Se vuoi qualcuno che ti ami per sempre, dovrai necessariamente morire prima di lui. Se pensi a un uomo vero che si dedichi a te 24 ore su 24, o stai pensando a uno sfaccendato o speri di accalappiare il figlio di qualcuno con un ingente patrimonio. Se vuoi chi a letto ti soddisfi fino in fondo e non ti lasci a labbra asciutte prima del momento del massimo fulgore, puoi compare un dildo, un sex Toy o un vibratore. Se vuoi una persona che ti faccia sentire bene, cercati un otorinolaringoiatra.
Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore; se mi odi, sarò sempre sul tuo stomaco o nella tua testa, come un tarlo che non puoi schiacciare.
Il resto sono tutte stronzate che scrivo per far finta che riesco a pensare ad altro in questi tempi bui come sempre e come è sempre stato. Amarti, in fondo, è una distrazione. Ed amarmi… è lo stesso, del resto. L’unione di due patologie.
🎼
Pathos è mio Pathos è tuo in ricordo del nostro amor.
Per natura i corpi umani galleggiano (dal momento che la densità del nostro corpo è di poco inferiore a quella dell’acqua). Per natura dovresti restare a galla anche tu (come un tappo di sughero, una tavola di legno o una palla). Perfino i cadaveri galleggiano, per natura (a meno che non siano pieni zeppi di acqua o di altre sostanze pesanti ingerite prima dell’annegamento).
Insomma, per natura dovresti tenerti a galla, a pelo d’acqua, ma ti lasci affondare dal peso della paura e ti fai travolgere dalle onde e dallo svilimento (il quale è, evidentemente, più pesante dell’acqua e del peso del tuo stesso corpo, morto o vivo che sia).
Tutto ciò dimostra che, quando viene a galla la paura, i corpi affondano e l’ossigeno viene a mancare; ma, se stai tranquillo, ti comporti come un pezzo di merda qualunque che affiora dalle acque e si sposta solidalmente con lo spostamento della corrente.
Altra cosa è se impari a nuotare contro vento o a suo favore. Ma questi sono altri versi pronti a essere riversati su di un altro versante.
Per il momento, tra queste acque, solo la tua paura viene a galla e ti fa piombare a picco come una palla di ferro legata al piede di uno di quei personaggi dei cartoni in cui si fanno vedere ai bambini i morti ammazzati e i suicidi.
Palloni gonfiati dai soffi e dagli sbuffi incessanti del proprio ego. Palloni sul punto di scoppiare e a volte già scoppiati che continuano a rotolare per le strade e imperversare nelle radio, nelle tivvú e tra i social.
– Ehiiii, c’è vita lassù? E non è richioso per una palla Restare sospesa su un piedistallo che basta un piede in fallo per precipitare giù e schiattarsi al suolo come una pummarola o un puparuolo?
Palloni pieni d’aria e palloni sfiatati che ci fanno la palla dappertutto. Palloni pallosi quanto altri mai.
– Ma quando scoppia la bolla? Quando scoppia la palla? Quando sfiata il mio fiato per l’ultima fiata?
Deh!
[Segue un lungo sospiro, una pausa silenziosa e un inchino accompagnato da un movimento teatrale del braccio destro sollevato oltre la testa e lasciato cadere lentamente per la durata di un applauso immaginario che scroscia fragorosa nella testa dello scrivente autore di queste scarne e tronfffffie parole (ma libere come ragazze sole).]
WAR IS PEACE FREEDOM IS SLAVERY IGNORANCE IS STRENGTH
LA GUERRA È PACE LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ L’IGNORANZA È FORZA
GLI ECOMOSTRI SONO PARCHI GREEN
“Tutti i documenti sono stati distrutti o falsificati, tutti i libri riscritti, tutti i quadri dipinti da capo, tutte le statue, le strade e gli edifici cambiati di nome, tutte le date alterate, e questo processo è ancora in corso, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto.”
I pugni nell’occhio e l’aumento spropositato di unità abitative nel centro storico (con incremento di consumi, moltiplicazione di automobili e crescita di produzione di immondizia) sono residenze ecologiche a impatto zero o quasi zero.
“Quasi inconsciamente, scrisse con le dita sul tavolo coperto di polvere: 2 + 2 = 5.”
Una di queste supercostruzioni green la potete già ammirare in tutta la sua marmorea bellezza a Via Pezzullo, si chiama Palazzo Giugliano 17; un’altra sta per sorgere a Via Roma e si chiamerà, con gran fantasia degli imprenditori, Palazzo Roma.
Evviva evviva evviva, battiam battiam le mani, arriva il cemento verde urbano. Frattamaggiore sarà più trafficata e più green che pria!
Semplifico, forse sono stato un po’ oscuro. Qui a Frattamaggiore è in atto un programma di ribaltamento della realtà che tende ad ammantare tutto di verde. D’altro canto, temo che il fenomeno di queste quinte teatrali usate per nascondere il cemento che c’è dietro non si fermi alla mia ridente cittadina di 5 chilometri quadrati e 50mila automobili. I biglietti verdi fanno gola a tanti imprenditori, più o meno spregiudicati, ad ogni latitudine e ad ogni longitudine del vecchio continente. Dappertutto proveranno a venderci per ecologici abbattimenti e ricostruzioni che altereranno ulteriormente la densità edilizia delle nostre città (ovvero il rapporto tra aree libere e volumi edificati). L’eterna storia del pieno che fagocita il vuoto.
Peraltro, immagino che tutti questi costruttori rinverditi si avvarranno anche dei fondi europei dedicati alla benedetta transizione green e, nel caso, sono ben certo che continueranno a investire questi fondi per cementificare le città, per imbruttirle e per ingolfarle di auto e di spazzatura. Ma sarà spazzatura verde, e verdi saranno anche i gas di scarico, le cucchiaiate di calce e di bile e le colate di vomito e di cemento.
We are going to be green green green. Evergreen as we have never been…!
Per capire meglio di cosa sto parlando, potete leggere questi panegirici in forma di articoli giornalistici redatti con toni così entusiastici da sembrare commissionati direttamente dalla schiera dei ricostruttori green di Frattamaggiore. Troverete elogi gonfi e stracolmi di discorsi sulla sostenibilità, sul risparmio energetico, sugli interessi della cittadinanza, sul verde que te quiero verde e sul bene pubblico e l’interesse collettivo (i post osannanti che girano da qualche settimana sul Faccialibro, invece, ve li risparmio; mi basta solo osservare che sono firmati da politici frattesi della vecchia guardia, riconvertiti anche loro al verbo green dopo anni e anni di cementificazione selvaggia perpetrata quando loro erano amministratori della cosa pubblica).
Curiosamente da questi articoli scopriamo che “il primo edificio a impatto zero di Frattamaggiore” sono due. Ormai è tutta una gara a chi ce l’ha più verde il pacco di cemento.
E tutto questo accade in una delle zone più cementificate dell’Italia e del mondo. Vergognoso primato.
Note:
* Le scritte in corsivo della prima parte del testo sono tratte da 1984 di George Orwell.
** La seconda immagine è stata presa in prestito dalla pagina pubblica del partito di opposizione cittadina LiberiAmo Fratta. https://www.facebook.com/liberiamofratta/
*** I grafici sono presi dalla rete. Queste le fonti: il primo viene da truenunbers.it; il secondo viene dall’European Environment Agency ed il terzo dall’ISPRA, se non vado errato.
**** greenwashing s. m. inv. Strategia di comunicazione o di marketing perseguita da aziende, istituzioni, enti che presentano come ecosostenibili le proprie attività, cercando di occultarne l’impatto ambientale negativo. (https://www.treccani.it/vocabolario/ nella sezione neologismi)
Berlusconi for President è lo specchio di questa nazione spaccona, menzognera, sessista, arrogante, priva di scrupoli, disposta ad ogni compromesso per raggiungere i propri interessi, affamata di successo, forte con i deboli e debole con i forti, sempre pronta ad approfittare dell’occasione giusta per metterlo nel sedere a chi presta le spalle o si trova in situazione di bisogno.*
Dal 2005 è raddoppiato, forse pure triplicato, il numero delle famiglie precipitate nella povertà assoluta. E noi ancora qui a preoccuparci della sorte del miliardario. Comincia a essere difficile capire cos’altro debba succedere per liberarci dalle aspirazioni politiche di questo vecchio riccastro e dai suoi continui maneggi.
“Guardi: io voglio che vinca, faccio voti e faccio fioretti alla Madonna perché lui vinca, in modo che gli italiani vedano chi è questo signore. Berlusconi è una malattia che si cura soltanto con il vaccino, con una bella iniezione di Berlusconi a Palazzo Chigi, Berlusconi anche al Quirinale, Berlusconi dove vuole, Berlusconi al Vaticano. Soltanto dopo saremo immuni.” Lo diceva quel conservatore prima fascista e poi post-fascista di Indro Montanelli in un’intervista a Repubblica del 2001. Ma io, venti anni dopo, non lo so se davvero funzioni questo vaccino.
Insomma, comunque la pensiate, io credo che sia veramente una cosa tristissima stare qui a discettare di nanerottoli megalomani, mentre là fuori c’è gente che non ce la fa a tirare avanti, le fabbriche chiudono e le banche chiuderanno.
Ma ci sono caduto di nuovo e sono tornato a parlarne pure io.
* E poi, al margine, vi prego di non dimenticare che siamo anche un Paese di pataccari, di barzellettieri col sorriso ammaliante sempre stampato in faccia, di mafiosi, di sbruffoni, di maneggioni senza scrupoli, di venditori di fumo, di arroganti, di sfruttatori, di tossicomani in giacca e cravatta, di prevaricatori, di bulli e bulletti, di persone morse da irrefrenabile ambizione, di intrallazzatori, di gradassi, di corruttori e corrotti, di voltagabbana in vendita al miglior offerente, di fanfaroni, di ciarlatani, di bugiardi, maschilisti, simpaticoni, spacconi e smargiassi. In fondo, quella parte di Paese che è così, se lo merita un Presidente così. E se la maggioranza del Paese è veramente così o più o meno così, merita di vincere su tutto il Paese, perché in democrazia quella governa e vince, la maggioranza. A prescindere dal buon senso, dalla ragionevolezza o dalla ragione.
Quanti folgorati sulla via di Damasco Quanti cavalieri senza scudo e senza casco Quanti camaleonti all’assalto del carro Quanti sciacalli che non vi dico e non vi narro Quanti progetti privati e quanti interessi Quante promesse a ‘mmare e quanti compromessi Quante minacce amare e quanti decessi Quanti sudditi e quanti appalti concessi Quanti aneddoti quanti eserciti e quante puttane ambosessi Quante belle doti in cerca di voti di soldi e di permessi Quanti volti nuovi che sono sempre gli stessi Quanti cementificatori verdi vengono fuori ogni giorno dalle fogne e dai recessi Quante pacche sulle spalle quanti convivi e congressi Quante rotture di palle morti redivivi e consessi
Quante belle esperienze quante speranze e quanti doni
Quante diffidenze quante delusioni e quanti abbandoni