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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi della categoria: riflessioni

Discriminazioni, discrimini, crimini di sinistra e crimini di destra (per non parlar del centro)

03 martedì Dic 2019

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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destra, sinistra

«Il nazismo è criminale, assassino, sia negli ideali che nella prassi. Il comunismo lo è soltanto nella prassi, non negli ideali.»

Simon Wiesenthal (strenuo stanatore e cacciatore di nazisti)

________

Aggiungerei a questa differenza ben sintetizzata da Simon Wiesenthal il fatto che il comunismo – per sua definizione egualitario, inclusivo e internazionalista – punta(va) alla felicità dei più. Il nazismo e il fascismo, invece, punta(va)no alla supremazia dei pochi (perfino connotati etnicamente) sui molti; in quanto erano fondati sulla disuguaglianza, sulla discriminazione e sulla più assoluta gerarchizzazione piramidale.

Per questo mi fa incavolare la risoluzione del Parlamento Europeo che nello scorso settembre ha assimilato l’ideologia comunista all’ideologia nazista. Il maledetto revisionismo figlio del pensiero debole dei nostri tempi. L’idea malsana che non esista più la destra e la sinistra, ma solo un grande centro. (Un grande centro commerciale in cui trasciniamo le nostre esistenze senza un speranza di cambiamento, intenti solo ad alimentare il vitello d’oro del mercato, mi verrebbe da dire e dico.)

Che poi, più neghiamo le differenze tra destra e sinistra, più dilaga la versione becera e razzista del fascismo che si cela e si disvela sotto le bandiere nazionaliste dell’ordine e della sicurezza. La sicurezza che il mondo resti iniquo, ingiusto e malgovernato come è ed è sempre stato, mi verrebbe da aggiungere ed aggiungo.

Alla luce di queste affrettate osservazioni, riformulerei la pur acuta citazione di Simon Wiesenthal in questi termini:
«Il nazismo è criminale, assassino, sia negli ideali che nella prassi. Il comunismo [storico] lo è [stato] soltanto nella prassi, non negli ideali.»

Questo scrivo sentendomi anarchico, libertario e profondamente antifascista, più che comunista. (Perché, anche se è chiaro che non ci sono poteri buoni, è anche vero che pure il male ha le sue diverse gradazioni di malsopportabilità, di perversità e di fetore.)

Di Venerdì in Venerdì

29 venerdì Nov 2019

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, vita civile

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eroi, Friday

Centro commerciale

Sette giorni prima del B-Day


Masse di giovani e meno giovani che vanno alla manifestazione rituale del Friday for Future e ne approfittano per comprare un po’ di roba inutile al mercato cittadino del Black Friday.

Altri che resistono alle sirene dei supersaldi, restano in fila nel corteo e i loro acquisti li fanno dal telefonino continuando a marciare per fermare il riscaldamento del pianeta.

Masse in fila, masse in marcia, masse critiche, masse ammassate davanti alle vetrine della globalizzazione.

Sono loro, che si ignorano, che stanno salvando il mondo.

Sono loro…, una volta chiedendo una riduzione dei consumi per abbassare l’innalzamento climatico e un’altra combattendo la crisi recessiva globale con un po’ di acquisti compulsivi di prodotti realizzati sfruttando lavoratori di ogni razza e colore (senza discriminazioni, per l’amordiddio!).

Sono loro gli eroi del nostro tempo, e li dovrebbero clonare. Se non lo hanno già fatto senza che se ne avvedessero e ce ne avvedessimo.

Sono loro…, capaci di allontanarsi dalla massa di manifestanti per seguire la massa degli acquirenti.

Sono loro…, capaci di restare nella massa di manifestanti senza smettere di fare acquisti dalle vetrine dei loro dispositivi.

Sono loro… Gli eroi del nostro tempo. Lemmings sulla via di Hamelin.


Sull’immigrazione diamo i numeri

21 giovedì Nov 2019

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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fake news, immigrazione, razzismo

Ormai sono molti anni che lo faccio.

Chiedo ai miei alunni di quinta quale pensano che sia la percentuale degli immigrati rispetto alla popolazione nazionale e se pensano che ci siano più stranieri in Italia o in Spagna (qualche volta aggiungo pure qualche altro Paese di riferimento).
Poi faccio fare una rapida ricerca sulle percentuali pubblicate dalle statistiche “ufficiali” e li faccio ragionare autonomamente sulla discrepanza tra la realtà dei dati e la loro percezione della realtà.

Quest’anno, in due quinte, la loro percezione della presenza degli immigrati in Italia si attestava tra il 25 e il 26% contro il dato statistico che riporta un 8,5, 8,6 o, come massimo, un 8,7% di stranieri sul suolo patrio.
(Questo succede in un paesino dell’entroterra napoletano dove la presenza degli immigrati è scarsissima e in una scuola che su 1400 alunni ha sì e no una trentina di stranieri.)

Negli anni i dati numerici che ricevo dai miei studenti sono sempre più discrepanti dalla realtà. Tuttavia, ho l’impressione che aumenti anche la consapevolezza delle ragioni di questo divario. Quando a caldo abbiamo fatto una “lluvia de ideas” (brainstorming) sulle ragioni di tanta differenza tra i dati percepiti e i dati reali, sono venuti fuori argomenti interessanti come:

– Non siamo abituati come altri popoli a convivere con stranieri, per cui già vederne pochi ci shocka e ci sembrano tanti
– I mass media parlano molto e in modo insistente del fenomeno
– La televisione ci fa vedere continuamente sbarchi
– La propaganda politica e internet fanno disinformazione e amplificano la realtà dei fatti
– La paura deforma la realtà
– Vivere in zone con molti immigrati (come la vicina Casandrino) dà una percezione moltiplicata del fenomeno
– Siamo contrariati dal fatto che gli immigrati prendono il posto degli italiani e la rabbia ci fa alterare la realtà
– Vediamo la realtà attraverso i social e le fake-news, non con i nostri occhi.

A questo punto sono solito aggiungere una piccola domanda che lascio nell’aria: “Non è che siamo pure un poco razzisti?”.
E da qui parte uno studio su cosa sia storicamente il razzismo e che forme assumano oggi razzismo e xenofobia.

Credo che alla fine ognuno resti della sua idea, ma almeno impariamo a conoscere qualcosa in più di noi stessi e degli altri.

_________

N.B. Le foto alla lavagna si riferiscono solo ad una delle due classi coinvolte.

In crociera tra le reti

15 venerdì Nov 2019

Posted by aitanblog in inter ludi, riflessioni, texticulos, vita civile

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comunicazione, rete

Abbiamo poco o nulla da dire, ma continuiamo a urlare ai quattro venti tra la folla che scorre distratta. Ed a volte le nostre urla sono prese per sussurri o carezze. Parole che cambiano per un momento la struttura delle acque, ma dopo tutto torna come prima e resta solo il vago ricordo del tempo perduto a trastullarci in questo mare.

Abbiamo poco o nulla da dire, ma continuiamo a urlarlo ai quattro venti.

60 secondi, solo 60 secondi

03 domenica Nov 2019

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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un minuto

In un minuto, sulla faccia della terra, nascono 250 bambini e muoiono poco più di 100 esseri umani.

Negli Stati Uniti avvengono tre crimini violenti e vengono mangiati 20mila tranci di simil-pizza.

Su Facebook vengono invitati 100mila amici e cliccati quasi 2 milioni di like (via, via, che aspettate a cliccare sul pollicione alzato?).

Nel mondo vengono venduti un migliaio di smartphone e 19 milioni di sigarette, in un minuto, e si spendono 3,5 milioni di dollari in armi ed eserciti.

Si sciolgono 300.000 tonnellate di ghiaccio in Antartide e vengono tagliati più di 2mila alberi di foresta pluviale.

In quel minuto, vengono postate 55mila foto su Instagram, spediti 18 milioni di messaggi via chat e fatte 4 milioni e mezzo di ricerche su Google (sempre 4 milioni e mezzo anche i video visualizzati su YouTube).

In quello stesso minuto il tuo cuore pompa dai 5 ai 6 litri di sangue (sei ancora vivo), nascono 571 nuovi siti internet e vengono mangiati 4.500 hamburger di McDonald’s.

In un minuto siamo capaci di produrre circa 2mila e 500 tonnellate di spazzatura (sì, proprio due milioni e 500mila chili di monnezza) e riversiamo 12 tonnellate di plastica negli oceani, mentre decollano una sessantina di aerei e 18 esseri umani muoiono di fame (8 di loro sono bambini africani che hanno meno di 5 anni).

Vengono spesi 750.000 dollari in droga e consumati 55.757 barili di idrocarburi, in un minuto.

Un paio di persone muoiono investite da automobili e una madre muore di parto, nel lasso di quel minuto in cui 90mila persone stanno facendo sesso e tu stai leggendo questa puttanata piena di dati più o meno attendibili che ti avvicinano ai fatti e ti allontanano dalla realtà per un minuto.

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Fonti: Forbes, Domo, il Manifesto, Milex, Worldometer e vari altri siti consultati in una mezz’oretta senza mettere la testa fuori dal telefonino.

La candela di Mustafà

23 mercoledì Ott 2019

Posted by aitanblog in da lontano, idiomatica, riflessioni, vita civile

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Atatürk, Maestri, Turchia

Una decina di anni fa mi trovavo in Turchia per uno scambio culturale e mi capitava spesso di sbellicarmi dalle risate insieme con il collega galiziano ascoltando le massime attribuite al SuperPredidente Mustafa Kemal Atatürk e riportate in vita da maestri di scuola, autorità cittadine e sottoministri.
Frasi di sconcertante banalità ripetute per cento anni e presentate come verità rivelate. Perle del tipo:
“Il mare è importante per la Turchia.”
“Se piove e non si ha l’ombrello, ci si bagna.”
“La sovranità appartiene al popolo.”
“Quando si attraversa la strada si deve guardare a destra e a sinistra.”
(Bisogna però dire che né io né Fernando conoscevamo il turco e non escludo che sia stato il passaggio alla lingua inglese ad aver svilito l’alt(r)o senso di quel pensiero.)

In ogni modo, per i turchi Atatürk è ancora il padre della nazione e, se sapessero che a Napoli si mastica e sputa un’imprecazione eufemistica che, per evitare riferimenti diretti al Padreterno, se la prende con Lui, ci dichiarerebbero guerra e punterebbero a decimarci come dei curdi o degli armeni pericolosi ed eversivi.

Il maestro candela - [Immagine trovata in rete, ne ignoro l'autore che conserva tutti i diritti]

Fatto sta che anche un orologio fermo porta l’ora esatta due volte al giorno. Così, in mezzo a tante corbellerie attribuite all’eroe nazionale della Turchia, c’è pure questa massima che conservo tra le migliori citazioni che ho mai sentito sul mio mestiere, una frase da incorniciare (ben funzionante anche in inglese o ritradotta in spagnolo o in gallego):

“Un buon insegnante è come una candela, si consuma per illuminare la strada per gli altri.”

È una considerazione che sento molto vicina, perché ho sempre pensato che la mia funzione formativa consista fondamentalmente nell’aiutare le nuove generazioni a diventare autonome e responsabili.
Un buon insegnante insegna come imparare, e quando gli alunni hanno davvero imparato a muoversi da soli, la sua guida diventa inutile; dopo tanto lavoro, può finalmente rintanarsi in un angolo e sparire; si spegne come si spegne una candela che ha fatto già il suo tempo e svolto la sua illuminante funzione.

Detto in altri termini, immagino che ogni buon maestro abbia a disposizione un suo pacchetto di candele formato famiglia. Esaurita la cera, i ragazzi si allontanano portando con sé un po’ di quella luce e, in alcuni casi, facendosi loro stessi candela, mentre lui ne accende una nuova per un altro gruppo.
Ma non esistono pacchetti inesauribili né fiamme che non si spengono mai. A un certo punto si esaurisce tutta la cera a nostra disposizione e, per i più fortunati, comincia la pensione (altri, anche nella quiescenza, conservano ancora qualche candela in un cassetto e continueranno a illuminare il cammino di chi gli sta intorno fino al loro ultimo giorno della loro esistenza. Sono Maestri di vita destinati a restarlo a vita).

“A good teacher is like a candle – it consumes itself to light the way for others.”

Parimenti un popolo maturo non ha più bisogno di un Atatürk da citare a ogni piè sospinto e da mettere nell’ultima pagina di tutti i libri scolastici con un inno che sembra una preghiera al nume tutelare della patria. Una volta che il suo popolo si è fatto popolo, diventa inutile il suo insegnamento e ogni individuo porta da sé la sua luce insieme al vago ricordo del luci-fero che gli illuminò il cammino.

Mannaggia ‘o Pataturk!

Miasmi, tanfe ed altri fetori

16 mercoledì Ott 2019

Posted by aitanblog in invettive, riflessioni, vita civile

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shit

Se una volta allontanata da te tutta la gente di merda senti ancora la puzza, o sei anche tu un uomo di merda o ne hai calpestata una.

E se una volta tolte le scarpe continui a sentirla, non c’è dubbio, sei tu l’uomo di merda; e potrebbe non esserci soluzione.
Magari tu, prima o poi, ci farai pure l’abitudine e smetterai di sentire il tanfo emanato dal tuo corpo; magari ti convincerai perfino che non sei la fonte di quell’insopportabile malodore; ma gli altri, quelli che uomini di merda non sono, saranno già le mille miglia lontani da te e dal tuo fetore ed eviteranno di tornare a imbattersi nei tuoi miasmi, nel tuo sudiciume e nel tuo afrore.

Non basta sentirsi e proclamarsi lindi, profumati e puri. Se davvero non lo sei, alla fine dei conti, verrai smascherato. E quand’anche te ne restassi tutta la vita con la tua ridicola maschera sulla faccia, prima o poi cominceranno ad associare con te la puzza che ti avvolge e ti segue ovunque. Col tempo non riuscirai più a convincere chi ti passa accanto che quell’olezzo veniva da qualcun altro che avrebbe scorreggiato proprio dove ti eri trovato tu a passare.

I mostri della ragione

07 lunedì Ott 2019

Posted by aitanblog in idiomatica, recensioni, riflessioni, vita civile

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goya, ragione, sogno, sonno

Appunti sul più famoso “capricho” di Goya.

El sueño de la razón produce monstruos. (Francisco Goya y Lucientes, “Caprichos“, 1797-1799, a pochi anni dalla rivoluzione francese. Acquaforte, 306 x 201 mm.)


Il sonno della ragione genera mostri. Ma anche il sogno non scherza. Tecnicamente si parla di distopie.
E lo scrivo parafrasando Goya, ma anche ricordando che lo spagnolo “sueño” corrisponde in italiano sia a “sonno” che a “sogno”. Ugualmente polisemco ‘o suonno del dialetto napoletano. E non so se ci siano altre lingue che usino la stessa parola per indicare l’atto (e la voglia) di dormire (il sonno) e l’attività onirica che si svolge durante l’atto stesso (il sogno).
‘A ‘na certa ora me vene suonno versus Aggia fatto ‘nu suonno.
Oppure,
Tengo suonno versus Tutt’e juorno faccio nu suonno ca m’addorme cu vuje.

Dunque, alla luce di questo senso doppio del lemma “sueño“, può cambiare e perfino ribaltarsi il senso della celeberrima frase di Goya. Possono essere le stesse utopie e i sogni della ragione a generare mostri più terribili della stessa assenza della ragione.

Insomma, ora che sono trascorse le illusioni e le delusioni del positivismo, sappiamo che la ragione, priva del supporto del sentimento, può concepire mondi alternativi e “magnifiche sorti e progressive” che possono rivelarsi più mostruose e nefaste della realtà stessa. Come un pazzo criminale che concepisce un piano perfetto di ammirabile ordito, come un serial killer che applica i suoi piani scellerati con tutta la razionalità che la sua mente lucida gli permette.

Alla luce di questa interpretazione, quel personaggio addormentato non sarebbe tanto l’uomo che nel sonno si priva della ragione e viene sopraffatto dai mostri dell’irrazionalità, quanto piuttosto una metafora della ragione che sogna i suoi mostri e, sognandoli, li evoca e li ri-produce.
Insomma, in questa prospettiva, un visionario come Goya, usando “sueño” nella sua accezione onirica, avrebbe previsto prima quello che a tanti sarebbe stato chiaro dopo (dopo l’aria irrespirabile e lo smog dei quartieri industriali della Londra del XIX secolo e della New Delhi del XXI secolo, dopo il terrore giacobino e lo strapotere napoleonico, dopo i Lager e i Gulag dei sogni totalitari, dopo due guerre mondiali, dopo l’atomica e i disastri nucleari, dopo l’inquinamento planetario e le isole di plastica, dopo la cementificazione di mezza Europa, dopo le emergenze climatiche e i disastri ambientali del Brasile, dell’Africa e della Cina).
Il sogno della ragione ha generato i suoi mostri che turbano i nostri sonni più delle bestie svolazzanti prodotte dall’abuso o dall’assenza della ragione nell’acquaforte di Goya.

Un progresso privo di ogni sensibilità per la salvaguardia della natura e il diritto dell’uomo alla propria autodeterminazione è una declinazione di questi sogni della ragione, una lucida follia che punta a dominanare il mondo e a consumare tutto il consumabile senza ritegno.
Un sonno e un sogno della ragione che stanno diventando il nostro incubo collettivo.
Un sonno e un sogno della ragione che ci conducono progressivamente alla sopraffazione dell’uomo sull’uomo e a un dominio sulla natura che, in ultima istanza, portano a un razionalissimo suicidio di massa.

Il capitalismo e l’arte della manipolazione del proprio avversario

24 martedì Set 2019

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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Greta

I sospetti poco informati sui contenuti e sulla portata dei messaggi di Greta Thunberg


Da più parti, soprattutto da sinistra, si guarda con sospetto al risalto internazionale ottenuto dalle proteste di Greta Thunberg.
Per molti lei è solo un’agente (probabilmente inconsapevole) di un cambiamento epocale del capitalismo che sta spingendo verso una nuova economia basata su auto elettriche, bottiglie di alluminio, bioplastiche, energia verde.

Personalmente non mi sento di escludere che ci siano i soliti pescecani che girano intorno ai corpi sanguinanti che galleggiano nelle acque della contemporaneità, pronti ad azzannare la preda e a trarne profitto.

Ma, se si leggono le autentiche parole pronunciate da Greta nei suoi discorsi pubblici, si scopre che in più parti vengono sottolineati “gli aspetti di giustizia ed equità” e che il suo è un messaggio dalla portata molto più rivoluzionaria dell’affermazione di un semplice cambiamento di stili di vita.

“Come osate far finta che questo può essere risolto con il business-as-usual e alcune soluzioni tecniche?”, afferma nel suo ultimo discorso pubblico tenuto a New York in un vertice sul clima delle Nazioni Unite.

Insomma, non si tratta solo di cambiare la nostra way of life o di cercare palliativi che ci permettano di tenere in piedi il sistema in atto. Si tratta di cambiare il sistema.
È la parte più ignorata e sottaciuta del Thunberg-pensiero, la parte più scomoda…

“Nessuno parla mai degli aspetti dell’uguaglianza chiaramente affermati in ogni parte dell’accordo di Parigi, che sono assolutamente necessari affinché funzionino su scala globale. Questo significa che nazioni ricche come la mia devono abbassare le loro emissioni fino allo zero, nei prossimi 6–12 anni in base alla velocità delle emissioni attuali, così che le persone dei Paesi più poveri possano aumentare i loro standard di vita costruendo alcune delle infrastrutture che noi abbiamo già costruito, come ospedali, reti elettriche e acqua potabile.
Come possiamo aspettarci che Paesi come India, Colombia o Nigeria si preoccupino della crisi climatica se nemmeno noi, che possediamo già tutto, ci preoccupiamo almeno per un secondo del reale impegno che ci siamo presi con l’accordo di Parigi?
[…] Non possiamo salvare il mondo rispettando le regole. Perché le regole vanno cambiate.”

(Greta Thunberg, discorso al segretario Unite delle Nazioni António Guterres)

_______

“La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare ad accumulare un’enorme quantità di profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. É la sofferenza di molti a garantire il benessere a pochi. […]
Non possiamo risolvere una crisi se non la trattiamo come tale: dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza. E se le soluzioni sono impossibili da trovare all’interno di questo sistema significa che dobbiamo cambiare il sistema.”

(Greta Thunberg, Katowice, XXIV Conferenza delle Parti sul Clima (COP24), dicembre 2018)

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Tutto questo, a ben vedere, non può essere compatibile con l’idea di continuare con il sistema in atto attuando piccole riforme in senso verde. Il messaggio è molto più politico e assai più rivoluzionario. Non credo che la Toyota, la Volkswagen, la Nissan, la GM, la Tesla, la Shell, la Renault, la Fiat Chrysler, Ingmar Rentzhog, la ENI e compagnia contante siano disponibili a seguirla fino in fondo su questa radicale richiesta di cambiamento.
A volte mi viene perfino il sospetto che sia il sistema capitalistico internazionale a spargere la voce che Greta Thunberg sia una loro quinta colonna per svilire la parte più rivoluzionaria del suo urlo contro la spietatezza e l’iniquità delle regole del gioco.
Ed è su questo che dobbiamo essere disposti a seguirla e a darle il nostro appoggio. Senza perdere il nostro senso critico e senza affidarci ciecamente al messia di turno.

Il passato che non si cancella (da archive.org a splinder.it)

15 domenica Set 2019

Posted by aitanblog in da lontano, otherstuff, recensioni, riflessioni

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archivio, memoria, splinder


La memoria perenne del web mi fa ritrovare le pagine perdute di aitanblog.splinder.it/.com e tanto altro che credevo perduto. E io non so se sia un bene.


Nata in California nel 1996, Internet Archive (https://archive.org) è un’immensa biblioteca digitale, che custodisce e mette gratuitamente a disposizione di tutti i naviganti:

– milioni di libri in versione digitale (anche in connessione con biblioteche virtuali di mezzo mondo)
– software (da copie ISO di sistemi operativi in disuso a giochini “vintage” o a libera distribuzione)
– file audio (inclusi brani musicali)
– video (anche interi film)
– immagini (provenienti da centinaia di collezioni)
– pagine di siti web (anche scomparsi dalla rete).

Il suo obiettivo dichiarato è offrire la possibilità di un “accesso universale alla conoscenza”, il sogno, insomma, di una cultura libera e accessibile a tutti.

La parte più cospicua di questa sconfinata raccolta di dati digitali è l’archivio web (web.archive.org) costituito da una collezione di 377 miliardi di “istantanee” (snapshot) del World Wide Web archiviate secondo la data di acquisizione. Non si tratta, dunque, di semplici screenshot, ma di pagine dinamiche funzionanti in ogni loro aspetto; una risorsa importantissima per ritrovare siti scomparsi dalla rete o visualizzare i cambiamenti storici di siti ancora esistenti. In pratica, una macchina del tempo virtuale in cui, caricato l’URL di un sito sulla barra di ricerca del web-archivio, si scorre su un calendario la sua cache memory, visualizzando quello che quel giorno avrebbe visto chi vi avesse avuto accesso.


Ho messa alla prova questo sterminato contenitore di pagine web cercando la prima versione del mio blog personale ospitata sulla piattaforma Splinder.
Splinder fallì nel 2011 facendo sprofondare nell’oblio una parte cospicua della blogosfera italiana che, a quei tempi, era ancora molto attiva e vitale (nel 2011 Facebook non aveva ancora fagocitato il mondo dei blog: allora il social network di Zuckerberg & Co. si limitava a 7-800 milioni di utenti contro gli oltre due miliardi di oggi).
Il mio blog (tuttora attivo e resistente su wordpress) è stato ospitato da Splinder (prima nella versione splinder.it poi nella versione splinder.com) dal 2003 al 2011.
In questi anni le sue pagine sono state state “riprese” da archive.org una sessantina di volte, il che mi ha permesso di rivedere oggi aitanblog come era allora, con la formattazione scelta da me e tutte le immagini e i giochini (per lo più, in javascript) che caricavo; mentre nella migrazione che feci illo tempore su wordpress.com molto era andato perduto o risultava formattato in modo differente dalla versione originale.

Ho scelto, pertanto, di conservare qui il link delle pagine che mi sono parse più indicative (e meno ripetitive), anche al fine di attingervi per mettere ordine alla versione wordpress attuale (compatibilmente col tempo che non ho):

http://web.archive.org/web/20031213223726/http://aitanblog.splinder.it/
http://web.archive.org/web/20040206011639/http://aitanblog.splinder.it/
http://web.archive.org/web/20040414111434/http://aitanblog.splinder.it/
http://web.archive.org/web/20040526062359/http://aitanblog.splinder.it/
http://web.archive.org/web/20040614062307/http://aitanblog.splinder.it/
http://web.archive.org/web/20040814124138/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20040924082746/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20041128180318/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050201052329/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050207023756/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050305092135/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050408163130/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050606235408/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050716022127/http://www.aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20050929190354/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20051124174523/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20051210074450/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20060219040426/http://www.aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20060614182413/http://www.aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20060721093604/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20060831140307/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20060914014444/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20061004114504/http://aitanblog.splinder.com/
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http://web.archive.org/web/20070224232655/http://www.aitanblog.splinder.com/
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http://web.archive.org/web/20080915103732/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20081104060540/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20090105152321/http://www.aitanblog.splinder.com
http://web.archive.org/web/20090228042121/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20090728083331/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20110826211701/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20110826211701/http://aitanblog.splinder.com/
http://web.archive.org/web/20111006152059/http://aitanblog.splinder.com/
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Una prova ulteriore che il passato, una volta pubblicato in rete, non si cancella e resta là /qua, a futura memoria, anche quando vorremmo liberarcene e tenerlo lontano dagli occhi indiscreti di questo eterno presente.


 

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