C’è gente che non ha neanche gli occhi per piangere; io ho questa casa in cui mi sposto di stanza in stanza nelle calde notti di agosto in cerca di refrigerio. C’è gente che non ha avuto niente dalla vita; io ho avuto tante occasioni da sprecare e sono salito e sceso da tanti treni da confondere una stazione con l’altra e non sapere più dove mi trovo e dove mi perdo. C’è gente che soffre, c’è gente che s’offre, c’è gente che non sa nemmeno contare fino a tre e gente che non conta niente; io, invece, so contare in tante lingue da non riuscire nemmeno a contare in quante lingue so contare e in quante cantare, per quanto stonato. C’è gente, tanta gente, che non leggerà mai queste parole e per loro non cambierà niente, e c’è anche gente, poca gente, che invece le leggerà queste parole, e per loro niente cambierà ugualmente.
Ci sarà gente, forse ci sarà gente che si chiederà perché s’è fermata a leggere che c’è gente e c’è gente, e quando saranno arrivati qui io non potrò fare niente per risarcire il tempo che avranno perso a leggere tutto questo nulla intriso di niente.
Oggi la battaglia per la ricerca di attenzione è più accanita che mai. Sembra che ormai ognuno produca i suoi propri racconti. Non narrano più solo gli scrittori di professione, quelli che pubblicano, quelli che perfino vivono della loro scrittura. Oggi raccontiamo e ci raccontiamo tutti, attraverso e-mail, blog, sms, tumblr e social network, e la battaglia per la ricerca di attenzione si è fatta più accanita che mai.
Eppure, tante volte, ci risulta facile suscitare l’interesse dei nostri interlocutori parlando di niente, parlando del niente che tutti condividiamo.