Un’anteprima della VII edizione della manifestazione frattese di musica, teatro e parole.
Il 14, 15 e 16 Luglio, con il patrocinio del Comune di Frattamaggiore, si terrà la settima edizione del “Mediterraneo Reading Festival” nel suggestivo chiostro del Centro Sociale di Via Lupoli.
La manifestazione di quest’anno conferma lo spirito di commistione dei generi del nostro festival, restando in una sorta di zona franca, un’isola felice che non conosce barriere e steccati geografici, mentali e culturali. Vogliamo fare di queste tre serate una finestra senza grate, parapetti o inferriate che si affaccia sul Mediterraneo e sul mondo, con l’intento di intensificare, ampliare, amplificare ed allargare l’orizzonte culturale della nostra bistrattata provincia a Nord di Napoli.
Si comincia venerdì 14 luglio con un concerto di Porfirio Rubirosa, un originale cantautore veneziano che, con la sua poetica dadaista, delirante e grottesca, rappresenta una realtà deformata e illuminata da guizzi di intuizione e lampi di genio. Il tutto portato in pubblico con l’accompagnamento di una musica colta e al tempo stesso popolare che pesca dappertutto, dai classici ai contemporanei, per tutto stravolgere e riproporre in modo nuovo e personale.
A seguire, assisteremo a uno spettacolo di teatro e musica intitolato “Storiacce“, diretto dal regista napoletano Raffaele Di Florio. Ne sono autori e interpreti Cristina Donadio (nota al grande pubblico come la Scianel di “Gomorra“) e Maurizio Capone, in scena con i suoi strumenti realizzati con materiale di riciclo. Lo spettacolo intreccia il piano drammaturgico con quello musicale nel quale Maurizio Capone canta alcune sue canzoni completando ed amplificando gli stati emotivi con dei contrappunti sonori al recitato.
La serata di sabato 15 luglio vedrà l’Infinity World Trio, composto dal pianista pugliese Michele Fazio, dalla violinista e cantante giapponese Aska Maret Kaneko e dal bassista argentino Carlos Buschini, unire le loro anime provenienti da Europa, Asia e America (Latina). Un trio che abbraccia tre continenti producendo composizioni avvolgenti, affascinanti, di difficile incasellamento in un genere specifico. Una musica da camera, senza l’apporto di strumenti percussivi, un cross over tra jazz, musica classica, new tango e tradizione giapponese. Una musica di forte impatto emotivo, ora cullante e meditativa, ora più mossa, ritmica e trascinante Ma, soprattutto, una conferma ulteriore del fatto che la musica è l’arte dell’incontro e non conosce steccati o confini.
Domenica 16 Luglio sarà la volta del nuovo progetto di Jenna’ Romano, un concerto per solo voce e strumenti a corde intitolato #ConCorde, come l’aereo che abbatteva le barriere spazio-temporali e collegava Parigi a New York in meno di quattro ore. Sul palco con JR due bassisti: Anselmo Pascale (al basso elettrico) e Luca Varavallo (al contrabbasso). Ascolteremo riletture di brani di Jenna’ Romano e i Letti Sfatti, brani inediti e reinterpretazioni di classici della canzone d’autore italiana suonate con chitarre reinventate e strumenti non convenzionali come bouzouki e dulcimer.
Insomma, manca poco. Preparatevi ad immergervi in tre serate di commistioni culturali, dove le parole si uniscono alla musica per creare un’atmosfera di apertura, scambio e arricchimento reciproco.
Un’ultima cosa. I tre concerti non vi costeranno niente. Le serate saranno tutte ad ingresso gratuito. A conti fatti vi conviene sicuramente venire al chiostro, piuttosto che ammuffirvi sul divano o cercare refrigerio sul balcone o sotto le ali di un condizionatore.
Oggi si è celebrata, un po’ in sordina, la prima giornata nazionale dei lavoratori dello spettacolo. Qui a Frattamaggiore la giornata è coincisa con la V edizione del Mediterraneo Reading Festival, un’occasione per riprendere e per riprenderci dopo una chiusura troppo lunga che ha colpito più di tutti gli artisti abituati al contatto diretto col pubblico.
È stata un’edizione sintetica, ma densa e, in un certo senso, anche intima con una settantina di attenti spettatori che hanno deciso di assistere a uno spettacolo all’aperto fatto in coincidenza con la partita della squadra prima in classifica, nella città che ha dato i natali a Francesco Durante, a Franco Del Prete (‘o Showman) e… a Lorenzo Insigne.
Il festival si doveva aprire alle 18 e 30 con un corto di Lorenzo Cammisa prodotto dall’ACD Produzioni. Ma una serie di sfortunati eventi tecnici non ci ha permesso di proiettare il corto intitolato “Il figlio del senator Borlotti“. Abbiamo solo potuto raccontarlo con i tre attori protagonisti Lorenzo Cammisa, Giovanni Antinolfi e Giuseppe De Rosa, del che, in qualità di vicepresidente del Mediterraneo Reading Festival, insieme con il presidente Quirino Ganzerli, mi scuso con gli spettatori e con la ACD Produzioni. Io, però, ho potuto vedere questo lavoro in anteprima e vi garantisco che ne vale la pena. È un corto grottesco e pieno di tensione narrativa, che ci offre una chiave di lettura sulla retorica politica di questi anni, sulla pervasività del linguaggio dei mezzi di comunicazione di massa, sulle incontabili divisioni della sinistra e sulla nostra visione dell’altro. Un tema, quest’ultimo, carissimo a noi del Mediterraneo Reading Festival che cerchiamo sempre di non perdere l’attenzione per chi sta sull’altra costa del nostro mare. Se la ACD ci autorizza, metteremo per qualche giorno un link al corto nella nostra pagina Facebook.
Dopo questo inconveniente abbiamo ascoltato una suite di tre brani del progetto discografico Diresta/Folkwind. Personalmente ho avuto il piacere di presentare l’anteprima del disco di Pasquale Di Resta a Sessa Aurunca, sua città natale, e oggi, dopo più di un anno di chiusura coatta, ho rinnovato questo piacere presentandolo nella mia città natale. Pasquale Di Resta è un musicista fuori dagli schemi, un artista onnivoro e di buon gusto, che sa prendere il meglio da diversi generi. Le sue influenze vanno dal prog al jazz, al folk-rock e alla musica latinoamericana. Lui macina nella sua chitarra il meglio che c’è in giro e crea la sua proposta artistica originale e solida. Questo pomeriggio abbiamo ascoltato: – Morning Sweeter, inno alla giovinezza che riprende uno splendido testo di William Blake, il più visionario dei poeti romantici inglesi – Moonchild, ballad dei King Crimson che, nella versione del gruppo Diresta/Folkwind presenta il suo carattere più evocativo e onirico – Ocean, suggestivo brano postfolk, composto in italiano e in inglese da Pasquale. Lo accompagnavano il suo percussionista di fiducia, Antonio Perillo, e, alla chitarra elettrica, il giovane Matteo Spezzano, al suo battesimo sul palco (celebrato egregiamente). Se volete sapere qualcosa in più del progetto musicale Diresta/Folkwind (realizzato in un fulgido e curatissimo doppio vinile) vi rimando a questo mio post dello scorso anno.
Il lungo pomeriggio si è concluso con un concerto in duo di Tricarico e Jenna’ Romano. Il cantautore milanese e il leader nostrano dei Letti Sfatti si sono conosciuti in occasione di un Premio Ciampi al Teatro Goldoni di Livorno. Da lì, hanno cominciato a scrivere brani insieme come “Una cantante di musica leggera”, ripresa anche da Arisa, e “A Milano non c’è il mare”, cantata da Tricarico e da Francesco De Gregori, ma in realtà nata a Grumo Nevano, dove credo che nemmeno ci sia il mare. Poi la collaborazione è continuata con altri brani, come “La bella estate”, e si è allargata a ulteriori incontri con personalità del calibro di Peppe Lanzetta e Sandro Ruotolo. Fino all’intervento in dialetto meneghino di Tricarico nell’ultimo brano scritto in napoletano da Franco Del Prete e musicato da Jenna’, “‘A vita è mo”, da cui è stato prodotto un video con la regia di Lorenzo Cammisa (il regista di cui sopra). Un cerchio che si chiude.
Il concerto minimale (chitarre e voce) di Tricarico/Romano si è aperto con una bella versione di “Ritornerai” di Bruno Lauzi che sembrava sottolineare il momento di ripresa di contatto col pubblico. Subito dopo, abbiamo ascoltato quattro brani di Tricarico sospesi tra ironia, sentimento e surrealismo: “Superficialità”, “Abbracciami fortissimo”, “Luminosa” e “A Milano non c’è il mare”. A seguire, “Il vino” di Ciampi in versione napoletana e italiana (ormai un marchio di fabbrica dei Letti Sfatti di Jenna’ Romano e Mirko Del Gaudio); “Stella di mare” di Lucio Dalla, accompagnata magistralmente con un bouzouki; “Il bosco delle fragole” (che, con una gustosa gag, Tricarico ha confessato di aver scritto per Gianna Nannini); “‘A vita è mo” di Franco Del Prete e Jenna’ Romano; la sempre emozionante e contundente “Io Sono Francesco”; una versione stralunata di “Azzurro” di Paolo Conte e la meravigliosa “Una vita tranquilla” di Tricarico. Bis con “La pesca”, brano metafisico e pensoso che riassume la poetica profonda, ironica, sghemba e stravolta di fronte alla banalità della vita di Francesco Tricarico.
Perché questa sera c’è una festa E così ora guardo nei tuoi occhi Ma proprio dentro in fondo ai tuoi occhi Poi all’improvviso levo la parola occhi E sono in un nuovo spazio immenso E ora prova solo un momento A far saltare tutte le parole Sarà un’esplosione come il sole Come trovare la luce e la purezza E così i sensi bisogna riscoprire tutti i sensi Olfatto, vista, tatto, gusto, udito Per inventare un mondo più bello Pieno di magie e di scintille E d’intuizioni e mille scoperte Perché le parole sono un trucco
Ora che è trascorso qualche giorno, provo a fare un resoconto delle tre serate del Mediterraneo Reading Festival viste da dentro. Quest’anno mi onoro di essere il vicepresidente della neonata associazione che cura il festival; un’associazione che, come dice il nostro presidente Mimmo Giuliano, si propone di creare un terreno culturale fertile per dare vita a momenti di arte e di sperimentazione sui linguaggi, in modo tale che le giornate estive di spettacoli, incontri ed esibizioni debbano diventare il culmine di una ricerca artistica destinata a durare per tutto l’anno.
Sono stati tre giorni molto belli ed intensi che hanno avuto un precedente nella presentazione del Festival fatta la settimana prima con l’incontro con Angelo Petrella e la lettura di tre vibranti poesie di Lina Sanniti accompagnate al piano da Filippo Piccirillo.
Giornate intense, dicevo, che hanno tenuto fede al nostro obiettivo di realizzare incontri di musiche e parole che partano dalla provincia a nord di Napoli per affacciarsi sul Mediterraneo e sul mondo. Il nostro vuole essere un festival aperto all’intimismo, alla convivialità, alla riflessione, alla gioia di vivere, alla sperimentazione ed alla commistione dei generi in un clima di confronto e di partecipazione, mettendo in scena esibizioni delle arti “più disparate e disperate”.
Il primo giorno si è aperto alla grande con il cantautore Antonio Del Gaudio che ci ha presentato tre brani di teatro e musica (due accompagnati al piano) che trasudavano dolore, disperazione ed autoironia. Il primo, recitato in duetto con una voce fuori scena, è stato un confronto acceso e imbarazzante con una madre ingombrante come una mamma del sud o una “yddish mame“. Il secondo, un stralunato canto di corteggiamento. Il terzo un dialogo di un bambino con il padre, incentrato sul quesito filosofico e surreale “Cosa c’è dietro il mare?“. Il tutto con un sottofondo pianistico sapientemente suddiviso tra la voce del padre accompagnata dalla mano sinistra sulla tastiera e quella del figlio dalla destra.
Le canzoni sghembe di Del Gaudio mostrano un dominio della composizione musicale che mi fa pensare a quegli acrobati che camminano sul filo travestiti da pagliacci e fingono di non essere in grado di arrivare all’altro capo della fune. Ma poi ci arrivano tra mille piccole acrobazie che mostrano una perizia mascherata da goffaggine.
La sua performance è stata apprezzata anche da Mariella Nava, che qualche minuto dopo ha emozionato il pubblico che affollava il suggestivo chiostro del centro sociale di Frattamaggiore con la sua musica e le sue parole.
La celebre cantante e autrice era accompagnata da un chitarrista ed un bassista (in qualche caso si è servita anche di qualche base o ha lasciato le tastiere per una tammorra) ed ha alternato le canzoni con interessanti aneddoti sui suoi esordi, sulla sua carriera, i suoi incontri artistici, i big della canzone italiana che hanno interpretato le sue composizioni (tra gli altri, Gianni Morandi, Edoardo De Crescenzo, Renato Zero…) e i modi svariati in cui possono nascere brani popolari come “Questi figli”, “Come mi vuoi”, “Spalle al muro”, “Notte americana” e “Così è la vita”…
La Nava ha anche accompagnato al piano la lettura di due poesie: ‘O mare, di Marco Junior Dentale, e Io non ho paura, di Florin Valentin, lette dagli autori che sono ospiti delle strutture riabilitative psichiatriche Spartaco/Gladiatore di Sant’Antimo e Tifata di San Prisco.
La seconda serata è stata introdotta dal giovane chitarrista Gian Piero Bencivenga che ha interpretato con gusto e padronanza un arrangiamento di Fausto Mesolella della “Pavane” di Grabriel Fauré. Fausto Mesolella è una presenza che aleggerà sempre sul nostro Festival. Ci aveva deliziato, nella prima edizione, con le note della sua chitarra in un concerto trascinante e solitario. Alla seconda lo abbiamo celebrato con un brano suonato da Jennà, Mirko, Tricarico e Vittorio Remino. Ed ora è tornato con la materia della sua musica attraverso questa rilettura della Pavane…
Subito dopo, è stata la volta dell’inedito incontro dei Letti Sfatti con un quintetto di ottoni diretto dal Maestro trombonista “Tonino” Domenico Brasiello, accompagnato da Vincenzo Leurini (tromba), Francesco Amoroso (tromba), Luca Martigliano (corno), Alexandre Cerdà (tuba).
In totale, otto musicisti in scena, sapientemente alternati in varie formazioni che hanno dato al concerto un andamento eclettico e variegato in cui si sono susseguiti:
– brani in solo di Jennà Romano
– duetti con Mirko Del Gaudio (suo sodale di sempre), alla batteria
– duetti con Pasquale Di Resta, alle chitarre (Pasquale è diventato da poco il terzo elemento del gruppo. In questi pomeriggi ho avuto modo di fare molte chiacchierate con lui. È una bella persona con una profonda conoscenza musicale e mi auguro che possa suonare a lungo con Mirko e con Jennà)
– trii in formazione rock o pop
– brani arricchiti dagli ottoni del Neapolis Quintet Brass Ensamble.
La contaminazione è il leit-motiv di un festival che ha come prima parola della sua denominazione il Mediterraneo, un mare che unisce, separa e si riempie di cadaveri. In questo incontro abbiamo assistito a una produttiva e liquida miscela tra il repertorio dei Letti Sfatti e gli stilemi del quintetto classico di ottoni, in tutte le sue declinazioni, anche quelle che si fondono con il jazz o con la musica da banda.
Il concerto si è aperto con un’interpretazione per sola chitarra e voce di “Tu no”, dolente canzone d’amore di Piero Ciampi, il poeta maledetto livornese che è una sorta di nume tutelare e spirito guida dei Letti Sfatti (oltre ad aver vinto nel 2009 un premio a lui dedicato, nel 2012 Jennà e Mirko hanno anche dedicato a Ciampi un intero album arricchito da una splendida foto di copertina di Salvatore di Vilio. Peraltro, Ciampi era stato già evocato in questo festival nell’intro della troppo breve performance di Antonio Del Gaudio).
A partire dal secondo, dal terzo e dal quarto brano in scaletta, “Zollette di stelle”, “Lei balla il mambo” e “Palmiro”, i suoni si sono via via andati arricchendo di nuovi elementi che hanno dato nuova vita a brani già di per sé avvolgenti e ben costruiti. E precipitiamo subito nel mondo dei Letti Sfatti fatto di storie d’amore mal corrisposto, malessere esistenziale e personaggi di periferia in un Paese che cambia lasciando indietro gli ultimi.
“Io sono quello che non ha mai avuto un ombrello e quando piove d’amore non si sa riparare…”
“Il suo nome è Palmiro, Ma non lo ha scelto lui. Suo padre era comunista E ora è solo di sinistra. Il suo nome è Palmiro, Come un marchio sbiadito…”
Di seguito, i rimpianti di “La fiamma di una candela” si fanno più struggenti grazie agli interventi musicali di Pasquale di Resta che comincia a farci sentire un primo assaggio della sua chitarra elettrica suonata con l’archetto.
Il quinto brano, che è tra quelli che sono riuscito a videoregistrare quasi integralmente, ci permette di ascoltare il bel lavoro di arrangiamento dei fiati fatto da Brasiello. Si tratta di “Quello che ho di te”. Ascoltate quanto è bello il “bridge“.
Di seguito, è stata la volta della versione tradotta in napoletano dai Letti Sfatti del capolavoro di Piero Ciampi (rieccolo qua) “Il Vino”. Purtroppo, riesco a farvi sentire solo la coda del brano. Ma credo che sia sufficiente per farvi apprezzare l’arrangiamento vagamente dixieland dei fiati e il drumming deciso e sicuro di Mirko. Un’atmosfera ubriaca che ci lascia in bilico tra Ciampi, Totonno ‘e Quagliarella e il Tom Waits di The piano has been drinking (not me) o di Swordfishtrombones e di Bone Machine.
Tra gli applausi, Mirko e il quintetto si allontanano per lasciare sul palco Jennà e Pasquale che interpretano questa struggente versione di “Casandrino”, una canzone dedicata a un ragazzo che emigra nel degrado della provincia e perde la sua partita con la vita. Trovo molto suggestivi i suoni che Pasquale tira fuori dalla sua chitarra con quell’archetto che gli permette note lunghe come quelle di un violoncello. Ascoltate.
Con “Dietro quelle porte” si cambia atmosfera tornando all’energia percussiva di Mirko che ci regala anche un trascinante e coinvolgente assolo di batteria.
Ugualmente prezioso il suo lavoro che funziona come il clic di un metronomo per il brano seguente, in cui tornano a suonare tutti e otto gli elementi di questo concerto dei “Letti Sfatti allargati”.
Il brano è “Comincio a credere che”, di cui vi faccio sentire la bellissima coda con una tessitura armonica dei fiati che ho sentito varie volte nelle prove e che nella mia testa è diventata una specie di sigla del concerto.
L’ultimo brano prima del bis è una canzone dedicata a questa Italia qua che, guarda un po’, si intitola “La troia”.
Lungo applauso alla troia e poi il bis, che si apre con un brano dedicato a “Pantani”, che mette in dialogo il “Bartali” vincente di Paolo Conte con il destino sfortunato del “pirata”.
Segue una bellissima versione di “Stella di mare” di Lucio Dalla.
Jennà forse non lo sa (o forse glielo ho già detto, non mi ricordo), ma io lo ho cominciato ad apprezzare proprio ascoltando la sua versione percussiva di questo brano suonato da solo al bouzouki. Questa è un’altra versione da brivido che si avvale dell’apporto di Mirko e Pasquale.
L’ultimo brano del concerto è una ripresa di “Zollette di stelle” che potete ascoltare qua…
Insomma, se sabato non siete venuti, avete fatto male.
E avete fatto male anche se non siete venuti domenica, quando c’era il concerto-spettacolo di Massimo Masiello “Gli amici se ne vanno”, dedicato alle “note ineguali di Umberto Bindi”. Si tratta di una sorta di biopic teatrale scritto da Gianmarco Cesario e Antonio Mocciola e dedicato alla vita sfortunata e dolente di questo grande proto-cantautore genovese, condannato all’ostracismo dopo che fu rivelata la sua omosessualità. Molto convincente l’interpretazione di Masiello che si avvale anche di buone qualità vocali messe in risalto dagli arrangiamenti minimali ed essenziali di Jennà Romano.
E con questo spettacolo contundente e scomodo il festival è finito, gli amici se ne vanno…
Arrivederci alla prossima edizione e grazie a tutti quelli che hanno dato una mano o un pezzo del loro grande cuore.