interludio senescente e rimembrante

Dice: “Si stava meglio quando si stava peggio”.
Non è vero, gli dico, eravamo noi che stavamo meglio; senza la sciatica, la sordità incipiente, le cosce mosce mosce, il disallineamento con la realtà e col tempo, il calo dei desideri e la paura dell’imminenza della fine.
Anche la nostalgia di certi luoghi che hanno segnato la nostra vita, in fondo non è altro che una forma di rimpianto per l’epoca che corrisponde a quel luogo; non si ha nostalgia degli spazi, si ha nostalgia dei tempi andati e della nostra gioventù arenata in quei tempi che non torneranno più.
Questo lo diceva Schopenhauer, oppure Proust, o Borges che citava entrambi o solo uno dei due.
Non mi ricordo più.
E anche se inventassero la macchina del tempo saremmo sempre noi con il carico dei nostri anni a tornare nei luoghi della nostra memoria, e non sarebbe la stessa cosa correre su quella spiaggia o passeggiare tra quei sentieri con le ginocchia che scricchiolano e la preoccupazione che il vento tra i radi capelli possa essere di danno ai nostri polmoni.
In fondo, la conosciamo tutti la delusione di tornare in un luogo da cui mancavano da tempo e vedere che quello stesso luogo non è più lo stesso.