Pietro e Paolo visti da Domínikos Theotokópoulos
Pietro e Paolo (a.k.a. Simone e Saulo), due santi, uno di Galilea e l’altro di Tarso, due vite parallele accomunate dal martirio in Roma e messe insieme da una solennità religiosa tra le più celebrate dalla chiesa cattolica, apostolica e romana. Un tempo, mi dicono, era anche festa nazionale.
Qualcuno, come Pasolini, celebra oggi la solennità doppiamente.
A loro e a tutte quelle e quelli che portano o che portavano il nome di Pie(t)ro, Paolo o loro derivati lascio i miei auguri con tre ritratti che El Greco dedicó ai due martiri apostoli negli ultimi venti anni del ‘500.



Ammirateli.
In due tele su tre, Pietro è raffigurato chiavi in mano e Paolo con la sinistra appoggiata su un libro aperto.
Le mani lunghe e affusolate dei due santi la fanno da protagoniste in tutte e tre le composizioni e in tutte e tre le composizioni Pietro, il padre della Chiesa, è rappresentato vecchio e remissivo, mentre Paolo appare più giovane, dinamico e combattivo (in uno dei tre dipinti imbraccia perfino una spada).
Anche il cromatismo delle vesti appare abbastanza cristallizzato: Pietro veste in giallo e Paolo in rosso.
Per il resto, Paolo guarda sempre lo spettatore (come se fissasse la telecamera), mentre il buon Pietro guarda il compagno di sventura nei primi due dipinti e fissa noi, mestamente, nel terzo.
Tre capolavori, in ogni modo, custoditi in Russia, in Svezia e in Spagna.
Io ne ho visto da vicino solo uno, il terzo, esposto a Barcellona, al MNAC, Museo Nacional de Arte de Cataluña (anche se il quadro – d’autore cretese vissuto tra Venezia, Roma e Toledo – di catalano non ha nulla; d’altra parte, nonostante il nome, il MNAC non ospita solo opere catalane e quel “de Cataluña” è da intendersi come un possessivo, non come un complemento d’origine; il che aprirebbe una lunga discussione su quella C maiuscola; ma preferisco evitarla, la discussione, e concludere questo breve testo con rinnovati auguri, ribaditi tra parentesi e rafforzati dall’affetto).