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‘O Sud se crede sfaccimmo e invece e’ fesso

23 domenica Mag 2021

Posted by aitanblog in musiche, recensioni, riflessioni

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Tag

letti sfatti, sud, trampetti

Nel giorno in cui nei social riecheggia la benvenuta vittoria internazionale dei Måneskin realizzata suonando dal vivo strumenti veri (vivaddio!) e seguita dall’innesco di tutta una sequela di polemiche sulla presunta mancanza di originalità della loro proposta pop-rock, trovo finalmente un po’ di tempo per parlarvi dell’ultimo cd di Patrizio Trampetti; un disco vero, di un artista autentico, realizzato con lentezza e attenzione sotto la produzione e la collaborazione artistica di Jennà Romano, che, peraltro, è anche coautore di quasi tutti i brani dell’album.

Il CD si intitola ‘O SUD È FESSO ed è un disco dalle diverse facce che ben rappresentano la versatilità e le variegate esperienze artistiche di Patrizio Trampetti, che, ricordiamolo, è stato tra i fondatori e le voci caratterizzanti della formazione storica della Nuova Compagnia di Canto Popolare, oltre che attore teatrale e autore di celebri brani interpretati da Edoardo ed Eugenio Bennato, Francesco Baccini, Gilberto Gil, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, Irio De Paula e Peppe Barra (“Un giorno credi”, “Feste di Piazza”, “Portugal”, “Donna contemporanea”… sono alcuni dei suoi capi d’opera). In più, dopo aver lasciato la NCCP, ha prodotto cinque o sei album da solista e, dal 2009, collabora con Jennà Romano e Mirko del Gaudio dei Letti Sfatti insieme con i quali ha già realizzato, prima di questo nuovo lavoro, due dischi ed un libro accompagnato da un DVD scritto a sei mani con Erri De Luca e Jennà (“Questa città“, Edizioni Testepiene).

Ma veniamo a questa nuova produzione.
Il disco si apre con un brano recitato da Gianfelice Imparato e Angelica Ippolito e cantato da Patrizio. È una canzone dedicata al Vomero, un quartiere napoletano poco praticato dal nostro canzoniere, ma molto interessato dalla speculazione edilizia e dal traffico veicolare.

Segue la canzone che dà il titolo al disco. Un pezzo di impatto immediato che abbiamo ammirato anche in un video diretto da Lorenzo Cammisa.
Mi sono subito ritrovato nell’amore odio per Napoli e per il Sud che pervadono le prime due tracce.
“Non mi piace più questa città, veramente non mi è mai piaciuta, e tanto non mi piace che a volte… mi piace tanto… per un niente.”
Perché il sud si crede di essere furbo, si sente “sfaccimmo”, e invece è fesso, “se magna pane e pane e chitemmuorte / e nun cagna manco ‘nnanze ‘a morte”, si fa manipolare dai suoi nemici esterni ed interni e si accontenta di qualche sporadica elargizione del potente di turno; quattro caramelle che non lo fanno crescere per rendersi autonomo, responsabile e indipendente.
A me sembra il manifesto di una Napoli che prende coscienza del servilismo e del provincialismo che l’hanno tenuta legata ai suoi difetti offuscandone i pregi e le inesauribili possibilità di riscatto e cambiamento.
Un inno necessario al Meridione che potrebbe essere e non è mai stato.

Il brano seguente, “L’ora da controra”, è il brano più in linea con la tradizione musicale popolare nostrana, ma ha anche a che fare con le rivisitazioni elettriche delle notti tarantolate e con certi influssi orientaleggianti della world music internazionale. Non a caso ospita all’organetto Ambrogio Sparagna, uno dei massimi rappresentanti della tradizione etnomusicologica italiana. È un brano gustoso e ammaliante, arricchito anche dal sax soprano di Mario Lupoli; una canzone d’amore e acrobazia intervallata da uno scioglilingua declamato a tutta velocità da Jennà Romano (una filastrocca che gli aveva insegnato un suo zio grumese, mi ha detto). 

“Canzone ‘e niente” è un bel brano in cui Filippo Piccirillo al Rodhes, Jennà alla chitarra elettrica e Mirko Del Gaudio alla batteria creano un bel sound sospeso tra le ballad elettriche di Pino Daniele e il night del miglior Peppino Di Capri o di un… George Benson. Molto bella la pasta vocale utilizzata da Patrizio, per quanto nel solco della tradizione di tante canzoni che negano se stesse e il loro valore, gli sentiamo cantare nel ritornello “sta canzone ‘e niente ca’ nun saccio canta’…”.

“’O mare” è una delle tracce più intense e commoventi del disco.
Oltre a Jennà, a Mirko e al sassofonista Giovanni Sorvillo, accompagnano Patrizio  le voci di tre giovani ospiti del centro di riabilitazione psichiatrica che fa capo alla cooperativa Spartaco.
Sapevo da tempo di questo laboratorio musicale e poetico che Patrizio e i Letti Sfatti stavano tenendo con gli ospiti di questo e di altri centri del napoletano e del casertano. A luglio del 2018, nel corso della Terza edizione del Mediterraneo Reading Festival, mi ero anche emozionato dopo che avevo ascoltato Marco Junior Dentale recitare la poesia che è diventata il fulcro del testo di questo brano.
E ora sentire questi versi trasformati in una canzone così bella e compiuta mi ha riempito di commozione e di gioia.
Al di là di tante chiacchiere che si fanno su riabilitazione, emarginazione e inclusione.

“Ammore” è il brano che suggella il reincontro sullo stesso palco di due capisaldi della formazione storica della Nuova Compagnia di Canto Popolare: Patrizio Trampetti e Fausta Vetere; una reunion, che era cominciata qui a Frattamaggiore nel 2019, quando era ancora vivo Corrado Sfogli, chitarrista della Nuova Compagnia, marito di Fausta e negli anni ’60 alunno del maestro Caliendo insieme con Patrizio.
Al di là di queste note malinconiche, “Ammore” è la canzone più allegra dell’album, un brano latineggiante in cui, nella coda,  le trombe e i tromboni del maestro Domenico Brasiello, se chiudi gli occhi, ti fanno sentire e vedere la presenza di un gruppo “mariachi” con tanto di baffoni e sombreri messicani che suonano nella tua stanza.

“Chiove” è una struggente canzone d’amore e malinconia scritta dal mio amico Filippo Piccirillo che accompagna anche al piano la voce di Patrizio e le incursioni insinuanti del sax tenore di Giovanni Sorvillo.
“Ohi ne’, me ne so’ jute eppure penso a ‘tte.”

“Senza passione” ed “E’ tarde” sono due belle e moderne canzoni d’amore, malinconia e insoddisfazione. Nella prima delle due ascoltiamo un bell’assolo di Piccirillo al Farfisa, un altro degli strumenti vintage che caratterizzano il sound di questo album.
La seconda è un cammeo con un prezioso accompagnamento acustico di Gian Piero Bencivenga alla chitarra classica e Roberto Marangio al contrabbasso.

L’album si conclude degnamente con “Lacreme”, un brano cantato da Patrizio e letto dalla voce profonda del giornalista Sandro Ruotolo (che negli ultimi anni ha spesso collaborato con Jennà Romano in recital di denuncia e canzoni).
Circolarmente il disco si apre e si chiude con un riuscito intreccio di canto e recitazione.
Qui Ruotolo legge due passi tratti da alcune lettere dei condannati a morte della Resistenza, mentre Trampetti canta “lacreme ‘nterra ‘a rena” su un accompagnamento che parte con note minimali di chitarra e diamonica e diventa bandistico.
“‘Nu saluto a Tonino, / fallo crescere bbuone, / e n’abbraccio pe’ ‘tte, / ca si mamma e si sposa”.
Poche note tristi e solitarie di diamonica e torna un silenzio raccolto nella stanza.

__________

L’album è ancora acquistabile nelle edicole dei giornali fino al 20 giugno e, secondo me, dovete correre a prenotarlo (peraltro, costa solo 5 euro e 90).

Immagine

Insomma, qui tra un paio di domeniche si vota e si vota Sì!

03 domenica Apr 2016

Tag

mare, no-triv, petrolio, referendum, stefania, sud

Ci hanno convinto a comprare 2 o 3 automobili per ogni famiglia di 5, ci hanno insegnato che per andare a comprare il latte all’angolo bisognava andarci in macchina, hanno deviato tutto il trasporto su gomma, ci hanno condizionato a tal punto che non sappiamo più vivere le nostre estati senza condizionatore e i piani alti senza ascensore e ora, ora ci ricattano: non vuoi le trivelle sul litorale e poi fai abuso di macchine, camion, condizionatori e ascensori? L’inquinamento sei tu e tu sei il petroliere, il gassificatore e l’estrattore.

Difendiamoci.

Votiamo sì e limitiamo i consumi di idrocarburi. Muoviamoci usando l’energia più pulita e rinnovabile che c’è, quella delle nostre gambe, e apriamo le nostre finestre in estate e in primavera.

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Pubblicato da aitanblog | Filed under immagini, riflessioni, stefania, vita civile

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