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~ Leggendo ci si allontana dal mondo per comprenderlo meglio.

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Archivi tag: coronavirus

Road to Nowhere

04 lunedì Mag 2020

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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coronavirus, correre

È passata la paura. Tutti di nuovo in corsa. La società è in ripresa.
Masse di donne e uomini corrono con gli occhi fissi verso il vuoto e le orecchie tappate da cuffiette minuscole o ingombranti. Il sudore torna a percorrere le nostre strade. Il popolo può nuovamente scorrazzare per la città senza veti, senza meta e senza mascherina, sfiancandosi fino allo sfinimento e alla dimenticanza di sé.

Da qualche parte Baudrillard aveva già inquadrato in questo moto ostinato e inarrestabile una metafora dell’America dei tempi di Reagan. Quella in scarpette da ginnastica e cuffiette alle orecchie messe apposta per non sentire il ronzio del mondo che gira intorno.
Erano gli anni ’80. La Cina era ancora un Paese comunista e i telefoni erano attaccati a un filo.
Ora il footing, lo jogging, il running dolce e il running spinto si sono sparsi ovunque, con la viralità dei modi e delle mode ai tempi della globalizzazione.
Pronti, partenza via! Tutti a correre con la musica sparata nelle orecchie e gli occhi fissi da nessuna parte. Ormai solo un colpo di tosse ci può fermare o ci tiene tappati in casa, attaccati a dei telefoni senza più fili, ma connessi in una rete infinita e inestricabile che ci comunica la paura di un virus che si diffonde e si espande fregandosene dei conti in banca, dei contapassi e delle frontiere. Solo lo spettro della diffusione del contagio riesce a frenarci dall’esigenza di correre, correre, correre ostinatamente fino allo sfinimento, con il corpo che si inginocchia al suolo che prima ha calpestato ripetutamente e le gocce di sudore che scendono dalla fronte alle labbra e percorrono la schiena.

Ma io preferirei uscire da queste mura per andare al mare, di pomeriggio, camminando lento sulla sabbia umida per raggiungere il bagnasciuga. Oppure perdermi in un bosco cercando funghi e separando i buoni da quelli velenosi.

Nostalgia della perduta schiavitù

13 lunedì Apr 2020

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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consumo, coronavirus, produzione

L’imperativo che ti hanno stampato in testa è produrre; produrre e consumare.
Consumare, consumare fino a consumarti. Consumare tutto… Il tempo, gli oggetti, l’aria, gli affetti, la frutta del supermercato, le suole delle tue scarpe, l’asfalto, il cemento e la gomma tossica degli pneumatici. Devi consumare, devi consumare tutto e, soprattutto, il denaro che guadagni e ti consuma…

Tutto quello che devi fare è spendere, spandere e sperperare senza limiti e senza freni e, per farlo, devi sistemarti, comprarti un’auto, prendere casa, riempirla di cianfrusaglie, lavorare, lavorare, lavorare e fare dei figli programmati come te per la produzione ed il consumo…

Ma ora, all’improvviso, arriva questo virus, si spande, si diffonde, si estende è spezza la catena.
All’improvviso, ti tengono chiuso in casa, fermo, non consumante e improduttivo fino a che non si aggiustino le cose e possa riprendere a funzionare tutto come prima. Una pausa dovuta, pare, un arresto necessario e funzionale alla salvaguardia del sistema.
Ma tu non vedi l’ora di superare questo incidente di percorso, riprendere il tran tran e ricongiungerti alla catena.

L’insonnia di Dámaso Alonso

24 martedì Mar 2020

Posted by aitanblog in da lontano, recensioni, versiculos, vita civile

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cadaveri, coronavirus, Madrid

Madrid è una città di più di un milione di cadaveri (secondo le ultime statistiche).

A volte nella notte io mi rigiro e mi rialzo in questa nicchia in cui sto imputridendo da 45 anni,

e passo lunghe ore sentendo gemere l’uragano, o latrare i cani, o fluire blandamente la luce della luna.

E passo lunghe ore gemendo come l’uragano, latrando come un cane infuriato, fluendo come il latte dalla mammella calda di una grande vacca gialla.

E passo lunghe ore chiedendo a Dio, chiedendogli perché imputridisce lentamente la mia anima,

perché imputridiscono più di un milione di cadaveri in questa città di Madrid,

perché mille milioni di cadaveri imputridiscono nel mondo.

Dimmi, che orto vuoi concimare con la nostra putrescenza?

Temi forse che ti si secchino i grandi roseti del giorno, i tristi gigli letali delle tue notti?


Sono versi di Dámaso Alonso (storico eterodosso, acuto filologo e sensibile poeta madrileno nato nel 1898 e morto nel 1990). Sono tratti da “Hijos de la Ira”, libro pubblicato in prima edizione nel ’44.
La traduzione è mia. L’originale è qua e suona come una tetra profezia:


Insomnio

Madrid es una ciudad de más de un millón de cadáveres (según las últimas estadísticas).

A veces en la noche yo me revuelvo y me incorporo en este nicho en el que hace 45 años que me pudro,

y paso largas horas oyendo gemir al huracán, o ladrar los perros, o fluir blandamente la luz de la luna.

paso largas horas gimiendo como el huracán, ladrando como un perro enfurecido, fluyendo como la leche de la ubre caliente de una gran vaca amarilla.

Y paso largas horas preguntándole a Dios,  preguntándole por qué se pudre lentamente mi alma,

por qué se pudren más de un millón de cadáveres en esta ciudad de Madrid,

por qué mil millones de cadáveres se pudren lentamente en el mundo.

Dime, ¿qué huerto quieres abonar con nuestra podredumbre?

¿Temes que se te sequen los grandes rosales del día, las tristes azucenas letales de tus noches?

Tutto tornerà come prima

22 domenica Mar 2020

Posted by aitanblog in riflessioni, vita civile

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capitalismo, coronavirus, crisi

Impressioni di fine marzo

L’impressione è che a Nord non abbiano saputo e, (ai livelli più alti dell’economia e della politica) non abbiano nemmeno voluto, frenare a tempo debito il treno in corsa.
L’impressione è che si siano fermati solo quando i primi vagoni sono precipitati nell’abisso, e ora rischiano di trascinarsi dietro anche gli altri; pure se il treno è fermo ma ancora palpitante.
L’impressione è che molti dei caduti di Bergamo, Brescia, Mantova, Milano e di tutto il Lombardo-Veneto siano stati vittime di una meccanismo produttivo che non si è fermato nemmeno quando l’hanno messo di fronte alle prospettive più tragiche; che si stanno tragicamente inverando.

La macchina del denaro ora si lecca le ferite, ma già pensa a come sfruttare il momento e i liberisti, che ora, nel pieno della bufera, chiedono gli aiuti dello Stato e l’intervento dell’Europa, domani, quando tornerà il sole, continueranno a pretendere che le volpi sguazzino libere nei liberi pollai. Chiederanno più privatizzazioni nella sanità, più tagli ai servizi pubblici e sistemi di tassazione agevolata per le imprese produttive. Continueranno a farci credere che la nostra felicità dipenderà dalla crescita del PIL e dalla salute delle loro imprese e ci renderanno ancora più vulnerabili e manipolabili.

Tutta questa tragedia sarà archiviata come un mero incidente di percorso e tutto tornerà come prima, ma con i cimiteri più pieni, i cantieri più liberi e iperattivi, i poveri sempre più poveri, i ricchi sempre più ricchi e la classe media in balia del vento. E la colpa del contagio sarà scaricata sul sistema alimentare cinese, su quelli che passeggiavano nei parchi e su chi faceva jogging da solo alle 6 del mattino.

Cronache dal 2020

13 venerdì Mar 2020

Posted by aitanblog in riflessioni, versiculos, vita civile

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coronavirus, natura, parola

Quasi una poesia ai tempi del covid-19.
Segue una postilla in cui mi atteggio a filosofo.


Le strade sono finalmente libere dalle auto.
Il traffico veicolare si è trasferito su Internet.
La rete è intasata, la navigazione sempre più complicata.
Sui nodi del web si moltiplicheranno ingorghi e imbottigliamenti.
Le nostre bestemmie si trasferiranno dal chiuso delle nostre automobili al chiuso delle nostre case.
Siamo in tanti e non siamo capaci di starcene fermi.
Abbiamo sempre qualcosa da dire. Qualcosa da fare.
La natura fa il suo corso.
Noi siamo in tanti e non sappiamo seguire il suo flusso.


Nella parte finale avevo scritto “non sappiamo immergerci nel suo flusso”, poi ho cambiato; “seguire il suo flusso” mi suonava meglio.
Ma, concettualmente, la nostra incapacità (e quando dico ‘nostra” mi riferisco alla società globalizzata sempre più fondata sulla crescita del capitale, lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, la distruzione del territorio, il consumo e la progressiva – e umanamente irraggiungibile – consunzione della terra), concettualmente, dicevo, la nostra incapacità consiste nel non sentire (più) di essere Natura. Per quanto scorriamo comunque, e inesorabilmente, nel suo/nostro flusso, nel suo/nostro corso. Ma questo, probabilmente, è un altro discorso. Un altro dis-corso.
E forse è proprio la parola, questa immensa costruzione, che ci disunisce dalle cose, ci disabita da noi stessi, ci disabilita, ci disconnette e ci discosta dalla realtà. Fino alla dissipazione, fino alla dissoluzione (che sarà sempre e comunque una dissoluzione umana-troppo-umana, immagino. Perché quando l’ultimo uomo compirà il suo gesto estremo di autodistruzione, il resto della Natura resterà là, a continuare il suo flusso. Indifferentemente.)

8 marzo 2020, ai tempi del 👑 ☣️

08 domenica Mar 2020

Posted by aitanblog in immagini, riflessioni, vita civile

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8 marzo, coronavirus, donna, emergenza

Eccoci qua.
Un’altra giornata della donna.
Un’altra parentesi al patriarcato.

Sarebbe bello che non ce ne fosse più bisogno.

Io preferirei, piuttosto, che questo fosse il giorno, il mese, l’anno e il millennio degli uomini, dell’umanità tutta; quella degna umanità che rispetta donne e uomini, indistintamente, non una volta all’anno, ma per tutta la vita. Quell’umanità responsabile che ha il senso del futuro e rispetta innanzitutto se stessa e il mondo che le gira intorno.

Tanti auguri a tutti. Da questo stato di emergenza ne possiamo uscire, ne usciremo, ma a un paio di metri di distanza. Stando insieme da soli.
Poi sarà il momento di cambiare. Di cambiare tutto.

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