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Archivi tag: attentati

Manifestazione Musulmana – Commenti Tipici e Fallaci

23 mercoledì Ago 2017

Posted by aitanblog in da lontano, vita civile

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Tag

attentati, islam

2500 manifestanti delle comunità musulmane catalane sulle Ramblas di Barcellona marciano per condannare gli atti terroristici e chiedere a voce alta pace e rispetto reciproco

– No, no, 2500 manifestanti. Non ci credo. E’ un fottuto fotomontaggio.

– Ci sgozzano, ci ammazzano i figli e poi ci prendono pure in giro.

– Secondo me sono dei figuranti travestiti.

– Mo fanno gli agnelli. Xché c’hanno paura. Ma poi al momento buono cacciano fuori i denti e le unchie. vedrete!

– Ma sí, dai. È tutta una farsa!!!!!!! Si vede che in mezzo ci sono un sacco di spagnoli, magari anche qualke coglione italiano.

– Evvero!!! evvero!!! no c hanno le facce brutte e lo sguardo cattivo e allupato. No ssono loro.

– Io ne avrei approfittato e avrei fatto una bella retata.

– O avrei buttato una bomba. Avrei fatto una lampa…

– SI SI UN GRANDE FUOCO PURIFICATORE

– Ma lo vedete ke non ci stanno uomini neri e barbe talebbane???

– È vero, è vero, e ci sono pure femmine bionde e senza velo. Ci prendono in ciro.

– QVELLE SONO PUTTANE ITALIANE KE SI FANNO SODOMIZZARE DAI NERI!!!!

– Ma che bastardiiiiiii!

– No, no, secondo me sono proprio marrocchini veri… ma dissimulano….. fanno la taqiyya questi qua… andate a vedere di che si tratta…. Lo diceva santa Oriana…. Quella E’ gente di cui non ti puoifidare…..

– O chiu bbuon i chill, è malament.

– UE’, TERRONI, QVI SI PALRA ITALIANOOOOOO!!!!!!!!!!!!!!!!

– Pens a soret!

– Noi litighiamo e loro ci ciulano… :(((

– Si fanno le nostre donne e poi le tengono chiuse in casa e non le fanno più uscire

– VIGLIACCHI FIGLI DI PUTTANA

– Bastardi

– Ahhhh. Vorrei averne un paio fra le mani!!!

– Assassini. Tutti assassini. Lo dice il corano che devono essere tutti assassini. Andate velo a leggere il corano

– Secondo me li paga quell’ebreo straricco che vuole l’Europa invasa da manodopera straniera a basso costo.

– Soroch?

– Eh, quello Shorosh.

– Dopo Londra uno di questi diventa sindaco di Barcellona. Vedrete!

– Eh, eppoi si prendono pure Roma e il Vaticano. :(

– Il Duomo di Milano diventerà una moschea.

– Una moschea.

– Una moskea!

Ragazzini disperati e in cerca di un senso che si lasciano scoppiare in zone affollate

19 sabato Ago 2017

Posted by aitanblog in idiomatica, riflessioni, vita civile

≈ 1 Commento

Tag

attentati, camorra, jihad

Non interpellato da nessuno, se non dalla mia ingombrante coscienza, dico la mia sull’attentato di Barcellona e sul clima che lo circonda. Non sono esperto di nulla. Sono opinioni che mi sono formato leggendo e viaggiando. Ma anche interrogando me stesso e conversando con amci, conoscenti e persone incontrate sui mezzi pubblici e sulle reti sociali. “El fascismo se cura leyendo y el racismo se cura viajando.” (Miguel de Unamuno)

Premetto che, da agnostico, trovo aberrante l’idea di un Islam che intenda imporre i suoi principi religiosi a tutti i cittadini di un determinato Stato. Aggiungo, sempre a mo’ di premessa, che credo nei valori occidentali che discendono dall’antica Grecia e dall’illuminismo e che trovo incompatibili questi valori con l’Islam; ma credo anche che proprio in questi valori, non sufficientemente affermati e difesi nella nostra società, risieda l’antidoto al dilagare dell’irrazionalità e della follia. Abbiamo globalizzato il sopruso, la prevaricazione, l’insoddisfazione, l’ingiustizia, la violenza, i mezzi di distruzione, le strategie di attacco e il disagio, e queste sono le fottute conseguenze fatte di diffidenza, chiusura e terrore da una parte e chiusura, diffidenza e terrorismo dall’altra. Se invece avessimo provato a globalizzare la giustizia, la solidarietà, la razionalità, la tolleranza, il rispetto, lo stoicismo, la tensione alla felicità terrena e la ricerca della bellezza, avremmo di sicuro avuto davanti a noi una strada più facile e meno infelice. Insomma, non sono, come si abusa dire da un ventennio, un “buonista”. Di più. Sono un utopista. Anzi, ancora oltre, un “eu-topista” inveterato…

Ciò detto osservo che nell’Unione Europea ci sono circa 16 milioni di musulmani. Se non fosse esigua come è la percentuale di islamici integralisti, di attentati come quelli di questi giorni ne avremmo avuti a centinaia, e sarebbero stati di certo più mortiferi e devastanti di quello che già sono o di quanto ci appaiano.
La maggior parte degli integralisti islamici che turbano i nostri sogni e rendono inquiete le nostre distrazioni di massa sono ragazzini o giovani che non frequentavano le moschee né studiavano il Corano. Quasi tutti avevano uno stile di vita del tutto simile a quello di un emarginato dei quartieri più desolati delle nostre periferie e, prima di radicalizzarsi (ma spesso anche dopo), non rappresentavano per niente il modello ideale del musulmano probo, fedele e ligio alla norma. Per farla breve, è assai probabile che molti di questi eroici martiri della fede, in uno Stato islamico, prima di poter compiere uno dei loro gesti estremi, sarebbero finiti con le mani mozze o la testa tagliata.
Le cronache ci raccontano che, dopo un’esistenza fatta di droga, sesso e hip hop, molti di questi aspiranti attentatori hanno cominciato a dare una perversa svolta al vuoto della loro vita imbattendosi (sul web, più che nelle moschee) nella propaganda jihadista. E questa martellante propaganda (realizzata mutuando lo stile dei video musicali, delle videoclip pubblicitarie e dei videogame occidentali) ha avuto su di loro effetti euforizzanti simili a quelli che la mitizzazione gomorristica della camorra ha sui ragazzi delle periferie del napoletano; con l’aggravante, non di poco conto, determinata dal fatto che gli sceicchi e i califfi di Al Qaeda (prima) e dell’ISIS (ora) hanno messo a disposizione delle nuove generazioni di terroristi-fai-da-te una serie di tutorial pubblicati sul “deep web” che mostrano come fare più danni possibili anche non disponendo di armi convenzionali (trovo, tra l’altro, che l’uso perverso di automobili, furgoni e furgoncini lanciati sulla folla inerme ci dica qualcosa anche sull’insostenibilità di tanti mezzi di trasporto che ingombrano e deturpano le nostre città; ma questa è un’altra storia).

Insomma, dobbiamo davvero considerare questa anticrociata di ragazzini scalmanati il nostro pericolo numero uno? C’è veramente il rischio che questo sia il primo passo verso l’islamizzazione dell’Occidente? O non ci troviamo di fronte a una disperata e micidiale ricerca di senso da parte di giovani emarginati e disperati?

In verità, con tutta la pena e il rispetto che ho per le vittime dei loro assurdi attentati, ritengo che sia più probabile che io o un mio caro muoia ammazzato, anche per sbaglio, da un camorrista locale che da un terrorista di provenienza esterna.
E qui mi scatta un’altra analogia (difettosa come ogni analogia) tra la criminalità organizzata napoletana e la jihad islamica.
Se, in quanto napoletano, vengo identificato con la camorra, mi offendo e mi incazzo; tanto più se si soggiunge che è anche colpa del mio silenzio il fatto che a Napoli imperversino tante forme di criminalità organizzate. Mi spiego. In linea teorica, il mio ipotetico accusatore potrebbe anche avere le sue buone ragioni: la parte sana della società dovrebbe fare terra bruciata, scendere in piazza e denunciare uno ad uno questi criminali…; ma, in pratica… in pratica è tutta un’altra cosa. La camorra militante non ce lo ha scritto in faccia i delitti che commette. E nemmeno gli integralisti islamici vanno in giro a raccontare agli islamici non radicalizzati che stanno preparando un attentato nel quale, peraltro, potrebbe trovarsi coinvolto anche un loro amico, un loro parente o un conoscente. Aggiungo incidentalmente che, a limite, nella mia terra, quello che puoi fare è sottrarti alla piccola cultura camorristica quotidiana, quella che è radicata in tutta Italia ed è fatta di piccoli soprusi e file saltate… Ma sto di nuovo tergiversando. Torniamo ai piccoli jihadisti d’Occidente.

A mio modo di vedere, quelli che commettono questi attentati sono giovani figli di immigrati che vivono ai margini della collettività, in bilico tra due culture, ma estranei ad entrambe; dei disadattati delusi dalle promesse non mantenute dalla nostra società e, al tempo stesso, incapaci di conformarsi con lo spirito conciliatorio dei padri. In loro la religione viene recepita nella sua forma più esasperata ed estrema e fa scatenare tutta una sequela di conflitti interiori cui la jihad sembra offrire una soluzione definitiva e radicale; fino a indurli alla scelta estrema di lanciarsi con un camioncino o immolarsi carichi di esplosivo nei luoghi deputati del benessere e del divertimento di massa degli infedeli. Una forma di suicidio-omicidio che funziona anche come espiazione per i propri peccati legati all’aver abbracciato la way of life occidentale.

Dalle mie parti si direbbe che si tratta di persone “c’a guerra ‘ncapa”, il che, secondo l’immaginifico dialetto napoletano, non vuol dire che ci troviamo al cospetto di individui che considerino la guerra come un chiodo fisso, ma piuttosto di poveracci che vivono in una situazione di scissione schizofrenica e di permanente labilità socio-psichica che può fare del male a loro stessi e, soprattutto, a coloro che si imbattano sulla loro strada.

Che Allah, Dio, Jeho-wah e, soprattutto, le forze di polizia ci scansino e liberino da questi tipi qua e dalla furia dei loro furgoni!
Almeno fino a quando non riusciremo a offrire loro un’alternativa più attraente di quella di farsi scoppiare in una zona affollata per conquistarsi un paradiso ultraterreno e liberarsi dal peso di vivere quaggiù, nel mondo pieno di promesse non mantenute del benessere occidentale.

La guerra in testa (un disperato tentativo di sintesi)

23 sabato Lug 2016

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

≈ 2 commenti

Tag

attentati, conflitti, guerra, terrore

A Napoli di un individuo affetto da disturbi della personalità o psicosi si dice che “tene ‘a ‘uerra ‘ncapa“; un’espressione di impressionante e sintetica attualità.

Nella realtà globalizzata e dominata dall’interesse economico in cui viviamo, sembrano in vertiginoso aumento le persone dilaniate da guerre in testa e conflitti interiori di ogni tipo. Vivere in bilico tra due culture, per esempio, può sicuramente far aumentare la gravità dello stato di permanente “‘uerra ‘ncapa” di individui labili e non del tutto adattati alla realtà in cui vivono. Tanto più se a confliggere sono i desideri e le speranze di una affluent society avaloriale e i valori saldi e scarsamente discutibili di una cultura basata sul Corano (non importa se interpretato con occhio sunnita o sciita).

E così tante volte questi conflitti interiori si scatenano, deflagrano e divampano all’esterno fino alla forma estrema di lasciarsi scoppiare tra la folla che fa la spesa al supermercato o festeggia nei luoghi deputati della società del benessere promesso e quasi mai mantenuto.

PorkoMonno Go©

20 mercoledì Lug 2016

Posted by aitanblog in da lontano, riflessioni, vita civile

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Tag

attentati, Pokémon, realtà aumentata

Visione sulla Realtà aumentata 

Nella app prossima ventura il protagonista incontra e cattura per strada, nei luoghi pubblici o sui treni il possibile attentatore o lo affronta all’interno di palestre appositamente predisposte. E lui si difende imbracciando il suo telefonino.
I due combattono con gli occhi puntati sullo schermo e si distruggono a vicenda senza spargimento di sangue e titoli a quattro colonne sui giornali. E se l’attentatore vince, lancia la sua bomba virtuale e sullo schermo vedi la realtà circostante a pezzi, ma fuori dallo schermo tutto resta come è.

I media si occupano pervasivamente della nuova moda social e gli esperti di nuvole e fumo si chiedono se dedicarsi a questo giochetto non possa incitare alla violenza e fomentare aggressività e conflitti più o meno latenti.

La gerarchia del dolore

28 lunedì Mar 2016

Posted by aitanblog in da lontano, riflessioni, vita civile

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attentati, belgio, dolore, gerarchia, informazione, mass media, migrazione, pakistan, strage

“Homo sum, humani nihil a me alienum puto.”
Publio Terenzio Afro, Heautontimorumenos
(Il punitore di se stesso), II secolo a.C.

E’ un dato di fatto, i 72 morti e le centinaia di feriti in Pakistan, nonostante la presenza di numerosi bambini tra le vittime, hanno ricevuto molta meno attenzione delle 35 vittime del Belgio. Ormai è un meccanismo risaputo. Una classificazione del dolore secondo una scala gerarchica che è direttamente proporzionale alla distanza dell’evento.
Ci colpisce molto di più quello che succede nel nostro rione, nella nostra città, nella nostra regione, nel nostro Paese o in Paesi vicini che un atto terroristico o una catastrofe avvenuta in una terra remota. E se la tragedia scoppia lontano, la prima cosa che vogliamo sapere è se ci siano vittime del nostro Paese, della nostra regione, della nostra città o del nostro rione. Qualora, poi, abbiamo molto viaggiato e stretto amicizie con persone di altre nazioni, è possibile che aumenti il raggio del nostro interesse e della nostra partecipazione alla sofferenza altrui. Altrimenti, restano fatti avvenuti tra Mau Mau…, e si scannino pure tra di loro come bestie, invece di venire a rompere le scatole a casa nostra.
Le vittime dei paesi più lontani o che avvertiamo psicologicamente come distanti, ci suonano come numeri, sono un semplice dato statistico-quantitativo; quelle più vicine le percepiamo come persone in carne, sangue e ossa; anche perché sentiamo che, se è successo a loro, potrebbe toccare anche a noi e così, insieme alla commozione, scatta anche la paura (un po’ come quando si è giovani, o si è vecchi, e muore un nostro coetaneo).
Forse troviamo perfino rassicurante pensare che certe tragedie avvengono altrove e sembrano non poterci coinvolgere; quello è un altro scacchiere e loro altre pedine…

Tuttavia, pensandoci bene, ho come l’impressione che ci sia anche dell’altro. Mi sembra che i nostri sentimenti siano anche, in qualche modo, eterodiretti e prescindano dalla nostra autonomia emotiva. Insomma, sto cominciando a pensare che il fatto che si accenda o non si accenda la nostra empatia sia dovuto anche alla disinformazione o alla cattiva informazione di giornali, televisioni e siti di notizie nazionali ed internazionali. Non sto dicendo che si tratti necessariamente di una mala fede degli operatori dell’informazione, ma anche semplicemente del fatto che nei paesi più lontani e inaccessibili i mezzi di comunicazione di massa hanno più difficoltà a essere presenti e hanno a disposizione meno strumenti: meno inviati, meno cameramen, meno immagini da mostrarci per farci commuovere o indignare. E se ci pensate, c’è molta disumanità e alienazione anche in questo semplice dato di fatto.

Restare umani e continuare a pensare che nulla dell’umano ci è estraneo è una cosa veramente difficile in mezzo a questi continui bombardamenti reali e metaforici.

link al sito personale di Gaetano "Aitan" Vergara

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