Da allora sono trascorsi quasi 20 anni in cui ho intasato il mio pubblico diario con testi, disegni, qualche foto e, di tanto in tanto, pure con qualche ignobile composizione sonora che mi suonavo e cantavo da solo. (Il mio è sempre stato un blog autarchico, eclettico e poco allineato. Prima o poi mi metterò pure a ballare e a tiktokkare mostrando labbra a culo di gallina.)
Nel corso di queste 76 stagione c’è stato un cambio casa (nel 2011, quando traslocai baracca e burattini da Splinder a WordPress) e un periodo di semi-isolamento dovuto al trasferimento di molti vecchi amici prima su Facebook, poi su Instagram o su altre reti e trappole sociali.
Nel primo decennio del XXI secolo i lettori erano tanti e si fermavano a scambiare idee ed opinioni che spesso avevano più valore dei post stessi. Oggi restano 4 o 5 fedeli e poche decine di avventori occasionali e silenziosi che dedicano un po’ di attenzione a queste pagine e danno senso alla sua esistenza. Ma i più ammazzano diversamente il loro tempo.
E già, 18 anni e siamo ancora qua… 18 anni. 18 anni in cui intaso il mio pubblico diario con testi, disegni, qualche foto e, di tanto in tanto, pure con qualche ignobile composizione sonora che mi suono e canto da solo. (Il mio è sempre stato un blog autarchico, eclettico, marginale e poco allineato. Ci manca solo che mi metta pure a ballare.)
Nel corso di queste 72 stagioni (quasi 6600 giorni di onorata carriera) c’è stato un cambio casa (nel 2011, quando traslocai baracca e burattini da Splinder a WordPress) e un periodo di semi-isolamento dovuto al trasferimento di molti vecchi amici su Facebook, su Instagram o su altre reti e trappole sociali.
Negli ultimi tempi, comunque, i numeri sono tornati a crescere. Quest’anno ((( aitanblog ))) conta già 18mila accessi realizzati da più di 11mila visitatori ripartiti tra la ristrettissima cerchia di lettori piuttosto fedeli, qualche avventore occasionale che si trova tra le pagine del blog e non sa nemmeno come ci sia arrivato e qualcun altro (la maggioranza, in verità) che ci arriva di rimbalzo da Facebook. Ma lui, il mio giovanotto, continuerebbe impassibile a dire la sua anche con molti meno visitatori che sono là a dare linfa e senso alla sua esistenza.
18 anni. 18 anni trascorsi in 216 mesi…
Di pochi giorni più piccolo, il blog didattico Castellano / Italiano è da qualche anno molto più isolato e solo di ((( aitanblog ))). Nuovi strumenti di didattica digitale gli hanno fatto perdere il suo appeal iniziale che gli fece conquistare una grande attenzione in saggi, tesi da laurea e conferenze stilate in pedagogichese dentro e fuori dall’Italia.
Magari uno di questi giorni gli do un po’ di ossigeno e vedo di dare nuova vita pure a lui.
Come succede di questi tempi, il successo di uno spazio web è una questione di stile e di contenuti, ma la spinta di un po’ di marketing pure ci vuole. Se no, non arrivi nemmeno fuori la porta di casa. E chi non si adegua, scompare.
Il che, a pensarci bene, ha anche il suo fascino. (La possibilità di dissolversi e svanire, intendo.)
Ma ho visto che nel passaggio dalla piattaforma italiana di Splinder (che ha ospitato i miei “sbariamienti” fino al 2012) a quella mondiale di WordPress (ancora attualmente attiva e vegeta) mi sono perso il disegnino che illustrava il mio secondo post. Magari, quando ho un po’ di tempo, faccio una ricerca sul PC per cercare di capire di che si trattasse.
Il post di oggi è su Splinder…
Sì, Splinder…, la vecchia piattaforma blog che ha ospitato questo blog fino al 2012, quando è fallita costringendo alla morte o alla migrazione mezza blogosfera italiana.
Ora, un gruppo di blogger che non conosco personalmente ha resuscitato quella che era la più vasta piattaforma blog italiana (appoggiandosi sui mezzi di WordPress per mantenerla gratuita). Io, preso da una botta di nostalgia, sono corso subito a vedere, ho aperto un nuovo blog e postato questa cosa colà: https://aitan.splinder.org/2018/08/25/avvoltoi-in-cerca-di-titolo/
Ma mi sento un po’ schizofrenico e dovrò decidere presto quale casa vivere e quale usare per le vacanze.
Il 9 luglio abbiamo perso una delle nostre amiche più lucide. Una mente illuminata, illuministica e appassionata. La scuola ha perso un pilastro di conoscenze e competenze. E la sua famiglia, una donna che sapeva amare di un amore vero, concreto. Abbiamo perso tutti una poetessa che metteva la sua poesia in ogni cosa della vita, la sua cucina, il tango, il suo acume critico, le sue pagine dense e acuminate.
Internet è un arcipelago: una cosa come un insieme di isole unite dal mare che le separa. Ma a volte la voce risuona da isola ad isola e ci si riconosce, ci si sente parte della stessa patria fatta di parole.
Succedeva soprattutto ai tempi dei blog.
Con Facebook succede un po’ meno.
Lucia Tosi l’ho conosciuta nella blogosfera e la nostra modalità di conversazione è durata una decina di anni seguendo i tempi lunghi della riflessione bloggistica più che l’immediatezza superficiale dei social.
Ora Lucia non c’è più.
Mentre scrivo, si stanno tenendo i suoi funerali nella Chiesa di S. Pietro Apostolo di Favaro Veneto.
A 700 chilometri di distanza, passo in rassegna stralci delle nostre conversazioni e ricordo i momenti in cui le nostre vite si sono incrociate. Una volta che dovevo assistere un mio caro congiunto che ebbe una delicata operazione a Verona, mi fu di grande aiuto, la Lucia. Aveva un grande amore per i dialetti, e soprattutto per il napoletano. Credo che avesse dedicato la sua tesi di laurea alle poesie di Salvatore Di Giacomo. Mi piaceva correggerla o farmi correggere da lei.