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Archivi tag: mare

Le docce di Blanes

06 sabato Ago 2022

Posted by aitanblog in da lontano, immagini, riflessioni, stefania, vita civile

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beni pubblici, costa brava, mare

Il mare è di tutti. La Costa Brava tra pubblicità e pubblica realtà.

Scorcio di cemento con doccia pubblica.

A Blanes le docce pubbliche sono frequentissime e del tutto gratuite.
Ce ne è una ogni centinaio di metri su un litorale privo di lidi concessi a privati e tenuto lindo e pinto dall’amministrazione comunale.
È dato in concessione (a seguito di asta pubblica) solo l’affitto di ombrelloni e sdraio, che costano 6 euro ciascuno a giornata (da quello che ricordo è lo stesso prezzo anche nel Maresme, i poco più di 50 chilometri di costa che vanno dal Nord di Barcellona alla Costa Brava).

Blanes, scoglione con doccia pubblica.

La Costa Brava ogni estate (salvo nel periodo della pausa pandemica del 2020-21) ospita poco meno di 20mila stranieri e, in tutta la Spagna, prima del covid, le entrate derivanti dal turismo oscillavano tra l’11 e il 12% del PIL nazionale.

Anche a Blanes, tra giugno e settembre, arrivano migliaia di turisti, in maggioranza francesi, ma le spiagge non sembrano mai troppo affollate. Inoltre, i parcheggi pubblici sono gestiti perfettamente, il servizio di bus e i trenini turistici funzionano a meraviglia e gli automobilisti sono molto disciplinati (non ho mai sentito un clacson suonare né visto un veicolo sfrecciare in città o un’auto fuori posto; oltre al fatto che, prima ancora che imbocchi le strisce pedonali, loro si fermano già per lasciarti passare). Sul lungomare, ampli spazi per pedoni e biciclette. Ovunque grande attenzione per chi si muove a piedi (i semafori segnano i secondi per aspettare il verde; le strade scolastiche hanno il limite di 20 all’ora e sono chiuse al traffico veicolare negli orari di entrata ed uscita degli alunni). Il risultato è che, nonostante l’affluenza di stranieri, anche ad agosto non sembra esserci traffico o caos veicolare sia nel centro che nella periferia della città.

Il semaforo che segna i tempi di attesa.
Strada a priorità pedonale.

Frequenti, invece, gli spettacoli nelle piazze e nei locali (frequentissimi e molto frequentati in ogni quartiere di Blanes).
Ovunque, ville comunali con giochi, attività e attrezzature sportive per bambini e adulti.
Biloteche aperte anche d’estate, schiere di bancarelle notturne, bar, pub e bodegas adatti ad ogni tipo di clientela.

Piazzetta davanti a una celebre birreria cittadina. I bambini giocano, gli adulti bevono e chiacchierano. Lo striscione autonomista ricorda che solo il popolo salva il popolo.

Ah, il mare è pulitissimo e la sabbia mischiata di minuscoli sassolini che rendono più facile pulirsi i piedi quando si lascia la spiaggia.

Dice: perché fai tanti chilometri per farti qualche bagno quando hai tanta costa balneabile in Italia? Dice…


P.s. Quando viaggiamo l’occhio fa la sua parte, e anche gli altri quattro sensi e la nostra sensibilità fanno la loro parte, insieme con la nostra enciclopedia personale, il nostro punto di vista sulla realtà e la cultura in cui siamo imbevuti.
Per questo, al ritorno da un paese lontano o da un viaggetto fuori porta, ognuno di noi porta con sé un’altra impressione dell’esperienza vissuta. Le foto di due persone che hanno visitato gli stessi luoghi nel medesimo tempo non saranno mai le stesse foto. È il vizio imprescindibile della soggettività. Nessuno mangia mai lo stesso piatto, guarda lo stesso panorama o ascolta la stessa musica.
Ecco, mi sono svegliato che volevo dire una cazzata e la volevo condividere con voi. L’ho detta. Ma sono certo che i vostri sensi, la vostra sensibilità e la vostra cultura la sapranno riempire di significato e daranno senso a queste mie povere e scarne parole nate in un bel giorno di mare e di sole.


P.S. In questi primi 15 giorni di agosto, la temperatura non ha mai superato i 30 gradi; un paio di volte ha anche piovigginato e, di notte, sarebbe utile anche avere un pigiama.

Doccia con sfondo di cessi pubblici.

Blanes, Barcelona, Bolaño, guiris y Lijtmaer

04 giovedì Ago 2022

Posted by aitanblog in da lontano, idiomatica, immagini, recensioni, stefania, vita civile

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Barcellona, blanes, libri, mare, napoli


Primi giorni di mare e vergogna in Costa Brava

…

Dal 31 luglio sono a Blanes, con la piccola, in Costa Brava.
Nel pullman dall’aeroporto del Prat all’hotel ci sono persone di ogni provenienza, ma si sente solo parlare napoletano. La solita orda di adolescenti convinti di venire a conquistare un popolo da cui è sempre stato soggiogato.
In tutta l’ora e mezza del tragitto sbraitano, bevono, urlano e cantano, e in ogni frase, muggito o mugugno appare due o tre volte la parola Napoli o suoi derivati. Due o tre volte l’autista li riprende, ma loro continuano imperterriti a bere e a disturbare. Me ne vergogno. E non è solo vergüenza ajena. Mi vergogno proprio di essere italiano e napoletano come loro. Anche Stefania esprime la stessa vergogna e lo stesso disagio.
Quando arrivo a destinazione mi scuso con l’autista in loro vece. Lui si mostra comprensivo e rassegnato. Sono anni che accompagna questi flussi scostumati di ormoni a Tossa e a Lloret de Mar.
Per fortuna, vanno tutti negli stessi posti in cerca di droga, figa, cazzi e discoteche. Basta evitarli. Loro e i posti che frequentano.
Spero che si divertano, comunque, senza fare troppi danni a se stessi e agli altri.
Per fortuna, qui sono tutti abbastanza indulgenti con questa guagliunera. Come l’autista. Ma non so dire se sia più tolleranza o convenienza.

In ogni modo, dopo questo brutto avvio, i primi giorni di vacanza in Costa Brava scorrono sereni, allegri e senza incidenti.
Il mare è bello, le passeggiate mostrano scorci incantevoli, la ricezione alberghiera è impeccabile e gentile.

Blanes

Alla partenza, non ho messo nessun libro in valigia. Ho deciso di comprare qui qualche romanzo da leggere in spiaggia, sul balcone o al rientro a casa.

“Blanes se parece a sus playas, en donde se tuestan cada verano todos los valientes de Europa, los de aquí y los del otro lado de los Pirineos, las gordas y los gordos, los feos, los esqueléticos, las chicas más guapas de Barcelona, los niños de todo pelaje, las viejas y los viejos, los enfermos terminales y los resacosos, todos semidesnudos, todos expuestos al sol del Mediterráneo y a la mirada comprensiva de la torre de San Juan, y el olor que se desprende de las playas (es bueno recordarlo ahora, en el largo invierno) es el olor de las cremas corporales, de los bronceadores, de las pomadas de protección solar, que huelen a eso, evidentemente, pero que también huelen a democracia, a historia, a civilización.”
Roberto Bolaño, “La Selva Marítima” in El
El País, Gennaio 2000.

“Blanes somiglia alle sue spiagge, dove ogni estate si mettono all’arrosto tutti gli arditi d’Europa, quelli di qui e quelli dell’altro lato dei Pirenei, le chiattone e i chiattoni, i brutti, gli scheletrici, le ragazze più belle di Barcellona, i bambini di ogni provenienza e aspetto, le vecchie e i vecchi, i malati terminali e gli sbronzi, tutti seminudi, tutti esposti al sole del Mediterraneo e allo sguardo comprensivo della torre di San Juan, e l’odore che sprigiona dalle spiagge (è bene ricordarlo ora, nel pieno dell’inverno) è l’odore delle creme corporee, degli abbronzanti, delle pomate di protezione solare, che odorano di quello che sono, evidentemente, ma che sanno anche di democrazia, di storia, di civiltà.”

La traduzione è mia. Il testo di Roberto Bolaño.
Stamattina sono stato alla libreria Sant Jordi. La libreria che lo scrittore sudamericano frequentò negli ultimi anni della sua vita.
Dal 1985 al 2003, Bolaño si stabilì qui a Blanes con la moglie e i due figli. Prima che gli arrivasse il successo che meritava aprì anche un negozietto di bigiotteria.

In sottofondo due frammenti di “Blind” dei Talking Heads (1988)

In una guida che gli ha dedicato l’ufficio turistico cittadino leggo che voleva essere ricordato “come uno scrittore surdamericano più o meno decente, che visse a Blanes, e che amò questo paesino” di 30.000 abitanti fondato dai romani duemila anni fa e poi frequentato da persone di ogni tipo e colore.

Blanes, vista dal Jardín Botánico Marimurtra
Apparizioni a Blanes

Nella libreria c’è ancora Pilar Pagespetit i Martori, con cui lui si intratteneva a parlare mentre vagava tra i libri. O almeno, dalla veneranda età che dimostra nel suo fisico minuto e curato, a me piace immaginare che sia lei.
Le chiedo se hanno disponibile qualche testo di Ernesto Cardenal, poi mi metto a curiosare tra i libri ammucchiati in colonne in ogni angolo della stanza. Per un momento credo di aver osato identificarmi con R.B.
Dopo una lunga ricerca scelgo un testo di recente pubblicazione di Lucía Lijtmaer, scrittrice quarantenne nata in Argentina e cresciuta a Barcellona. Avevo sentito parlare del suo acume sia come romanziera che come critica letteraria e specialista di studi culturali.

Nelle prime pagine la voce narrante immagina un suicidio e vagheggia un’inondazione di Barcellona provocata dal cambio climatico e dallo scioglimento dei ghiacciai polari.
È una descrizione potente e delirante.

A un certo punto mi rivedo in queste parole che mi riportano sul bus dell’arrivo a Blanes.

” […] primero morirán los pobres, los taxistas paquistanís del Raval, las chicas filipinas de la panadería de la calle Sant Vicenç, la señora Quimeta y su mercería, los guiris de la Barceloneta, todos, absolutamente todos, los holandeses, los franceses, los ingleses y los italianos -nadie echará de menos a los italianos-.”
Lucía Lijtmaer, “Cauterio“, 2022

Traduco, non senza essere di nuovo assalito dalle fiamme della vergogna.

” […] prima moriranno i poveri, i tassisti pachistani del Raval, le ragazze filippine della panetteria di calle Sant Vicenç, la signora Quimeta la sua merceria, i turisti della spiaggia di Barceloneta, tutti, assolutamente tutti, gli olandesi, i francesi, gli inglesi e gli italiani – nessuno sentirà la mancanza degli italiani.”

Ecco qua.
Ci siamo meritati pure questa.


Appunti sul clima e la voglia di fare niente

21 giovedì Lug 2022

Posted by aitanblog in idiomatica, immagini, riflessioni, vita civile

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ambiente, civiltà, clima, fiumi, mare, pregiudizi

Sai quando sei in ascensore, in un edificio di ventisette piani, con uno sconosciuto che ha preso l’ascensore con te, devi arrivare al quindicesimo piano che ti debbono diagnosticare un male incurabile, lo sconosciuto ti fissa, ha anche lui delle carte in mano, non sapete cosa dire, e poi vi trovate a parlare del tempo che fa e qui fa un caldo che non si respira, signora mia?
Ecco, io oggi vi parlo del clima.

Con la capoccia protetta dal sole, grazie ai benefici effetti dell’ombra del Vesuvio che incombe sulle nostre vite, mi chiedo spesso che relazione intercorra tra l’ambiente e il clima (da una parte) e i comportamenti, la storia e la cultura dei popoli che in quel clima e in quell’ambiente sono immersi (dall’altra).

Pare che i tedeschi siano inclini a concepire e distruggere grandi sistemi filosofici, perché il chiuso e la solitudine delle fredde case del Nord spinge alle profondità della riflessione. Soprattutto se, mentre pensi, fissi, in assoluta solitudine, il fuoco crepitante di un camino.

È risaputo che tutti le grandi civiltà del passato remoto sono nate nei pressi dei fiumi e dei mari.
Egizi, sumeri, assiro-babilonesi (ma pure le grandi civiltà indiane e cinesi del lontano Oriente) bevevano, annaffiavano, ricavavano argilla, trasportavano merci, si sciacquavano le palle e riflettevano sul fluire della vita grazie alle acque di un fiume.

[un mio disegnino del 1984]

Il mare, poi, separa e fa incontrare i popoli, mischia le carte in tavola e porta sempre qualcosa di nuovo.

Penso alla Grecia, crocevia tra l’Oriente e l’Occidente; penso al Mediterraneo nostrum; penso all’Inghilterra e all’Olanda dei pirati, degli schiavisti e dei coloni; penso alla Spagna sospesa entre dos aguas; penso al Portogallo posizionato alle spalle dell’Europa e di fronte a un infinito liquido e fragoroso… E penso alla mia Napoli, aperta ad ogni invasione, scambio, compenetrazione e contaminazione.

… Biate a cchi s’a piglia,
Michelemma’ Michelemma’.

Si dice che i napoletani non abbiano voglia di fare niente perché il sole sfiacca, il mare distrae e la lava del Vesuvio vanifica ogni progettualità.
Siamo lucertole immobili sotto i raggi cocenti. O cicale che cantano al sole.

E ‘o sole, ‘o sole e ‘o Sole mio sta ‘nfronte a tte.

Qui ci squagliamo e ci annulliamo da migliaia di anni in un nichilismo esistenziale che non ha bisogno di impianti teorici o giustificazioni.
E se il sole non bastasse, ci dissolviamo nel magma lavico del vulcano.

[un altro disegnino dell’84]

È opinione diffusa che pure gli africani di ogni latitudine non sappiano fare niente perché hanno il cervello bruciato dal sole e trovano dappertutto cocchi “ammunnati e bbuoni“.

Ho letto che molti islandesi sarebbero tendenti alla depressione a causa dei loro lunghi inverni di buio.
Pare, poi, che gli scandinavi, assaliti da un freddo raggelante, abbiano dovuto inventarsi che non esiste il mal tempo, esiste il mal vestire. Il che aiuta a essere ben organizzati, efficienti e operosi come un industriale del lombardo-veneto o uno schiavista del Nord America.

Gli argentini, infine, se guardi il mappamondo, vivono con i piedi piantati per terra e la testa penzolante. Stanno al revés, “a sott’e ‘ncoppa“… Per questo non riescono mai a raggiungere uno sviluppo da primo mondo: stando sottosopra, le idee gli cadono giù dalla testa.


Questa l’ho citata alla buona dalla Mafalda di Quino, da cui rubo da sempre un sacco di buone idee. E con questa Passo e Chiudo e torno a riposare al caldo di un sole indecente.
Che voglia ‘e fa niente!

Tra un sì e un altro sì

17 venerdì Giu 2022

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impegni, mare, montagna, solitudine


Quasi una confessione

Sopraffatto da troppi impegni che si moltiplicano in modo direttamente proporzionale alla mia congenita incapacità di dire no, mi chiedo se sia meglio fermarmi un attimo e pianificare con calma le cose da fare cercando il modo di incastrare le ore e i minuti nel modo più fluido e indolore possibile o se invece non sarebbe meglio scappare via in cerca di una montagna su cui nascondermi al mondo per un mese o due; oppure, mi dico, potrebbe essere ancora più bello se fossero gli altri, tutti gli altri, a scapparsene sulla montagna di cui sopra, mentre io me ne resterei qua, tutto tranquillo, senza nessuno a cui dire sì o dire no, e poi, magari, me ne andrei tutto solo al mare, certo di non imbottigliarmi in una coda di auto e senza più perdermi tra le fila di ombrelloni e l’obbligo di pianificare cosa si fa stasera o rispondere ai quesiti a due uscite di chi ti ha già organizzato la serata e aspetta il tuo sì obbligatorio che di certo non mancherà o, per meglio dire, non mancherebbe, in virtù della congenita (o da tempo immemore acquisita) incapacità di cui dicevo (o, meglio, scrivevo) prima di avviarmi alla conclusione di questo pensiero con una fine improvvisa a causa degli impegni già accumulati che poco ci manca che non mi diano nemmeno il tempo di vagheggiare alternative inesistenti o di mettere un punto alla fine di questo pensiero che mi sono preso la libertà di stendere su questo schermo tra pronuncia di un sì e di un altro sì

era mare – memorie marine e memorie marinare

08 martedì Feb 2022

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inquinamento, mare, rimare

canzoncina verde que te quiero verde y un poco azul

era mare, oro moro, era mare
era un coro nel cielo era un coro
tra le foglie e gli scogli ondeggiare
e cullarsi come mare nel mare

(tu che ridi e lentamente ti sfioro
i capelli che sanno di sale
tra i riflessi di sole e di rame)

era mare, oro moro, era mare
ora è solo petrolio e catrame
era mare che muore di fame
e d’urgenza di cambiare
e svoltare

(come fa il mare quando si rifrange
sugli scogli e torna indietro
frammentato in miriadi di gocce
che prendono le più svariate direzioni)

fare e, facendo, farsi

05 giovedì Ago 2021

Posted by aitanblog in idiomatica, riflessioni

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fare, mare

Tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare di incomprensioni e di vuoti a perdere.

Dentro di noi possiamo pensare di essere meglio di quello che siamo o, quanto meno, possiamo pensare di poterlo diventare. Ma agli occhi degli altri siamo quello che facciamo, non quello che faremo; e tantomeno possiamo pensare di poter diventare per gli altri quello che andiamo dicendo in giro che faremo, ci impegneremo a fare o diremo.

Ce vo ‘a carne int’e sasicce, e ce vo mo e mo, no tra nu pare d’ore o dimane.



Dentro di noi possiamo pensare di essere o poter essere meglio di quello che siamo; ma fuori siamo quello che facciamo, non quello che faremo. E tantomeno quanto andiamo dicendo in giro che facciamo, faremo e diremo.

Ci vuole la carne per fare le salsicce, e ci vuole ora stesso, non tra qualche ora o domani.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo un mare di parole e di fatti ancora da fare.

Ci vuole la carne nelle salsicce ed anche un hamburger vegano non si può fare senza fare a pezzi ortaggi e vegetali.

El siempre mar

31 venerdì Lug 2020

Posted by aitanblog in idiomatica, immagini, recensioni, versiculos

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mar, mare

Antes que el sueño (o el terror) tejiera
Mitologías y cosmogonías,
Antes que el tiempo se acuñara en días,
El mar, el siempre mar, ya estaba y era.

Prima che il sogno (o il terrore) tessesse
Mitologie e cosmogonie,
Prima che il tempo si coniasse in giorni,
Il mare, il sempre mare, già stava ed era.


(Sono versi di Borges che si infrangono sui miei scogli e sulle mie barriere ogni volta che vedo o ripenso il mare. Il mare è il posto in cui sarebbe meno duro anche finire; se solo uno potesse scegliere senza traumi e senza traumatizzare.)


((Le foto sono mie.))

(((Il mare, di chi lo sa amare.)))

[…]

¿Quién es el mar, quién soy? Lo sabré el día
Ulterior que sucede a la agonía.

quasi estate

26 domenica Apr 2020

Posted by aitanblog in inter ludi, versiculos

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bicchiere, lockdown, mare

verso il mare

in un bicchiere

La calca siamo noi

08 giovedì Ago 2019

Posted by aitanblog in da lontano, musiche, riflessioni, vita civile

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calca, mare

(Ovvero, la ricerca di sé passa per te e per me nelle stesse spiagge dello stesso mare. Salvo eccezioni.)

Ti giri intorno a fatica; c’è tanta gente; mentre torci il tuo corpo ti incontri col corpo di un altro, di un altro e di un altro ancora; sgomiti, sudi, ti lamenti della calca; ma non ti accorgi che sei tu, la calca.


Tutti ar mare,
tutti ar mare
a mostra’
le chiappe chiare,
co’ li pesci,
in mezzo all’onne,
noi s’annamo a diverti’.


Tutti al mare, tutti al mare, la facciamo noi, tutti insieme, questa sudata calca balneare in cerca di sol-lazo, pax e sol-edad.
Eppure ognuno sogna di non incontrarla, la calca, che è come dire, non incontrare se stessi in mezzo a una marea d’altri se stessi percorsi dallo stesso sogno esclusivo di pace, intimità, gioia e solitudine.
Un modo come un altro per sentirsi diversi come tutti gli altri, stando tutti in mezzo a tutti gli altri. Ognuno in cerca di sé, come te e come me, e in fondo persi tutti dentro ai fatti nostri. La calca, la calca, appunto.

In ogni modo qui, quest’estate, in giro c’è meno gente di quanto pensassi. Molta di meno, in verità.
Dove è la calca?
Dove sono gli altri che siamo noi?
Dove siamo noi?
Verranno tutti a Ferragosto o si stanno accalcando in altri siti, in altre piagge e in altri lidi?

________

In sottofondo musica ambientale cinese in presa diretta.
Ma non siamo nell’isola di Hainan.

Il mare è di chi lo sa amare – Uno sguardo sulla vita breve e libera di Leila Diniz

01 lunedì Lug 2019

Posted by aitanblog in idiomatica, musiche, vita civile

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leila diniz, mare

Leila Diniz (1945-1972) era una giovane attrice dello Stato di Rio de Janeiro che, per il suo atteggiamento anticonformista e provocatorio, diventò un simbolo della liberazione femminile brasiliana; un turbine libertario che scosse nelle fondamenta il Brasile repressivo e conservatore a cavallo tra gli anni ’60 e 70 del secolo scorso; una vita spezzata da un incidente aereo in India, a soli 27 anni (come Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain, Amy Winehouse e compagnia cantante).

FOTO DE PAULO GARCEZ

“Sou uma pessoa livre e em paz com o mundo. Conquistei a minha liberdade a duras penas, rompendo com as convenções que tolhiam os meus passos. Por isso, fui muitas vezes censurada, mas nunca vacilei, sempre fui em frente. Tudo o que fiz me garantiu a paz e a tranquilidade que tenho hoje. Sou Leila Diniz, qual é o problema?” (“Sono una persona libera e in pace col mondo. Ho conquistato la mia libertà a dura pena, rompendo le convenzioni che mi sbarravano il passo. Per questo sono stata censurata tante volte, ma non ho mai vacillato, sono sempre andata avanti. Tutto quello che ho fatto mi ha garantito la pace e la tranquillità che ho oggi. Sono Leila Diniz, qual è il problema?”)

Figlia di un dirigente del partito comunista, subì periodi di ostracismo e censura per aver dato rifugio a militanti di sinistra perseguiti dalla dittatura e, soprattutto, per aver espresso idee e concetti che sembravano minare i valori etici e l’integrità delle famiglie brasiliane. Al punto che viene ricordato come Decreto Leila Diniz un decreto legge che puntava a controllare e reprimere tutte le manifestazioni contrarie al buon costume e alla morale comune.

Leila_Diniz

Ma lei, ironica, indomita e ribelle, si divertiva a scandalizzare i bacchettoni con atteggiamenti disinibiti e frasi ad effetto come: “Você pode muito bem amar uma pessoa e ir para cama com outra. Já aconteceu comigo.” (“Puoi benissimo amare una persona e andare a letto con un’altra. A me è successo”.) oppure “Esse negócio de idade é bobagem. Você deixa de ser virgem quando tem vontade” (“Questo fatto dell’età è una stronzata. Uno smette di essere vergine quando gli va di farlo”). E continuava a rilasciare interviste infarcite di parolacce che apparivano sotto forma di costellazioni di asterischi oppure si faceva ritrarre a mare, in bikini, col pancione o, in un locale pubblico, mentre allattava sua figlia Janaína (senza, peraltro, essersi sposata col padre della bambina).

Leila era molto vicina agli artisti ed ai musicisti del movimento tropicalista, tanto che, dopo la sua morte, Janaína fu affidata a Chico Buarque ed alla sua moglie di allora Marieta Severo.
Tra i suoi amici più intimi c’era anche Milton Nascimento che, 8 anni dopo la sua tragica morte, mise in musica una sua breve poesia che metteva in ridicolo la guerra per il dominio dei mari tra Spagna e Olanda. Un tema cocentissimo in un paese soggiogato, a quei tempi, da una dittatura militare.

Milton pubblicò la canzone tratta dal testo di Leila nel 1980, nel suo album capolavoro “Sentinela”, e aggiunse all’arrangiamento anche la voce originale dell’autrice.

Il titolo è una frase di Leila che apparentemente ha poca relazione col brano: “Um cafuné na cabeça, malandro, eu quero até de macaco” (che vuol dire, più o meno, “Una grattatina sulla testa, canaglia, la voglio perfino da un macaco”).

Ma veniamo al testo poetico di Leila:

Brigam Espanha e Holanda
Pelos direitos do mar
O mar é das gaivotas
Que nele sabem voar
Brigam Espanha e Holanda
Pelos direitos do mar
Brigam Espanha e Holanda
Por que não sabem que o mar
É de quem sabe amar

Traduco:

Combattono Spagna e Olanda
Per il dominio del mare
Il mare è dei gabbiani
Che dentro ci sanno volare
Combattono Spagna e Olanda
Per il dominio del mare
Combattono Spagna e Olanda
Perché non sanno che il mare
È di chi sa amare

Un brano contro il potere, contro la guerra, ma soprattutto un inno anarchico e libertario all’amore e alla natura.

Ascoltatelo anche in questa stupenda versione live di Milton Nascimento accompagnato dal gruppo Uakti e innamoratevene.

Ma oltre che per questo testo un po’ hippie, Leila Diniz ha un posto speciale nella MPB (Música Popular Brasileira) anche per tante altre canzoni che le sono state dedicate da grandi artisti come Martinho da Vila (“Leila Diniz“, un samba bellissimo), Rita Lee (“Todas as Mulheres do Mundo“, che era anche il titolo di un film del ’66 che la vedeva protagonista in un ruolo ispirato alla sua stessa vita), Claúdia e Taiguara (“Memória Livre de Leila“) ed Elton Medeiros (“Mais feliz“).
Il poeta Carlos Drummond de Andrade riassunse la portata rivoluzionaria della sua breve e intensa vita affermando che Leila insegnò ai bambini, agli adulti e a tutto il popolo “a arte de ser sem esconder o ser”, l’arte di essere senza nascondere l’essere. “Leila para sempre Diniz, feliz na lembrança gravada: moça que sem discurso nem requerimento soltou as mulheres de vinte anos presas ao tronco de uma especial escravidão” (“Leila per sempre Diniz, felice nel ricordo impresso nella nostra memoria: giovane donna che senza discussioni né petizioni liberò le donne da venti anni attaccate al palo di una speciale schiavitù.”)

Brigam Espanha e Holanda
Pelos direitos do mar
Brigam Espanha e Holanda
Perché non sanno che il mare
È di chi (lo) sa amare

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