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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi tag: memoria

Forse un dì sapremo quello che vuol dire….

25 martedì Apr 2023

Posted by aitanblog in texticulos, vita civile

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25 aprile, memoria, resistenza


Revisione di un mio testo resistenziale di 13 anni fa


"Non chiedermi chi sono né se mi hai conosciuto
I sogni che mi hanno creato cresceranno
anche quando non ci sarò più
....
E io porterò a compimento la mia missione
Anche se quelle parole saranno così imbevute di sangue da risultare illeggibili
...
A chi non sa vedere"

…

Bello, biondo e di gentile aspetto era il giovane (gli eroi son tutti giovani e belli). Lo vediamo addentrarsi nella notte con la lettera nascosta nella camicia, tra l’ombelico e il petto, il lembo superiore del foglio all’altezza del cuore.


Corri forte, corri ragazzo, la storia viaggia insieme a te.
Corri forte, corri ragazzo, e canta con la gente che non vuol morire.
Corri forte, corri, corri e non ti chinare.

Corri così forte che non ti possano neanche vedere.



E corre, corre il ragazzo tra le fronde e gli arbusti; corre, corre il ragazzo tra i pini e gli eucalipti dagli alti fusti e canta, canta ancora. Corre, corre tra gufi, civette e immagini di morte che non vogliono andar via e lui canta, canta forte per spaventare la paura. Canta, canta nel buio di una notte senza luna e corre, corre come fosse la cosa più importante.
Porta di tanto in tanto la mano al petto, il ragazzo, e controlla che la lettera non gli sia scivolata via. É una questione di vita o di morte. Di morte, di morte.
Tutto il bene del mondo oltre il ponte. Tutto il male gli si para di fronte.

Corre il ragazzo, come il sole nella notte, corre, corre come fosse la cosa più importante e correndo non smette di cantare, anche se ha il fiato in gola e tutt’intorno fischia il vento e infuria la bufera.
Per un attimo, un attimo solo, si ferma e pensa che è tutta una follia, pensa alle cosce di Maria; solo un attimo e uno sparo colora di sangue il buio.
Quelle bestie feroci non ti avrebbero dovuto vedere.
(La polvere, il sangue, le mosche e l’odore, per strada, fra i campi, la gente che muore, e tu, tu la chiami guerra e non sai che cos’è, e tu, tu la chiami guerra e non ti spieghi perché.)

Il terzo colpo arriva giusto al cuore, trapassa la camicia, la lettera e la carne che palpita di dolore. Il terzo colpo arriva giusto al cuore e passa via dal suo corpo come il vento tra le fronde e i fori dei muri. Le parole si macchiano di rosso. Il corpo cade come cade una pera dal ramo, la mano posata su un fiore. E questo è il fiore del partigiano, morto per libertà.



Ora giaci senza respiro dentro a un cespuglio di biancospino mentre sul mare vanno le barche in cui ti cullavi quando eri bambino. Sangue sulle foglie e sangue alle radici, ecco il frutto che i corvi strapperanno, che la pioggia raccoglierà, che il vento porterà via, che il sole farà marcire, che gli alberi lasceranno cadere.

Ricordamoci i morti,
ma ricordiamoli vivi.
Ricordamoci i morti,
ma ricordiamoli vivi.
Ricordamoci i morti,
ma ricordiamoli vivi.

Ricordiamoci i morti.

Le Rughe dei Ricordi

15 mercoledì Feb 2023

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, texticulos

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memoria, vecchiaia

Racconto in forma di breve considerazione

Son belle le rughe dei ricordi. Bisogna portarle con orgoglio. Ed anche le cicatrici vanno indossate a testa alta. Ma solo fino a un certo punto. Se la sollevi troppo, la testa, rischi che si riaprano i punti di sutura e ti può cominciare a volare sangue sulle scarpe nuove, quelle che avevi comprato per andarci come si deve, alla cerimonia della tua sepoltura.

Si stava meglio

30 lunedì Gen 2023

Posted by aitanblog in inter ludi, riflessioni, texticulos

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memoria, ricordi, vecchiaia

interludio senescente e rimembrante

Dice: “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Non è vero, gli dico, eravamo noi che stavamo meglio; senza la sciatica, la sordità incipiente, le cosce mosce mosce, il disallineamento con la realtà e col tempo, il calo dei desideri e la paura dell’imminenza della fine.

Anche la nostalgia di certi luoghi che hanno segnato la nostra vita, in fondo non è altro che una forma di rimpianto per l’epoca che corrisponde a quel luogo; non si ha nostalgia degli spazi, si ha nostalgia dei tempi andati e della nostra gioventù arenata in quei tempi che non torneranno più.

Questo lo diceva Schopenhauer, oppure Proust, o Borges che citava entrambi o solo uno dei due.

Non mi ricordo più.

E anche se inventassero la macchina del tempo saremmo sempre noi con il carico dei nostri anni a tornare nei luoghi della nostra memoria, e non sarebbe la stessa cosa correre su quella spiaggia o passeggiare tra quei sentieri con le ginocchia che scricchiolano e la preoccupazione che il vento tra i radi capelli possa essere di danno ai nostri polmoni.

In fondo, la conosciamo tutti la delusione di tornare in un luogo da cui mancavano da tempo e vedere che quello stesso luogo non è più lo stesso.

La maestra inascoltata

27 venerdì Gen 2023

Posted by aitanblog in musiche, recensioni, riflessioni, vita civile

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memoria, Tproject

Le vittime innocenti delle guerre in un video dei Tproject

…

La storia è una buona maestra ma i suoi alunni sono svogliati e disattenti. Per quanti esempi lei tracci sulla lavagna del tempo, loro non vogliono e non riescono a imparare.

Di guerra si continua a morire.
E non si muore solo da soldati.

E così, ogni 27 gennaio torniamo a piangere i morti del ‘900 senza svestirci della nostra indifferenza di fronte ai morti disseminati sui campi del presente. Morti di ogni età e di ogni latitudine che continuano a cadere sotto le bombe; come i bambini di questo video dei Tproject di quattro anni fa. Morti di guerra, di fame e di stenti o rimasti orfani a seguito dei conflitti degli adulti.

Tproject, “I bambini della guerra” (Gino Frattasio e Pasquale Marchese)

Troppo comodo considerare il passato come un film commovente e poi continuare ad essere indifferenti di fronte alle morti, ai razzismi e alle discriminazioni che crescono ogni giorno dentro e fuori di noi.

Non facciamo della memoria un altro sepolcro imbiancato, lasciamola agire nel corpo della nostra società e nelle nostra stessa coscienza, per fare meglio e diventare migliori.
Rendiamoci conto che è insensato celebrare un rituale della memoria commuovendosi per ciò che stato, senza muoversi davanti a ciò che è e torna a ripetersi. Come se non ci fossero altre strade da percorrere, tracciare o creare.

…

“La memoria della Shoah, serve sì a onorare il passato e le vittime, ma è soprattutto uno strumento per il presente e per il futuro affinché ciò che è stato, non possa ripetersi mai più. Per questo abbiamo tutti il dovere di ricordare“. (Moni Ovadia)

Il valore della memoria e la certezza del dubbio

25 mercoledì Gen 2023

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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consapevolezza, dubbi, memoria

Considerazioni sull’importanza del non dimenticare lasciate qua qualche giorno prima del 27 gennaio, quando saremo saturi di discorsi sulla memoria, col rischio che tutte quelle belle parole si annullino a vicenda o si confondano nel brusio generale, come il frinire fastidioso di un grillo parlante tra la folla fastidiosa di grilli che coprono le loro voci una sull’altra in un vociare indistinto e molesto.


Dobbiamo conoscere il nostro passato. Dobbiamo amare, odiare, perpetrare, rinnovare e ribaltare le nostre tradizioni. Rivoltare come un calzino la nostra storia e tornare a indossarla come cosa nuova.
La dimenticanza è la porta di accesso all’indifferenza. E l’indifferenza è la fine della storia, l’epilogo di ogni forma di vita viva e degna di essere vissuta.

Se non sai da dove vieni, vai dove vai vai e non ti trovi mai. Se non sai da dove vieni, non capisci nemmeno dove sei arrivato. Se non sai da dove vieni, dovresti almeno provare a cercarti.
L’atto stesso di cercare, potrebbe aiutarti a sanare mancanze e ferite.

Cercare e, cercando, cercarsi.

L’ignoranza, qui, diventa un reato contro se stessi, oltre che contro il mondo.

Dobbiamo conoscere il nostro passato per avere un futuro degno di essere vissuto e non sprecare il presente.

Dobbiamo conoscere il nostro passato e usarlo come uno specchio deformato.

Dobbiamo conoscere il nostro passato per capire dove abbiamo sbagliato.

Dobbiamo conoscerci per farci un po’ migliori e migliorare il mondo che ci gira intorno.

Fare.
Fare e, facendo, farsi.

Ma ve le le immaginate tutte queste spirali di miglioramento che si liberano dalla nostra immaterialità e si incontrano con le spirali di miglioramento delle persone che gravitano nel nostro raggio d’azione e vibrano congiuntamente con altre spirali provocando un effetto moltiplicatore che si riverbera per ogni meridiano e parallelo dell’orbe terracqueo e si innalza orgoglioso fino al cielo?

Un circolo virtuoso di persone che sanno da dove vengono e decidono insieme dove vogliono andare.

Un sogno utopistico da realizzare in terra.

Oppure un’altra distopia.

Deh!

(La consapevolezza è anche la madre del dubbio.)


>>> aitanblog…/2016…/fare-memoria

due anni ieri

18 domenica Dic 2022

Posted by aitanblog in versiculos

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Tag

memoria


sono trascorsi due anni
ma mi sembra ancora impossibile
due anni in cui troppi di voi
siete andati via troppo presto
quando avevamo ancora tante
cose da dirci quando avevate
ancora troppe cose da fare e
braccia da stringere
e abbracciare

sono trascorsi due anni
e sento la vostra mancanza
come una presenza che
non si può colmare

sono trascorsi due anni
due anni ieri

In attesa di un altro 27 Gennaio

25 martedì Gen 2022

Posted by aitanblog in riflessioni

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Tag

memoria

Diceva Bernardo di Chartres e ripeteva Isaac Newton “che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.” («Dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine, aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea», Giovanni di Salisbury, XII secolo).

Vorrei crederci, ma a volte ho l’impressione che avesse ragione Aldous Huxley nel ritenere che il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia sia la lezione più importante che la storia ci insegna. («That men do not learn very much from the lessons of history is the most important of all the lessons that history has to teach.»)

E voi da che parte state, dalla parte di Bernard, Isaac e Giovanni o dalla parte di Aldous?
Insomma, per voi ha senso celebrare una giornata della memoria commuovendosi per ciò che stato e non muovendosi davanti a ciò che è?


E ve lo chiedo un paio di giorni prima che i discorsi si ammucchino, si accatastino, si ammonticchino, si accavallino, si affastellino e si sovrappongano in un brulichio indistinto e noioso in cui si perdono, come in un deserto, le poche voci fuori dal coro.
Prima che ci mettiamo a piangere i morti del ‘900 senza svestirci della nostra indifferenza di fronte ai morti e alle discriminazioni del 2022. I morti sul lavoro, i morti di lavoro, i morti senza lavoro e i morti in cerca di lavoro e dignità lontano dalla loro terra.

Non certo per svilire la Shoah, ma per darle un senso che trascenda dai muri di quei Lager.

seeds, ricordi ‘n raíces

19 mercoledì Gen 2022

Posted by aitanblog in idiomatica, immagini, musiche, versiculos

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Tag

memoria

versione trilingue

…

…

parole foto e musica di
gaetano ‘aitan’ vergara

Le 56 Balene di Mingus

05 mercoledì Gen 2022

Posted by aitanblog in immagini, musiche, recensioni

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memoria, Mingus

A 43 anni dalla morte del Barone di Nogales

Quarantatré anni fa, giusto 43 anni fa, moriva Charles Mingus, a Cuernavaca, nel Sud del Messico, un Paese che amava e in cui andava spesso a svernare e a spassarsela.
Ma quella volta no. Quella volta Charles Mingus non era andato a divertirsi e a gozzovigliare. Quella volta si era andato a mettere nelle mani stregate di una curandera.
Forse, anche se non lo confessava nemmeno a se stesso, dentro di sé Charles lo sapeva che era partito per morire, quella volta. E aveva scelto una terra tutto sommato vicina, ma del tutto distante dagli Stati Uniti del puritanesimo, del capitalismo sfrenato, della segregazione razziale e dell’odio per i non allineati. La terra sensuale e misteriosa che gli aveva ispirato capolavori come “Tijuana Moods” (1957-1962) e “The Black Saint and the Sinner Lady” (1963).

Un paio di anni prima di quel fatidico 5 gennaio del 1979, Mingus aveva scoperto di essere affetto da una rara forma di sclerosi che lo aveva costretto a vivere tra un letto e una sedia a rotelle. Dopo mille tentativi di cure tradizionali, aveva fatto le valigie e aveva attraversato la frontiera che dagli USA portava agli Stati Uniti Messicani.

Il giorno dopo la sua morte, seguendo una sua volontà, il suo corposo corpo fu cremato. Probabilmente pesava ancora più di un quintale, nonostante la malattia che negli ultimi due anni lo aveva fortemente debilitato e infiacchito.
Più tardi le sue ceneri sarebbero state portate in India e poi sparse dalla moglie Sue nelle acque sacre del Gange. Una cerimonia piena di fiori e tinte sgargianti.

Aveva solo 56 anni, Charles Mingus, in quella prima settimana del ’79.
Una leggenda alimentata da Joni Mitchell narra che nel giorno della sua morte 56 balene si arenarono su una spiaggia di Acapulco e scelsero anche loro di morire in Messico.

Fu così che quel 5 gennaio del ’79, se ne andarono insieme 56 balene e uno dei più grandi innovatori della musica afroamericana, un compositore di sorprendenti doti sincretiche e creative e un grande contrabbassista, uno di quelli che hanno dato centralità e protagonismo a uno strumento dei margini e delle seconde linee.

Ma Charles Mingus era anche un uomo grande e un grande uomo dalla personalità impegnativa, complessa e ingombrante. Un artista orgoglioso delle sue origini quanto mai composite e uno strenuo attivista nel campo dei diritti degli statunitensi non Wasp (quelli che non erano né bianchi né anglosassoni né protestanti): suo padre era mulatto di madre svedese e padre afroamericano; sua madre era metà cinese e metà pellerossa.

“I am Charles Mingus. Half-black man. Yellow man. Half-yellow. Not even yellow, nor white enough to pass for nothing but black and not too light enough to be called white.”

Riferendosi in chiave sarcastica alla pluralità delle sue ascendenze, Mingus diceva di sé stesso di essere al di sotto di un cane bastardo (la sua autobiografia si intitola proprio così: “Beneath the Underdog“).

Era un uomo affamato di vita, di sesso, di alcol e di musica Charles Mingus (guai a chiamarlo Charlie!). Una personalità contorta e vorace. Irruento e capace di improvvisi slanci di nostalgia e tenerezza come la sua musica. Un artista in perenne ricerca e pervaso da una continua volontà di cambiamento.

“I’m going to keep on finding out the kind of man I am through my music. That’s the one place I can be free. But the reason it’s difficult is because I’m changing all the time.”

Un disadattato, continuamente in analisi. Un epitome dell’artista genio e sregolatezza. Una personalità multipla come le sue origini proteiformi.

“In other words I am three. One man stands forever in the middle, unconcerned, unmoved, watching, waiting to be allowed to express what he sees to the other two.
The second man is like a frightened animal that attacks for fear of being attacked.
Then there’s an over-loving gentle person who lets people into the uttermost sacred temple of his being and he’ll take insults and be trusting and sign contracts without reading them and get talked down to working cheap or for nothing, and when he realizes what’s been done to him he feels like killing and destroying everything around him including himself for being so stupid. But he can’t – he goes back inside himself.”

Ma quale di queste personalità era reale?
Tutte, tutte erano reali e tutte cooperavano a dare linfa alla sua arte musicale e al suo genio compositivo.


Onore e merito al Barone di Nogales e alla sua arte imperitura!

(Wow! Dammit e uanema, unanema ‘a bella!)


interludio vacillante

02 domenica Gen 2022

Posted by aitanblog in inter ludi, riflessioni, vita civile

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dubbio, medicine, memoria, metafora

Ohibò, ma cosa successe otto anni fa che mi spinse a scrivere questo breve e preoccupato post di Facebook?
Due anni di covid mi hanno offuscato la memoria.
E quel fatto di “se ti dicono che rischi di morire, ti affidi ai dottori” e bla bla bla, era una metafora, vero?
Continuo a vacillare. In ogni senso.
Ma faccio il bravo e prendo le medicine.


Etichettare sotto i tag:
#vacillanti #dubitanti #incerti #no-novax

(Io non ho fede nella scienza, per non offenderla.)


Honoré Daumier (1808-1879)

Aspettate, aspettate, provo ad aggiungere una ventata di ottimismo chioscottesco. Almeno come buon augurio.

“Sappi, Sancio, che un uomo non vale più di un altro uomo, se non fa più dell’altro.
Tutte queste burrasche che ci capitano sono segni che presto il tempo dovrà volgere al sereno e le cose dovranno andarci bene; perché non è possibile che il male e il bene siano durevoli, e da ciò consegue che, essendo durato molto il male, il bene è ormai vicino.”

Miguel de Cervantes, “Don Chisciotte della Mancia“, Libro I, cap.XVIII (la traduzione è mia).

Il meme è una rielaborazione grafica di un’immagine pubblicitaria tratta da lamanchawines.com.

Ma… avercela davvero tutta questa fiducia sull’imminenza del momento buono della statistica!

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