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Memorie di un vecchio corsaro

Uno dei più terribili rischi che riesco a immaginare è quello di trascorrere la vita evitando tutti i rischi, fino a rischiare di non viverla affatto, la vita.”
Radgast il Ribelle

Sono belle le rughe del tempo. Bisogna portarle con orgoglio. Ed anche le cicatrici vanno indossate a testa alta. Soprattutto quelle delle battaglie perse che ci hanno lasciati abbattuti, sì, ma
sempre convinti che avevamo ragione.
Oggi sul mio volto vedo aumentare le rughe e sento tutta la pelle del mio corpo rinsecchirsi e diventare arida e grinzosa, ma i solchi delle cicatrici sembrano sempre meno profondi. Ieri ho tolto anche la benda nera dall’occhio.
Sono belle le rughe del tempo. Ma era più bella la paura di morire infilzati nel pieno di un assalto a una nave tre volte più grande della tua goletta e con decine di uomini in più dei tuoi uomini, sgherri ignoranti messi lì per difendere un tesoro depredato in terre lontane fatte di polvere, sole, effluvi di sangue e sudore.
Qui cambia tutto e tutto è cambiato e non sento più il profumo della polvere da sparo e il fragore delle onde che mi facevano scivolare da parete a parete. Sembrava un gioco, quando avevo bevuto un bicchiere, una bottiglia, un barile o una botte di troppo. Ma ora non ho più niente da giocare. Solo ricordi,  rimpianti e un unico desiderio finale.
Qui è sempre buio e non mi hanno lasciato nemmeno un goccio nel bicchiere.
Invecchia tutto e tutto scricchiola sotto il peso del tempo. Prima o poi le travi del tetto mi colpiranno alla testa e mi lasceranno stramazzato al suolo come un sacco vuoto. Voglia iddio o chi per esso o per lui che succeda presto e finiscano anche tutti quei ricordi che solo io posso ricordare.
Invecchia e si tarla anche l’arto artificiale su cui poggio il lato destro del mio corpo storto e inflaccidito. Ormai mi alzo poco o niente da questa sedia e quando lo faccio ho sempre paura che la mia gamba di legno ceda al peso crescente del mio corpo e io scivoli sulla segatura sparsa sul pavimento.
Mi hanno portato via la pistola, la sciabola e il pugnale.
Hanno paura che possa farmi del male da solo.
Ed hanno ragione.
Avrei tanta voglia di tornare a sentire il dolore delle ferite e la paura di finire morto in una pozza del mio proprio sangue, e poi magari morire davvero e smetterla di stare qui da solo a contarmi le cicatrici e le rughe, che sono tante, tantissime, ma meno dei ricordi e più dei rimpianti.
Se tornassi indietro rifarei tutto, ma cercherei di spargere in giro meno sangue e dolore. Farei meno vittime e più prigionieri, se potessi davvero tornare indietro. Lascerei alle mogli, ai figli e alle madri la speranza che i loro congiunti possano tornare a casa, se io potessi tornare indietro per riparare i torti e le ferite, quelle fatte e quelle subìte. Di troppo sangue si sono macchiati i miei vestiti, lo stivale, la gamba di legno e le mie mani. Troppo sangue che decine di barili non sono riusciti a cancellare. Ne sento ancora addosso l’odore dolce, acre e persistente. Tutto quel sangue sparso sul pavimento che sembra uscire dagli interstizi delle strisce di legno che ricoprono questa stanza buia in cui il sole sembra avere paura di entrare.

Video-illustrazione