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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi della categoria: texticulos

MR LXXV

13 mercoledì Apr 2022

Posted by aitanblog in invettive, romantico, texticulos

≈ 2 commenti

Tag

antiromantico, se


Muito Romântico
settantacinquesimo frammento

Se, e sottolineo Se
Piccolo esercizio di deromanticizzazione

Se vuoi un uomo che ti faccia sentire bella, non hai bisogno di me, ma di un chirurgo plastico.
Se vuoi qualcuno che ti faccia battere il cuore, ti serve un defibrillatore.
Se vuoi sentire le farfalle nello stomaco, devi avere il coraggio (e lo stomaco) per ingerirle vive.
Se vuoi vederti bella attraverso i miei occhi, forse faresti meglio ad andare alla ricerca di uno specchio deformante o di un programma di fotoritocco. Uno di quelli che fanno miracoli, a quanto dicono.



Se per te la prima cosa è la fedeltà, è di un cane che hai bisogno.
Se cerchi qualcuno che ti capisca, comincia a parlarmi in italiano; io il tuo dialetto non l’ho mai imparato.
Se volevi un uomo che ti facesse volare, dovevi sceglierti un aviatore.
Se cerchi un amore senza limiti e confini, o sei un’anarchica o vuoi impiantare una multinazionale nella mia terra. E io questo non te lo permetto e non lo voglio fare (mi riferisco all’impianto della multinazionale, naturalmente; perché, in quanto all’anarchia, beh, già sai…).
Se vuoi una persona che sappia prendersi cura di te, posso passarti il numero di un buon medico.
Se vuoi un uomo che ti ami per quello che sei, o ti conosci poco o pensi a lui come ad un pazzo scatenato capace di restarti accanto nonostante te le tue beghe, le tue seghe e le tue rotture.
Se vuoi qualcuno che ti ami per sempre, dovrai necessariamente morire prima di lui.
Se pensi a un uomo vero che si dedichi a te 24 ore su 24, o stai pensando a uno sfaccendato o speri di accalappiare il figlio di qualcuno con un ingente patrimonio.
Se vuoi chi a letto ti soddisfi fino in fondo e non ti lasci a labbra asciutte prima del momento del massimo fulgore, puoi compare un dildo, un sex Toy o un vibratore.
Se vuoi una persona che ti faccia sentire bene, cercati un otorinolaringoiatra.

Se mi ami, sarò sempre nel tuo cuore; se mi odi, sarò sempre sul tuo stomaco o nella tua testa, come un tarlo che non puoi schiacciare.

Il resto sono tutte stronzate che scrivo per far finta che riesco a pensare ad altro in questi tempi bui come sempre e come è sempre stato. Amarti, in fondo, è una distrazione. Ed amarmi… è lo stesso, del resto.
L’unione di due patologie.

🎼

Pathos è mio
Pathos è tuo
in ricordo del nostro amor.

Frammenti di interviste immaginarie

04 lunedì Apr 2022

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, texticulos

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metaracconto, polveriera

Razones y sinrazones de la escritura

Oggi come oggi scrivo per allontanarmi dalla vita. Prima lo facevo perché ne avevo fame.

Scrivo per pensare ad altro e distrarmi dai problemi e dalle sofferenze dell’esistere, restare in attesa della fine e resistere, tuttavia.
Ma il più delle volte i problemi entrano tra le parole senza bussare e si piazzano là, pronti a esibire tutto il loro carico di difficoltà, percorsi a ostacoli e dolore.

Un tempo scrivevo romanzi incompiuti pieni di momenti laceranti, ferite oscene e scene dolenti; poi certe trame ho cominciato a viverle, per lo più mio malgrado, e non ho avuto nemmeno più il tempo di mettermi seduto a buttare giù pagina su pagina o a pensare alle strutture narrative, agli sviluppi delle storie o alla caratterizzazione degli ambienti e dei personaggi; impegolato come ero e sono negli intrecci della mia vita e in quelli delle persone che ci entrano dentro, ci passano di striscio o vi gravitano intorno.

Mi piaceva creare tensione. Mi piaceva far sentire i miei lettori un po’ a disagio. Come se stessero seduti col culo su una polveriera sempre sul punto di esplodere. Ora sono io su quella polveriera. E se scoppia, quello che scorrerà sarà sangue reale che macchierà anche questo schermo e questa pagina.

A volte la scrittura è un suicidio commesso senza spargimento di sangue e con qualche margine di possibilità di andare avanti vivendo.
Ma questa l’ho detta senza essere certo di averla capita.
Magari la puoi pure togliere dalla versione definitiva.

Insomma, ora quello di cui ho bisogno è di eliminarla tutta questa tensione. O di contenerla.
Ecco perché ho abbandonato l’idea di scrivere romanzi e mi sono messo a scrivere racconti. E ne ho scritti di sempre più brevi. Fino ad arrivare a una frase, a un rigo solo. O a un paio, quando si vuole esagerare. Come dicono i medici parlando dei bicchieri.

Tipo:

Mentre si chiedeva dove poter far nascondere il suo assassino, quello gli apparve di fronte con in mano il tagliacarte che aveva sempre sulla sinistra del tavolo e glielo puntò alla gola, interrompendo il flusso del suo sangue e quello della narrazione

E terminare così. Per frammenti.
Senza un punto o due

Come quando fuori piove

23 mercoledì Mar 2022

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carte, poker

Memoir di un giocatore


“Più vedo passare i segni del tempo sulla mia faccia, nei miei occhi e sul mondo, più mi rendo conto che non c’è follia più grande che attribuire le categorie del nostro buon senso alla follia altrui.
Cerchi di prevedere le mosse future secondo i criteri della logica o della ragione, ma resti sempre spiazzato, come su un tavolo di poker in cui i tuoi compagni di tavolo giocano con altre regole, altre scale e altri valori, ma vincono e calcolano i punti – ed anche i crediti – con i tuoi parametri, i tuoi valori e le regole tue.“

Giles Ravager, “Avrei potuto fare di più, ma sono contento di quello che non ho fatto. Confessioni di un indolente che non si pente di nulla e di niente.”, Inexistent Edizioni, 2022


Mi disse che nonostante le sue vittorie e la sua fama, lui non aveva mai avuto buone carte.

Mi disse che avevo poco da lamentarmi, avevo poco da lamentarmi per aver perso con lui.

Disse pure che dovevo considerarlo quasi un onore, disse, disse così, disse: un vero onore!

Lui non aveva avuto quasi mai carte buone, disse, ma aveva tante e tante volte lasciato con le pezze al culo decine e decine di giocatori che avevano avuto in sorte carte molto migliori delle sue, disse.

E poi aggiunse



è vero sai non ho quasi mai avuto buone carte ma le ho sempre sapute giocare al meglio che potevo e saranno più le volte che ho bluffato che quelle che sarei saltato dalla sedia se le avessi avute davvero quelle carte che gli altri pensavano che io non avevo ma si cacavano sotto di venire a vedere perché pensavano che se proprio quella volta io veramente c’avevo le carte che mostravo di avere si sarebbero fatti male e io lo sapevo bene che loro sospettavano che non ce le avevo quelle carte ma si cacavano sotto perché pensavano che se proprio quella volta io veramente ce le avevo quelle benedette carte si sarebbero scassati e sarebbero sprofondati in un fosso senza fondo e io proprio di questo campavo della loro paura e della possibilità di avere e giocare le carte che non avevo e che non ho avuto quasi mai
ma di quel quasi mo non voglio proprio parlare anche perché nella vita ho provato più soddisfazione a giocare le carte che non avevo che a trovarmi in mano le carte migliori e rischiare di saltare dalla sedia e farmi sgamare proprio io che ero famoso per aver sempre avuto una faccia da culo che nessuno poteva capire se ero stato io a sganciarne una nemmeno se tenevano gli occhi puntati sulla mie natiche e sul buco del culo
e questo è un fatto
il resto sono solo costruzioni di sabbia sulla riva di una spiaggia isolata senza neanche un cane con cui giocare un’altra mano

ma almeno riempitemi di nuovo il bicchiere se volete sentirmi ancora
diobbuono
ho la gola secca
e poi se avete un mazzo nuovo lo scartiamo e ci facciamo una mano
una mano ancora
basta che non mi chiediate di giocare a carte scoperte
che io a carte scoperte non ci ho giocato mai
se vi piace giocare a carte scoperte piazzatevi di fronte a una slot machine
io non sono una fottuta slot machine
io sono un giocatore
un giocatore vero

il mio intento non è annientare l’avversario umiliarlo togliergli tutto
il mio intento è fottere la mala sorte che mi perseguita e mi dà sempre le carte peggiori
ma io le ho sempre giocate al mio meglio e ho lasciato con le pezze al culo decine e decine di giocatori che avevano in sorte carte migliori



Pensai che forse anch’io avevo avuto carte migliori delle sue, ma mi aveva bloccato la paura.
Ed ebbi paura anche di giocare di nuovo.
Mi inventai in tutta fretta una scusa e mi allontanai per non più tornare.
E mentre mi allontanavo, preferii pensare che in quell’ultima mano lui aveva più del mio tris di dieci. Pensai che era solo un sbruffone. Uno che fingeva di aver bluffato per il gusto di farti credere che aveva vinto pur avendo carte peggiori delle tue. Oppure lo faceva per tenerti in uno stato di tensione emotiva che lo aiutava a soggiogarti e continuare a vincere. Ma io la seconda volta non ci sono cascato.
Checché dicesse o andasse raccontando in giro, ero io lo sfigato con le carte peggiori.

E poi era il momento di chiudere con quella storia. Una storia che forse mi aveva voluto insegnare qualcosa, pensai. Anche se non so cosa.

Opinioni di un disfattista

01 martedì Mar 2022

Posted by aitanblog in texticulos

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Alle armi, alle armi!
Ecco qua, come da copione, battono le lingue sui tamburi di guerra e tante colombe si trasformano in falchi e avvoltoi con il beneplacito delle TV di Stato che, a voci unificate, soffiano sul fuoco della corsa agli armamenti.
Un gran bell’affare per le industrie del settore.

Una volta di più ci faranno credere che la pace si conquista con la guerra, ripetendo fino allo sfinimento la solita solfa sulle operazioni chirurgiche, sulle bombe intelligenti, sulla difesa della libertà e sulla necessità di innalzare muri e baluardi democratici contro la demoniaca disumanità del nemico.

Alla fine della storia, una volta di più, dopo la guerra, tra i vincitori e i vinti la povera gente farà la fame ugualmente. Brecht docet. Lo avete citato in tanti in questi giorni, mentre cantavate La Guerra di Piero e Il mio nome è mai più, mai più, mai più. Ma molti di voi oggi li vedo sempre più inclini a pensare che l’Europa debba partecipare al conflitto mandando armi all’Ucraina. E poi magari anche eserciti. Di pace, beninteso.

Cavolo, come piangevate alla morte di Gino Strada!
Ma Emergency è ancora là, a predicare nel deserto.


Quasi nessuno riconoscerà che bombardare per la pace è come fottere per la verginità.
Quasi nessuno penserà che dopo millenni di distruzione e disastri di guerra, sia venuto il momento di puntare verso il disarmo, approfondendo le tecniche di difesa popolare nonviolenta (oggi resa ancora più efficace dalle potenzialità del digitale) e trovando strade per mettere in pratica strategie di peacekeeping civile e metodi di interposizione nonviolenta nei luoghi di conflitto.
Quasi nessuno ci dirà che dovremmo renderci indipendenti dai Paesi produttori di idrocarburi e dalla loro energia inquinante e sporca di sangue.
Eliminare la dipendenza delle economie mondiali dal gas e dal petrolio potrebbe contribuire a disinnescare molte delle tensioni che generano queste situazioni di tremenda conflittualità togliendo la sedia sotto il culo di tanti satrapi, sceicchi e dittatori dei Paesi dell’Est prossimo, medio e lontano e dei Nord, Sud, Ovest di tutto il mondo.
Aldilà di ogni sacrosanta considerazione umanitaria, questa potrebbe essere un’ulteriore motivazione per spingere l’Italia a incrementare l’uso di energie alternative e cercare strade più convenienti e sostenibili.

Ma tutto questo sempre dopo aver svuotato gli arsenali e riempito i granai.

Al margine di questo discorso, mi piace ricordare che la Russia è anche quella di Tolstoj.

“Quando mi dicono che dello scoppio di una qualche guerra è colpevole in maniera esclusiva una delle due parti, non posso mai trovarmi d’accordo con una simile opinione. Si può ammettere che una delle parti agisca con maggiore cattiveria, ma stabilire quale delle due si comporta peggio non aiuta a chiarire neanche solo la più immediata delle cause per cui si verifica un fenomeno così terribile, crudele e disumano quale è la guerra. Queste cause sono del tutto evidenti per chiunque non chiuda gli occhi di fronte alla realtà. Ve ne sono tre: la prima è l’ineguale distribuzione della ricchezza, vale a dire la rapina commessa da alcune persone ai danni di altre; la seconda è l’esistenza della classe militare, vale a dire di persone addestrate e destinate ad uccidere; la terza causa è una dottrina religiosa falsa, in buona parte consapevolmente ingannevole, nella quale vengono forzosamente educate le giovani generazioni“.
Da una lettera a G. M. Volkonskij datata 4 dicembre 1899

“Perché non vi siano né l’oppressione del popolo né le inutili guerre, e perché nessuno s’indigni più contro coloro che sembrano essere i colpevoli di tutto ciò, occorrerebbe in realtà ben poco, e precisamente e unicamente che gli uomini capiscano come stanno veramente le cose, e le chiamino con il loro nome; e sappiano che un esercito è uno strumento d’omicidio e che il costruire e comandare un esercito – ovverosia ciò di cui si occupano con tanta disinvoltura i re, gli imperatori, i presidenti – è soltanto una preparazione all’omicidio.
Basterebbe che ogni re, imperatore, o presidente comprendesse che i suoi doveri di comandante in capo delle forze armate non sono affatto un incarico onorevole e importante, come gli fan credere i suoi adulatori, bensì un malvagio e vergognoso prepararsi all’omicidio; e che ogni privato cittadino comprendesse che il pagamento delle tasse, con le quali si arruolano e si armano i soldati, e a maggior ragione il prestar servizio militare, non sono affatto azioni senza importanza, bensì azioni malvagie e vergognose, e costituiscono non soltanto una connivenza ma una vera e propria complicità ad un omicidio – e subito si vanificherebbe da sé tutto quel potere degli imperatori, dei presidenti e dei re che tanto ci indigna, e per il quale adesso si continua ad assassinarli.
Per cui non occorre assassinare gli Alessandri, i Carnot, gli Umberti e gli altri, ma occorre spiegar loro che sono essi stessi degli assassini, e occorre soprattutto non permettere loro di assassinare altra gente, rifiutare di assassinare su loro comando.”
Da “Non uccidere“, 1900


“In America – Al ristorante solo una persona è servita.”
Dal quarto numero del 1953 della rivista satirica sovietica Krokodil.

L’autore è Yuliy Ganf, artista grafico sovietico nato in Ucraina, a Poltava, il 9 giugno 1898 e morto a Mosca il 21 maggio del 1973.

Comunque la pensiate, da qualunque parte stiate il messaggio sulla follia della corsa alle spese militari mi sembra forte e chiaro.

Personalmente, sono 40 anni che sulla base di questi principi esprimo la mia obiezione dalla mia umile sediolina, pur sapendo che il Vaticano, L’ONU, Mafalda, Tolstoj e la mia sediolina hanno lo stesso potere di persuasione.

Questo vi raccomando di leggerlo

28 lunedì Feb 2022

Posted by aitanblog in texticulos, vita civile

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fantascienza, raccomandazione

Racconto realistico di scienza-finzione

Quando nacque, la madre chiese una raccomandazione per avere il letto migliore, le infermiere migliori e il miglior ginecologo a disposizione.
Da bambino fu raccomandato per avere il pediatra migliore, il latte migliore, le migliori maestre e i posti migliori accanto ai bambini più selezionati e raccomandati della classe, del quartiere e dell’intera regione. Anche alle recite gli riservavano le parti migliori e in ogni diverbio o contesa, contro ogni evidenza, aveva la meglio e gli davano ragione.
Idem alle medie, alle superiori e a ciascun esame dell’università dove si laureò con il massimo dei voti, bacio accademico e pubblicazione della tesi sulla migliore rivista del settore e della nazione.
Da adulto cominciò a farsi raccomandare per tutto – anche per saltare il turno dal medico e la fila alle poste o ai cessi pubblici della stazione – e, per quello che poteva, da tutti accettava e a tutti concedeva un favore o una piccola raccomandazione.
Quando gli chiesero di fare il ministro, gli venne un improvviso tremore. Pensò di non essere all’altezza. Pensò che ora avrebbero scoperto la sua incapacità, la mancanza di competenze e l’assoluta ignoranza di ogni legge, norma o nozione.
Preso dalla disperazione, provò perfino a raccomandare l’anima a Dio o al diavolo. Ma non ricevette risposta.
Decise allora di dover fare un esame di coscienza e si cercò, senza trovarla, una buona raccomandazione per superare quell’ennesimo esame che la vita gli aveva riservato.

Alla fine si rassegnò, si affidò alla buona sorte e accettò l’incarico di Ministro della trasparenza e della correttezza dei procedimenti e delle procedure della nazione. Nel mentre si iscrisse all’Opus Dei ed alla Massoneria e cominciò a cercare gli agganci giusti per diventare Primo Ministro, Presidente della Repubblica, Re o Capo Supremo del Nuovo Ordine dell’insieme delle Nazioni preparando un bel discorso sulla corruzione, la concussione, il merito e la piaghe antiche del nepotismo, del clientelismo e della raccomandazione.



Immaginatevi già il successo e l’interplanetaria acclamazione, mentre lui si preparava a scavalcare le frontiere dell’orbe terrestre per chiedere ai marziani e ai venusiani una spintarella, un enchufe, l’assistenza degli amici giusti e dei santi in paradiso, un aggancio, una segnalazione, qualche steroide anabolizzante, una pilloletta blu, un calcetto in culo, un favore, un appoggio, un’agevolazione, insomma, un aiutino o una piccola raccomandazione per salvare il pianeta dall’imminente consunzione con l’ausilio dei compari, degli amici e degli amici degli amici.

Deh!
Povera patria.
Povero universo
e pauperissima confederazione!

Bicchieri vuoti

17 giovedì Feb 2022

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alcol, astinenza, crisi

Dialogo critico sul crinale del tramonto

– Questa mi pare solo l’inizio della crisi. Una crisi grande, enorme, epocale. Non solo una crisi economica… di produzione e di mercato; ma una crisi di senso, una crisi enorme, immensa, che ci porterà a ripensare i modi in cui portiamo avanti le nostre esistenze e gli obiettivi che ci prefiggiamo nelle nostre brevi vite.

– Eh, dici bene. Brevi. Perciò bevi, bevi e non ci pensare. Noi il nostro lo abbiamo fatto. Mo tocca a loro. Brevi, bevi, brevi bevi…

– Madonna, stai già mezzo ‘mbriaco. E poi che parli a fare delle nuove generazioni? Credi che questo mi faccia stare meglio? Se proprio vuoi saperlo a me proprio questo mi spaventa e mi sconvolge. Non so che razza di vita stiamo preparando per i nostri figli e per i figli dei figli dei nostri figli. Ma, che ne so?, magari dalle ceneri verrà fuori…

– I nostri figli, i figli dei figli dei figli dei figli dei figli… Ma dai brevi brevi e non ci pensare. E attento alla cenere.

– Ma guarda che se parlo di tutti questi fatti, quando vengo qua, è perché durante il giorno le mie preoccupazioni personali mi tengono troppo impegnato. Parlare dei mali del mondo mi distrae dai miei mali personali. Per un po’ li vedo perfino rimpiccioliti.

– Si fa ancora tuo figlio?

– Sì, si fa si fa. E ora mia nipote si ruba la sua roba e a casa mia ogni giorno è un putiferio.

– Mi dispiace.

– Eh, dispiace più a ‘mme. Loro pure cercavano un senso. Pensavano di averlo trovato, magari… Mo cercano solo la roba e si trascinano verso un’altra dose. Sono disposti a tutto per farsi. Il resto non importa.
Va be’, non fare questa faccia, ora. Non ci pensare. Beviamocene un paio alla nostra salute e alla faccia di chi ci vuole male.

– E già. Beviamo beviamo, che la vita è breve…

– E pure la bottiglia. Prendine un’altra e davvero non ci pensare. Ja’, nun ce pensa’. Tanto pure questo finirà.

– Tutto finirà. Tutto finirà.
Finirà tutto.
Con un fremito o un rutto.
Come se niente fosse.
È inutile sbattersi.
Il senso forse è tutto qua. In queste nostre chiacchiere davanti a un bicchiere.

– Sì. Beviamone un’altra, che la prima l’hai bevuta tutta tu. E fottiamo la crisi.

– Sì, sì. Fottiamo la crisi e non pensiamo al resto. Tanto lo stesso finirà tutto, finirà tutto.

– Già già. Con un fremito…

– O con un rutto.
Stop!

– Un momento, un momento solo, e sarà tutto finito.

– Sì, sarà finito tutto. Come quest’altra bottiglia.

– Come quest’altra bottiglia.
E mo fammi bere. Se no finisce che io parlo e tu bevi. Ho la gola secca e sono molto stanco.

– Cameriere, un’altra di quello rosso. Che qua siamo in crisi…

– Di astinenza!

– Eh, di astinenza… Dice bbuone tu!

Questioni di magnetismo

15 martedì Feb 2022

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attrazione, repulsione

14 Febbraio – Apologo del giorno dopo

Si conobbero mentre facevano la fila per il tampone e si trovarono reciprocamente simpatici e attraenti. Per certi versi, simili.


Ancora non lo sapevano che erano entrambi positivi. Destinati a respingersi nel momento stesso in cui si sarebbero maggiormente avvicinati. Come due magneti di uguale polarità e differente aspetto. Come Abele e Caino separati sotto lo stesso tetto. Come te e me quando bruciava ancora la passione ma s’era rinsecchito il rispetto.

Interludio pensoso e riflessivo

03 giovedì Feb 2022

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consapevolezza, indolenza, procrastinazione

I frammenti dell’indolenza, III parte

“Più guardo negli occhi la vita, più mi rendo conto che avrei fatto meglio a procrastinare di più, dire qualche sì in meno e perdere meglio il mio tempo.”



Giles Ravager
“Avrei potuto fare di più, ma sono contento di quello che non ho fatto. Confessioni di un indolente che non si pente di nulla e di niente.”
Inexistent Edizioni, 2022

Tutto quello che so

02 mercoledì Feb 2022

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indolenza, insegnamento, scuola

I frammenti dell’indolenza, II parte

“La scuola è fondamentale.
Non abbandonarti, non abbandonarla.
Io tutto quello che so fare l’ho imparato tra i banchi di scuola mentre i professori spiegavano e io pensavo ad altro, disegnavo e facevo piedino con la gamba della sedia.”

“Poi ogni tanto qualcuno di loro mi distraeva per cercare di ficcarmi qualcosa in testa. Un’impresa piuttosto inutile, in verità, in cui si impegolavano sia i migliori che i peggiori insegnanti che popolavano le mie mattinate.”



“Ma a dirla tutta, qualcosa dei migliori mi è pure restato. Schegge di frasi che continuano a risuonare tra i miei pensieri e qualche espressione buffa buttata là per caso o apposta per farmi alzare la testa dal banco e distogliermi dalle mie preoccupazioni.”

“Eppure, personalmente credo di aver imparato di più dai miei peggiori maestri che da quelli buoni. Ognuno di quei cattivi insegnanti, a modo suo, mi è servito da modello di quello che non avrei dovuto dire o non avrei dovuto fare, una volta lasciati i banchi di quelle aule buie.”

“Insomma, loro hanno cercato di ammorbarmi la vita. Ma non sono riusciti a farlo più di quanto mi ammorbassi già da solo.”

“Tu, però, non abbandonarla la scuola. Stare da soli, chiusi in casa con i propri pensieri non è la stessa cosa che mettersi a pensare in mezzo a quel bruisio, coi tuoi coetanei intorno che pensano ai cazzi loro. E l’università della strada può darti noie e maestri perfino peggiori.”



Giles Ravager
“Avrei potuto fare di più, ma sono contento di quello che non ho fatto. Confessioni di un indolente che non si pente di nulla e di niente.”
Inexistent Edizioni, 2022


Il piccolo Cesare della cittadina in cui vivo

27 giovedì Gen 2022

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Augusto, Frattamaggiore

Un paio di millenni fa, Cesare Ottaviano Augusto, il primo imperatore di Roma, cominciò a concepire un intricato sistema amministrativo per assicurarsi continuità nel potere: creava continuamente nuove cariche pubbliche e le faceva durare poco, in modo da moltiplicare la sua rete di clientele e consensi, assicurandosi, però, che nessuno potesse consolidare un livello di potere tale da poterlo scavalcare. Una serie di contentini che, più che all’interesse per la cosa pubblica, puntavano all’interesse personale degli amministratori e dell’imperatore.

Una storia che si ripete da duemila anni a livello locale e a livello (sovra)nazionale; a volte come tragedia e a volte come farsa.

Oggi, per esempio, come è già capitato numerose altre volte, a Frattamaggiore si sta organizzando un ennesimo rimpasto della giunta. Un fatto che si ripete ciclicamente cercando di accontentare gli interessi di questo e di quello per raggiungere un equilibrio instabile in cui sembra contare veramente poco l’interesse per la cosa pubblica e per i beni comuni. Senza alcuna apparente attenzione per la continuità amministrativa e per il compimento delle azioni messe in atto dai singoli assessori.

Mi vengono in mente certe commedie di Feydeau, tutte fatte di intrecci tragicomici, porte sbattute, falsi moralismi, promesse non mantenute, amori fugaci e tradimenti.
E trovo sempre più difficile avere fiducia nella capacità della politica di migliorare la vita dei cittadini. Anche a livello locale; localissimo.


Nell’immagine l’imperatore Marco Antonio Augusto della famiglia dei Cesari Medici Del Prete nell’atto di distribuire nuove nomine nella piazza di Frattamaggiore, davanti alla Chiesa Madre e alla Sede Imperiale.

A riprova della ricorsività della storia, metto qua sotto uno screenshot di un gennaio di sette anni fa, in cui dicevo cose simili (con toni più impudenti e ingiuriosi dai quali con l’età mi sono allontanato), riferendomi ad un altro rimpasto nella giunta comunale di Frattamaggiore, capitanata dallo stesso sindaco di ora, figlio di un altro sindaco che aveva amministrato la città a cavallo tra il secondo e il terzo millennio.


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