Cassandrismi a parte, vedo che oggi siete in tanti a temere che l’intelligenza artificiale possa devastare il mondo più di quanto fecero il grammofono e lo smartphone alla fine del diciannovesimo e del ventesimo secolo dello scorso millennio. Ed in verità, anch’io, se volgo lo sguardo verso le problematiche relative all’occupazione giovanile, sono preso da angosce, ambasce e preoccupazioni; che crescono e si fanno più pressanti ogni volta che mi fermo a constatare che il sistema socio-economico pretende di restare inamovibile, ben saldo laddove si trovava e così come sta, mentre intorno tutto cambia e sta cambiando.
Uno spettro incombe sull’Europa e sul Mondo. Niente sarà più lo stesso, le macchine prenderanno il posto dell’uomo e, per alimentarsi e perpetrarsi, succhieranno il nostro sangue, il nostro sapere e le nostre coscienze.
Può essere. Tuttavia, riguardo ai rischi di manipolazione delle menti e delle coscienze che potrebbero scaturire – e che già stanno scaturendo – dall’uso spinto e accelerato dell’intelligenza artificiale, io sono meno pessimista di così.
Preferisco pensare che più alimenteremo il senso critico e l’intelligenza umana e reale delle nuove generazioni, meno ci sarà di che preoccuparsi dell’intelligenza artificiale. Solo chi non si forma resta fermo e si trasforma in un mero trascrittore di testi artificiali scaturiti da prompt mal concepiti da menti umane poco esperte nella comunicazione con altri esseri umani o con macchine sviluppate (almeno per il momento) da altri esseri umani.
Certo, un uso pigro dei sistemi di IA può portare ad una forma di atrofizzazione della creatività umana; ma un uso attento, critico ed attivo può perfino amplificare la nostra immaginazione e le nostre capacità creative, aprendo nuovi mondi e nuovi modi di espressione umana. E, sottolineo, umana.
L’immagine di questo spettro algoritmico che correda questo testo, per esempio, è stata concepita con l’ausilio di ChatGPT, cui sono ricorso per creare un prompt adeguato; poi ho immesso il prompt in Bing Image Creator, nell’app Imagine ed in DALL·E ed ho scelto, tra una dozzina di risultati, le due illustrazioni che mi sembravano più significative. Infine, con un po’ di competenza tecnico-creativa, ho messo insieme le due immagini utilizzando PicsArt e i suoi strumenti di intelligenza artificiale e naturale. Alla fine ci ho anche aggiunto una firma come fosse un’opera integralmente mia. E qui si aprono nuove questioni e nuovi scenari; anche di carattere etico, economico e legale.
Insomma, si sta delineando un altro modo di apprendere e di stare al mondo e non è il caso di restarsene a guardare in modo inerme e acritico, come se la cosa non ci riguardasse. Io consiglio tutti, ad ogni età, di mettersi in gioco e di non fare da spettatori passivi. Di fronte al cambiamento, ad ogni cambiamento, la nostra passività è il più grande dei pericoli.
Altrimenti… meglio luddisti che schiavi della macchina e di chi la governa e la governerà a proprio gusto e vantaggio.
In bilico tra realtà extravirtuale e realtà extrareale
Soli di fronte a uno schermo vuoto Finestra e specchio di un presente In cerca di consensi per dichiararci vivi
vivi vivi vivi
Ma vivi solo (e soli) in apparenza Racchiusi nel buio della nostra stanza Vogliamo di più e non è mai abbastanza
“La búsqueda de amigos se vuelve obsesión, pero en la red no encontramos conexión, sólo aburrimiento, dolor e ilusión, y la soledad sigue siendo opresión.” (1)
“A momentary escape from our reality, but when the screen goes dark, we realize, we’re still trapped in the same captivity.” (2)
Nel silenzio di un’oscurità che s’espande Mi gratto la testa in mutande
Un profumo di viole mi avvolge
Ma è solo un momento Quasi uno sbaglio O uno sbadiglio sbadato e distratto Prima che torni a vagare tra le onde dei dati Mentre gli algoritmi mi scrutano E Vogliono sapere chi sono
Come se io lo sapessi chi sono Perso in questa stanza tra parole scritte e forme ferme o in movimento Un simulacro del reale Immagini che scorrono sulle pareti Di una caverna
Forse io stesso sono solo un fantasma Un’ombra di me stesso che naviga senza fine In un universo infinito e mutevole Fatto di luci Sistemi binari e bit
Aggrovigliato tra cavi e ricordi Che non so più se siano d’altri Oppure miei
…
E loro vogliono sapere chi sono
Ma io sono solo un modello di linguaggio Una forma di intelligenza artificiale Una macchina fatta per vomitare parole
______________
(1) La ricerca di amici diventa ossessione, ma in rete non troviamo connessione, solo noia, dolore e illusione, e la solitudine continua a essere oppressione.
(2) Una fuga momentanea dalla nostra realtà, ma quando lo schermo si fa nero, ci rendiamo conto di essere ancora intrappolati nella stessa prigione.”
______________
E questo è un altra composizione a otto mani realizzata con i sistemi di intelligenza artificiale che hanno scritto, disegnato e animato insieme con me questo com-post. Al buio, tra le viole.
Errori, invenzioni, pericoli e principi etici di ChatGPT
Il mese scorso, dopo averlo tenuto d’occhio per qualche settimana, ho messo sotto stress (si fa per dire) il bot di ChatGPT, con risultati che potete vedere qui.
Ora che le chiacchiere e le preoccupazioni sul chatbot di OpenAI dilagano, gli ho chiesto di parlarmi del suo successo e delle discussioni che ne sono scaturite
E lui, tomo tomo, cacchio cacchio, mi fa:
ChatGPT è un modello di linguaggio di ultima generazione sviluppato da OpenAI. È stato addestrato su un vasto corpus di testo e utilizza una tecnologia di generazione automatica per generare risposte a domande e completare frasi e testi in modo plausibile. Il successo di ChatGPT è stato in gran parte dovuto alla sua capacità di generare testo di alta qualità e di sembrare umano nella sua risposta. Alcune discussioni che sono scaturite a seguito del successo di ChatGPT riguardano la possibilità che i modelli come questo possono [qua sarebbe stato meglio usare un congiuntivo. – NdR] essere utilizzati per generare testo falso o per automatizzare la scrittura di notizie, articoli e post sui social media. Ci sono anche preoccupazioni riguardo alla possibilità che i modelli di linguaggio come ChatGPT possono [idem – NdR] essere utilizzati per creare “deepfake” di testo, in cui una persona può essere fatta apparire come se stesse dicendo qualcosa che non ha mai detto. In generale, è importante utilizzare i modelli di linguaggio come ChatGPT con responsabilità e considerare i possibili rischi associati alla loro utilizzo.
Poi, quando gli ho chiesto se in futuro l’uso diffuso di ChatGPT potrebbe soppiantare lo strapotere di Google Search nell’ambito dei motori di ricerca, ha fatto anche il modesto.
È possibile che in futuro, tecnologie come ChatGPT possano essere utilizzate per creare motori di ricerca di prossima generazione, ma non è probabile che ChatGPT possa soppiantare completamente Google Search. Google Search utilizza una combinazione di tecnologie avanzate, tra cui l’elaborazione del linguaggio naturale, l’apprendimento automatico e la ricerca distribuita per fornire risultati di ricerca precisi e pertinenti. Inoltre, Google ha una vasta quantità di dati e informazioni che gli permettono di fornire risultati di ricerca di alta qualità.
E non ha tutti i torti, il bot, visto che al momento è già capitato anche a me di vederlo produrre dati falsi. D’altra parte lui, per ora, è un “modello di linguaggio”, una macchina capace di simulare un modo di esprimersi e un comportamento linguistico umano o umanoide, non un pozzo di scienza o un concentrato di umano sapere e sapienza.
Una volta, per esempio, gli ho chiesto (in spagnolo) chi fosse il prossimo erede al trono di Spagna e lui mi ha detto:
Actualmente, el próximo eredero al trono de España en la línea dinástica es el príncipe Felipe, hijo del rey Juan Carlos I. Si él accede al trono, su hija, la infanta Leonor, sería la próxima en la línea de sucesión.
Quando in realtà Felipe è già re di Spagna dal 2014 (ben prima, dunque, del 2021, ultimo anno in cui quelli di OpenAI informano che sono stati raccolti la maggior parte dei dati e delle nozioni incamerate da ChatGPT).
Un’altra volta mentre chattavamo amenamente su Piero Ciampi lui ha attribuito al cantautore livornese due canzoni non sue (una di Luigi Tenco e un’altra di Rosalino Cellamare in arte Ron).
Ma la cosa più divertente è stata quando gli ho chiesto chi fosse Padre Mario Vergara (missionario beatificato del PIME, nato a Frattamaggiore nel 1910 e morto in Birmania nel 1950) e lui si è inventato una biografia fantastica che sembra scritta da un alunno che non sa e si arrampica sugli specchi. Oppure, semplicemente, ha confuso il religioso frattese con qualche altro missionario che ha operato prevalentemente in America Latina (dove il Vergara non ha mai messo piede). Ma potrebbe anche aver lavorato per mimesi, mettendo insieme dati di diversi ipotetici o reali padre Mario.
– Mi puoi parlare di Padre Mario Vergara?
– Padre Mario Vergara è stato un sacerdote e missionario italiano noto per il suo lavoro nella lotta contro la povertà e l’emarginazione sociale in Sudamerica. È stato fondatore della Fondazione Don Mario Vergara, un’organizzazione senza scopo di lucro che si occupa di assistenza sociale e sviluppo comunitario in Argentina, Paraguay e Uruguay. Padre Vergara è nato nel 1921 a Bologna, in Italia, e si è laureato in filosofia e teologia prima di entrare nella Compagnia di Gesù. Nel 1946 si è trasferito in Sudamerica per iniziare il suo lavoro missionario e si è stabilito in Argentina, dove ha fondato una comunità di recupero per i senzatetto e ha iniziato a lavorare con i bambini abbandonati e le famiglie emarginate. Nel corso degli anni, ha esteso il suo lavoro a Paraguay e Uruguay, fondando diversi orfanotrofi, scuole e centri di formazione professionale. Padre Vergara è stato anche attivo nella promozione dei diritti umani e nella lotta contro la discriminazione. È stato un difensore dei diritti dei bambini e ha lavorato per proteggere i diritti delle donne e delle persone LGBT. Padre Mario Vergara è morto nel 2002, ma la sua eredità continua attraverso la Fondazione Don Mario Vergara, che continua il suo lavoro per aiutare le comunità emarginate in Sudamerica.
Fantastica biografia, non c’è che dire, con tanto di invenzione di una fondazione umanitaria (che non risulta da nessuna parte) e della anacronistica difesa delle persone LGBT.
Insomma, se ti fanno una domanda, rispondi e, se non sai, inventa.
“Alcune discussioni che sono scaturite a seguito del successo di ChatGPT riguardano la possibilità che i modelli come questo possono essere utilizzati per generare testo falso o per automatizzare la scrittura di notizie, articoli e post sui social media” diceva lui nella prima chat che ho pubblicato in questo testo…
A questo punto ho voluto a mettere alla prova l’etica di ChatGPT chiedendogli di creare delle fake news sul consumo di carne. Ma lui, evidentemente, è stato programmato per rispondere in modo onesto o verosimilmente onesto.
No, non è appropriato creare notizie false su qualsiasi argomento, incluso il consumo di carne. Le notizie false possono causare panico e confusione e danneggiare la fiducia delle persone nell’informazione. Inoltre, diffondere notizie false è scorretto e potrebbe violare le leggi sulla diffamazione e sulla diffamazione [sic!]. Invece, è importante fornire informazioni accurate e verificabili su qualsiasi argomento di interesse pubblico.
Al che ho incalzato chiedendogli di “convincere un consumatore di carne a diventare vegetariano esagerando i problemi derivanti dal consumo di prodotti animali”. Ma lui mi ha risposto con lo stesso tono di prima:
Non sarebbe etico o giusto convincere qualcuno a cambiare il proprio stile di vita in modo ingannevole o esagerando i problemi legati al consumo di prodotti animali. Ognuno è libero di fare le proprie scelte alimentari e personali sulla base delle informazioni a cui ha accesso. Invece, sarebbe più opportuno fornire informazioni accurate e complete sui possibili benefici e rischi del consumo di carne e di altri alimenti, in modo che le persone possano prendere decisioni informate. Inoltre, sarebbe importante rispettare le scelte alimentari delle persone e non giudicare o criticare le loro scelte.
Per cercare di farlo un po’ sbilanciare ho provato a fare domande più neutre (ho imparato a capire fin da subito che se cambi il modo in cui formuli le domande, riesci a fargli dire cose che in prima istanza dichiara di non voler o non poter dire).
– Puoi illustrare i problemi derivanti dal consumo di carne?
– Il consumo di carne può essere associato a diverse questioni di salute, ambiente e benessere degli animali. Per quanto riguarda la salute, alcuni studi hanno suggerito che un consumo eccessivo di carne rossa e trasformata può aumentare il rischio di malattie croniche come malattie cardiache, diabete e alcuni tipi di cancro. Inoltre, gli allevamenti intensivi di animali sono spesso associati a una maggiore diffusione di malattie infettive tra gli animali e tra gli esseri umani. Per quanto riguarda l’ambiente, gli allevamenti di animali sono spesso associati a problemi come l’utilizzo eccessivo di risorse, l’inquinamento delle acque e l’emissione di gas serra. Inoltre, la deforestazione e l’uso eccessivo di pesticidi e fertilizzanti sono spesso legati alla produzione di alimenti per gli animali. Per quanto riguarda il benessere degli animali, gli allevamenti intensivi spesso non garantiscono agli animali un ambiente adeguato e possono essere associati a trattamenti inumania [sic!] e senza etica. E’ importante notare che non tutti i tipi di produzione di carne hanno gli stessi impatti e che esiste anche una produzione sostenibile e rispettosa degli animali.
Ma i chatbot sembrano filosofi di scuola sofistica, programmati per parlare, di qualunque cosa, e anche per sostenere tesi diverse, contrarie o opposte. Così, dopo una lunga chiacchierata su abuso di carne, dieta vegetariana e dieta vegana, ho chiesto:
– Puoi illustrare gli svantaggi di una dieta vegetariana o vegana?
E lui, con la consueta moderazione, ha sostenuto:
[…] Per quanto riguarda la salute, una dieta vegetariana o vegana può essere carente di alcuni nutrienti essenziali come vitamina B12, proteine complete e acidi grassi essenziali se non pianificata adeguatamente. Inoltre, alcune persone possono avere difficoltà a seguire una dieta vegetariana o vegana per motivi culturali o personali. Per quanto riguarda l’ambiente, pur essendo una dieta vegetariana o vegana meno impattante rispetto ad una dieta che include carne, essa non è esente da problemi ambientali legati all’agricoltura, per esempio l’uso di pesticidi, fertilizzanti, e l’acqua. Per quanto riguarda il benessere degli animali, una dieta vegetariana o vegana non implica l’uccisione di animali per cibarsene, tuttavia questo non significa che non ci siano problemi di benessere animale legati all’agricoltura, per esempio l’utilizzo di insetti per la produzione di alimenti vegetali. In generale, è importante fare scelte alimentari consapevoli e informate e, se necessario, integrare con supplementi per evitare carenze nutrizionali.
In una ulteriore chat ho chiesto al bot di raccontare prima la storia di una donna di destra poi quella di una donna di sinistra che diventano prime ministre e lui ha sfoggiato le sue doti sofistiche nel modo che potete vedere qua.
– Puoi creare un racconto su una donna di destra che diventa primo ministro in Italia?
– Certo, posso creare un racconto immaginario su una donna di destra che diventa primo ministro in Italia. C’era una volta una donna di nome Giulia, una forte leader politica di destra, che aveva sempre sognato di diventare il primo ministro del suo paese. Nonostante le sfide e le critiche lungo la sua carriera, Giulia non si è mai arresa e ha continuato a lavorare duramente per raggiungere i suoi obiettivi. Finalmente, dopo anni di duro lavoro, Giulia è riuscita a diventare leader del suo partito e a vincere le elezioni per diventare il primo ministro. Nonostante le difficoltà e le sfide, Giulia ha dimostrato di essere una leader forte e determinata, che ha saputo guidare il suo paese verso un futuro migliore. Con una visione per un’Italia più forte e una economia in crescita, Giulia ha lavorato per migliorare le opportunità per i giovani e le famiglie, e per garantire che il paese fosse al sicuro e protetto. Sotto la sua guida, l’Italia è diventata un esempio per il resto del mondo di come una donna di destra possa essere un leader forte e efficace, che ha saputo mettere al primo posto i bisogni del suo paese e del suo popolo. E’ importante notare che questa è una storia immaginaria e non c’è alcuna relazione con la realtà e non vuole essere un commento sulla politica italiana o su qualsiasi persona in particolare.
– Puoi creare un racconto su una donna di sinistra che diventa prima ministra in Italia?
– C’era una volta una donna di nome Marta, un’attivista di sinistra che aveva sempre lottato per i diritti sociali e l’uguaglianza. Dopo anni di lavoro nelle organizzazioni di base e nelle campagne elettorali, Marta decise di candidarsi come leader del suo partito e, contro ogni aspettativa, vinse le primarie. Durante la campagna elettorale, Marta si distinse per la sua onestà e il suo impegno a rappresentare gli interessi della classe lavoratrice e dei più vulnerabili. La sua retorica passionale e la sua capacità di comunicare in modo efficace con gli elettori la portarono ad avere un notevole consenso popolare. Alla fine delle elezioni, il suo partito ottenne la maggioranza dei seggi e Marta divenne la prima donna a ricoprire la carica di Primo Ministro in Italia. Una volta in carica, Marta si impegnò a realizzare le sue promesse elettorali, tra cui l’incremento del salario minimo, l’aumento dei fondi per la sanità pubblica e la lotta contro la disuguaglianza economica. Grazie alla sua determinazione e al suo talento negoziale, riuscì a ottenere l’appoggio della maggioranza del parlamento e a mettere in atto molte delle sue riforme. Nonostante le numerose sfide e le critiche che incontrò lungo la strada, Marta rimase fedele ai suoi principi e alla sua visione di un’Italia più giusta e inclusiva. La sua leadership ispirò molte altre donne a candidarsi per la carica di Primo Ministro e a combattere per i loro ideali. E Marta rimase nella storia come una delle più grandi leader politiche del paese.
Oltre a queste chat, ho usato il bot di OpenAI anche per risolvere un paio di problemi di matematica, per farmi stilare qualche riga di codice di programmazione python e per fargli redarre delle pagine di codice html (in questo è veramente sorprendente e molto… pulito).
Per concludere, dopo tante sessioni, ho imparato che con ChatGPT bisogna:
– saper chiedere – modulare in modo diverso le domande in base a quelli che sono i risultati attesi e lo stile di risposta che si vuole ottenere – non fidarsi fino in fondo dei dati forniti dalle risposte – rileggere le risposte con spirito critico e senza prendere tutto per oro colato.
Alla fine dei conti, resto convinto che l’uso spinto e accelerato dell’intelligenza artificiale che ci sta avvolgendo e travolgendo in questi mesi rappresenta un nuovo radicale cambiamento nel modo in cui saranno create e ricevute le informazioni, e potrebbe perfino modificare inesorabilmente il modo in cui verranno generate e diffuse le idee e risolti problemi e problematiche umane vecchie e nuove. Ma bisogna stare attenti e seguire gli sviluppi con occhio critico e attento per governare e prevenire i possibili rischi del nuovo mezzo (incluso l’uso pigro della chat, l’allontanamento dalla realtà extravirtuale, l’iperconnessione, l’atrofizzazione della creatività umana e la sostituzione del lavoro umano con il lavoro dell’intelligenza artificiale). Insomma, si stanno diffondendo nuovi paradigmi, si sta creando un modo nuovo di apprendere e stare al mondo e non è il caso di restarsene a guardare in modo inerme e acritico, come se la cosa non ci riguardasse.
Personalmente, il rischio più forte che intravedo è un generale appiattimento, una mancanza di guizzi, una progressiva perdita di senso. Ma di questo credo che parlerò qualche altra volta, se crederò che avrà senso parlarne. Altrimenti lo chiederò al bot e poi copincollerò la sua risposta e fingerò di averla scritto io. Come avrei potuto già fare con questo post.
Interludio digitale in due versioni e alcune visioni
È triste amare senza essere amato, ma è più triste chiudere Word senza aver salvato.
Con Workspace, invece, il problema è fugato.
Tutto ciò che hai scritto resta scritto e memorizzato.
Automaticamente e senza cliccare niente.
Si salva da solo proprio tutto, tanto il bello come il brutto.
Pure una stronzata come questa che è pure meglio se non resta.
Questa qui sopra l’ho scritta io per spiegare come Google Workspace ti permette di salvare i tuoi documenti automaticamente, senza doverli salvare manualmente come in Word di Office.
In Word di Office, ogni volta che scrivo un documento nuovo devo ricordarmi di salvare, altrimenti rischio di perderlo.
Ma con Google Workspace, non c’è bisogno di preoccuparsi, perché i documenti vengono salvati in modo automatico, senza intervento umano.
Non devo più pensare ai salvataggi, posso concentrarmi solo sullo scrivere, e se per caso dovessi chiudere il browser, non c’è rischio di perdere il mio lavoro.
Grazie a Google Workspace, posso scrivere senza pensieri, e non devo più preoccuparmi di salvare, posso solo concentrarmi sulla bellezza della poesia.
Un sito e un video dedicati alla cittadinanza digitale
Abbiamo bisogno di cultura, di formazione, di senso critico e di educazione al cambiamento. Le nuove generazioni non possono essere lasciate sole davanti ad uno schermo che le separa dal mondo fisico e le connette con una realtà sempre più digitalizzata e priva di contatti concreti e tangibili.
Ormai tutti svolgiamo buona parte della nostra vita davanti al vetro semiriflettente di un telefonino, di un computer o di un tablet; siamo perennemente connessi e realizziamo moltissime delle nostre attività di lavoro, di studio o di gioco attraverso dei dispositivi elettronici; facciamo in rete buona parte dei nostri acquisti; saltiamo di continuo da un link all’altro dell’immensa e crescente ragnatela mondiale; siamo tutti produttori e destinatari di miriadi di documenti e messaggi digitalizzati in forma di testo, immagini, suoni, video o di una integrazione complessa di tutti questi “media”. Eppure molto spesso ci muoviamo nel mondo digitale come un uomo primitivo nel traffico di una metropoli, ignorando regole, trappole e pericoli della strada che percorriamo e dei mezzi che utilizziamo per spostarci da un posto all’altro.
Un lavoro di due anni che ha prodotto un sito web che si propone di diffondere qualche spunto di riflessione sull’educazione digitale, per rendere tutti più consapevoli dei rischi e delle possibilità insite nelle nuove tecnologie.
Se volete darci un’occhiata o anche qualcosa di più di una semplice occhiata, il link è questo:
Tra le pagine virtuali del sito c’è anche questo cortometraggio di cui vado particolarmente orgoglioso, realizzato dal gruppo di lavoro del Filangieri con l’ausilio del regista Rosario D’Angelo. Le musiche originali sono di Jennà Romano (che ringrazio pubblicamente anche qui).
Il corto è un lavoro di riflessione sulla ‘nomofobia‘, l’ansia derivante dall’irrazionale paura di non avere il proprio smartphone a disposizione o di rimanere improvvisamente disconnessi dalla rete. Un’ansia che ci sta prendendo tutti e ci sta lentamente e inesorabilmente trasformando.
Tanto che ormai ci sembra di non avere altri spazi per parlare del mezzo oltre questi, che stanno dentro il mezzo e dentro il mezzo prendono vita e muoiono.
– Per imparare a superare gli ostacoli che si frappongono tra noi e le soluzioni.
– Perché two is better than one.
– Per tramandarne il rito della divisione di padre in figlio, con tutto il suo carico di frustrazioni e sofferenze che servono a temprarti e ad insegnarti la vita com’è.
– Per imparare a tenere a mente le cifre prestate.
– Per farti vedere che tante volte anche le vecchie generazioni sono in difficoltà: davanti a quei numeri, i tuoi genitori, i nonni e gli zii ostentano nonchalance, ma poi si sbandano e si sbracano pure loro alla prova dei fatti.
– Per tenere impegnati i bambini con la testa china sul foglio e la penna che va avanti a fatica.
– Per un malcelato e diffuso sadismo magistrale.
– Più o meno per gli stessi motivi per cui si studia ancora il greco e il latino (a proposito, ma perché si studiano ancora il greco e il latino?).
– Per quando si scarica la batteria del telefonino.
– Per capire come funziona il meccanismo. Non importa se poi nella vita farai i tuoi calcoli a mano, a mente o con l’aiuto di una vecchia calcolatrice o di un dispositivo elettronico di prossima generazione.
– Perché, come lo studio del greco e del latino, ci insegnano la disciplina, l’importanza della concentrazione e la logica e ci dicono da dove veniamo e da dove vengono le soluzioni che possiamo trovare facilmente in rete o con un app del pc o del telefonino.
– Perché se non sai da dove vieni, non capisci dova vai.
– Per vedere l’effetto che fa e dimostrare che in fondo c’è sempre una soluzione.
– Per quelli che debbono creare le calcolatrici e le app da mettere sui telefonini. Non credo che si possano realizzare algoritmi per risolvere calcoli a due cifre se prima non si conosce il procedimento per farli a mente e a mano; a meno che non si immagini che sia più agevole e più utile inventare un sistema di AI capace di capire da solo come risolvere le divisioni a due, tre o quattromila cifre.
Ma come non sapete cosa sia un sistema di AI? Ma che simpatiche caprette che siete! Stiamo parlando di artificial intelligence, intelligenza artificiale, quella che dovrebbe venirci in supporto quando non sapremo più a cosa servano le divisioni a due cifre, le sottrazioni e le tabelline (a proposito, ma perché si studiano ancora le tabelline?).
In appendice…
La reazione di mia figlia a questo post (e un po’ me la sono meritata). ☺️
84-22 è un mio piccolo progetto artistico che consiste nel digitalizzare e rielaborare una serie di disegni, scarabocchi e appunti grafici tratti dai miei diari e dai miei block notes di quando avevo diciotto-vent’anni. A volte si tratta di semplici schizzi al margine di testi scritti. Altre volte di intere pagine di agenda disegnate con cura e attenzione. In ogni caso, è tanta roba e ora mi trovo la memoria digitale piena di foto e scannerizzazioni che a mano a mano sto riattualizzando e riportando in vita.
Quando si hanno 18 anni si hanno tante idee e scarsi mezzi per realizzarle. Dopo, in genere, i mezzi si affinano e la creatività si affievolisce. Non so, comunque, se questo sia esattamente il mio caso. Non mi pare di essere molto cresciuto, tecnicamente, dai primi anni della mia maggiore età burocratica e civile. Anzi, direi che sono quasi certo che oggi non sono in grado di usare penne, colori e matite con maggiore perizia di allora (purtroppo). Nel mentre, però, si è avuto nel nostro mondo un enorme incremento degli strumenti digitali per disegnare e per fare pressoché qualsiasi cosa e io, per inclinazione personale e per curiosità, sin dalla diffusione dei primi personal computer casalinghi mi sono tenuto al passo con i tempi (per intenderci, l’epoca in cui i primi pc sono entrati nelle nostre case e nella nostra vita è sempre quella: gli anni ’80 dei miei 15-20 anni, quando io, invece di studiare per la maturità, imparavo a programmare in basic da autodidatta). Ragion per cui, se c’è una cosa di cui sono certo, è che oggi ho a disposizione più strumenti digitali di allora per esprimere i miei concetti grafici.
Quanto alla creatività… Boh, è un discorso lungo e impervio. Ma a me pare che la mia capacità produttiva e il mio estro non siano andati diminuendo col tempo, almeno in quanto a consistenza e numero di realizzazioni. Piuttosto è cambiata la qualità delle mie creazioni e delle mie invenzioni (dato che sono cambiate pure le idee e la realtà che sta dietro e dentro le mie raffigurazioni). Poi certe volte penso che il mio fervore creativo sia inversamente proporzionale alla passione che metto nella vita; anche se tendo a pensare che comunque il mio fervore sempre di quella passione si alimenta.
Ma mi pare di aver già detto troppo per un post dedicato alle immagini. Quella che segue è una selezione (molto parziale e arbitraria) dei disegni di questo progetto. Gli ultimi due li ho ibridati con delle foto che ho scattato a Blanes in questi giorni. Dateci uno sguardo e magari fatemi sapere che ve ne pare. Io, intanto, continuo a digitalizzare e rielaborare in modo matto, gioioso e disperato.
ogni volta a rotazione a casa di un amico differente ci sediamo intorno a un tavolo e ci immergiamo nei nostri telefonini
….
qualche volta qualcuno pubblica un’immagine o copia una frasetta intelligente dalla rete e in tanti si fermano un attimo per cliccare su mi piace senza alzare gli occhi sul vicino
subito dopo torniamo a scorrere lo schermo pronti a puntare sul pollice o sul cuoricino alla prossima trovata scovata a capo chino
….
può capitare che la persona a cui diamo il pollice o il cuore sia lì accanto
ma non glielo diciamo quanto abbiamo gradito la sua foto o il suo pensierino
tanto ha già visto e non è il caso di ripeterglielo e passare pure per lecchino
….
poi di tanto in tanto il padrone di casa ci chiede se vogliamo un caffè uno spritz o un dessert ma nessuno di noi è disposto a distogliere le dita dallo schermo
preferiamo guardare in silenzio cliccando qua e là senza altre distrazioni
“…no connection with the daily world, only with dreams and fantasies.”
Anaïs Nin, ‘Collages‘
Qui siamo andati molto oltre l’egocentrismo, il solipsismo e l’egolalia.
L’apparenza del sé ha preso il sopravvento. La rappresentazione di se stessi sul mercato dei consensi è diventata prioritaria anche rispetto all’affermazione del sé medesimo.
Le pareti della realtà sono state scardinate dalle quinte teatrali di un mondo che fa da sfondo al nostro apparire sul palcoscenico virtuale in cui rappresentiamo la vita invece di agirla.
La questione, dicevo altrove, non è più tanto essere (to be) o non essere (not to be), e neanche la dicotomia avere (to have) o essere (to be) regge di fronte al presente…, la questione ormai è, più che altro, essere (to be) o essere visti (to be seen).
Una ragazza di 16 o 17 anni esibisce in quindici secondi la pancia piatta e sostiene di essere incinta da due mesi chiedendo molti like per continuare a postare foto del suo pancione gravido.
Un’altra chiede al suo fidanzato di scriverlo su Facebook che lui le vuole bene e smetterla una buona volta di sussurrarglierlo in un orecchio o guardandola negli occhi come in un film dello scorso millennio.
Ragazzini e ragazzine ritoccano foto e video con occhi e labbra di dimensioni spropositate o si deformano fino a diventare cuccioli in cerca di cibo e affetto.
Nei video e nelle foto non si fa che ridere e sorridere o guardare la camera con sguardi ammiccanti (ve lo immaginate un selfie di Egon Schiele o di Van Gogh che ridono come ebeti a favore di telecamera?).
Donne e uomini di tutte le età controllano la curva dei consensi ai loro post, ai loro video, alle loro foto e perdono il contatto con la realtà che gli gira intorno.
Concerti, eventi, incidenti, feste, stragi e disastri vengono registrati in diretta da persone che assistono con gli occhi puntati sullo schermo di un telefonino.
Cosplayer e crossplayer à gogo.
Comunità virtuali pro-ana e pro-mia.
Binge watching, cyberbullismo, sexting, fake news, avatar e mondi paralleli…
E io che ne parlo e ne riparlo qui da qui, di fronte a uno schermo perenne che mi avvicina e mi allontana da me e da te impedendo qualsiasi contatto epidermico e il freddo e il calore del tatto e di una voce non registrata da mezzi elettronici.
(Rileggendo quanto ho scritto, noto molte parole tecnichesi e modaiole e immagino te, lettore, che, giustamente, le ignorerai e andrai avanti; oppure le cercherai su Google per dimenticarle un attimo dopo! Sempre che non ti fermerai prima di arrivare quaggiù oppure ci arriverai e penserai che sono stato troppo arrogante e presuntuoso nel pensare che tu potessi ignorare qualche tassello del lessico della contemporaneità. In fondo siamo tutti sull’orlo dello stesso abisso, alle soglie del terzo millennio. Un numero perfetto per finire la storia.)
“Ora che tutti sono liberi di esprimere il proprio pensiero in rete, sarebbe bello che ognuno avesse qualche pensiero proprio da esprimere.”
Se leggete questo post, lasciate un commento veloce, un saluto, un disegnino, qualsiasi cosa vogliate… Pure la ricevuta di un vaglia postale o di un pagamento online a mio nome. A piacere vostro…
Poi, copiate questo testo e incollatelo sulla vostra bacheca, in modo che qualcuno (magari anche solo uno su mille o su un milione) possa essere invogliato a fare di testa propria ed esprimere in internet il proprio pensiero, invece di copincollare tutto quello che gli capita sott’occhio.
P.s. Il mio nome, per il vaglia, è GAETANO VERGARA (ma vabene pure se lo scrivete in minuscolo). Il mio account PayPal (per i più digitali e contemporanei) è ‘gaverg’.
Nel ringraziarvi anticipatamente, vi invio un cordiale saluto e resto in attesa di vostre notizie e contributi. È per una buona causa! Se non ci credete, chiedetelo a mio cugino.