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Memoriale di un vecchio pagliaccio
Da un certo momento la mia lotta per cambiare il mondo ho cominciato a farla dentro di me, e non ne sono più uscito; in qualche modo.
Le mie speranze di trasformare e rivoluzionare la società sono svanite. Ho abbandonato le piazze e ho iniziato un silenzioso confronto con me stesso. Mi sono messo a scrutare le mie scelte passate e la mia coscienza con una lentezza feroce. Nelle notti insonni, i fantasmi dei miei ideali perduti danzavano nella mia mente, mentre il peso della delusione mi schiacciava.
La lotta aveva offuscato la mia visione, trasformando la passione in amarezza. Giorno per giorno, le delusioni mi stavano facendo diventare cinico e insensibile.
Così ho voltato le spalle all’illusione di un mondo perfetto e ho iniziato un viaggio solitario verso la ricerca del cambiamento interiore. Ho scavato profondamente nella mia anima, affrontando le ombre che vi si annidavano e accettando tutti quei limiti che prima volevo valicare e trascendere. Ho capito che, per influenzare il mondo esterno, dovevo prima rivoltarmi come un calzino e trasformare me stesso dall’interno.
Lentamente, ho imparato ad abbandonare l’egoismo e l’arroganza che alimentavano il mio desiderio di dominare gli altri. Ho imparato a riconoscere la bellezza della compassione e della gentilezza. Ho abbracciato la fragilità della mia umanità e ho iniziato a connettermi con gli altri su un livello più profondo, senza giudizio né pretese.
Mi sono reso conto che il vero cambiamento non si manifesta in gesti eclatanti o in battaglie epiche, ma in piccoli atti di amore e cura quotidiana. Ho scoperto che il mondo può essere modificato, ma una goccia alla volta; cuore per cuore, intestino per intestino, cervello per cervello.
Epperò ogni cambiamento deve partire dall’interno. Un amico ti può solo prestare la luce fioca di una candela, ma sei tu che devi intraprendere il cammino. La cera prima o poi finisce e la candela si spegne e ti lascia al buio, se non riesci tu stesso a farti luce del tuo cammino.
Così, mentre continuo la mia lotta interiore, porto con me la consapevolezza che la vera rivoluzione non risiede nella grandiosità delle idee, ma nell’umiltà di un’anima che si trasforma ogni giorno e ad ogni momento.
Inaspettatamente, mentre ero perso nei meandri della mia coscienza, ho fatto una scoperta che ha cambiato il corso della mia vita. Stavo guardando fisso il mio riflesso nello specchio, quando ho notato che la mia faccia stava iniziando a trasformarsi e la mia bocca accennava un sorriso che lentamente è diventato una vera e propria risata traboccante di gioia e di allegria. Tutta la mia malinconia e anche il mio dolore si sono sciolti in quel movimento verso l’alto degli angoli della mia bocca.
Dopo mesi che ero chiuso in m stesso e non ridevo, ero arrivato ad una svolta.
Ora, giro per le strade con naso rosso e scarpe enormi, portando gioia e risate ovunque vada. Ho anche un grande cappello che è più o meno dello stesso colore del naso e della parrucca. Le persone mi guardano con stupore e si fermano ad applaudire il mio spettacolo improvvisato. Spargo per la città un’epidemia di comicità; anche se c’è sempre qualche bambino che piange e qualche adulto terrorizzato dal trucco o dalle pompette che schizzano acqua dai miei fiori di plastica.
Per quanto il mondo continui a essere un luogo complicato e impegnativo, ho scoperto che il potere di cambiare le cose risiede nel dono del sorriso. Ogni volta che faccio ridere qualcuno, so che ho fatto la mia parte per migliorare qualcosa, anche se solo per un istante.
E quando torno a guardarmi allo specchio, penso che forse un giorno il mondo intero si unirà a me nella grande avventura del circo della vita, in un grottesco tripudio di follia e di allegria.

Poi, se non vorranno farlo, se non si faranno contagiare, se non mi verranno dietro come i topi alle spalle del pifferaio, tirerò fuori dal mio cappello di plastica una bomba che li travolgerà e li seppellirà tutti: belli, buoni, cattivi e brutti, tutti accomunati da uno stesso meritato destino. Non si può fare una frittata senza rompere qualche uovo, e io le uova le voglio rompere tutte. La mia sarà la più grande frittata del mondo.
La verità è che da un momento all’altro qualcosa in me è di nuovo cambiato.
Io sono uno che cambia spesso. Come le mutande di un’adolescente.
La verità è che, ad un dato momento, la risata, invece di portare solo gioia e leggerezza, ha avuto il sopravvento e ha preso il controllo della mia mente. Non riuscivo più a smettere di ridere, indipendentemente dalla situazione. Questo non volevo dirvelo. Ma a volte scrivendo scrivendo non riesci più ad evitare di essere sincero. Avrei voluto regalarvi un quadretto idilliaco della mia trasformazione in pagliaccio; ma la verità è che le cose non sono andate esattamente così. A mano a mano, quella risata liberatoria scoppiata all’improvviso e senza una ragione di fronte a uno specchio si è trasformata in un ghigno, in un rictus, in una smorfia perenne. E io ho perso di nuovo la testa.
La verità è che io sono un pagliaccio piuttosto distratto, e la perdo spesso, la testa.
Le persone intorno a me, che prima sembravano divertite dalla mia esuberanza comica, hanno iniziato a sentirsi a disagio e spaventate. Le mie risate incessanti si sono trasformate in una forza sinistra e inquietante.
Mentre cercavo di fermarmi, le risate aumentavano di volume e intensità, fino a diventare un sogghigno distorto e grottesco, che faceva rabbrividire chiunque l’ascoltasse.
Le strade, che una volta erano piene di allegria e felicità, si sono svuotate rapidamente, lasciandomi solo in un mondo di risate che echeggiavano vuote e disperate in un deserto di asfalto e cemento. È questa la verità. Ormai sono diventato un essere spettrale, un pagliaccio solitario e folle, in cerca di un pubblico che non c’è più. Si sono tutti rintanati nelle loro case. Forse hanno paura di me. Tutti. Non solo qualche bambino pieno di traumi e qualche adulto sospettoso e spaventato.
Il mio desiderio di portare gioia e cambiamento si è trasformato in un incubo tragicomico, una maledizione che mi ha imprigionato in una realtà distorta. La mia risata è diventata una prigione, e il mondo, invece di cambiare, sembra essere vittima della mia stessa follia.
E così, mentre vago tra le strade deserte, continuo a ridere, incapace di trovare un’uscita da questo labirinto di risate infinite. La mia lotta per cambiare il mondo si è convertita in una battaglia contro me stesso, contro una risata che mi ha imprigionato e stravolto completamente.
È in questo contesto che ho cominciato a pensare al cappello rosso, al cappello e alla bomba.
Mi rileggo. Ci penso su e ve lo dico.
Questa storia del pagliaccio è solo una metafora di qualcosa che non so dire e che non so.
Ma io veramente da un certo momento la mia lotta per cambiare il mondo ho cominciato a farla dentro di me, e non ne sono più uscito; in qualche modo.
Mi sono messo a scrivere racconti strampalati con storie che si inseguono e contraddicono senza filo logico e senza coerenza. Come la vita.
È questa la verità.
Anche se potrebbe pure essere un’altra, un’altra e un’altra ancora.
Ma…, che ve li dico a fare?