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~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi tag: arte

P & P

29 mercoledì Giu 2022

Posted by aitanblog in immagini, recensioni

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Tag

arte, el Greco

Pietro e Paolo visti da Domínikos Theotokópoulos

Pietro e Paolo (a.k.a. Simone e Saulo), due santi, uno di Galilea e l’altro di Tarso, due vite parallele accomunate dal martirio in Roma e messe insieme da una solennità religiosa tra le più celebrate dalla chiesa cattolica, apostolica e romana. Un tempo, mi dicono, era anche festa nazionale.

Qualcuno, come Pasolini, celebra oggi la solennità doppiamente.
A loro e a tutte quelle e quelli che portano o che portavano il nome di Pie(t)ro, Paolo o loro derivati lascio i miei auguri con tre ritratti che El Greco dedicó ai due martiri apostoli negli ultimi venti anni del ‘500.

Ammirateli.

In due tele su tre, Pietro è raffigurato chiavi in mano e Paolo con la sinistra appoggiata su un libro aperto.
Le mani lunghe e affusolate dei due santi la fanno da protagoniste in tutte e tre le composizioni e in tutte e tre le composizioni Pietro, il padre della Chiesa, è rappresentato vecchio e remissivo, mentre Paolo appare più giovane, dinamico e combattivo (in uno dei tre dipinti imbraccia perfino una spada).
Anche il cromatismo delle vesti appare abbastanza cristallizzato: Pietro veste in giallo e Paolo in rosso.
Per il resto, Paolo guarda sempre lo spettatore (come se fissasse la telecamera), mentre il buon Pietro guarda il compagno di sventura nei primi due dipinti e fissa noi, mestamente, nel terzo.

Tre capolavori, in ogni modo, custoditi in Russia, in Svezia e in Spagna.
Io ne ho visto da vicino solo uno, il terzo, esposto a Barcellona, al MNAC, Museo Nacional de Arte de Cataluña (anche se il quadro – d’autore cretese vissuto tra Venezia, Roma e Toledo – di catalano non ha nulla; d’altra parte, nonostante il nome, il MNAC non ospita solo opere catalane e quel “de Cataluña” è da intendersi come un possessivo, non come un complemento d’origine; il che aprirebbe una lunga discussione su quella C maiuscola; ma preferisco evitarla, la discussione, e concludere questo breve testo con rinnovati auguri, ribaditi tra parentesi e rafforzati dall’affetto).

Un poker di Immacolate Concezioni

08 mercoledì Dic 2021

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arte, barocco, Immacolata

Quattro capolavori del barocco spagnolo e francese e un’immacolata italiana

Oggi, 8 dicembre, la chiesa cattolica apostolica e romana celebra il giorno dell’Immacolata Concezione, che fu sancito da un dogma del Papa Pio IX nel 1854 con la bolla Ineffabilis Deus.
Il dogma stabilisce che la madre di Cristo concepì il suo unico figlio senza unione carnale (ovvero senza “macula”, senza macchia), preservandola così dal peccato originale. Simbolicamente, la data precede di 9 mesi la solennità della nascita di Maria (8 settembre).

Colgo l’occasione per fare i miei auguri a tutte le Imme, le Immacolate e le Concette, portatrici di questo impegnativo nome; e accompagno i miei auguri con un poker di capolavori di arte sacra barocca.
I primi tre sono di tre maestri del siglo de oro spagnolo: Zurbarán (1598 –1664), Murillo (1618 –1682) e Velázquez (1599 –1660). Il quarto è di Nicolas Poussin (1594 –1665).


Le mie preferite sono l’Immacolata di Zurbarán e quella di Poussin (la prima e l’ultima). Ma quanta ineffabile purezza anche nella vergine di Velázquez.


Fuori programma, un secolo dopo, questa meravigliosa (e più terrena) Immacolata di Giambattista Tiepolo (1696 –1770) nell’atto di scammazzare il serpente del male che se ne sta, con ancora in bocca la mela del peccato, sotto i suoi candidi piedi. A ben vedere, la posa ieratica della Madonna ricorda quella di una karateka che si prepara al combattimento, sotto le ali protettive dello spirito santo rappresentato con l’aspetto teriomorfo di una colomba.


Eros, Thanatos e Vil Denaro.

11 lunedì Ott 2021

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Tag

arte, danae, internet

La Danae di Tiziano del 1553 e quella di Artemisia Gentileschi del 1612.

Oggi vi propongo di rifugiarvi tra le pareti dell’arte e del mito. Un modo per ricaricare le batterie e rifarvi gli occhi e la mente in un mondo sconvolto e spossante.

Tiziano, 1553
Gentileschi, 1612



Due versioni della stessa scena sensuale, procace e buffa. A ben vedere, una sequenza da commedia all’italiana ante litteram, a sfondo porno-soft.

Ma per apprezzarla dobbiamo prima ricordare la versione del mito raffigurata in questi due capolavori del manierismo e del barocco italiano.

La leggenda sacra narra che l’oracolo di Delfi aveva predetto al re Acrisio di Argo che sarebbe stato ucciso dal nipote, il figlio non ancora nato di sua figlia Danae, e lui, come si usava, aveva messo sotto chiave la pulzella, per impedire il concepimento e la nascita del suo esiziale discendente. Ma il povero re non aveva tenuto conto di Giove Pluvio.
Al chiuso delle quattro mura della torre in cui era relegata, Danae fu sedotta e ingravidata da Zeus sotto forma di pioggia dorata. Durante un temporale il sommo capo di tutti gli dei lasciò piovere il suo seme d’oro sulla torre e penetrò sotto terra, attraversando le pareti di bronzo, fino ad irrorare di sé la vergine e fecondarla.

In entrambi i dipinti la bella e prosperosa Danae è rappresentata nuda in un momento che sembra corrispondere al congiungimento erotico con la divinità, ma potrebbe trattarsi anche di poco tempo dopo o poco tempo prima dell’amplesso. Nel quadro della Gentileschi, tuttavia, la giovane donna, col corpo proteso in avanti, sembra più propensa a darsi e lasciarsi andare a quell’aureo congiungimento erotico, mentre in quello di Tiziano Danae sembra più intenta a guardarsi intorno e chiedersi cosa stia succedendo (e, nel mentre, con la mano sinistra, si tocca). Non è escluso che Tiziano stia rappresentando il prima e la Gentilischi il dopo, ma in entrambi i casi mi pare di vedere un corpo illanguidito e abbandonato al piacere.



Nel frattempo, e qui sta il colpo da commedia dei due artisti italiani, in entrambe le opere vediamo, in controscena, l’ancella di Danae che prende la palla in balzo e si approfitta di quel magico evento per riempirsi i lembi del suo grembiule dei resti del seme d’oro sparso dalla infoiata divinità.
E fu così che, da quel fatidico congiungimento erotico, venne fuori il mitico Perseo ed anche un po’ di benessere per la povera e scaltra domestica.
La cosa curiosa è che non si riscontrano tracce di questa ancella in nessuna versione precedente del mito. Il che spinge a pensare che si tratti di una variante introdotta dallo stesso Tiziano, il quale, peraltro, aveva già rappresentato il postcoito di Danae qualche anno prima senza questa gustosa introduzione realistica (il primo dei suoi quadri dedicato a Danae si trova al Museo di Capodimonte, il secondo al Prado di Madrid; poi esiste un’altra versione viennese, simile a questa, e due conservate a New York: evidentemente la vergine fecondata era, per il Maestro veneto, una magnifica e prolifica ossessione).

De Matteis, 1704

Più tardi l’ancella di Danae apparirà anche in un quadro del 1704 dell’artista napoletano Paolo De Matteis. L’ancella è molto ben delineata e raccoglie l’oro in un vassoio, ma Danae è ‘o cesso, niente a che fare con il corpo abbandonato di Tiziano e con le carni languide e frementi di Artemisia Gentileschi.


P.s.
Io ho avuto la fortuna di vedere due di questi tre quadri da vicino, e forse pure il terzo, ma molto distrattamente. In ogni modo, il bello di internet, oggi, è proprio che uno può scrivere un post come questo anche senza essere mai uscito di casa e senza aver mai visitato un museo, una galleria o una chiesa. Basta spulciare quadri e storie direttamente dalla rete, come e più facilmente di un Salgari che solcava i Caraibi tra le pagine di un’enciclopedia o di un libro illustrato. Potenza di questo web che ci isola, ci incanta, ci irretisce e ci offre una finestra sul mondo.


Francisco de Zurbarán ed altri Franceschi, Francesche e francescani

04 lunedì Ott 2021

Posted by aitanblog in immagini, recensioni

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Tag

arte, auguri, Francesco

Dopo Giotto (1267-1337), Francisco de Zurbarán (1598-1664) è stato il più grande interprete pittorico della figura religiosa del santo di Assisi e patrono dell’Italia intera.
Ma se Giotto rappresentò le opere e la vita esteriore di Francesco d’Assisi, Zurbarán concentró la sua attenzione soprattutto sul percorso mistico-ascetico del santo.

Meditación de San Francisco

Meno conosciuto del coetaneo e conterraneo Velázquez, Francisco de Zurbarán rappresenta il lato austero, essenziale, laconico e “conceptista” del Barocco spagnolo (ma forse, parlando di Zurbarán e Velázquez, sarebbe più esatto riferirsi al “barroco andaluz/sevillano“, coacervo aureo di artisti che ebbero in Góngora la loro massima espressione letteraria).
La sua essenzialità, le luci e i contrasti caravaggeschi delle sue scene e la drammaticità delle rappresentazioni lo rendono molto moderno (mi verrebbe da dire “cinematografico”), come si evidenzia in queste sei interpretazioni di San Francisco de Asís che mi sono divertito a mettere insieme come in un “retablo“, come in un (inesistente) polittico francescano.

Va be’, smetto qui i miei barocchismi e porgo i miei auguri a tutte le Francesche, i Franceschi, i Cicci, le Cicce, i Cecchi, i Checchi e le Checche che festeggiano oggi, il 6 ottobre o in qualsiasi altra data del calendario e della loro vita; auguri ai François, ai Francis, ai Fran, ai Franz, ai Franciscus e ai Φραγκίσκος; auguri ai Franchi e alle Franche y también a los Pacos, a los Panchos, los Ciscos, los Franciscos y los Kikos che si trovassero a passare di qua; e auguri anche a quelli che non passeranno mai e a quelli che sono passati, ma non possono passare più in carne ed ossa in nessun posto di questa valle di frequenti lacrime e scarsi sorrisi.

Auguri a tutti, salvo a quelli che augurano ogni bene solo a se stessi e sono pronti a calpestare gli altri per innalzarsi di qualche centimetro dal suolo.

Perché al mondo ci sono i Franco e Ciccio, i Francisco de Zurbarán e i Francisco Franco, i Franco Boschi e i Francesco d’Assisi, ma, in ogni casa e in ogni caso, per dirla con Leo Longanesi, “sotto ogni italiano si nasconde un Cagliostro e un San Francesco.”

Francisco de Zurbarán, “Beato Serapio”, 1628

I fiori che non colsi

02 sabato Ott 2021

Posted by aitanblog in inter ludi, riflessioni

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Tag

arte, multimedia, social

Il meglio e il peggio dell’arte immersiva


Le nuove frontiere dell’arte digitale, come era ovvio che sarebbe successo, possono produrre opere francamente brutte e imbarazzanti che sembrano imitare il peggio di un Disneystore ed esperienze immersive suggestive e avvolgenti, come il Floating Flower Garden del teamLab di Tokyo, che ti fa ritrovare tra tredicimila orchidee che, mentre cammini o quando cerchi di toccarle, si allontanano dal tuo corpo.

Orchidee vere collegate a cavi digitali e moltiplicate da specchi ed altre diavolerie.

Che poi anche di questo video dimostrativo del collettivo giapponese apprezzo molto la prima parte, quella del campo di orchidee, il resto lo trovo tutto molto… boh!?

Forse kitch, camp, flarf, postmodernamente ridondante, digitalmente compiaciuto; eccessivo, futile…

Non so.

Resto dubbioso, titubante e sospeso.

A tratti anche irritato.

Forse, come capita spesso, bisogna entrarci dentro e restarne invischiati, per capirne di più.

Càpita più o meno così anche con le droghe o altre dipendenze.

Tipo i social.

Finché li vedi dall’esterno, non capisci come sia possibile… Poi ti immergi e non riesci più a venirne fuori, anche se ti sembra tutto così futile, irritante, ridondante ed eccessivo.

link al sito personale di Gaetano "Aitan" Vergara

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