Un triangolo capovolto

A volte mi rivolgo al Passato
e rimpiango tutto ciò che ho perso
scivolando dritto al prossimo verso
A volte vivo solo nel Presente
e non penso a null’altro che a niente
A volte parlo al Futuro
Ma Lui non risponde
15 mercoledì Mar 2023
Posted immagini, versiculos
in23 mercoledì Dic 2020
Posted idiomatica, riflessioni
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Il coinvolgimento emotivo nell’uso dei tempi verbali.
Il passato remoto è il tempo della lontananza. Esprime un evento avvenuto in un tempo che non ha (più) relazione con il momento in cui enunciamo i fatti.
Il passato prossimo, in quanto prossimo (vicino), si riferisce ad eventi che mantengono uno stretto legame col presente (almeno nella percezione di chi parla o scrive).
Nel secondo caso, per lo più, i fatti e l’enunciazione dei fatti si svolgono nella stessa cornice temporale (ora, questa settimana, oggi, il XXI secolo); nel primo, in un tempo differente (il secolo scorso, ieri, l’anno passato, il 1989, il IV secolo avanti Cristo, la scorsa estate, l’era pre-covid…).
Tuttavia, in italiano usiamo il passato prossimo anche per indicare azioni che si inseriscono in una cornice temporale differente da quella in cui ci troviamo qui ed ora.
– Venti anni fa ho conosciuto l’amore.
– Nel 1616 sono morti Shakespeare e Cervantes.
– Nel 1265 è nato Dante Alighieri.
– Ieri me ne sono stato chiuso in casa tutto il giorno.
In inglese e in spagnolo tutte queste azioni che attengono a un tempo concluso e irrelato col presente si esprimono preferibilmente con forme di passato remoto (simple past / pretérito indefinido)…
– Cervantes y Shakespeare murieron en el mismo año…
– Dante was born in 1265.
Quando è finito, è passato.
Punto.
Lo bailado… bailado está.
E, però, le cose non sempre sono così semplici e lineari.
La grammatica crea schemi; ma la vita e le parole che la raccontano ignorano norme e regole, sconvolgono adempimenti e programmi, non rispettano i margini e la fanno fuori dal vaso.
Il passato è passato. È vero. E se ne sta là, inerte. Ma qualche volta quello che fu…, quello che è stato, si incunea nel presente, in ciò che è qui ed ora, e si manifesta vivido davanti ai nostri occhi lucidi di pianto.
Insomma, finché non smette di farti male, il passato è ancora presente.
– Te ha dejado hace cuatro años, y sigues llorando…
– Ti ha lasciato quattro anni fa, ma l@ stai ancora piangendo…
Ti ha lasciato
Ti ha lasciato.
Ti ha lasciato e continua a lasciarti ogni giorno della tua vita.
Forse a un gramático di stretta osservanza non sembrerà corretto, ma i sentimenti trascendono la morfologia e la sintassi e si impongono anche sulle nostre parole.
Il dolore lo senti presente. Anche se è successo una vita fa.
E magari, qualche volta, senti viva dentro di te anche la gioia passata.
A joy for ever, per dirla col poeta. (John Keats, “Endymion”, 1818).
Gli fa eco il proverbio argentino che ci ricorda che “nadie te quita lo bailado“.
Quello che abbiamo ballato, quello che abbiamo vissuto, nessuno ce lo può portare via.
Nemmeno le tegole della grammatica.