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((( aitanblog )))

~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi tag: idiomatica

Pax vobis (in terra e nei vostri cuori)

08 martedì Dic 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, riflessioni, versiculos, vita civile

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idiomatica, scuola

Quante Gelmini fuori scuola a cantare “Tu scendi dalle stelle” e dentro incapaci di sostenere un dialogo senza sarcasmi e spregio per l’interlocutore; sempre certe della malafede dell’altro, perché non abituate a concepire pensieri in buona fede; sempre in allarme, perché non all’altezza di un dialogo fatto di rispetto e comprensione; sempre pronte a spettegolare per riempire il vuoto incolmabile delle loro inesistenze e tutte intente a cercare nemici su cui sfogare il loro malcelato livore.

Quante Gelmini, nascoste dietro il presepe, ignorano i profughi e i viandanti della mangiatoia e brandiscono crocifissi come armi d’offesa e scudi di separazione!


Libera, libera, libera nos, Domine!

(E comunque a mme me piace ‘o presepe.

Ma ‘a cosa cchiù bella e’ spusta’ ‘e re Magge
e aspetta’ ca scenneno do cammello
senza ca nisciune allucca e s’arragge,

mentre ‘ncielo ride a luna cu li stelle.)

 

Se cessione deve essere, cessione sia – (Versi un po’ arrabbiati e quasi neo-barbonici)

23 mercoledì Set 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, invettive, versiculos, vita civile

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idiomatica, invettiva, versiculos, vita civile

Quanti abiti firmati Armani e Valentino;
Quante automobili e camion made in Torino;
Quanti prosciutti, quante forme di parmigiano;
Quante borse di Prada oriunde di Milano;
Quante sigarette, quanti vini e liquori;
Quante barche a vela, mirra, argenti e ori.

Quant’i motociclette s’hanna accattate ‘e muschilli
Pe ffa ‘i scippe senza casco, co’ viento int’e capille;
Quanti frigorifere ‘e quante lavatrice ‘e quatte sorde
E quant’ata rrobba ‘e merda ca mo nun me arrircode.
Quanta munnezza ca c’avite mannate da ‘stu nord
Primma ca se seccava a zezzenella e se spezzava ‘a corde.

E mo’ che v’accattate pure vuje tutto da Cina,
Ve vulite spartere? Ma jate ‘a ffa quatte bucchine!


(Versione italiana delle due strofe finali)

Quante motociclette hanno comprato i “muschilli”*
Per fare scippi senza casco, col vento tra i capelli;
Quanti frigoriferi e quante lavatrici da quattro soldi
E tant’altra roba di merda che ora non ricordo;
Quanta immondizia ci avete mandato su dal nord,
Prima che si rinsecchiva la mammella e si spezzava la corda.

E ora che comprate anche voi ogni cosa dalla Cina,
Vi volete separare? Ma andate a fare quattro pompini!


* I “muschilli” (letteralmente moscerini) sono ragazzini reclutati dalla malavita organizzata per consegnare droga ai tossicodipendenti. Il termine ha avuto una diffusione nazionale a partire dal 1985, dopo che ne scrisse Giancarlo Siani nel suo ultimo articolo pubblicato sul Mattino il giorno prima che fosse assassinato dalla camorra giusto 30 anni fa.
Questo post è dedicato alla sua memoria e a quella di tanti muschilli morti sul campo.

Aspettando Donna Lena

08 martedì Set 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, immagini, musiche

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Tag

idiomatica, immagini, musica, video

Dice ca vene

Dice ca vene cchiù tarde

Dice ca vene cchiù tarde o dimane

Dice ca vene e po’ nun vene

Dizze donna Lena

Dizze donna Lena

Dizze donna Lena

Questa me la sono cantata, me la sono suonata e poi me la sono pure girata da solo.
La butto qui con un certo rossore in viso, sperando che non offenda troppo il vostro udito ed il vostro senso estetico.

Funerali di distrazioni di massa e fortune dalle mani insanguinate

23 domenica Ago 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, musiche, recensioni, vita civile

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idiomatica, musica, recensioni, vita civile

Ormai non si parla d’altro. Sembra che le sorti di questo paese e l’equilibrio di tutto l’universo mondo dipendano dai Casamonica. Come se prima di questa non ci fossero state altre rappresentazioni sfarzose di patrimoni fondati su una o più azioni criminali o soprusi. Qualcuno diceva che alla base di ogni ricchezza c’è sempre un delitto e poi, per nascondere gli scheletri negli armadi o nei pilastri di cemento, si ciancia di self-made-men e “fortune” guadagnate, ereditate, rischiate o sperperate; come se tutti quegli ingenti capitali potessero davvero derivare da un predestinato intruglio di onesto impegno e buona sorte. La mia laica speranza è che gli resti almeno il puzzo di sangue sulle mani, come nei peggiori incubi di Lady Macbeth: “Chi poteva pensare che il vecchio avesse in corpo tanto sangue? […] Tutti i profumi d’Arabia non tergeranno questa piccola mano.” Eppure, a ben vederli, i plutocrati di questo mondo sembrano tutti innocenti e convinti del buon diritto del loro strapotere e, pur con stili diversi, tutti ostentano le loro fortune, le loro ville, le loro conquiste, gli ori, i diamanti, i nani, le ballerine, le troie e la servitù prona e sempre-leccante.

Funerali Casamonica - La foto non è mia , l'ho presa dal Secolo XIX e ritoccata.

Foto REUTERS/Stringer (da me ritoccata)

Ma torniamo a questi funerali di distrazione di massa. Io, personalmente, confesso che ho trovato anche un certo fascino grottesco in questa festa organizzata da orde di parenti venuti a salutare il caro estinto da ogni dove (anche dalle carceri di Stato). Un tripudio del kitsch che confina col camp e l’espressionismo surrealista, il sogno di un pidocchio in frack, un flashmob sponsorizzato dalla criminalità organizzata e dai sodali politicanti e predicanti, il delirio di un regista serbo-italiano o di un pittore ispano-siciliano. I cavalli neri, i petali di rosa che cadevano dal cielo e soprattutto la banda multietnica che suonava la musica di Fortunella… Sì, Fortunella. Tutti hanno parlato di quel capolavoro della musica da film come la colonna sonora del “Padrino”, però, in origine, Nino Rota non aveva composto quel tema per la saga della famiglia Corleone, ma per “Fortunella”, un piccolo film diretto alla fine degli anni ’50 da Eduardo De Filippo: la storia un po’ patetica di una donnetta romana (Giulietta Masina) che si arrangia vendendo roba vecchia a Porta Portese a fianco di un rigattiere che la sfrutta e da cui dipende anche psicologicamente (Alberto Sordi). Ma lei sogna di essere la figlia di un principe. Come Totò. Che sognava di essere l’erede del Principe De Curtis e fece i suoi funerali nella stessa carrozza di questo principe dei rigattieri di cui oggi si parla tanto. Troppo.

E poi, tutta questa storia, con tanto di coinvolgimento di prefetti, vescovi, sindaci, cardinali e giornalisti che ne parlano e ne straparlano, è diventata un meraviglioso “esperpento” – termine spagnolo coniato nel secolo scorso da Valle Inclán per designare quegli specchi deformanti che aiutano a capire meglio una realtà deformata. La realtà deformata di un paese in profonda crisi che passa il suo tempo a parlare di grossi e grassi funerali romani.


(E con questa nota ci sono caduto anch’io, come vedete, tutto unto di chiacchiericcio e distratto dai fatti che davvero ci struggono e ci hanno distrutto; bloccato qui, davanti a un funerale, per non guardare i morti a mare e i giovani scarsi di futuro e di fortune a venire e i poveri che diventano sempre più poveri, mentre i ricchi ergono altri patrimoni sui loro impunibili delitti.)

Versi di Vaglia

06 giovedì Ago 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, versiculos

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idiomatica, versiculos

Amici cari, signore e signori, attenti lettori e gentili passanti,

Vi invito a soffermare la Vostra cortese attenzione sulla poesia di più alto interesse che abbia mai scritto. Un testo di vaglia; ma veramente!

Mettetevi comodi e leggete senz’altra esitazione!


 

Meglio le noie d’una trita poesia
che le gioie che promette l’economia.

V’è più certezza in quel che sento se leggo
che in tutto quello che arraffo e posseggo
ma svanirà prima o poi domani,
come il nevischio dalle mie mani
e le mie mani in tra le tue mani.

Perciò, vorrei tanto, per il Vostro bene,
che liberi foste da affanni e da pene
e più di tutto dal vile denaro
che adduce gioie al baro e all’avaro
ma lascia dentro soltanto l’amaro.

Possiate allor liberarvi dal male
e inviarlo per vaglia postale
a me intestato, Ver-gara Ga-e-tano,
qui sempre pronto a tender la mano
per farvi viver leggiadri e felici,
facend’io per voi tutti i sacrifici
tal come fan per gli amici gli amici.

(Meglio le noie d’una trita poesia
che le gioie…, e che gioie, amica mia,
se arrivasse davvero tanto denaro
che nulla più sembrerebbemi caro,
e tali e cotanti fosser i vaglia
da poter quietare questa plebaglia
che m’attanaglia, m’ammorba
e mi abboffa la coglia
con/tante questue qui sulla mia soglia!)

Rammentate, vi prego, Gaetano Vergara,
Di voi sempre schiavo dalla culla alla bara.

(Basta ca nun me facite
penà ‘i pene da famme
e me mannate coccose ‘i sorde
‘i pressa e primma ‘i mo!)

 


 

Traduzione dell’ultima strofa per i non napoletanoparlanti:

(Basta che non mi facciate
penare le pene della fame
e mi mandiate qualche soldo
in fretta e prima di adesso!)

 


 


Grazie a tutti per la cortese attenzione e per quanto mi vorrete gentilmente elargire, mandandolo online tramite Paypal (gaverg chiocciola gmail etc etc) o direttamente nelle mie mani in busta chiusa (ché non sarei mai tanto sfacciato da contarli lì davanti al Vostro illustrissimo cospetto).

Tra le altre cose, mo’ vengono pure il mio onomastico e il mio compleanno.

 


 

Fuoco, Munnezza e Uoseme

27 lunedì Lug 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, versiculos, vita civile

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idiomatica, versiculos, vita civile

Vulesse ‘o cielo ca fosse ‘na buscia
Stu ffuoco c’abbrucia
‘A terra e ‘o cielo ‘e ‘sta città

Fosse bello ca fosse fantasia
Chest’aria pesante
Ca nun se po’ arriciatà

Fosse ‘a Maronna ca fosse
Tutto ‘nu brutto suonno
‘Sta terra chena
‘E ‘na chiaveca fetente
Ca nun sacce manco annumenà

Fosse ‘Uddio
Ca fosse vero
‘O suonno ca me faciette ajere
Cu tutta ‘a gente mmiezzo ‘a via
A ridere e pazzià
Int’a n’aria fresca e polita
Comme era tantu tiempo fa

Vulesse ‘o cielo
E fosse bello assaje
Ca fosse vero l’uosemo
‘E ‘na terra
Senza munnezza e ‘nfamità

 


 

(Versione in lingua italiana)

Volesse il cielo che fosse una menzogna
Questo fuoco che brucia
La terra e il cielo di questa città

Sarebbe bello che fosse fantasia
quest’aria pesante
Che non si può respirare

Madonna bella del Carmine
che darei perché fosse

Solo un incubo
Questa terra piena
Di un lordume orrendo
Che non so nemmeno nominare

Volesse Iddio
Che fosse vero
Il sogno che ho fatto ieri
Con tutta la gente per strada
A ridere e giocare
In un’aria fresca e tersa
Come era tanto tempo fa

Volesse il cielo
E sarebbe bello assai
Che fosse vero il vagheggiamento
(l’intuito, il presentimento)

Di una terra
Senza rifiuti e infamità

quanno ce vo’, ce vo’; ecchecacchio

07 martedì Apr 2015

Posted by aitanblog in idiomatica, invettive, texticulos

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idiomatica, invettiva, texticulos

(a colloquio con il prof del figlio)

a me non me ne passa neanche per il cazzo che mio figlio si impari l’inglese, il frangese o quando fu impiccato musollini, a me mi importa solo che quello stronzo si impari un po’ di italliano, anche se viene bocciato, perché tanto il lavoro lo stesso non lo trova, che quella tanto la fatica mo non ci sta propio e non la trovo nemmanco io che prima travagliavo 5-6 giorni a settimana come frarecatore e mo il padrone mi dice sempre, se vuoi, puoi pure startene a casa, che oggi manco si alza la cardarella; quello almeno il mio primo figlio ha visto la mala parata e ha lasciato il professionale per fare il parrucchiere, ma questo non c’ha nessuna passione e non ci importa niente di niente; ma tu ora non li puoi neanche picchiare che quello mo nemmeno più sulle mogli si possono alzare le mani che dicono questo fatto della violenza sulle donne e sui criaturi e poi uno passa pure un guaio, che torna da lavoro e prima si poteva sfogare con qualcheduno, ma ora nemmeno questo si può più fare; e santiddio, ma questa che razza di vita è che hai sempre preso mazziate, le continui a prendere, e poi non puoi nemmeno prendere a calci in culo tuo figlio o tua moglie, che prima, una volta che te l’eri sposata, potevi farci quello che cazzo ti pareva e mo pure per farti una chiavata devi chiederle il piacere e pure ai tuoi figli devi chiedere tutto per piacere e quelli ti rispondono pure a cazzi in culo, mannaggia la miseria e questi caspiti di telefonini che ce li stanno inguaiando tutti quanti e nessuno fa più il suo dovere vero in questo mondo di debosciati e puttanieri da quattro soldi e mille pretese; prufesso’, questi c’hanno tutti quanti il pizzo bbuono e le scelle rotte, epperò voi a ‘mme mio figlio me lo dovete promuovere perché se no io lo tolgo dalla scuola e lo metto a faticare, pure se ci danno la metà di quello che ci danno ai neri che vanno a cogliere le pummarole o alzano la cardarella col masto mio; va be’, arrivederci, e se fa lo scostumato o non fa quello che deve fare, dategliene quattro voi, che tanto ve l’ho detto io, e state sicuro che non sono uno di quelli che se la pigliano coi maestri che mazzeano ai figli che debbono essere mazziati, che quello mazza e panella facevano i figli belli, e così siamo crisciuti noi, e quanno ce vo’, ce vo’, pecchè po’ mo cu’ panella senza mazza parono tutti stronzi e pazzi e c’hanna rutto ‘o cazzo cu tutte chisti vizi e sfizie ca se vonno luva’ senza fatica’ e senza aizza’ né ‘a penna e nemmanco ‘a cardarella; ecchaccacchio


lessico minimo per quelli che stanno troppo a nord per capire:

– cardarella = recipiente metallico a forma di cono tronco per mescolare, impastare o sciogliere la calce o altri materiali usati in edilizia. In napoletano dire “alzare la cardarella” equivale a dire “fare lavori manuali che non implicano nessuna attività mentale”
– fatica = lavoro
– frarecatore = muratore
– masto = capo, padrone, ma anche maestro artigiano
– mazziare = picchiare
tene’ ‘o pizzo bbuono e ‘e scelle rotte = letteralmente: “avere il becco buono e le ali rotte”, cioè ambire a una vita costosa, ma non avere capacità per procurarsi il denaro
– travagliare = lavorare

Tra Storia e Memoria (tutta roba presa da Wikipedia)

27 martedì Gen 2015

Posted by aitanblog in da lontano, idiomatica, vita civile

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da lontano, idiomatica

«Dicebat Bernardus Carnotensis nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possimus plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine, aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea» (Giovanni di Salisbury, XII secolo)

ovvero

«Diceva Bernardo di Chartres che noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti.»

___

“If I have seen further it is by standing on ye sholders of Giants.”
Isaac Newton, Letter to Robert Hooke (15 Febbraio 1676)

Varianti modernizzate:
“If I have seen further it is by standing on the shoulders of giants.”
o
“If I have seen further it is only by standing on the shoulders of giants.”

Ma, insomma, ci siamo capiti…

___

E lo so che Aldous Huxley aggiunge che “That men do not learn very much from the lessons of history is the most important of all the lessons that history has to teach.”, sì… il fatto che gli uomini non imparino molto dalla storia è la lezione più importante che la storia ci insegna, ma oggi è il giorno della memoria, no?

Fuochi a terra e aria in fumo

06 sabato Set 2014

Posted by aitanblog in idiomatica, texticulos, vita civile

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idiomatica, texticulos, vita civile

Intercettazione telefonica in versione bilingue

[Versione originale]
Masanié, chiste c’hanno proprio rutto ‘e palle. Pare che ‘o vonno sempe a nuje, comme si tutte ‘ e colpe ‘e chistu munno fossero ‘e noste. Ma ‘o sanno comme s’e magnassero vive ‘e zanzare, si nuje a nu mumento a n’ato ‘a fernessemo ‘e appicià tutto ‘stu fuoco? Cè, voglio dicere, ma tu ‘e capito quante zanzare ce stessero pa’ c’attuorno si all’intrasatto nuje e tutte ‘sti fabbrichette ‘e scarpe e borze faveze ‘a fernessemo ‘e fa cennere e fummo?
Niente di meno ‘a semmana passata so’ juto a piglià ‘nu carico ‘e munnezza int’a ‘na fabbrica vicino Milano e m’hanno rignuto ‘e muzzeche; cosa ca me stongo ancora rattanno comme si tenesse ‘e zecche. N’atu poco me muzzecavano pure ‘a ponta d’o cazzo. E invece, quanno appicciammo ‘sta rrobba nuje, nun vola manco ‘na mosca e pe’ terra s’arricettano pure scarrafune, vierme e furmicole. Ate ca storie, Masanié, chille a nuje c’avessero fa ‘na statua, ‘na statua r’oro…

[Versione in lingua italiana]
Masanié, questi ci hanno proprio rotto le scatole. Sembra che vogliano sempre tutto da noi, come se tutte le colpe di questo mondo fossero nostre. Ma lo sanno che le zanzare se li mangerebbero vivi, se da un momento all’altro la smettessimo di accendere tutto questo fuoco? Cioè, voglio dire, ma tu hai capito quante zanzare ci sarebbero qui intorno, se all’improvviso noi e tutte queste fabbrichette di scarpe e borse false la finissimo di fare cenere e fumo?
Pensa che la settimana scorsa sono andato a prendere un carico di immondizia in una fabbrica vicino Milano e mi hanno riempito di morsi, tanto che mi sto ancora grattando come se avessi le zecche. Ci mancava poco che mi mordessero anche la punta del c…. E invece, quando noi inceneriamo questa roba, non vola nemmeno una mosca e per terra crepano pure scarafaggi, vermi e formiche. Altro che storie, Masanié, quelli a noi ci dovrebbero fare una statua, una statua d’oro…

 

In un bar, nei pressi della base NATO di Bagnoli

24 domenica Ago 2014

Posted by aitanblog in da lontano, idiomatica, invettive, vita civile

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idiomatica, vita civile

(Breve monologo che si vorrebbe letto dall’imperiosa voce di Edward Nicolae Luttwak.)

“Ah, bro’, the beautiful days, i bei tempi che si andava in una di quelle Banana Republics vicino casa e si pagava qualcuno della rivoluzione o della controrivoluzione e in un botto avevi un altro paese under your control, sotto i tuoi piedi, as you say. Now, oh, ora non si capisce niente; nothing, nothing… Tutti rogue people, tutti fottuti popoli canaglia! You help them, gli dai le armi per combattere e loro ti sparano addosso and slaughter your sons, sgozzano i tuoi figli. Bastards!
Non si può andare avanti così. The world is spinning up. Non c’è più religione, as you say. Or… perhaps there is too much religion. Forse c’è troppa religione. I don’t know. I don’t understand. Questi sono pazzi, crazy, crazy, absolutely crazy! We want to bring them democracy, coke, whiskey and cigarettes; vogliamo portargli tecnologia e libertà, freedom, freedom, e loro buttano bombe dappertutto, everywhere. Fuck off, bastard motherfuckers! We are America and if we want, we wipe you from the face of the Earth, ti cancelliamo dalla faccia della terra, brutto muslim di merda; ti buttiamo in una riserva as we did with Indians; ti mettiamo in una striscia di terra come a Gaza, ti torturiamo come a Guantanamo e ci prendiamo tutto il tuo fucked petrolio di merda! Shit, shit! We are America and you are nothing. All the world is nothing di fronte all’America. Tutto il mondo è niente… It’s better that you understand this simple reality, before it’s too late, prima che sia troppo tardi…”

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