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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi tag: texticulos

Ombre lunghe

24 sabato Ott 2015

Posted by aitanblog in texticulos

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amicizia, texticulos

Avresti voluto calpestare ancora un po’ questo suolo, avrei voluto sentire ancora il rumore dei tuoi passi avvicinarsi alla porta, avremmo voluto bere un altro bicchiere insieme promettendoci che non sarebbe stato l’ultimo; ma sei inciampato nella tua ombra e non ti sei più rialzato.

Una coppia comune – Storiella sui gender

01 giovedì Ott 2015

Posted by aitanblog in texticulos, vita civile

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texticulos, vita civile

Lui si lamentava che il pane era stantio.
Lei: “Ma come? Se è lo stesso dell’altroieri che ti era piaciuto tanto…”.

Lui voleva andare al mare.
Lei aveva già prenotato per la montagna, “Ma c’è una piscina a soli 12 chilometri, e vedrai il parcheggiatore come è carino”.

A lui piaceva dormire con le finestre aperte.
Lei chiudeva anche le persiane per paura che entrasse in casa un filo di luce o un pipistrello travestito da calabrone o da falena.

A lui piaceva fare l’amore di buon mattino.
Lei dormiva fino alle nove, e per le prime tre ore non connetteva e non le si poteva nemmeno parlare.

Lui, per stare un po’ lontano dai suoceri, voleva trasferirsi a Nord.
Lei lo convinse che sarebbe stato meglio andarsene in Sicilia. Dopo tutto, loro erano gente del Sud, anche se lei detestava il mare.

Lui avrebbe voluto una famiglia numerosa.
Lei: “Un figlio è pure troppo, con quello che costa oggi la vita. E poi mi vedi a me tra le cacche e le pappine, le mezze tacche e le mappine, le vacche e le saggine…?”

A lei piaceva far l’amore con la luce spenta.
Lui voleva guardarla e moriva dalla voglia di esplorare con la punta delle dita la leggera peluria bionda che arrivava fino all’insenatura del suo culo (ma a lei non faceva per niente piacere che le si toccasse il culo).

Lui faceva il volontario per un’associazione che accoglieva gli immigrati che da Lampedusa cercano un posto in cui stare.
Lei odiava i neri e i rom, soprattutto i rom; ma non era razzista, no. “C’è chi non sopporta le cinture in macchina, chi odia i canditi nel panettone, chi non vorrebbe mai un cane in casa. Io odio gli zingari e i negri. Ma non sono razzista.”

A lei non piacevano i telegiornali e tutto quel cianciare di politica e lamentarsi di problemi irrisolvibili e sempre uguali.
Lui detestava entrare in casa e trovare la televisione eternamente accesa su ricette di cucina fatte con ingredienti introvabili e misteriosi. “Che poi tu non sai fare nemmeno un paio di uova sode. Ma che cazzo la guardi a fare tutta questa gente che parla di intrugli incredibili che prevedono ore ed ore di preparazione? Ecco, mi è passata pure la voglia di mangiare. Mo’ te le fai da sola le tue fottute uova… E non mi stare a seccare! Mi stravacco sulla sdraio.”

A lei piaceva avere molti amici in casa e invitava sempre tizio e caio.
Lui avrebbe voluto che stessero da soli, coi piedi sul divano e qualcosa da sgranocchiare in mano.

Lei era stanca di questa vita.
Pure lui era stanco. E in questo era pari e patta la partita.

Lui aveva un‘altra.
Lei pure. Anche lei aveva un’altra. Una ragazza che aveva conosciuto in discoteca insieme col suo vecchio amante di Messina.

Lui se ne tornò a Sala Consilina.
Lei scoprì che, in fondo, le piaceva il mare e si trasferì a Taormina dove ebbe tre figli da tre compagni diversi, ma restò sempre fedele alla sua piccola amica siciliana. Il secondo era mulatto. Ed era il loro preferito.

Délicatesse

20 sabato Giu 2015

Posted by aitanblog in otherstuff

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texticulos, vita civile

L’omino che guardando il TG mangiava e imprecava contro gli immigrati (“che sprofondassero tutti nel mare prima di approdare”), cominciò a piangere come un bambino, quando arrivò il servizio dei cani randagi maltrattati nella fottuta Cina. E non riuscì più a mangiare, il poveretto.

Microdialogo sulla borghesia immobile e illuminata

10 domenica Mag 2015

Posted by aitanblog in texticulos, vita civile

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texticulos, vita civile

Mi disse: “Bisogna essere problematici, ma non tanto da rimanere immobili.
Gli spregiudicati vanno avanti spregiudicatamente, le persone serie restano a guardare scandalizzate e la povera gente subisce la spregiudicatezza e i dubbi che bloccano il cambiamento.”

Lo guardai negli occhi e restai a dilaniarmi tra i pensieri fino al calare della sera.

quanno ce vo’, ce vo’; ecchecacchio

07 martedì Apr 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, invettive, texticulos

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idiomatica, invettiva, texticulos

(a colloquio con il prof del figlio)

a me non me ne passa neanche per il cazzo che mio figlio si impari l’inglese, il frangese o quando fu impiccato musollini, a me mi importa solo che quello stronzo si impari un po’ di italliano, anche se viene bocciato, perché tanto il lavoro lo stesso non lo trova, che quella tanto la fatica mo non ci sta propio e non la trovo nemmanco io che prima travagliavo 5-6 giorni a settimana come frarecatore e mo il padrone mi dice sempre, se vuoi, puoi pure startene a casa, che oggi manco si alza la cardarella; quello almeno il mio primo figlio ha visto la mala parata e ha lasciato il professionale per fare il parrucchiere, ma questo non c’ha nessuna passione e non ci importa niente di niente; ma tu ora non li puoi neanche picchiare che quello mo nemmeno più sulle mogli si possono alzare le mani che dicono questo fatto della violenza sulle donne e sui criaturi e poi uno passa pure un guaio, che torna da lavoro e prima si poteva sfogare con qualcheduno, ma ora nemmeno questo si può più fare; e santiddio, ma questa che razza di vita è che hai sempre preso mazziate, le continui a prendere, e poi non puoi nemmeno prendere a calci in culo tuo figlio o tua moglie, che prima, una volta che te l’eri sposata, potevi farci quello che cazzo ti pareva e mo pure per farti una chiavata devi chiederle il piacere e pure ai tuoi figli devi chiedere tutto per piacere e quelli ti rispondono pure a cazzi in culo, mannaggia la miseria e questi caspiti di telefonini che ce li stanno inguaiando tutti quanti e nessuno fa più il suo dovere vero in questo mondo di debosciati e puttanieri da quattro soldi e mille pretese; prufesso’, questi c’hanno tutti quanti il pizzo bbuono e le scelle rotte, epperò voi a ‘mme mio figlio me lo dovete promuovere perché se no io lo tolgo dalla scuola e lo metto a faticare, pure se ci danno la metà di quello che ci danno ai neri che vanno a cogliere le pummarole o alzano la cardarella col masto mio; va be’, arrivederci, e se fa lo scostumato o non fa quello che deve fare, dategliene quattro voi, che tanto ve l’ho detto io, e state sicuro che non sono uno di quelli che se la pigliano coi maestri che mazzeano ai figli che debbono essere mazziati, che quello mazza e panella facevano i figli belli, e così siamo crisciuti noi, e quanno ce vo’, ce vo’, pecchè po’ mo cu’ panella senza mazza parono tutti stronzi e pazzi e c’hanna rutto ‘o cazzo cu tutte chisti vizi e sfizie ca se vonno luva’ senza fatica’ e senza aizza’ né ‘a penna e nemmanco ‘a cardarella; ecchaccacchio


lessico minimo per quelli che stanno troppo a nord per capire:

– cardarella = recipiente metallico a forma di cono tronco per mescolare, impastare o sciogliere la calce o altri materiali usati in edilizia. In napoletano dire “alzare la cardarella” equivale a dire “fare lavori manuali che non implicano nessuna attività mentale”
– fatica = lavoro
– frarecatore = muratore
– masto = capo, padrone, ma anche maestro artigiano
– mazziare = picchiare
tene’ ‘o pizzo bbuono e ‘e scelle rotte = letteralmente: “avere il becco buono e le ali rotte”, cioè ambire a una vita costosa, ma non avere capacità per procurarsi il denaro
– travagliare = lavorare

Non accettare regali dagli sconosciuti

16 lunedì Mar 2015

Posted by aitanblog in texticulos

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texticulos

La vita è troppo breve per fare una sola cosa.
Spero di riuscire ad essere sempre dispersivo 
come sono e non smettere mai di imparare
ogni giorno cose nuove.
(Gaetano Vergara)

Il mattino dell’ultimo giorno un mendicante slavo gli regalò un libro dalla copertina di pelle rossa. Non c’era nessun titolo, ma la prima pagina diceva che era la storia della sua vita e raccontava il giorno in cui sua madre incontrò suo padre in un bar di periferia. Incredibile, su quella pagina c’era proprio nero su bianco il nome suo, accanto a quelli di mamma, di papà e dei suoi due fratelli, e c’era pure scritto che i suoi, quando lui nacque, vivevano in case separate e tornarono insieme il giorno del suo primo compleanno. Inebriato, sfogliò in un minuto tutte le pagine del libro sbirciando qua e là qualche parola o qualche rigo. Nessun dubbio, tutto vero, tutto com’era accaduto, era proprio la sua vita vergata punto per punto da una mano misteriosa.

L’ultima cosa che fece prima di stramazzare al suolo con il libro aperto sull’ultima pagina del libro fu correre a leggere che sarebbe morto scorrendo con lo sguardo e con il dito l’ultima parola di quell’ultimo rigo.

“Incipit”, ovvero “In principio era il romanzo”

23 lunedì Feb 2015

Posted by aitanblog in riflessioni, texticulos

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texticulos

“Dai 17 ai 20 anni pensavo che nella vita avrei scritto romanzi. Dopo ho preferito viverli…”

Potrebbe essere un aforisma del cazzo, uno di quelli firmati dai tanti pseudo-bukowski che affollano la rete, oppure l’incipit di un racconto, di un’opera di finzione, di un’autobiografia più o meno romanzata…, l’inizio di uno di quei fottuti romanzi che pensavo che avrei scritto quando avevo 17-20 anni.

Ma quello che state leggendo non è niente di tutto questo. Quello che state leggendo è solo un post di un blog di periferia che finisce già qui, senza nulla a pretendere né niente apportare al mondo delle lettere o a quello dei network sociali che fanno rimbalzare frasette da schermo a schermo per gente distratta pronta a condividere le architetture di parole che meglio suonano ai loro orecchi poco avvezzi ai flussi di parole; gente distratta abituata solo a cliccare un rapido Mi piace con buona pace dello scrittore che versò lacrime di lettere e rivoli di finto sangue fatto della stessa sostanza delle lettere e delle parole. Un sangue finto che ora mi macchia le dita e la tastiera e minaccia di riempirmi la stanza e la gola fino a farmi affogare in un mare di parole, se non fermo qui questo flusso sconsiderato che non porta a nient’altro che al punto che interrompe il mio vomitio e la vostra lettura. E dopo il punto presento già un sospiro che dalle viscere attraversa la bocca ed esprime il senso di sollievo che viene dal fatto di non trovarsi più davanti al vuoto di altre parole parole parole che per fortuna non si prolungano nei tempi e negli spazi d’un romanzo, ma formano solo un testo che sembra un altro pretesto per non parlare della crisi in cui fui messo e mi misi. E arriva, così, il punto in cui davvero rifletto e mi fermo lasciando anche voi liberi di occuparvi d’altro.

Ingorgo

01 mercoledì Ott 2014

Posted by aitanblog in texticulos, vita civile

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texticulos, vita civile

File di persone imbottigliate che criticano il traffico da dentro l’abitacolo di un’auto con dietro di loro file di persone che criticano il traffico da dentro l’abitacolo di un’auto, e così via, fino all’ultimo tizio che usciva di casa per fare un pronto soccorso e ora piange.

_____________________________________________________

15 anni fa, il 3 ottobre del 1999, è morto mio padre. Un infarto giù al parco dove viveva. La strada era gremita di persone e di auto. Forse, senza tutto quel traffico, si sarebbe potuto salvare.

Sonetto Insonne

17 mercoledì Set 2014

Posted by aitanblog in texticulos, versiculos

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texticulos, versiculos

Dove si mostra che sovente si dedicano alla metrica persone che, non riuscendo a dormire, per non contare pecore, contano sillabe, versi, strofe e accenti.

manoscritto di

Stanco di contare pecore sugli
steccati o di far degli intrugli
mal assortiti, salgo sull’altare
antico del sacro versificare

e mi metto una ad una tutte
le sillabe a computare per poi
vedere e discriminare se coi
versi si può dormire e le brutte

cose tener lontano dalla testa
e far della notte un dì di festa
o almen qualcosa lasciare scritto
per ricordare il giorno invitto

in cui non potendo chiudere occhio
misi insieme cotanto pastrocchio.

Postilla:
Quella stessa notte, dopo aver scritto codesto sonetto insonne e sghembo, l’autore compose altri 196 endecasillabi e una ballata incompiuta. Poi, per fortuna, scoccò la sveglia e l’alba di un nuovo giorno.

Fuochi a terra e aria in fumo

06 sabato Set 2014

Posted by aitanblog in idiomatica, texticulos, vita civile

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idiomatica, texticulos, vita civile

Intercettazione telefonica in versione bilingue

[Versione originale]
Masanié, chiste c’hanno proprio rutto ‘e palle. Pare che ‘o vonno sempe a nuje, comme si tutte ‘ e colpe ‘e chistu munno fossero ‘e noste. Ma ‘o sanno comme s’e magnassero vive ‘e zanzare, si nuje a nu mumento a n’ato ‘a fernessemo ‘e appicià tutto ‘stu fuoco? Cè, voglio dicere, ma tu ‘e capito quante zanzare ce stessero pa’ c’attuorno si all’intrasatto nuje e tutte ‘sti fabbrichette ‘e scarpe e borze faveze ‘a fernessemo ‘e fa cennere e fummo?
Niente di meno ‘a semmana passata so’ juto a piglià ‘nu carico ‘e munnezza int’a ‘na fabbrica vicino Milano e m’hanno rignuto ‘e muzzeche; cosa ca me stongo ancora rattanno comme si tenesse ‘e zecche. N’atu poco me muzzecavano pure ‘a ponta d’o cazzo. E invece, quanno appicciammo ‘sta rrobba nuje, nun vola manco ‘na mosca e pe’ terra s’arricettano pure scarrafune, vierme e furmicole. Ate ca storie, Masanié, chille a nuje c’avessero fa ‘na statua, ‘na statua r’oro…

[Versione in lingua italiana]
Masanié, questi ci hanno proprio rotto le scatole. Sembra che vogliano sempre tutto da noi, come se tutte le colpe di questo mondo fossero nostre. Ma lo sanno che le zanzare se li mangerebbero vivi, se da un momento all’altro la smettessimo di accendere tutto questo fuoco? Cioè, voglio dire, ma tu hai capito quante zanzare ci sarebbero qui intorno, se all’improvviso noi e tutte queste fabbrichette di scarpe e borse false la finissimo di fare cenere e fumo?
Pensa che la settimana scorsa sono andato a prendere un carico di immondizia in una fabbrica vicino Milano e mi hanno riempito di morsi, tanto che mi sto ancora grattando come se avessi le zecche. Ci mancava poco che mi mordessero anche la punta del c…. E invece, quando noi inceneriamo questa roba, non vola nemmeno una mosca e per terra crepano pure scarafaggi, vermi e formiche. Altro che storie, Masanié, quelli a noi ci dovrebbero fare una statua, una statua d’oro…

 

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